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Silen
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MessaggioInviato: Sab Apr 30, 2011 4:03 pm Rispondi citandoTorna in cima

"Moriranno tutti".
Astrea sussultò. Dopo la conclusione dello scontro era salita in camera per riposarsi seguita come un'ombra dalla vampira che sembrava essere fermamente intenzionata ad assicurarsi che la ragazza andasse a letto prima di lanciarsi in una delle sue solite scorribande notturne.
Era stata lei a parlare, nel silenzio della camera dove la ladra si accingeva a prepararsi per la notte.
"Di cosa stai parlando, Carnival? Chi morirà?" chiese seccamente, turbata alle parole della vampira.
Ella dal canto suo esibì uno dei suoi sorrisi storti e fece un gesto con la destra come ad abbracciare la locanda e tutte le case che si potevano scorgere dalla finestra della camera
"Tutti loro" mormorò "tutte le cose viventi di questo luogo. Il mago crede di aver sigillato la bocca di quei mercenari. Così divertente! Credi che gli inquisitori gli crederanno quando essi torneranno a mani vuote? Ah! No, no davvero. Li tortureranno, li faranno soffrire per scoprire la verità. Ricorda cosa ci ha raccontato Lao, ricorda quello che hai visto, dolce sorella...hanno mandato un mostro a uccidere i loro stessi uomini, oh si, che importanza vuoi che abbia qualche mercenario?" rise con disprezzo "Torture e dolore attendono quegli umani. E quando la sofferenza sarà abbastanza alta cosa vorrnno dire le minacce del mago? Quale cosa farà loro più paura? E se anche non li tortureranno ci sono altri modi, si per sapere, per conoscere. A me basterebbe bere una goccia del loro sangue, oh si. Questo posto è morto. Questa gente è morta. Lo sarebbe stata comunque"
Astrea guardò di sottecchi la donna che la chiamava sorella...Nel tono di Carnival poteva sentire la certezza, ma anche qualcos'altro: un immensa derisione, un sopraffacente disprezzo che le davano i brividi.
"A volte" disse piano "A volte Carnival, mi fai paura."
"Non dovresti, dolce sorella" rispose lei allungando un mano ad accarezzarle i capelli "Io ho promesso, tu hai promesso. Non devi avere paura di me, no, non devi."
La ladra sospirò "Sono cose come quelle che hai appena detto che fanno tanto infuriare Aygarth...sembra quasi che tu ti auguri che questo villaggio sia distrutto, che tu provi gioia alla prospettiva di tante vite spezzate..."
La vampira fece un passo avanti, gli occhi grigi fissi in quelli verde smeraldo della ragazza "Così divertente" disse Carnival ridacchiando "Credi che il fato di quste cose viventi mi interessi qualcosa? Oh no dolce sorella, no, davvero. Sono solo sacche di sangue, si, grano che verrà presto mietuto. Non provo nulla per loro, no. Ma la verità è nelle parole che ti ho detto: queste persone, queste cose viventi, sono come morte. Non oggi, no, forse nemmeno domani. Ma morte, oh si. Loro ci cercano e dovunque noi andiamo, portiamo dietro di noi la Morte perchè essi ci inseguono, sempre. Così divertente! Tanta fatica per nient'altro che questo. In verità, tutti noi serviamo la Dea, oh si, ora lo vedo chiaramente. E allora perchè prendersi la briga di salvare persone morte? Dovrei almeno poter bere il loro sangue , si e spegnere la mia sete" rise ancora "No, sorellina non lo farò, no. So bene che a te non piacerebbe , a Lao nemmeno. Ma è la verità questa. Inutile perdere tempo in viaggi che non servono a nulla, no. Dovremmo attaccare, uccidere, uccidere gli odiosi inquisitori...questo solo eviterebbe le morti che voi tanto temete. Ma non pensare a questo ora, dolce sorella...dormi Astrea-che-ha-promesso, dormi e sogna. Domani non saremo più qui, si"
E con queste ultime parole di commiato la vampira si dileguò, lasciando la ladra sola coi suoi dubbi.

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Lorenzo Ferretti
Arciere
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Registrato: 11/03/11 17:32
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Località: Lande del Nord

MessaggioInviato: Lun Mag 02, 2011 2:19 pm Rispondi citandoTorna in cima

La notte era calata sul villaggio, e i mercenari erano stati mandati via, terrorizzati, ancora doloranti ed acciaccati, ma in grado di reggersi in piedi. Ovviamente senza armi né cavalli.
Ulkos si era seduto sotto alla tettoia della locanda e osservava assorto quello che fino a pochi attimi prima era stato un piccolo campo di battaglia. I suoi nuovi compagni erano entrati a mangiare qualcosa e a coricarsi, e lui era rimasto fuori, a contemplare il buio. Non gli dispiaceva la frescura della brezza notturna che gli carezzava il volto e i mille profumi provenienti dal bosco, che tanto gli ricordavano la sua terra natia.
Casa.
Era rimasto lontano troppo a lungo per poterla chiamare ancora così, in effetti. Credeva che sarebbe riuscito a dimenticarsela dopo anni e anni passati a vagabondare per terre lontane, passati a correre ogni genere di pericoli e provare a rinnegare se stesso e la sua gente. Ma non ci era riuscito. Il ricordo di quello che in un tempo lontano era stato il suo passato tornava continuamente a galla, facendolo soffrire.
Padre.
La mano del grosso guerriero corse istintivamente ad una collana che portava al collo e che per poco non aveva rischiato di perdere nello scontro: si trattava di una sorta di triskel in mithril, al cui centro troneggiava un occhio, la cui pupilla era costituita da un piccolo rubino.
Forse l’oggetto più prezioso che portasse con se.
La mano strinse con forza il pendente, fin quasi a farsi male. Pensieri cupi assalirono la mente di Ulkos, e questi volse gli occhi alle stelle.
Era una splendida nottata: proprio come quando era “partito”. Ad oriente si ergeva Remmirath, la Rete di Stelle, e in alto sopra alla collina di fronte si profilava, maestosa ed incantevole, la rossa Borgil,incandescente come un gioiello di fuoco. Più a sud comparve anche Menelvagor, il Cacciatore dei Cieli, con la sua cinta scintillante e i suoi due fedeli cani da caccia, i cui nomi ora Ulkos non ricordava. Una lacrima solitaria scivolò lungo la guancia del guerriero, che chiuse gli occhi abbassando il capo. Ricordava bene ciò che era successo. Come se fosse stato il giorno prima. La notte in cui tutto ebbe inizio, in cui fu marchiato per quello che era...un traditore. Un traditore del suo stesso sangue. La vergogna di suo padre, del suo clan...il figlio che nessuno avrebbe mai voluto avere, il compagno che nessuno avrebbe mai voluto amare. Perché? Era l’unica domanda che occupava la sua mente. Perché era dovuto andar via? Perché era stato abbandonato?
La rabbia si impossessò di Ulkos, e il suo cuore divenne di nuovo duro: era stato buttato via come una spada inutile, come un pezzo di carne che neanche i cani avrebbero mangiato. E tutto questo per che cosa? Per ciò che era fin dalla nascita? Quali erano le sue colpe, per le quali era stato condannato? Quale l’ideale per il quale era stato marchiato? La mano che stringeva il pendaglio si spostò ora più in alto, proprio all’altezza degli zigomi: il loro regalo d’addio...ciò che lo avrebbe sempre reso riconoscibile da tutto il suo popolo. In effetti era strano che il licantropo, quel Perrin, non avesse capito subito con chi aveva a che fare... strano che gli fosse sfuggito quel dettaglio di lui. Poteva essere una fortuna per il momento, ma Ulkos sapeva bene che quando il suo confratello avesse capito, probabilmente sarebbe successo esattamente ciò che era accaduto centinaia di volte: se ne sarebbe dovuto andare. Se pacificamente o meno, sarebbe dipeso esclusivamente da Perrin. *Che strano il destino* pensò con un sorriso amaro Ulkos *Così vicino eppure così lontano dalla mia gente*. Il guerriero si alzò dalla sedia di legno sulla quale era seduto, e si avviò verso l’ingresso della locanda. Dopo aver messo a posto la sedia, si diresse verso le camere: tutti i suoi compagni erano già andati a dormire. Ne aveva bisogno anche lui, in effetti. L’ora era tarda, e aveva l’impressione che si sarebbe dovuto alzare presto l’indomani.

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Silen
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MessaggioInviato: Mar Mag 03, 2011 11:53 pm Rispondi citandoTorna in cima

