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Intervista con Andrea Angiolino

Prima di tutto parliamo del tuo racconto: puntuale, deciso e molto "velenoso" nella sua brevità. Quando ho finito di leggerlo ho pensato a quanto sia importante il potere delle parole, alla capacità di esprimere in poco più di una pagina tanta tensione e un tale senso della vendetta personale. Cosa ci puoi dire a riguardo?

A me piacciono i racconti brevi, rapidi, incisivi. Certo, ho aprezzato anche "Guerra e pace" e "Alla ricerca del tempo perduto"... Ma i racconti brevi sono più alla mia portata anche come autore. Con RiLL poi, che ha giurati ben più eminenti di me, scriverne è anche un modo di ingombrare poco e di lasciare spazio ad altre penne più affermate. Ogni anno, quindi, presento loro un racconto più corto. Tra l'altro, anche quello dell'anno scorso era una storia di odio e vendette.... Guarda caso. Comunque, nel tempo ho imparato a distillare le parole per dare loro più forza: anche prima di tentare la strada dei racconti. Io sono un artigiano della parola: mi sono guadagnato la pagnotta anche scrivendo, traducendo, curando testi di ogni tipo. Ho imparato a usare istintivamente "utilizzazione" quando devo raggiungere un certo numero di cartelle e "uso" quando gli spazi sono limitatissimi, come nella rubrica sui giochi di Televideo che mi è capitato di tenere o, ai tempi della moda del Trivial Pursuit, sulle carte di certi giochi a domande dove occorreva comprimere quattro o sei quiz in pochi centimetri quadrati. Per cui, se voglio uno stile asciutto e dove ogni parola sia efficace, penso a quando avevo una manciata di battute per comunicare il più possibile, ed ecco che tutto sommato mi viene fuori.

In quanto alle sensazioni che può suscitare questo racconto, che dire... Io sono una persona pacifica e tollerante, credo. Però, come tutti, sono in grado di indignarmi e anche di arrabbiarmi parecchio: benché me lo riservi per quando credo che ne valga davvero la pena. Succede per le grandi cose: la politica, l'economia internazionale, lo sfruttamento, la malavita organizzata, la guerra... O spesso per diverse di queste cose assieme, anche tutte, nei loro intrecci più sordidi. E pure nella vita di tutti i giorni ti può succedere di provare rabbia e indignazione verso l'elettrauto che ti ha truffato sicuro che non te ne accorgerai mai, con il giornalaio che ti riga l'auto regolarmente parcheggiata davanti alla sua edicola perché all'interno delle strisce bianche ci vuole mettere i suoi espositori di riviste, con il ragazzino scemo che esce a una festa alle quattro di notte e passando con il rosso ti arriva addosso e ti sfascia la macchina in assenza di testimoni (per fortuna senza ammazzarti) sfuggendo poi alle sue responsabilità quando si tratta di fare la sua dichiarazione ai vigili. Gli esempi grandi e piccoli non mancano, purtroppo.

Da giornalista, a volte posso anche trasformare l'indignazione in qualcosa di utile per la comunità. Nel mio piccolo, ma molto piccolo, mi capita di fare recensioni di ristoranti per una guida, con la soddisfazione di segnalare posti che lavorano bene ma anche con la possibilità di mettere in guardia la gente della strada dai più furbetti, quando proprio è il caso. Come autore vengo spesso recensito, ma mi succede anche di recensire e secondo me questo ha anche una funzione sociale, se fatto con coscienza, quando può diventare la voce dei consumatori bistrattati. Però questi sono piccoli casi marginali: e anche quando si cerca di ricorrere alla legge non sempre si riesce ad avere piena giustizia, a questo mondo, e non tutti credono in una giustizia futura rimandata a esistenze successive. Io non sono un vendicatore mascherato né un giustiziere della notte, però a volte capisco come si può arrivare a volerlo diventare.