Lao si stava aggirando da solo al limitare degli alberi, dopo l'ennesimo scontro con gli sgherri degli Aurei. Per quanto tempo potevano andare avanti in quel modo? Sembrava che non potessero fare un passo senza un nuovo scontro, senza per questo giungere in capo a nulla. E, dovette ammettere con sè stesso, i suoi anni cominciavano a pesargli più di quanto non desse a vedere quando parlava con gli altri.
"Cammini da solo la notte, Maestro? Potrei pensare che anche tu stia per diventare mio fratello dopotutto." Lao sospirò nell'udire quella voce...Carnival, e il suo solito pungente sarcasmo.
Si voltò verso la vampira e la fissò."Non accadrà Carnival. Queste vecchie ossa sono destinate a invecchiare un altro pò e a morire." le si avvicinò e le carezzò i capelli, bianchi quanto i suoi erano argentei."E tu cosa ci fai in giro? Hai fame?"
La vampira ridacchiò, quasi che il vecchio avesse pronunciato una battuta divertente. Rivolse a Lao un sorriso storto, che fece luccicare le sue zanne alla luce della luna “Sempre”.
Quella risposta sembrò scontentare Lao."Riesci a controllarti ora che siamo vicini ad un centro abitato?"chiese con fare indagatore."Sei abbastanza intelligente da controllarti, ma a volte penso che tu non voglia controllarti."
“Posso. Non che questo farà molta differenza, alla fine. Ho ascoltato quando descrivevi le torture che hanno subito i tuoi soldati, oh si. Secondo te, quanto resisteranno quelli?” era abbastanza ovvio che alludesse ai mercenari “Passeremo ancora molto tempo a girare per la foresta?” proseguì cambiando brutalmente argomento “La Dea vuole che io li uccida. Le anime, per la Dea, e il sangue, per Carnival” cantilenò.
"Hai sentito Carnival. Prego che tu o Astrea o nessun altro che mi sia vicino debba vedere, o provare, quello che ho visto io." mormorò Lao facendosi scuro in volto."Non mi hai detto nulla di questa Dea. Solo che brama il sangue. E che tu glielo porterai."
“Non il sangue, no. Le anime, si, le loro anime, le anime delle cappe dorate. Estinzione. Questo è il destino che la Dea vuole per loro.”
Il vecchio annuì."Un pensiero che mi sento di condividere. Ance se di troppo difficile realizzazzione." Agli occhi di Carnival l'uomo sembrava preoccupato. Se non lo conoscesse bene direbbe che è addirittura impaurito.
Carnival inclinò la testa da un lato, come per osservare meglio il suo maestro “Sembri strano, si. Così strano. I mostri di Damarios, i Fusi, non ti preoccupavano no. Erano mostruosi, loro, era mostruoso, lui. Loro invece, li temi?” lo stava fissando senza battere le palpebre, come un rettile. “Si, così è, lo vedo, lo sento. Così strano.” ripetè.
"Sono così semplice da leggere?" chiese con una nota di nervosismo Lao, si calmò con una stretta di spalle e andò a sedersi sotto un albero."Vieni qui Carnival. Voglio spiegarti il motivo del mio timore."
“Ho visto molte cose in un anno, oh si, e altre ho imparato a vedere” rispose la vampira avvicinandosi, con una certa aria diffidente, come se si aspettasse qualche sorpresa.
"Immagina due uomini. Due amici, due fratelli in armi. Che hanno condiviso tutto: Vittorie e sconfitte, dolore e gioia." cominciò a raccontare Lao, fissandola con sguardo vacuo."Persino un grande premio: essere scelti per divenire esseri superiori. Due soldati ognuno con un proprio addestramento speciale che li avrebbe trasformati in una forza inarrestabile una volta insieme."l'ombra di un pallido sorriso si dipinse sulle labbra di Lao."L'uno sarebbe stato la mente, avrebbe aquisito grandi poteri psichici. Sarebbe stato lo stratega, il tattico. L'altro il braccio, il colpo di ariete che avrebbe spazzato via i nemici." l'uomo evitò lo sguardo della vampira."La mente e il braccio. Io ero la mente. Il braccio invece, il mio fratello di sangue è l'uomo responsabile della morte dei miei, di cinquanta anni di fuga e di quello che stanno facendo gli Inquisitori: Qàin. Uno degli Aurei."
"Cosa accadde?" chiese Carnival, con voce sorprendentemente gentile. La vampira sembrava, una volta tanto, sinceramente interessata
Si sorprese nel vedere Lao sorridere truce."Apri la mente ad un assassino e lui si pentirà di quello che ha fatto. Questo è accaduto. Non volevo più fare quello che ordinavano. Hai visto i mietitori? Hai visto il villaggio distrutto? Hai il metro di quello che sono capaci di fare per purificare un luogo. Quando la mia insubordinazione è diventata tradimento Qàin stesso ha provveduto a mettermi a tacere, distruggendo la mia unità e imprigionandomi."
“Oh si, ho visto, si” disse la vampira con un nuovo sorriso sbilenco “E dicono che io sarei crudele e sanguinaria” rise ironicamente “Tu sei buono di cuore, mio maestro.” gli occhi grigi della donna si fecero per un attimo lontani, come se ella stesse rievocando qualche scena che aveva visto, o vissuto, poi annuì soddisfatta “Tu sei buono di cuore, si” ripetè “Sei stato un inquisitore, uno dei più alti, ma la Dea non mi ha chiesto la tua vita, la tua anima. Sono contenta.E così...” ancora quel sorriso storto “tutto quel che ci resta da fare è uccidere il tuo vecchio amico, fratello. Dov'è, mi domando, oh si.”
"Carnival non devi affrontarlo!" esclamò l'uomo con veemenza."Te lo chiedo per favore togliti quell'idea dalla testa. E' un mostro, non un semplice essere umano."
“Qualcuno direbbe lo stesso di me, si, lo direbbe” ribattè la vampira, non molto convinta “Cosa rende così terribile questo umano, questa cosa vivente?”
"Che non è umano." Lao si battè l'indice alla tempia."Consideri la mia mente umana? Bene per lui il discorso si applica sul corpo. Ha la pelle dura come acciaio, la forza di dieci persone. Può letteralmente spaccare in due una persona. Pensa ad un arma, una qualsiasi. Lui è addestrato ad usarla."
La vampira scrollò le spalle apparentemente non molto impressionata “Io ho la forza di molti umani. Ho il Potere, con me. Ho la Dea dalla mia parte. Ho te, se vorrai addestrarmi, si. Non sei stanco di tutto questo? Scappare e scappare, e vedere morire gente. A me non importa, oh no, ma a te?? A te, si.”
"Appunto per questo." Lao si alzò, ponendo le mani sulle spalle della vampira."Non voglio veder morire persone a cui tengo. Se deve finire in questo regno, dopo più di mezzo secolo così sia. Ma se qualcuno deve rimetterci voglio essere io e basta."
“Vuoi combatterlo tutto da solo?” chiese la vampira, ironica “Credi che te lo lasceranno fare, gli altri, mmmmmh? Aygarth della Forgia, sempre che io non lo uccida prima, Astrea-che-ha-promesso, il mago, l'uomo con il tatuaggio della fenice, il lupo e tutti gli altri?” fece una smorfia, come per un ricordo amaro “”Ti seguiranno, che tu lo voglia, oppure no.”
"Già. Mi sono scelto gente troppo cocciuta con cui affiancarmi." Lao sorrise. La sua solita espressione, quel misto di sarcasmo e spirito provocatorio, tornò sul suo viso."Se non ci fossi stata tu e Astrea non avrei mai trovato la forza di affrontare così di petto gli Inquisitori."
“Oh si, lo hai detto, vuoi proteggere lei, vuoi proteggere me” la vampira rise di nuovo, un suono piuttosto sinistro nella notte buia “Così divertente. Di solito, gli eroi vogliono proteggere le cose viventi da me, non proteggere me dalle cose viventi” all'anziano guerrieri non sfuggì il tono sprezzante con cui la vampira aveva calcato la parola “eroi”.
“Non temi che Damarios abbia ragione su di me, si? Sono una Figlia della Notte, tutto quello che voglio sono Sangue ed Anime.” disse ancora Carnival, stuzzicandolo, gli occhi grigi fissi con terribile intensità in quelli del vecchio, “E, si, mi piace bere il sangue dei miei nemici. Io sono una vampira. Io esisto solo per distruggere.”
"Abbiamo opinioni diverse al riguardo Carnival. Per la maggior parte della gente sei una ragazza, ma sei una bestia. Per me sei una bestia, ma sei anche una ragazza. C'è differenza."
Gli occhi della vampira ebbero un lampo di divertimento, come per uno scherzo segreto che nessun altro poteva condividere. Allungò una mano a sfiorare la guancia di Lao e disse in tono gentile“Ancora non hai compreso? Io non sono una ragazza. Io non sono una bestia.” sogghignò “Io sono Carnival”
Lao sbuffò divertito."Sei ripetitiva. Carnival è solo il titolo della copertina, non tutto il contenuto del libro." si allontanò da lei e si incamminò in direzione del villaggio."Un giorno capirai cosa voglio dire. Io non sarò un granchè come maestro...ma ho un allieva con la testa dura come il granito."
"Come puoi comprendere il libro se non comprendi nemmeno il titolo?" ritorse la vampira nello stesso tono divertito prima di voltarsi in direzione opposta e sparire nel fitto degli alberi.

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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Mar Mag 10, 2011 10:35 pm Rispondi citandoTorna in cima

Era almeno un'ora che Aygarth guardava fuori dalla finestra. La notte era calata con la stessa rapidità con la quale si erano rintanati nelle camere. Dopo quanto era successo, la decisione comune era stata quella di approfittare di un riparo, ma il giovane sapeva che non sarebbe state mura di pietra e legno a fermare la caccia dei Mietitori. I ricordi dell'assalto alla fucina erano troppo vividi perché potesse dimenticarsi della loro furia.
Hai paura?
La voce di Zadris lo sorprese. L'alabarda era appoggiata al muro e lui le scoccò uno sguardo rapido.
Senza paura non esiste coraggio. Me l'aveva detto Nether, qualche mese fa. Comunque sia... se vogliono venire, che vengano. Li aspetterò.
Non parlavo di loro. Parlavo di te.
Aygarth si voltò verso di lei, con aria costernata.
Credi che non sappia dei cambiamenti, Detentore della Forgia? Il tuo sangue comincia a bruciare. Specie adesso, quando le tenebre calano e l'odore del sangue della battaglia di oggi pregna ancora l'aria. Ti agiti e continui a guardare verso l'esterno, quando il vero nemico lo vedi nel tuo riflesso...
Aygarth distolse lo sguardo e se lo portò alle mani. Le aveva pulite alla fontana, ma era come se i suoi sensi vi captassero ancora una traccia latente. Un odore che lo animava, che lo rendeva inquieto, e non sapeva nemmeno dire perché. Lasciò la finestra e si diresse verso Zadris, specchiandosi nella grande lama. I suoi occhi presentavano tracce fin troppo evidenti, con quegli spicchi rossi nelle iridi. Dischiuse la bocca e notò i canini allungati, così simili a quelli di Nether.
Zanne.
"Non aspetti altro, vero, Carnival?" mormorò tra sé, con una smorfia sardonica. "Non vedi l'ora che mi trasformi per poter avere la tua vittoria. Ma ti strapperò il cuore prima di allora, non ti darò questo piacere. Ti strapperò il cuore, che io sia umano o vampiro."
Spense quei pensieri all'istante. Era stanco. Chiuse gli occhi e tornò con la mente a Cronista, chiedendosi per l'ennesima volta che fine avesse fatto, e lo assalì un timore sempre più crescente. Ricordava il Vampiro quando perdeva il controllo. Ricordava anche se stesso, con la differenza che lui aveva in corpo anche la Forgia. La furia devastatrice in cui si era trasformato più volte era un incubo che ancora assillava i suoi sonni.
Quando riaprì gli occhi, l'immagine nel riflesso non assecondò la sua espressione. Erano occhi rossi. Occhi di Vampiro. Che gli sorrideva.
"No!"
Aygarth gridò e indietreggiò fino a toccare il letto con le ginocchia, finendo seduto. Ansimava. Zadris palpitò e lui la sentì invadere la sua mente.
Detentore, tu cambi. Accade. Giorno dopo giorno. Fuori. Dentro. Dappertutto.
E' inesorabile, Zadris. La Forgia non durerà per molto... vero? Quanto tempo mi resta?
Il silenzio gli rispose. Aygarth si portò le mani alla testa e se la strinse convulsamente. Odiava sentirsi in quello stato e si odiava per non riuscire a reagire in maniera differente. Era facile fingere quando c'erano gli altri. Il difficile era quando si chiudeva nella stanza e rimaneva solo. Con se stesso. E la parte di sé che non riusciva ad accettare...
Sangue.
No!
Aygarth! Stavolta la voce di Zadris vibrava di paura. Chiedi aiuto. Chiedilo!


Lao aprì gli occhi, lanciando uno sguardo attorno a sè. Era passato dalla meditazione al sonno senza accorgersene, e questo gli dava il metro della sua stanchezza. Carnival era sparita. Si mise in piedi, stiracchiandosi. Qualcosa era penetrato nel velo del suo sonno e lo aveva squarciato. Una sensazione sgradevole, che veniva da qualcuno vicino a lui. La sua mente si espanse, abbracciò tutto il villaggio, frugò nei più remoti recessi nei dintorni. Molti dei suoi compagni dormivano, altri erano svegli. Ma solo 'aura denotava preoccupazione. Non preoccupazione: paura, e non era una persona.
Si diresse verso l'abitato, le mani infilate nelle larghe maniche della tunica, il cappuccio calato.
Zadris prova emozioni molto forti. pensò quando fu davanti alla locanda. Le sue parole rimbombarono nella mente di Aygarth come un gong.
Lao... Un attimo di pausa, come se il ragazzo stesse riordinando i pensieri. E' stata lei a chiamarti?
No. il vecchio entrò nella struttura a grandi passi e salì le scale. Si fermò di fronte alla porta della camera del giovane. E' stata lei a svegliarmi. Con la sua paura, i suoi dubbi. Solo tu puoi comunicare con lei a parole. Io riesco solo a vedere le increspature sulla superficie con la mia mente. Puoi aprirmi?
Dall'interno provennero un rumore di passi pesanti, poi il pomello girò su se stesso. Aygarth apparve sulla soglia, i capelli arruffati come se se li fosse stretti tra le dita con forza. "Entra."
Lao entrò nella camera senza lanciare uno sguardo al fabbro. Gli dette le spalle posizionandosi davanti alla finestra."Cos'è che turba una parte della tua anima?" chiese con voce atona.
"Perché me lo chiedi? Dovresti saperlo." La risposta di Aygarth non fu meno asciutta della sua.
"C'è una parte di me, credo quella meno seria e giovanile, che propende nel pensare che tu stia resistendo a te stesso soltanto perchè ti ucciderebbe dare ragione a Carnival." Il tono di Lao era divenuto d'un tratto sarcastico."Se Zadris è spaventata vuol dire che tu stai per connettere il tuo ennesimo errore in questa lenta trasformazione."
"Ha senso arrovellarsi sulle ragioni del mio trattenermi?" Aygarth si era seduto sul letto. "Al di là delle mie motivazioni, abbiamo bene chiaro in testa entrambi quali siano le conseguenze. Non voglio arrivare fino a quel punto."
"E cosa vuoi fare allora Aygarth?" Lao poteva sembrare una statua parlante tanto la sua figura era immobile."Hai due nature dentro di te. Sei diviso, spaccato a metà. Due facce della stessa moneta."
"No. Perché ciò che sto diventando non fa parte della mia natura." La voce del ragazzo era monocorde. "Una parte di me è la Forgia, il potere che condivido con Zadris. Un'altra è il vampiro che sta crescendo dentro di me, rallentato solo dall'influsso di Zadris. E poi..." Una pausa. "Aygarth l'umano. Colui che ha vissuto prima di Zadris, colui che ha vissuto in quest'ultimo anno ad Athkatla." Ancora silenzio per qualche secondo. "Quanto di me sta attingendo, il vampirismo? Prenderà il sopravvento, prima o poi. E ingloberà tutto il resto o, peggio, lo asservirà ai propri scopi. Travolgendo tutto il mondo che ne fa parte. Va fermato prima che accada."
"Alcune cose accadono perchè devono accadere Aygarth." la voce di Lao era stanca, remota."Non puoi fuggire da quello che hai dentro. Io potevo vivere tranquillamente per il resto della mia vita, invece le ombre del mio passato sono arrivate anche qui. Tu vorresti vivere in pace, ma qualcosa dentro di te te lo impedirà."
Aygarth lo guardò per la prima volta. "Se non posso evitarle, almeno posso lottare per ritardarne gli effetti. Tu... puoi fare qualcosa a riguardo?"
"L'ultima volta ho usato io queste parole..." il tono di Lao cambiò nuovamente."Vediamo cosa io posso fare per te. Avvicinati Aygarth." Parole dure, taglienti come vetro, che si incollavano al cervello del giovane.
Si alzò, le gambe reagirono in maniera differente dal solito: più lente, meno pronte a muoversi."L'ultima volta dormivi, se quello può considerarsi sonno. Adesso la situazione è differente. Un cervello sveglio è un cervello reattivo, un luogo dove le porte sono pronte a sbarrarsi molto più velocemente. Capisci quello che voglio dire? Potrei farti male stavolta."
"Fai quello che devi fare" mormorò soltanto il ragazzo.
"Allora avvicinati..." Lao attese, immobile, finchè il fabbro non fu ad un palmo dalla sua schiena. Si voltò lentamente e piantò due occhi scintillanti come candele in quelli di Aygarth."...e guarda nei miei occhi." disse con voce atona. Il fabbro capì: il vecchio lo aveva ipnotizzato con la voce, e ora gli stava entrando nella mente.
Lo lasciò fare.

Lao trasalì. In un battito di ciglia, il ragazzo davanti a lui e le pareti della stanza erano scomparse. Il trapasso alla mente del giovane era stato così repentino che per un attimo si sorprese lui stesso. Si ritrovò dapprima al buio, poi la penombra prese via via posto delle tenebre. Quando riuscì a mettere a fuoco, rimase di sasso.
Era in un labirinto di specchi. Girò lo sguardo da ogni parte, ma nessuno di essi rifletteva la sua immagine. Erano vuoti, o almeno così gli sembrava.Nello specchio non si riflette ciò che siamo. mormorò incamminandosi in quel budello di vetro. Ogni volta che voltava lo sguardo gli sembrava di vedere con la coda dell'occhio qualcosa riflesso. Qualcosa che spariva ogni volta che si voltava.Lo specchio riflette la nostra anima, il nostro vero io. si piazzò a gambe larghe davanti ad uno degli specchi.Mi sbaglio forse? chiese al vetro.
Lo specchio non mutò, ma un movimento a destra non sfuggì a Lao, che si voltò da quella parte. In fondo a un lungo corridoio di lastre, s'ergeva un vetro, nel cui riflesso era contenuta un'ombra umanoide, immobile. Non ne era sicuro, ma Lao avrebbe giurato che lo stesse fissando.
Qualcosa dentro di lui cominciò a scalciare. Non era facile da identificare, il suo ego e quello di Aygarth erano a contatto, mischiati assieme. Si mosse verso l'ombra riflessa. Sentiva il bruciore di quello sguardo mentre si avvicinava.
"Stai indietro."
La voce era quella di Aygarth, ma c'era una nota di colore che andava in disaccordo, anche se non sapeva perché.
"Stai indietro. Ciò che vuoi fare significa morte. Vattene."
Mi dispiace. Ma sto facendo un favore ad un amico, e sono in cerca di conoscenza. Due motivazioni davanti alle quali la morte si inchina e indietreggia. Lao non rallentò la sua andatura, osservò quella figura, si concentrò sulla sua voce. Cose c'era di sbagliato? Cosa rendeva quell'apparizione così differente da Aygarth?
"Tu non sei mio amico" e Lao avvertì una scossa bruciante a quelle parole. "Tu sei solo un mezzo. Una deviazione sul percorso. Conoscenza... Per cosa? Per te stesso? Ti intrufoli nelle menti altrui e pretendi di saperne ogni tassello?"
Se anche fosse? Se anche io stessi commettendo uno stupro della coscienza di qualcun'altro? Tu sei un idea, un immagine in un mente. Una goccia nel mare. Lao si scoprì a sorridere.E quel mare si è fuso con un altro mare: la mente di Aygarth e la mia sono in contatto. Sei una particella in qualcosa di così grande da non poter essere misurato. Era a meno di un metro dallo specchio. Si fermò, gli occhi rapiti da quello che vedeva. Un brivido gelido sulla schiena.
"Una goccia, dici? Hai ragione." Ora che si era avvicinato, Lao notò che l'ombra non aveva mutato aspetto. Era Aygarth, riusciva a vedere alcuni particolari degli zigomi che lo riconducevano a quell'aspetto. Eppure non era lui, lo sentiva. "Sono la goccia della vita. Assurdo, vero? Guarda."
Un clamore improvviso provenne dagli specchi che circondavano Lao. Il vecchio si voltò e assistette a numerose scene che non seppe interpretare diversamente da scene di vita del ragazzo. Il suo passato. Vide un mastino dai denti avvelenati che lo trascinava via di corsa, vide un'arena con dei golem e il petto di un Fuso squarciato a suon di pugnalate. Vide la Rocca, e innumerevoli morti che cadevano sotto le sue mani insanguinate.
"Sei nella mente di un morto, lo capisci?" La voce si era fatta più sottile e suadente. "La morte ci ha preso esattamente trecentonovantaquattro giorni fa. Dovevo dormire, quel giorno, ma mi sono svegliato. E ora dormo qui dentro."
Tu non dormi. Tu sei un bambino che scalcia sotto le coperte, piangendo in attesa della pappa. Tu stai aspettando che Aygarth venga a prenderti in braccio per svegliarti completamente e darti da mangiare. Lao tornò a voltarsi verso la figura nello specchio.Torna a dormire. sibilò con tono imperioso di comando.
La figura non disse niente, ma una traccia di sorriso impertinente sbucò sulle sue labbra.
Torna a dormire! ordinò di nuovo.
"Non sei un ospite cortese" rispose l'ombra-Aygarth. Con un guizzo, sparì dallo specchio per poi comparire in una delle file laterali, camminando al suo fianco. Lo scrutava come fosse un giocattolo nuovo nelle mani di un infante. "Vuoi darmi un'ordine? Qui dentro? Io non prendo ordini. Io esisto e continuerò a farlo. E non sarà un estraneo come te a dirmi cosa devo fare quando io, almeno, sono qui per un preciso motivo." Un guizzo, e tornò di nuovo nello specchio principale. "Io non dormirò mai. Io uscirò. Vuoi evitarlo? Puoi distruggermi, se lo desideri. Frantuma lo specchio e il tuo desiderio sarà esaudito. Prenditi la goccia della vita." Gli scappò una risata sardonica. "Vita nella non-vita... non è ironico?"
Lao contrasse il pugno sinistro fino a sbiancare le nocche. Sentiva il bisogno di percuotere quell'immagine, fargli del male.Ironia...ci fanno i coperchi per le bare. il pugno scattò, fermandosi ad un centimetro dalla lastra di vetro.Tu credi davvero che io voglia sopprimerti? Una parte di Aygarth? No. Io voglio solo incatenarti. Ben stretto.
La figura inclinò la testa e Lao giurò di aver visto l'ombra di un sorriso nella macchia indistinta che aveva per volto. "Le catene non possono tenermi. Sono qui dentro da tempo, uomo-della-mente. Sono qui ancora prima che lui stesso potesse rendersene conto. Sono la sua rabbia, la sua voglia di uccidere, amplificata al massimo. Non sono una parte di lui. Non esattamente." La voce era pacata, ma era come se chi le pronunciasse stesse sogghignando. "Sono la sua evoluzione."
Lao incrociò le braccia."Evoluzione? Non credo. Mutazione forse. Aberrazione probabilmente. Tu sei la parte più nera e bestiale di Aygarth. E più tempo la Forgia si fa beffe del tuo desiderio di libertà più aumentano le possibilità del ragazzo di controllarti e sopprimerti."
Una lieve risata echeggiò tra gli specchi. Era la voce di Aygarth, ma più monocorde. Non cattiva, solo atona. "Lui vuole sopprimere il pericolo che io do. Non la mia essenza. Io gli faccio comodo. Io lo guarisco; anche adesso. Gli fai male, molto. La sua mente non ti sopporta, siamo troppi. Lui, lei, io, e ora tu. Meglio che te ne vai. Sanguina dentro, anche se non lo dirà mai."
"Se io restassi ancora nella mente di Aygarth potrei fargli molto male. Se mi concentrassi appena un po' di più il suo cervello andrebbe in pappa." lo sguardo del vecchio si fece truce."E potrei farlo sai. Meglio un amico morto velocemente che lentamente tramutato in un mostro."
"Questo è quello che vuoi tu. Il suo parere, quello vero, l'hai chiesto?" L'ombra non pareva nemmeno turbata dalla minaccia di Lao. "Aaaah, lui non l'ha detto, vero? Non l'ha rivelato? Io ero lì e l'ho visto. Con lui. Nel dopo, ho visto cosa lo aspetta. Riesci a immaginare il tuo peggiore inferno, uomo-della-mente? Moltiplicalo per mille e mille volte e nemmeno arriverai vicino all'orrore che ha visto. L'orrore che lo aspetta, senza scampo, dopo la morte." Una pausa. "E lui lo teme, ah sì. Teme la morte in maniera spasmodica, perché lì non vuole tornare. Nemmeno i demoni, nei tempi antichi, sono stati puniti con cotale ferocia. E lui lo sa." Aprì le braccia come a incoraggiarlo. "Io non ti fermerò mentre lo uccidi come un vigliacco, laddove non può o non vuole difendersi. Fai ciò che vuoi, uomo-della-mente. Tua la mano, tu l'esecutore della sua condanna. Io resterò a guardare."
Lao ponderò a lungo quelle parole. Nulla trapelava dal suo volto granitico mentre fissava quell'essere nella lastra di vetro."Confermi quello che pensavo. Sei incredibilmente stupido. Più di Aygarth. Preferisci sparire con il tuo ospite invece di stare al tuo posto? Ti accontento gli specchi, il pavimento, tutto quell'immenso ambiente cominciò lentamente a tremare, come sotto l'effetto di un terremoto."Aygarth finirà all'Inferno ma tu? Hai mai pensato che l'oblio è la peggiore condanna?"
L'ombra non disse nulla, ma il sorriso non abbandonò le sue labbra. Attorno a lui, gli specchi iniziarono a creparsi. Il suo resistette ancora, ma lui non si mosse per un bel pezzo. Ad un tratto, un bagliore indistinto permeò l'ambiente, rischiarando il viso di Lao e sfocando la figura nello specchio. L'ombra guardò verso destra. "Devo andare, uomo-della-mente. E anche tu. Lei non vuole."
Il lieve bagliore divenne accecante come un sole. L'ombra si dissolse nello specchio. Prima ancora che Lao potesse far qualsiasi cosa, la luce divenne calore. Insopportabile, doloroso. Un calore peggiore dell'Inferno. Lo colse in tutta la sua essenza, concentrandosi in un punto sulla clavicola destra.
Luce e fuoco.
Fuoco...