Da tutto ciò nasce questo raccontino, che parla di qualcuno che nella rovina comune è così esasperato che finisce soprattutto per dare sfogo ai suoi personali rancori, tanto da dimenticarsi di tutto il resto inclusi i propri guai. Può anche essere che nello scriverlo abbia pensato a qualche caso personale, come un assistente universitario di discipline aziendali completamente frustrato che se la prendeva con i miei colleghi al tempo dell'università bocciandoli in massa per puro sadismo, e soprattutto abbia pensato a quello che qualcuno di vendicativo tra i miei amici avrebbe potuto fargli... Può pure essere che questo mi abbia aiutato nell'immedesimazione con il protagonista, benché nella vita vera non abbia mai dato fuoco a un'edicola o al negozio di un elettrauto. Può darsi che io abbia fatto un racconto catartico, insomma. Ma questa genesi alla fine è irrilevante, quello che conta è il risultato finale: che mi sembra tutto sommato efficace, a quel che dici. E magari genererà nel lettore tutt'altre interpretazioni, come "mal comune mezzo gaudio" o "muoia Sansone con tutti i filistei".

Fatto sta che questa trama mi sembrava calarsi bene in un'ambientazione medievaleggiante, con vichinghi o saraceni, che però a ripensarci non è così lontana dalla più stringente attualità. Tra l'altro il racconto, benché pubblicato adesso, non è recente: l'ho tirato fuori da un polveroso cassetto, ma è nato una quindicina abbondante di anni or sono. Contemporaneamente al gioco di carte "Obscura Tempora", pubblicato l'anno scorso da Rose & Poison con illustrazioni di Valeria De Caterini, l'illustratrice delle copertine di tutte le antologie RiLL. Il gioco ripropone le stesse atmosfere del raccontino: ciascuno ha un suo piccolo feudo da espandere e va a saccheggiare i borghi degli altri, o ci manda addosso ondate di predoni. Ed è un gioco che aveva lasciato perplessi gli editori tedeschi perché troppo "cattivo", anche se invece i giocatori di quel paese si sono rapidamente acquistati tutta la tiratura... Insomma, giooco e raccontino sono legati a doppio filo, anche in una certa perfidia che ne trasuda. E mi sembra significativo che in questo passaggio di millennio, che mi ha un po' ricordato il precedente nelle sue atmosfere millenariste, sia il raccontino che il gioco abbiano visto finalmente la luce dopo così tanto tempo.

Il tuo rapporto con RiLL va avanti gia da qualche tempo, cosa ti affascina maggiormente di questa manifestazione, di questo concorso che da nuovi sbocchi per giovani scrittori?


Proprio per la voglia di parlare senza peli sulla lingua, di poter stare dalla parte del lettore, a un'attività giornalistica effettuata su quotidiani e riviste ho sempre continuato ad affiancare una serena militanza nelle fanzine. Tra esse Puck e RiLL, due fanzine di fantasy e di giochi di ruolo piacevolmente curate e al tempo stesso senza compromessi. Poi, alla fanzine RiLL ha affiancato il premio: che alla fine è sopravvissuto alla fanzine stessa. I RiLLini mi hanno coinvolto da subito come giurato e la cosa mi ha divertito, per cui sono ancora qua. Mi piace che un concorso nato un po' per gioco sia cresciuto per oltre un decennio e abbia dei numeri assolutamente invidiabili, con un paio di centinaia di racconti inviati a ogni edizione. Mi piace la totale serietà dell'organizzazione: comitati di lettura selezionano una rosa di racconti che ci arriva totalmente anonima, e che possiamo votare in assoluta serenità senza sospetti di pressioni o brogli.

Da anni, poi, mi colpiva la composizione di questa giuria fatta anche di nomi di primo piano nel mondo del fantastico italiano, e non solo: cito scegliendoli a caso ma in rigoroso ordine alfabetico Altomare, Cuomo, Evangelisti, Leoni, Lupi, Lucarelli, Mongai, Valzania. Mi vanto di aver proposto io stesso di provare a creare una antologia che affiancasse i migliori racconti partecipanti, presenti e passati, ai contributi di almeno alcuni dei giurati, in modo da creare un prodotto editoriale al tempo stesso fresco e di richiamo. In un settore dove il racconto è sempre guardato con diffidenza non era facile, ma RiLL ha creduto nel progetto e l'antologia è presto diventata realtà: dapprima ha aderito la Novecento GeC, editore romano per il quale curavo una collana di libri sul gioco; poi il progetto è passato in mano a Nexus Editrice, una casa nata più o meno contemporaneamente al Premio RiLL e ora cresciuta fino a pubblicare giochi in dieci lingue e a conquistare licenze prestigiose come "Il Signore degli Anelli", "Marvel Superheroes" e "Conan" strappandole alla concorrenza grazie alla qualità delle proprie proposte. Una scommessa che RiLL ha vinto.