Lao si svegliò dalla trance, ma il dolore non cessò. La spalla urlava. Sbatté gli occhi e fissò istupidito la figura di Aygarth riversa al suolo. Ancora più raggelante, tuttavia, fu realizzare di avere lo sperone di Zadris piantato nel corpo. Le rune dell'alabarda erano rosse, come fosse stata immersa nelle fiamme di una fornace da ore e ore.
Con un grido costernato, afferrò l'asta e se la strappò di dosso, non abbastanza velocemente perché il calore non gli ustionasse i palmi. Mollò Zadris al suolo, ma l'arma si mosse in maniera autonoma e facendo perno sul tallone calò come una mannaia. Lao si spostò appena in tempo perché la scure s'impiantasse nel muro di legno alle sue spalle, a pochi pollici dal suo viso.
Vattene.
Lao scartò di lato e alzò le mani. Non intendo combatterti. Sta' ferma e fammi aiutare il tuo padrone. L'alabarda volò contro di lui, le rune sulla lama che fiammeggiavano. Il vecchio afferrò l'asta, facendo appello ad ogni briciolo di autocontrollo che avesse per resistere al calore."Basta così" sibilò affaticato e dolorante.
Basta così, ripeté lei, e la voce della sua mente era quella della collera. Abbiamo chiesto aiuto. Stavi portando morte. Assassino. Una pausa. Assassino. Nemico. Vattene.
"Se fossi un nemico Aygarth sarebbe già morto!" esclamò Lao lasciando andare l'arma. I palmi delle mani erano ricoperti di vesciche."Voglio aiutarlo per davvero. Non ucciderlo."si mise in posizione di guardia, pronto a schivare l'attacco successivo. Metà della sua attenzione era concentrata su Zadris. L'altra metà su Aygarth riverso a terra.
Ed è la morte, la tua soluzione? Morte... La sua. La mia. Il calore s'acuì. Vai via. Non c'è più nessuno da aiutare. Lui non c'è, ora. Ha sofferto. Ti ha dato fiducia e ora non risponde. VATTENE!
Lao si bloccò a quelle parole."Colpisci allora." mormorò allargando le braccia."Io non voglio far del male ad Aygarth. Voglio aiutarlo. Se me ne dai la possibilità."
L'alabarda vibrò in maniera tale che per un attimo Lao credette che avesse dato retta per davvero alla sua esortazione. Poi si placò. L'hai quasi ucciso. Lui non risponde. Non lo sento. Non dorme e non è desto. Cosa gli hai fatto? Una pausa. Lui... non c'è.
"Che non ci sia mi sembra piuttosto eccessivo." borbottò Lao con un sospiro di sollievo. Si chinò sul giovane e gli mise il palmo sinistro sugli occhi, sentiva confusione e dolore. Si concentrò tentando di far riemergere Aygarth. Il ragazzo sembrava svenuto, un rivolo di sangue usciva dal naso. Avanti ragazzo, sveglia. Cercò di andare più a fondo nella mente del giovane, ma era come immergersi nella pece."Che abbia combinato un guaio?" mormorò senza rendersi conto che probabilmente l'alabarda lo stava ascoltando.
Un lieve movimento sotto il palmo. Poi Aygarth sussultò e con un singulto spruzzò stille di sangue dal naso e dalla bocca. Cercò di rialzarsi a sedere e tossì spasmodicamente, tremando come una foglia.
"Fermo."intimò il vecchio posandogli una mano sul petto."Faccio io." lo afferrò come fosse una piuma e lo sollevò, poggiandolo sul letto."Credo di aver un po' esagerato." borbottò il vecchio a mo' di scuse.
"Cosa è..." il ragazzo scoccò un'occhiata all'alabarda, che non si trovava dove l'aveva lasciata, per poi fissare il compagno, puntando lo sguardo alla ferita alla spalla. "Lao, cosa è successo? Perché sei ferito?" Tentò di alzarsi ma desistette subito. "Dèi, la testa... mi fa male dappertutto. Tutto il corpo."
"Hai qualcosa dentro di te molto aggressivo." lanciò un occhiata alla ferita alla spalla e solo allora, quando la tensione e l'adrenalina era calata, si accorse di quanto facesse male."Ho tentato di adottare una tattica violenta per rispondere alla violenza. Ma è andata male. Zadris pensava che volessi ucciderti."
"Da come mi sento mi sa che ci sei andato vicino..."
Il volto del vecchio divenne una smorfia."Non così vicino da dovermi infilzare."
Aygarth sospirò e si coprì gli occhi con l'avambraccio, come se cercasse il buio per dormire. "E' forte" mormorò. "Cresce."
Lao si sedette a terra e appoggiò la schiena sul lato del letto."Troppo forte per fermarlo solo con la mente." ammise riluttante tenendosi la spalla. Il calore dell'alabarda aveva cuterizzato la ferita, ma faceva un male del diavolo.
Aygarth rimase in silenzio. Infine, l'ammissione. "Non so cosa devo fare."
"Devi sopravvivere finchè non troviamo una soluzione." nella mente di Lao le parole del vampiro riecheggiavano come campane."E la troveremo. Non mi lascio battere da un semplice pensiero."
"Lo spero" sospirò Aygarth, mentre l'alabarda, poco distante, spegneva le sue rune. "Lo spero tanto."

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MessaggioInviato: Gio Mag 12, 2011 12:57 am Rispondi citandoTorna in cima

Nonostante Galdor fosse rimasto seduto all’interno della locanda mentre fuori infuriava la tempesta gli altri avventori gli lanciarono ugualmente sguardi tesi e spaventati, anche se alcuni lo evitavano del tutto, forse in virtù di quanto accaduto poco prima con in mezzo lupo. Sorrise vuotando il boccale d’un solo fiato e si diresse verso la propria camera per riposare.
Nonostante la stanchezza guardava il soffitto di legno con occhi sbarrati, non riusciva ad addormentarsi, anche se il corpo era ugualmente rinvigorito da quelle povere comodità che gli erano state offerte in più rispetto agli ultimi giorni di estenuanti viaggi e combattimenti.. Cercava in tutti i modi di frenare i suoi pensieri e cercare quiete ma continuava a sentirsi a disagio, più che mai. Persino mentre viaggiava senza compagnia durante l’ultimo anno trascorso si era sentito meno solo di ora, il ricordo dei compagni che aveva lasciato era migliore di quello che aveva scoperto al suo ritorno.
Si portò una mano sullo zigomo che Aygarth gli aveva colpito e infastidito si mise sul fianco quando una spalla dolorante lo costrinse a riprendere la posizione di prima.

Poco lontano anche Astrea stava avendo una notte agitata. A differenza di Galdor ella si era addormentata subito, ma il suo sonno veniva agitato da incubi. Dapprima sognò Aygarth: si trovavano all'aperto e il fabbro le dava le spalle, lei lo chiamava e lo chiamava più volte ma il ragazzo non sembrava sentirla. Finalmente lei lo raggiunse facendolo voltare, ma quello che vide su il volto senz'anima di un vampiro, gli occhi rossi e le zanne scoperte in uno spaventoso ringhio. Astrea indietreggiò di scatto per l'orrore barcollando e finendo per terra nella foga di tenersi lontano da lui, ma Aygarth la raggiunse senza difficoltà. Nella mano destra teneva Zadris e nella sinsitra, quale orrendo trofeo, la testa di Carnival che alzò davanti agli occhi di Astrea perchè la potesse ben vedere.
"E' così divertente, sorellina" disse la testa mozzata esibendo il suo ben noto sorriso "Vedi? E poi diceva che ero io il mostro" concluse con una risata.
La ragazza si alzò di soprassalto dal letto e gettò le lenzuola a terra. Si portò le mani alla testa stringendo le dita sulle tempie, avrebbe voluto urlare dalla rabbia. “Non ce la faccio più, non ce la faccio a continuare così.” Mormorò scuotendo la testa. Restò in quella posizione per un tempo indeterminato finché si decise ad alzarsi ad uscire dalla propria stanza. Era stanca e aveva bisogno di riposo ma sembrava aver perso tutto il sonno con quell’incubo. Rimase ferma e al buio nel corridoio con la schiena contro l’uscio della camera. C’era silenzio, tutti dormivano o se qualcuno era sveglio nessuno aveva voglia di intavolare discorsi dopo il disastro che avevano combinato. Non sapeva bene cosa fare, non aveva voglia di tornare a letto né tantomeno di dare noi a qualcuno con le sue paranoie. Senza pensarci su due volte si fermò davanti alla porta di Galdor e bussò una volta piano per sapere se il guerriero dormisse o meno.