Insomma, da un lato mi diverte la giocosità del progetto: ma dall'altro mi colpisce il fatto che un'iniziativa spontanea, nata quasi per gioco e cresciuta senza "appoggi" né "spinte", sia diventata una realtà di primo piano che senza troppo clamore coinvolge giurati eccellenti del settore, vede aderire un bel numero di partecipanti in Italia e all'estero, produce pubblicazioni vere. E non è poco.

Ho sempre pensato che chi fa un lavoro che deriva prima di tutto da una sua passione personale, possa dare il meglio di se e possa produrre delle ottime cose, tu penso sia uno di questi "fortunati", se non avessi fatto il creatore di giochi, scrittore fantasy e fantastico, cosa faresti oggi?

Sono un fortunato per davvero, lo ammetto: alla fine del liceo, indeciso tra la facoltà di lettere e magari l'ingegneria aeronautica che avrebbe assecondato un debole per gli aerplani, ho infine preso un indirizzo di studi economici. Pensavo a una vita d'azienda fatta solo per sostenermi, coltivando i miei hobby dopo le cinque e mezza di pomeriggio una volta "staccato" dall'ufficio. Invece, grazie siprattutto all'incontro con la C.UnS.A. o Cooperativa Un Sacco Alternativa, mi sono successiovamente reso conto che fare giochi poteva essere un lavoro vero, ed eccomi qua. A corredo ho fatto tanti lavori collegati alla parola: autore di libri e opere a fascicoli su commissione, giornalista, traduttore da e verso l'inglese, redattore di siti Internet, recensore di ristoranti. Tra le cose scritte su commissione ci sono anche i fascicoli "Warhammer" per Hobby & Work, Nexus Editrice e Games Workshop, per i quali ho ideato un gioco da tavolo ma anche scritto un'enciclopedia di quel mondo fantasy sotto forma di raccolta di racconti, poesie e altro: una gran bella soddisfazione. Ma anche le altre attività editoriali che ho fatto mi sono piaciute molto: insomma, penso che se non avessi fatto questo, avrei scelto qualche altro lavoro sempre legato all'uso del linguaggio, al testo, all'editoria.

E se no... Non saprei. Un'azienda qualunque dove sfruttare la laurea in Economia e commercio. Anche se magari avrei preferito fare il commesso in una libreria o in un negozio di giochi, cercare di restare in contatto con le passioni che mi danno da vivere. Ma chissà se invece il mio vero talento sarebbe stato altrove: se avessi preso altre strade avrei potuto essere un buon aiuto cuoco, un buon idraulico, un buon tecnico delle luci a teatro, un buon apicoltore... Faccio esempi a caso, tanto non ci sarà modo di saperlo. Almeno in questa esistenza qua. Se poi ce ne saranno altre, chissà.

In questa intervista più che in altre vorrei levarmi ogni curiosità che ti riguarda. Quanto la tua passione per il fantastico si fonde con il gioco di ruolo, e quanto quest'ultimo è parte integrante di un grande appassionato come te?