Al bussare portò una mano al coltello, che da sempre passava la notte sotto il suo cuscino, assecondando un riflesso ormai incondizionato ma subito lo lasciò e si mise a sedere. “Avanti” Si limitò a dire con voce non troppo alta.
Astrea fece una smorfia, non sapeva come giustificarsi. “Ma perché nessuno dorme qui?” Si ritrovò a pensare. Aprì la bocca come a voler dire qualcosa, ma la richiuse e anzi fece un passo indietro. “Non è niente, scusami.” Bofonchiò prima di tornare indietro.
Galdor si stropicciò gli occhi, si alzò e aprì la porta senza far caso al fatto che fosse scalzo e indossasse a stento un paio di brache. “Non riesci a dormire?” le chiese semplicemente. La ragazza si girò verso di lui, fece una smorfia guardando il soffitto, il buio in questa occasione è un grande alleato per nascondere al meglio il rossore sulle guance. “Mmmm no, non riesco a dormire…” Rispose “Forse non sono più abituata a dormire da sola…” Si affretto ad aggiungere come scusa. “Non volevo disturbare.” Si portò una mano tra i capelli.
Galdor scrollò le spalle. “nessun disturbo, ero sveglio come una civetta…” Guardò dentro la camera un attimo. “Vuoi entrare? Ti va di parlare un po’? Magari riesco a farti tornare il sonno” rise sommessamente.
Astrea si rilassò e annuì. “Va bene, ma vestiti. Con tutto quel pelo potrei farti una treccia sul petto.” Disse ironica passandogli accanto entrando nella camera.
Il guerriero alzò gli occhi al cielo e la seguì dentro. Rintracciò una maglia e la mise. “Accomodati pure…” La stanza era praticamente spoglia “… un po’ dove ti pare.” Concluse.
La giovane ladra si sedette sul ciglio del letto. “La verità è che non ce la faccio più, Galdor. Non è posto per me questo, riesco a stento a seguire i vostri ritmi di marcia. E per di più poco fa stavo per farmi ammazzare in modo così stupido, non potrà esserci sempre qualcuno di voi a guardarmi le spalle.”
Galdor aveva atteso che la ragazza si accomodasse quindi si sedette a terra. “E’ un ritmo estenuante e a continuarlo non ci guadagniamo assolutamente niente, non sei tu che non riesci a starci dietro.” Le disse, in fondo non aveva avuto l’impressione che lei fosse un peso per il gruppo, anche se non aveva osservato con attenzione. “In combattimento evita di buttarti nella mischia e resta accanto a Carnival o a Lao o a me e non ti accadrà niente” annuì col capo.

Galdor aveva appena finito di pronunciare il nome della vampira che i due sentirono picchiettare ritmicamente sulla finestra della camera dell’uomo. Carnival si trovava lì, aggrappata in qualche modo con una mano al muro, mentre con l'indice dell'altra batteva sul vetro della finestra. Quando i deu si accorsero di lei la vampira rivolse loro un sorriso sbilenco.
“Entra” disse il guerriero senza troppi convenevoli. Ammise a se stesso di non sapere come comportarsi con la vampira. Quante cose non sapeva e questa sensazione non gli piaceva per niente. Ad ogni modo si alzò per aprire la finestra.
La vampira sorrise nuovamente e non appena il guerriero aprì la finestra entrò nella stanza con agilità felina "Astrea-che-ha-promesso, l'uomo stanco...soffrite di insonnia?" Per qualche motivo noto soltanto a lei Carnival sembrav trovare la cosa molto buffa
“Beh Carnival, non è detto che se un uomo e una donna stanno insieme in una camera il motivo sia sempre perché soffrono di insonnia, sai.” Rispose la ragazza allusiva con un mezzo sorrisetto. Era curiosa di sapere la risposta della vampira, dato che non avevano mai trattato l’argomento.
Carnival rimase sorpresa per un attimo, come se notasse solamente in quel momento che sia Galdor che Astrea indossavano giusto il minimo indispensabile, poi guardò nuovamente Galdor con una luce maliziosa negli occhi grigi "Mi sorprendi uomo stanco. Forse ho capito perchè sei stanco, oh si. Forse non sei troppo stanco, mmmmmh?" Carnival sogghignò "Ci deve essere qualcosa più di quel che colpisce lo sguardo se piaci ad Astrea-che-ha-promesso. Sono curiosa, si."
La discussione aveva preso una piega strana e Galdor non si era mai trovato in mezzo a siparietti del genere anzi cercava di evitarli, lo imbarazzavano parecchio. A dirla tutta non aveva mai avuto molto tempo da sprecare in relazioni che andassero oltre una notte o due a parte con l’elfa, più di un anno prima, ma anche allora non c’era stato molto da parlare. “Senza offesa Carnival, ma la curiosità di una vampira me la eviterei volentieri.” Sorrise leggermente “e la mia stanchezza sarà anche affar mio, non trovi?”
"Vuoi farmi credere che tu non sei curioso?" ribattè Carnival avvicinandosi e accarezzando una guancia del guerriero "un vero peccato che ti stanchi così facilmente."
Astrea rotolò sul letto dalle risate. Fece un sospiro per riprendersi e asciugò una lacrima con l’indice. “Perdonami Galdor, è stata colpa mia che mi sono addentrata nell’argomento. Sii buona, Carnival, non tormentarlo e non credo sia così curioso, è più discreto.”
Il guerriero si strinse tra le spalle tornando serio e scansandosi dalla mano della vampira. “Per ‘sta volta passa, se almeno è valsa a farti passare lo sconforto; ma la prossima volta non inventarti cose che non sono, che poi Carnival si fa strane idee”
La ragazza fece una smorfia. “Scusami ma la tentazione era troppo fronte per non cedervi. Ne è valsa la pena, non ridevo così da non so quanto tempo.”
“La mia sorellina è perfida come una strega delle fiabe” commentò Carnival ma i suoi occhi grigi scintillavano di divertimento “Peccato, uomo stanco” aggiunse “Non saprai mai cosa ti sei perso, oh si”
Galdor inarcò un sopracciglio e con fare scettico aggiunse “Ti assicuro che la cosa non mi interessa minimamente, vampira” non usò di proposito il nome Carnival per demarcare la distanza tra loro.
Astrea si alzò dal letto e si frappose tra i due, poggiò una mano sulla spalla della vampira. “Carvinal, perché non vai nella camera a riposarti un po’? Io ti raggiungo a breve. ” Lanciò uno sguardo a Galdor e alzò le spalle come a volersi scusare di nuovo per aver creato tutto quel malinteso.
Gli occhi di Carnival erano tornati freddi nell'udire le parole dure di Galdor. Quando Astrea la invitò ad andare a riposare, la vampira si limitò a guardarla per poi andarsene dalla stanza senza una parola, uscendo dalla finestra e lasciandosi cadere a terra, con la massima indifferenza per il fatto che un normale umano probabilmente si sarebbe spezzato qualche osso nella caduta.
Quella reazione dispiacque un po’ al guerriero. Non era cattivo, o almeno non si ritenevatale, e sapeva che in parte Astrea ci sarebbe stata male. Decise di cambiar tono almeno con lei. “Non è nulla, ho esagerato io” disse infine con voce più pacata.
La ragazza fece un sorriso. “Non ti preoccupare dai, posso capire se ti sei irritato.” Fece un sospiro. “Beh, ti ho tormentato abbastanza per questa sera, posso lasciarti dormire, ne abbiamo bisogno.” Si incupì di colpo pensando a cosa sarebbe successo al villaggio per colpa loro.

Il guerriero osservò il sorriso di Astrea spegnersi in un’espressione cupa, chi sa a cosa stava correndo adesso la mente della ragazza; un ponte quasi invisibile, un volo pindarico doveva averla riportata ai dolori che le avevano turbato il sonno o ad altri. “Riposare…” soppesò quella parola in bocca. Chi sa se ci sarebbe riuscito. Guardò Astrea negli occhi “… se vuoi puoi rimanere”.
Astrea rimase incerta un istante timida e impacciata com’era solita essere, ma annuì più serena perché non doveva restare da sola.

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Lorenzo Ferretti
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MessaggioInviato: Gio Mag 12, 2011 11:45 pm Rispondi citandoTorna in cima

Aygarth aprì gli occhi nel buio. Dall'esterno, il frinire dei grilli era assordante, ma non era quello che gli impediva di dormire. Si rigirò più volte nel letto, senza riuscire a rilassarsi al punto da appisolarsi. Dopo alcuni minuti passati con gli occhi spalancati, s'alzò di scatto con uno sbruffo e afferrata Zadris uscì dalla stanza.
La locanda era praticamente deserta a quell'ora, ma in quel momento non aveva alcuna voglia di compagnia. Uscì dal locale e si diresse nella piazzetta antistante, soffermandosi al pozzo. Lavorò di carrucola e tirò su un secchio, gettandoselo sulla testa; il freddo glaciale dell'acqua gli schiarì le idee per un attimo, allontanando il nervosismo. Per un attimo.
Sto iniziando.
Iniziando cosa?.
A non avere più bisogno di dormire.
Zadris non disse nulla. Aygarth lasciò andare il secchio che s'inabissò con un tonfo e boccheggiò tremante sul bordo del pozzo.

Ulkos si riscosse dai suoi pensieri. Aveva sentito una serie di passi provenire dall'interno della locanda che si spostavano poi gradualmente verso l'esterno e verso il pozzo. Il suo udito finissimo gli dava modo di poter essere sicuro di ciò. Annusando l'aria, avvertì un odore nuovo, che si aggiunse a quelli soliti del bosco e della natura: odore di metallo. Ma anche un vago odore di sangue, una sorta di traccia vaga... C'erano solo due persone che odoravano a quella maniera: la vampira e il giovane con l'alabarda. L'odore di metallo, quindi, non lasciava dubbi sul fatto che la persona vicino al pozzo fosse il ragazzo.
Quindi, Ulkos si alzò, e si avvicinò silenziosamente al giovane. Non sapeva perchè gli si avvicinava...forse era curioso. "Bella nottata eh?" lo apostrofò.
Aygarth alzò la testa, la zazzera nera gocciolante sul viso. "Ma non dorme nessuno da queste parti?"
"Direi che dormire non fa parte delle mie abitudini notturne...ma anche io potrei dire la stessa cosa. Che ti è successo? Non ti vedo molto lucido. Fatto a botte con qualcuno?" ridacchiò poi.
Non ci sei andato lontano, pensò il giovane, ma non lasciò che il pensiero trapelasse dal volto. "Sono stanco" mormorò. "Troppo a pezzi da non prendere sonno e troppo esausto per stare in piedi."
"Interessante" commentò il grosso guerriero, scrutando il giovane con aria incuriosita."Sai, non mi è mai capitato di avere a che fare con dei tizi come voi. Siete...stati gentili a prendermi con voi...volevo ringraziarvi" il suo tono si era fatto più serio ora, e lo sguardo più intenso.
Aygarth scrollò le spalle con noncuranza. "Si chiama guardarsi le spalle a vicenda. Nella nostra situazione, direi che sta diventando indispensabile."
Ulkos ridacchiò sommessamente. Ma il suo sguardo tornò ad essere serio quasi subito. "Immagino...che sia difficile, vero?"
"Dipende dal nemico che affronti." Il ragazzo si risollevò dal bordo del pozzo. "E dalle armi che hai a disposizione."
"Vero" convenne Ulkos."Ma ricorda che non tutti gli avversari si sconfiggono da soli. Non sempre si è in grado di fronteggiare adeguatamente il nemico. In questi casi è bene avere degli amici" fece una pausa." E quelli mi sembra che non ti manchino.Siete..come una famiglia vero?"
"Alcuni di noi sì." Aygarth si ricaricò a tracolla l'alabarda che aveva appoggiato al pozzo. "Per il resto... si cerca di sopravvivere, come si può."
"Cosa faremo domani, Aygarth? Intendo, con le persone che vivono qui. Quei mostri, mi par di capire, non vi molleranno tanto facilmente. Quindi mi chiedevo, cosa ne sarà del villaggio?" c'era una nota di preoccupazione nella sua voce. Ma anche di compassione.
Un'ombra attraversò il volto del ragazzo. "Semplice. Ce lo lasceremo alle spalle. Non c'è molta scelta." Guardò le casupole ai margini della piazza. "Restare qui significa rimanere esposti. Sia ai Mietitori che alla gente comune. E non possiamo nemmeno tirare in ballo gente che non c'entra. Siamo qui per riposare, ma ciò non significa che avremo a che fare con la gente di questo luogo."
Ulkos non rispose. Capiva il ragazzo, e sapeva che era ovviamente la cosa più saggia da fare, abbandonare il villaggio e dimenticarlo. Anche se questo avrebbe significato abbandonare quella gente ad un fine misera probabilmente. Infine annuì. "La tua è ovviamente la proposta più giusta e saggia...mi dispiace però per questa gente..."
"A me no." Aygarth si asciugò il volto con l'avambraccio, guardando verso oriente, laddove la lieve luce dell'alba iniziava a fare capolino. "Non possiamo fidarci di nessuno. L'hai visto coi tuoi occhi. Prima dimenticherò queste persone e più facilmente loro dimenticheranno me."
"Non dovresti essere così cinico, lo sai?" disse Ulkos."Anche se loro ti domenticheranno, chiunque ci insegua saprà che siamo stati qui. E se la prenderà con questa gente. Non ne avrà pietà, come ne potrei aver io oppure tu."
"Non è un mio problema." Aygarth lo fissò. "Non posso badare a chiunque incrocio sul mio cammino. Solo a quelli che contano."
"Quindi questa gente per te non è importante?" mormorò Ulkos. "Non conta secondo te?"
Il ragazzo distolse lo sguardo. "Non come lo sono i miei compagni. Se dovessi scegliere... sterminerei un intero villaggio, senza distinzione, pur di salvare uno solo dei miei amici."
"Sei sicuramente un buon amico Aygarth...per tuttti i tuoi compagni. ti rispetto molto per questo. Certo, eticamente fai schifo, ma un amico migliore di così non credo che ci sia" rispose il grosso guerriero. "Anche io farei lo stesso...solo che non lo farei per salvare un amico..."si bloccò
"E per cosa lo faresti, sentiamo?"
Ulkos rimase in silenzio per un po'. Doveva dirglielo? Decise che in parte avrebbe dovuto dirgli qualcosa..."C'è..una persona, che devo incontrare. Lo cerco da tanti anni ormai, e qualche volta dubito che possa ancora essere vivo. Diciamo che lo farei per vendetta" terminò Ulkos, ridacchiando.

La notte era stata lunga anche se alla fine sia Galdor che Astrea erano caduti addormentati ma il guerriero si destò alle prime luci dell’alba come faceva sempre, la vide che dormiva come un sasso rannicchiata e accucciata a quello che doveva somigliare ad un cuscino secondo chi gli aveva affittato la stanza.
Silenziosamente uscì dalla camera per andare a cercare un angolo dove svuotare la vescica e dell’acqua per darsi una rinfrescata.
Uscito dalla locanda sentì delle chiacchere provenire dal cortile di dietro della locanda, dove c’era il pozzo. Una voce non gli diceva molto ma l’altra gli era fin troppo familiare; Aygarth.
Si avviò in quella direzione. “Buongiorno!” li interruppe.
Ulkos interruppe quello che stava per diventare un dialogo di confidenze, girandosi verso il nuovo arrivato. Galdor. Quello che gli aveva piantato il pugnale di fronte nel tavolo della locanda. "Buongiorno, Galdor...mattiniero eh?" scherzò
“Mi sveglio col gallo, e parto di prima mattina con la cresta alta” rise il guerriero in risposta.
"Ottimo inizio giornata, davvero non c'è che dire" disse Ulkos, sorridendo. "Passato una bella nottata?" aggiunse poi ridacchiando, dopo aver sentito l'odore di Galdor.
“In realtà non ho dormito granché, troppi dolori addosso, ma il sole mi mette di buon umore” si limitò a dire muovendo qualche passo verso il pozzo “buon giorno anche a te Aygarth…”
"Buon giorno" rispose il giovane, anche se era evidente che aveva passato una notte tutt'altro che piacevole. "Niente Mietitori stanotte, il che è un bene."
“Perché non provi a dimenticarteli per qualche ora?” gli fece eco Galdor prima di immergere la testa nel secchio pieno.
"Perchè dei cosi come quelli è difficile scordarsi...se ci aggiungi che ci danno la caccia..." commentò Ulkos
Galdor scosse la testa e strizzò i capelli per togliere l’acqua grondante. “E dov’è la novità?” si strinse tra le spalle. Abituato com’era fino a poco tempo prima ai tirapiedi dell’ordine della fenice che gli stavano alle calcagna le cose per lui non erano cambiate granché.
"Le novità non sono previste in questo tipo di situazione" rispose Ulkos ridacchiando divertito. Anche lui ne aveva passate tante, quindi sapeva ciò che diceva. "I nemici, caro Galdor, non mancano mai" proseguì "Sono gli amici che tendono a scarseggiare di solito"
“A diminuire per lo più…” immerse le mani nel secchio per poi rinfrescarsi il collo e il petto.
"In effetti...non hai tutti i torti.." rispose Ulkos."Mi passi il secchio con l'acqua per favore?"
Galdor rimandò il secchio nel pozzo per riempirlo con acqua pulita e lo tirò su. “Nessun problema” disse prima di svuotarglielo addosso.
Aygarth fissò la scena senza alcuna emozione sul viso. "Vi comportate come dei marmocchi" sbottò. "E fate troppo chiasso. Non abbiamo attirato abbastanza attenzione su di noi, a vostro parere?"
La risata del guerriero andò scemando man mano fino a spegnersi. “Se dici la prossima secchiata è per te” disse ad Aygarth “Tanto dopo colazione ci rimetteremo in marcia, come sempre, che vuoi che cambi una doccia in cortile?”
Ulkos era bagnato fradicio. La palndrana era quasi del tutto zuppa, e la faccia era quella di un cane bastonato, che si riprendeva dopo uno scherzo inatteso.
"In effetti, non ha tutti i torti" disse ad Aygarth."Non si può essere sempre seri e misurati. I mietitori ci troveranno comunque,sia che stiamo attenti a quello che facciamo sia che non stiamo attenti. E poi, non si può negare lo svago ad una persona che ha dovuto combattere fino al giorno prima. Anche tu avresti bisogno di rilassarti un po' dopotutto, no?"
Aygarth distolse lo sguardo. Non disse cosa stava pensando. Non disse che non erano i Mietitori a turbarlo, quanto ciò che era accaduto nella sua stanza. "Vi ho detto di fare meno chiasso" li rimbrottò di nuovo, fissando le casupole. Con la coda dell'occhio, aveva visto gli scuri di alcune finestre accostarsi in fretta e furia non appena ci posò lo sguardo. "Siamo osservati."
"Ci osservano per ciò che siamo, uomo-cadavere. Cosa ti aspettavi? Facce amichevoli e caldi benvenuti?So cosa stai diventando e so che hai difficoltà a tenere duro... ma la paura di far loro del male non fa chepeggiorare la situazione...cerca di essere te stesso, e non dubitare del prossimo come di un nemico...cerca di dare fiducia alle persone...sopratutto quelle giuste"
Nell'udire l'appellativo, Aygarth lanciò uno sguardo in tralice a Ulkos. Lui sa! pensò. "Sono discorsi da predicatore, non da guerriero. Sinceramente, non do ascolto né all'uno né all'altro" ribatté, irritato che comunque sia avesse espresso ad alta voce il turbamento che voleva tenere nascosto.
Galdor racquistò immediatamente serietà e preferì rimanere in silenzio, si limitò a spostare lo sguardo prima su uno e poi sull’altro in attesa delle parole di Ulkos.
"Tu usi parole fredde, Aygarth, per esprimere i tuoi sentimenti. Dovresti ascoltare le mie parole, invece di ignorarle. Non sono dette con saccenza, ma con amicizia..."
"Amicizia? Come puoi parlare di amicizia? Non sai neanche chi sono. Ho imparato a non fidarmi mai di chi concede amicizia a occhi bendati." I suoi occhi divennero a specchio. "Sei un alleato, è vero. Ma la tua fiducia potrebbe costarti cara, se proiettata sulle persone sbagliate."
“Chi non vuole ucciderti è tuo amico fino a quando non tenterà di farlo, ho imparato questo in anni di viaggi” si intromise Galdor prima che Ulkos potesse rispondere.
Ulkos sembrava dispiaciuto. Non immaginava che quell'essere fosse così diffidente, ma d'altro canto...chi poteva biasimarlo? Era un reietto ancor più di loro, era ovvio che non si fidasse più delle persone che lo circondavano...ma doveva esserci qualcos'altro in lui, qualcosa che sfuggiva al grosso guerriero... Qualcosa che non riusciva bene a comprendere. "Tu mi offendi con le tue parole Aygarth" rispose infine. "Non ho intenzione di nuocerti, sono in debito con te...con tutti voi...vi seguirò finche non vi avrò ripagati" dichiarò poi risoluto.
"Sei tu che mi fraintendi" rispose Aygarth. "Le mie parole non erano rivolte nello specifico a te."
Ulkos riflettè per un attimo."Forse hai ragione dopotutto. Ma voglio dirti comunque che se avrai bisogno di qualcosa, la mia spada e i miei servigi sono al vostro servizio. E ricorda: abbi fiducia. Sopratutto in te stesso, prima che negli altri." Detto questo, il guerriero si girò verso il secchio dell'acqua, e si lavò il volto.
Galdor sbuffò e fece per andarsene, quando passò accanto ad Ulkos disse. “E’ tutto tempo perso, ha deciso che ci sono solo lui e la sua alabarda, il resto sono solo ombre e polvere…”
"E sangue." La voce arrivò monocorde. Il volto di Aygarth era in ombra, ma qualcosa vi baluginò. Qualcosa di rosso. Per un solo istante. Poi il consueto bagliore a specchio prese il posto di quel lampo vermiglio. "Sarà meglio destare gli altri. Prima leviamo i tacchi da qui, meglio sarà" concluse, abbandonando il pozzo e gli i due.