In verità, ricordo che quando ho iniziato a essere un lettore (parliamo proprio di quando avevo appena iniziato a leggere...) il fantastico mi lasciava assai perplesso. Mi avevano regalato "Asterix alle Olimpiadi" e questa storia della bevanda magica che rendeva fortissimi mi sembrava poco seria. Non avevo ancora scoperto la sospensione dell'incredulità, o forse mi sembrava una cosa da consumatori di favole. Presto ho imparato ad apprezzare anche gli elementi fantastici: ma comunque il fantasy vero e proprio l'ho scoperto nel 1980, quando dal wargame sono passato ail gioco di ruolo. Altra cosa che lì per lì non mi convinceva per niente: un gioco infinito, senza vincitori né vinti, tutto chiacchiere... E che poi invece mi ha ammaliato. Già leggevo fantascienza; tra l'altro il primo gioco di ruolo che ho provato è stato Traveller che è appunto fantascientifico. Ma subito dopo sono passato a Dungeons & Dragons e contemporaneamente, per approfondire, mi sono messo a leggere Tolkien e i suoi imitatori. E quindi le due cose sono state sempre strettamente correlate, per me: la letteratura fantasy e i giochi di ruolo. Due grandi amori nati, come spesso succede, dopo un'iniziale diffidenza. Da lì poi sono iniziati i miei primi impegni professonali: una rubrica sui giochi di ruolo sul mensile Pergioco cominciata nel settembre 1982 assieme al mio amico Gregory Alegi, le traduzioni di racconti e romanzi fantasy per l'editore Fanucci, la pubblicazione di giochi tra cui il primo libro-gioco italiano, anch'esso non a caso fantasy. Passione e prime esperienze di lavoro, fantastico e gioco di ruolo erano per me un unico calderone. Ero un ragazzino all'inizo del liceo, un periodo in cui si prende forma: da allora queste cose sono rimasti indissolubilmente connesse, per me.

Poi ho esplorato altre vie: i giochi di ruolo e i libri-gioco storici, per esempio. Ne ho giocati tanti e anche scritti un paio, come i supplementi per Basic "Egitto" e "West". Ma in fondo continuo a preferire quelli come "I Cavalieri del Tempio" e "Lex Arcana" dove gli elementi storici e quelli fantastici, legati all'immaginario dell'epoca per essere più "in tono", si fondono senza stridere e consentono alla fantasia di volare più in alto, anche se in una cornice che ha il fascino del passato.

Ultima domanda. A quale gioco che hai creato tu, sei più legato? (vietato rispondere tutti!!! :) )

Beh, certo che è una domanda difficilissima. Come chiedere a un babbo quale figliolo ama di più... Anche tra quelli che sento più vicini, una volta effettuata una preselkezione, ne preferisco vari ciascuno per un motivo diverso, ciascuno per un suo piccolo aspetto particolare che ai miei personalissimi occhi lo rende importante. Per esempio il gioco di carte sugli assi delle due guerre mondiali "Wings of War", ideato con Pier Giorgio Paglia e pubblicato dalla Nexus, mi tocca particolarmente perché ho sempre avuto la passione degli aerei e perché mi ha consentito di metterci dentro tanta ricerca storica, ma anche perché continuo a vedere gruppi di giocatori in tutto il mondo che ci mettono del loro per farlo vivere e crescere; "Orlando Furioso", scritto con Gianluca Meluzzi, mi è caro perché è un gioco di ruolo che sono riuscito a far pubblicare dal Comune di Roma per la divulgazione in scuole e biblioteche, in un tempo in cui verso i giochi di ruolo c'erano spesso ostilità e diffidenza (oggi lo ripubblica la Rose & Poison in edizione ampliata); "Il Mischiastorie - Osvaldo e i cacciatori", un libro-gioco per chi non sa leggere, perché è un'idea in cui ho creduto per anni nonostante appunto anni ci siano voluti per trovare un editore abbastanza coraggioso da volerlo pubblicare, la meritoria Lapis; "I Cavalieri del Tempio" perché è stato uno dei miei primi titoli di successo presso un pubblico non specialistico che ci si è affezionato e che magari ha scoperto con esso i giochi di ruolo: adesso che la Rose & Poison lo ha ristampato ha avuto una calorosissima accoglienza non solo da parte di nuovi giocatori ma anche da chi se lo ricordava dalla sua prima apparizione, nonostante sia passata una dozzina di anni dagli ultimi supplementi usciti... Mi fermo qui, ma solo per non infrangere il divieto: non ho detto "tutti", mi sono limitato ad "alcuni".


Pagina inziale




Titolo: Intervista con Andrea Angiolino
Categoria: Eventi e Avvenimenti
Autore: PaNoRaMiX
Aggiunto: November 27th 2006
Viste: 843 Times
Voto:Top of All
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