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MessaggioInviato: Ven Mag 13, 2011 5:19 pm Rispondi citandoTorna in cima

Dopo lo scontro Honoo si era ritirato nella sua stanza con Magistra Ro, senza parlare con nessuno. In un primo momento avrebbe voluto riversare tutta la sua collera addosso a Lao, per il modo stupido ed infantile con cui aveva combattuto. Ma sarebbe stato inutile. Carnival aveva ragione e Honoo lo sapeva: avrebbero mandato i mietitori e avrebbero distrutto il villaggio completamente, sterminandone gli abitanti o, se i suoi sospetti erano fondati, facendogli subire una sorte peggiore. Purtroppo la distruzione della sua bottega ad Athkatla era avvenuta troppo in fretta perché potesse finire i suoi esperimenti. In quel momento Honoo era steso sul letto, le spalle appoggiate alla parete. Magistra Ro era accanto a lui “Non so cosa fare Rowena… Sto cercando un modo di salvare questa gente ma non so come fare.” Si passò un mano freneticamente fra i capelli “Calmati… Troveremo una soluzione, insieme, come al solito.” Honoo le sorrise, chiudendo gli occhi, bastava un suo sguardo per calmarlo, per spazzare via l’ansia e il nervosismo “Va bene. Facciamolo: io faccio il cattivo…” Magistra Ro annuì “Sono un gruppo dotato di risorse praticamente illimitate e posso fare ciò che desidero. E voglio spazzare via tutti gli esseri sovrannaturali del mondo. Mi affido anche a mercenari umani mandati allo sbaraglio per avere informazioni. E loro si imbattono accidentalmente in te.” La donna annuì “Già, ma io li batto e li minaccio, sperando di far tener loro la bocca chiusa. Ho poteri sovrumani e loro mi temono. Mi obbediranno. Come puoi impedirlo?” Honoo si carezzò il mento “Mettendo un mio uomo fra di loro… Oppure facendoli seguire da truppe fedeli a breve distanza. Ma ricordiamoci che io non detesto la magia in generale: voglio distruggere solo quella che non controllo. Avendo dei maghi al mio servizio potrei osservarli a distanza, con l’ausilio di un divinatore. Ovviamente a loro insaputa.” A quel punto fu Magistra Ro a a riprendere le redini “Io sono stanca, o lo sono i miei compagni. Restiamo fermi a dormire. E’ il momento migliore per attaccarci. Non ce lo aspettiamo.” Per tutta risposta il mago aprì un varco fra la stanza e l’alveare Soth, facendone uscire un centinaio, non più grandi di un calabrone: gli insetti uscirono fulminei dalla finestra, sparpagliandosi nella foresta che circonda il villaggio. “Ma io, previdente come al solito, ho steso una rete di informatori intorno al villaggio.” Honoo si chinò su di lei per darle un bacio “Troppo buona, mia cara. Ma torniamo a noi: cosa potrebbe farmi desistere dal distruggere il villaggio?” “Di solito si smette di attaccare quando si è a propria volta sotto attacco.” Honoo guardò fuori dalla finestra, la conclusione di quel discorso era ovvia “Allora aspettiamoli al varco e spazziamoli via.” Lo stregone percepì distintamente lo Sciame che lo chiamava, voleva mostrargli il suo ultimo lavoro; aprì la mente, viaggiando fino all’interno dell’alveare nelle vasche di generazione. E rimase sorpreso nel vedere un corpo umanoide galleggiare nel liquido verdastro della vasca. Lo Sciame aveva conservato il suo vecchio corpo, logorato dalla guerra con Damarios, fino a che aveva potuto. Poi lo aveva digerito e riutilizzato come base per nuove creazioni, ma poche di queste erano funzionali e nessuna finora aveva avuto un aspetto umanoide. “Vogliono che li aiuti.” Disse Magistra Ro, anche lei collegata nella coscienza collettiva dei Soth “Vogliono creare un nuovo corpo per te, più adatto alla lotta che ci aspetta, ma non sanno come fare. Sanno copiare ciò che mangiano, ma non hanno fantasia, non hanno immaginazione. Vanno guidati.” “Prima di tutto dobbiamo renderlo più resistente all’aura di annullamento della magia dei Mietitori…”


Solo dopo alcune ore il mago percepì distintamente la chiamata dei Soth che aveva lasciato di guardia intorno al villaggio “Quasi l’alba… Un attacco da manuale. Continuate a lavorare sulle ossa. Devono essere più resistenti.” Honoo riaprì gli occhi e scivolò giù dal letto. Aveva poco tempo per intercettare quell’assalto: sapeva dove si trovava il nemico e sapeva come precederlo “Rowena, puoi aspettarmi qua? Sei l’unica che può sentire lo Sciame se tentassero un attacco su più fronti” “Bella scusa… Smetti di essere così protettivo nei miei confronti.” Il mago appoggiò la fronte contro quella della sua compagna “Scusa…” Prese la catena forgiatagli da Aygarth e iniziò a fendere lo spazio raggiungendo in un battito di ciglia la base di un castagno, sulla cui corteccia era mimetizzato un piccolo Soth *Uno… Due… Quattro… Sono in cinque. Mietitori dalla velocità di movimento e dal rumore che fanno.* Gli insetti su quegli alberi erano in grado di percepire le vibrazioni del terreno a grande distanza e tramite lo Sciame le loro percezioni venivano trasmesse ad Honoo *Un sesto… Molto veloce… Leggero… Forse un umano? Uno degli ex commilitoni di Lao… Bene, vedremo quanto sono pericolosi* In quel punto della foresta gli alberi erano piuttosto radi, non il posto ideale dove combattere, ma non si può avere tutto dalla vita. Srotolò la catena per un paio di metri aspettando il momento giusto per lanciare un peso in aria sopra di se. Il primo mietitore saltò fuori dai cespugli al rallentatore agli occhi di Honoo, che tirò con forza la catena in modo che il peso disegnasse un arco e si schiantasse contro la testa della bestia: sangue, frammenti di osso e cervello schizzarono tutto intorno, imbrattando gli alberi vicini. Gli altri quattro mietitori comparvero un secondo dopo restando fissi a guardare la scena “Meno uno. Ne restano quattro” Le bestie si scagliarono sul mago cercando di squartarlo con i loro artigli, ma Honoo spariva sempre all’ultimo secondo, togliendosi dalla traiettoria delle artigliate, scivolando fra i loro colpi, evitandoli sempre per un soffio *Se mantengo il tempo di accelerazione basso è ben controllabile, ma non devo farmi nemmeno sfiorare o rischio di tornare “lento” e farmi trafiggere* Honoo sollevò la catena sopra la testa e la fece roteare intorno a se investendo i mostri con una pioggia di colpi; sentiva le ossa dei mostri spezzarsi e le proprie scricchiolare sensibilmente. Stava accelerando troppo, quel corpo non poteva reggere a lungo uno scontro fisico. Uno dei mietitori crollò a terra quando la palla gli spezzò entrambe le gambe, al giro successivo il peso non riprese la solita traiettoria orizzontale ma venne sollevato e scagliato verso il suolo, come nel primo attacco, sortendo i medesimi risultati “Meno due. Ne mancano tre.” Il mago saltò indietro mettendo qualche metro fra se e i suoi avversari, che ligi alla loro natura bestiale gli si avventarono contro a testa bassa. Un peso in ogni mano e una silenziosa preghiera agli elementari dell’aria perché guidassero i cuoi colpi: di nuovo i tre mietitori iniziarono a muoversi al rallentatore e Honoo scagliò i pesi verso di loro. I due ai lati vennero investiti in pieno dalle sfere metalliche, mentre quello in centro finì contro la catena, slogandosi gravemente la mascella e spezzando un paio di stringhe di cuoio; l’urto gli fece perdere l’equilibrio spedendolo a ruzzolare in terra “E ora ne resta uno solo” Rimessosi in piedi il mietitore non riprese l’attacco, ma si voltò iniziando a correre nella foresta. *Scappa… Lasciamolo scappare, mi porterà dritto alla sua base* “Nero corvo che solchi i cieli, donami le tue ali” Una nube di fumo nero si materializzò ai piedi del mago risalendo lungo la sua figura e avvolgendolo completamente; un istante dopo Honoo stava volando sopra la foresta, mentre alcuni insetti inseguivano il mietitore a terra. *Ne sto seguendo uno Rowena, vediamo dove mi porta…*

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MessaggioInviato: Lun Mag 16, 2011 12:42 am Rispondi citandoTorna in cima

"Riposare!”

La vampira sputò fuori la parola come se fosse una imprecazione. Era l'ora più buia prima dell'alba, un'ora pericolosa per un vampiro per trovarsi all'aria aperta. Pure Carnival stava ancora vagando per il bosco vicino al villaggio, riluttante a ritornare alla locanda.
"Sangue,, si. Di quello avrei bisogno, non di riposare" mormorò fra sè mentre camminava fra gli alberi, senza sapere dove stava andando e senza nemmeno curarsene. Era furiosa.
"Pensano che io non sappia forse? Pensano che io sia sciocca?" si fermò di scatto di fronte ad un vecchio albero e rimase in silenzio per qualche istante.
“Pensa che io sia così orribile?” gridò, poi trasse indietro la mano destra e sferrò al tronco un pugno, con tutta la forza di cui era capace. Schegge di legno volarono tutto intorno, con un ronfo sordo e uno scricchiolio che poteva essere soltanto il rumore di ossa spezzate.

Carnival si lasciò cadere a terra, vicino al grande albero, reggendosi con la sinistra la mano fratturata. Sotto i suoi occhi le ossa si rinsaldarono e i lividi scomparvero fino a quando la sua mano destra tornò ad assumere l'aspetto di sempre, una mano bianca e delicata dalle dita affusolate.
Si rialzò “Non è divertente colpire le cose inanimate” borbottò fra sé.

"La cosa non mi interessa… vampira”    
Alla mente di Carnival le parole del guerriero tornarono più dure e distaccate di quanto in realtà non fossero state, una tale macchia non poteva esser lavata via dall’alba che rischiarava pian piano il cielo.
“Io ti odio” borbottò la vampira ed era difficile capire se si riferisse al sole che a breve avrebbe fatto capolino o a Galdor.
Carnival arretrò nell'ombra, dirigendosi là dove gli alberi erano più fitti e impedivano alla luce del sole di raggiungerla “Riposare” disse ancora ma questa volta in tono mesto “Perchè non me ne hai parlato?” mormorò sommessamente “Temevi cosa avrei potuto fare? Avevi paura di me? Non dovevi avere paura. Io ho promesso, tu hai promesso.”
Anche a questa nuova domanda la risposta che si ripresentò agli occhi della vampira, inasprita per l’orgoglio ferito di una donna, fu la giovane Astrea, la sua bloodsister, che si stringeva tra le spalle con aria dispiaciuta, così come era stato all’interno della camera poco prima. Intanto intorno a lei nessun uccello del mattino levava il suo canto, quasi che le vibrazioni emozionali di Carnival si spandessero tutt’intorno in un silente canto di rabbia e di morte.

“Meglio per loro se non si fanno sentire, no” borbottò irosamente. In genere non sprecava il Potere per uccidere semplici animaletti della foresta ma in quel caso avrebbe probabilmente fatto una eccezione.
“Sola...sola” disse lamentosamente mentre avanzava un passo dopo l'altro. Alla fine si ritornava sempre a quel punto. Era sempre stata sola, fin dal giorno in cui aveva aperto gli occhi sulla sua nuova, lugubre esistenza.

Sola. Non più di tanto in realtà. Innumerevoli vittime e nemici colmavano i ricordi di vampira di Carnival, i ricordi delle anime che ormai non erano altro che ombre di una oscura, complessa, costellazione: la coscienza della vampira.
Le sue labbra si contrassero fino a scoprire i denti in una orrida parodia di sorriso. Erano tutti suoi, tutte le sue vittime. Sangue del suo sangue. Il Libro gli aveva mostrato il modo. Suoi. Per Sempre.
Chissà che faccia avrebbe fatto lo stolto umano, Aygarth della Forgia, nel sapere che il suo caro amico e la sua sposa, le loro anime, erano sue. E Balthazar, e Damarios....spesso negli ultimi giorni avrebbe voluto dirglielo, per vedere la sua faccia, ma no, no, questa chicca gliela avrebbe rivelata soltanto prima di ucciderlo, prima di dirgli che anche lui sarebbe stato suo. Per Sempre.

Improvvisamente altri ricordi emersero dalle ombre della sua memoria squarciando il vele tenebroso dei suoi pensieri come l'alba squarcia le tenebre della notte: la corsa di una bimba in un cortile e le risa felici durante l’ora dei giochi, non sapeva a chi appartenessero realmente quei ricordi, ma quasi prendevano forma, nell’umida nebbia dell’aurora, di fronte ai suoi occhi. Dimentica di ogni tenebroso pensiero di dolore e di vendetta ella stese le mani come per afferrare quel sorriso quando il tutto svanì nel fetore dei mietitori, i portatori di distruzione.
Mietitori. Si. Anzi, uno solo.  ”Curioso, oh si”  si trovò a pensare la vampira. Ascoltò con maggior attenzione i segnali che la circondavano e uno per uno, come granelli di sabbia di una clessidra, avvertì i soth, in volo e poi sotto terra e, infine, la clessidra stessa. Honoo, da qualche parte ben al di sopra delle cime degli alberi.

Carnival storse il naso di fronte a quell'odore aspro: come i mietitori anche il mago al suo naso puzzava di artificioso, di innaturale: un costrutto, peggiore persino dei Fusi, anime rudimentali, inferiori persino a quelle delle bestie, sangue fetido e poco nutriiente. Eppure...eppure...era l'ideale per sfogare la rabbia che gli ribolliva dentro. Al diavolo il mago e i suoi insetti: quel mietitore sarebbe stato il suo giocattolo.
E così al posto di evitare il nemico che aveva davanti gli corse incontro, un'espressione di anticipazione sul volto, gli occhi grigi accesi dalla frenesia della Caccia.

Non passò molto prima che l'essere le giungesse davanti: in effetti le era esattamente corso incontro. Fedele al condizionamento ricevuto il mietitore cercò di evitare lo scontro muovendosi di lato ma Carnival fu più rapida e lo centrò in pieno muso con un calcio alto che lo fece barcollare all'indietro. Muovendosi con uan rapidità e una grazia che avrebbero avuto l'approvazione di lao la vampira incalzò il mietitore: un calcio laterale gli frantumò la mascella, un pugno gli spezzò le costole sfondandogli il torace.
Non che Carnival non sapesse che il Mietitore avrebbe risanato le sue ferite...solo non voleva eliminarlo subito.
Un calcio basso spezzò una gamba al mietitore facendolo crollare in ginocchio, un altro calcio al muso lo gettò a terra. Sogghignando come un demone la vampira si sedette sul petto dell'essere bersagliando il suo capo di pugni e immaginando fra sé di stare picchiando Galdor.

L’immaginazione di Carnival si faceva sempre più vivida man mano che le risate di sdegno di Galdor aumentavano di volume. Il mietitore cercava di divincolarsi e darsi alla fuga, ma ormai i colpi di Carnival, carichi d’ira, erano un susseguirsi così veloce che la rigenerazione dell’essere faticava a starle dietro.
Quando la creatura cercò si scrollarsi di dosso la vampira ella gli bloccò entrambe le mani e lo atterrò nuovamente con una testata, prima di azzannarlo selvaggiamente alla gola. Il sangue del mietitore, scuro e denso le inondò la bocca il sapore della vittoria pensò fra sé mentre affondava ancora di più le zanne nella gola della belva.. Il gioco era quasi finito ormai ma non come si sarebbe aspettata Carnival. L’avvertì distintamente, Honoo, giungere velocemente verso la sua direzione.
La vampira scostò la bocca dal collo della creatura ancora fremente e canticchiò una vecchia filastrocca.
“Volano volano senz’ali, non uccelli, ma altri mali…sei venuto a giocare anche tu, stregone?”

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Akhayla
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MessaggioInviato: Mar Mag 24, 2011 11:06 pm Rispondi citandoTorna in cima

*No... No. No. No. Maledizione.* I soth avevano appena comunicato ad Honoo dello scontro fra Carnival ed il mietitore sua unica pista ad una base dell'Inquisizione. Gli insetti si posarono sugli alberi intorno a Carnival e alla sua preda, ancora tremante al suolo. Honoo atterrò approfittand di uno spazio fra i rami degli alberi, rivolse uno sguardo furente a Carnival per poi dirigersi verso il mietitore.

"Che sta succedendo?" Lo sguardo del nuovo arrivato si era rivolto verso la foresta. "Sento un odore strano. Una puzza insolita."
Quelle parole bloccarono Aygarth a metà strada tra il pozzo e la locanda. Fece un rapido voltafaccia e guardò verso la foresta. "Dove?"
"Di là." Ulkos indicò la direzione opposta al villaggio. "E non solo. Sento anche un trambusto... anche se lontano. Come qualcosa che corre."
Aygarth non chiese altro. "Galdor, Ulkos, svegliate gli altri, immediatamente" disse, incamminandosi nella direzione indicata. "Io vado avanti a controllare." Dopo qualche secondo, stava già correndo.

"Stai cercando un compagnuccio di giochi, stregone?" disse ancora la vampira tenendo la testa della creatura schiacciata al suolo con una mano questo è già stato...preso. Apparenentemente l'occhiata rabbiosa del mago era scivolata sopra la vampira senza effetto alcuno "Se ti preoccupi per la sua salute...è ancora vivo...credo" aggiunse con il suo solito sorriso.
"Sei così idiota di natura o ti sforzi per esserlo? Torna dal ragazzino che ti fa da padrone e smetti di interferire con i miei piani. E' la seconda volta stanotte. E, fidati, non vuoi che capiti una terza volta." il volto di Honoo era diventato una maschera impassibile, ma Carnival poteva sentire perfettamente l'odore della sua rabbia
"Non so di che parli stregone. Io non ho nessun padrone, no." disse la vampira continuando a sorridere mentre si alzava in piedi con gesti calmi e deliberati, provocatori nella loro lentezza "quanto alle le tue minacce, esse valgono quanto i tuoi piani. Molto poco, oh si. O credi forse che questa bestia ti condurrà diritto dagli Aurei?"
Carnival rise "Questa cosa voglio vederla, si, proprio. E' tutto tuo stregone." concluse assestando un calcio al mietitore facendolo rotolare fino ad honoo.
"Saggia scelta..." Honoo si chinò ad esaminare il mietitore: il morso vampirico non stava sortendo effetti a lungo termine, solo una brutta ferita che la rigenerazione naturale dei Mietitori stava curando. "... ma questo non cambia le cose. Intralciami un'altra volta e te ne farò pentire molto amaramente."
"Ehi!" La voce di Aygarth fece breccia attraverso gli alberi. Dopo qualche secondo, il ragazzo emerse dal folto, l'alabarda stretta in una mano. Scoccò un'occhiataccia a Carnival, prima di rivolgersi a Honoo e al Mietitore che giaceva ai suoi piedi. "Che cosa è successo?"
"Niente di irreparabile... Una mezza dozzina di Mietitori hanno attaccato qualche minuto fa. Questo è l'unico superstite e stava scappando. Contavo di seguirlo fino al suo padrone, ma qualcuno ha ben pensato di intromettersi. Evidentemente Carnival è d'accordo con l'Inquisizione. O è troppo stupida per sopravvivere senza un padrone che la tenga al guinzaglio corto."
"Parli come lui e sei altrettanto noioso" disse la vampira indicando Aygarth "potrei sopportare uno di voi, individualmente, si, ma insieme siete troppo per me. Fammi sapere, stregone, cosa avrai ottenuto quando avrai seguito quell'essere dallo scagnozzo di quarta categoria che lo comanda."
Aygarth aveva fissato Carnival con fredda rabbia da quando aveva sentito il resoconto di Honoo. "Stregone, perché mi hai fermato, quel giorno?" sibilò soltanto. "Sopportare? Proprio tu parli di sopportazione? E risparmiami le tue solitee solfe sul "io sono Carnival" perché su quello sono io al limite della sopportazione. Perché anziché gettarti su ogni cosa che si muove per bagnarti i denti non pensi una volta a quello che fai?"
"Per quanto mi riguarda se volete risolvere i vostri conti in sospeso non vi fermerò. Ma ricorda bene Carnival che ti ho avvertito. E io do solo una seconda chance. Mai una terza. L'unica cosa che vi chiedo è di andare a litigare altrove. Quando il bell'addormentato si rimetterà in fuga voglio seguirlo senza che il vostro scontro lo possa distrarre"
La vampira si strinse nelle spalle "Non mi interessa il destino di Aygarth della Forgia. Non più. E' lui che non ne vuole sapere di mettersi il cuore in pace, si, e ogni volta che mi parla ripete sempre le stesse cose. Una noia mortale." fece un pigro gesto della mano destra come a dismettere il fabbro come questione di importanza nulla "Non sarò io ad attaccare, ma quando lui attaccherà, lui morirà. Io lo so, lui lo sa. Non comportarti allo stesso modo, stregone, non continuare a ripetere i tuoi avvertimenti. Non mi interessano."
Aygarth la fissò. "Honoo. Puoi tenere gli altri lontani quando avverrà? Mi preoccupo per Lao. E soprattutto Astrea." Una pausa. "Almeno io lo faccio. Sempre se qualche meretrice dai lunghi canini non la userà come scusa o scudo." Mentre parlava, cominciò a girare a cerchio attorno a lei, come un lupo che aggira la preda. "Lei è la dolce sorellina quando ti fa comodo, vero? Tratta in inganno, illusa con un'amicizia di profitto, ma dopo? Astrea-che-ha-promesso, vero?. Beh, anche Aygarth ha promesso. E io non ho mancato a una sola promessa nella mia vita, di questo puoi starne certa."
"Non capisci" scosse la testa con enfasi "Non capisci proprio vero? Ma non è una novità, no. Ma guardati, Aygarth della Forgia...sei più morto che vivo, si. Potrei ordinarti di inginocchiarti usando il Potere, e tu lo faresti, non potresti resistere, no. Povera anima perduta, cerchi ancora di spaventarmi con le tue sciocche promesse. Quando verrai da me, io adempierò al tuo destino."
Honoo si rivolse prima al fabbro "Se il vostro scontro non mi sarà di impiccio non vi fermerò e terrò gli altri lontano" poi alla vampira "Non temere, non mi ripeterò, ma permettimi di farti notare una cosa..." la visione di Carnival iniziò a spostarsi, come se la vampira stesse girando la testa e in un secondo si ritrovò a fissare il proprio corpo, in piedi e privo della testa, che fluttuava nell'aria a un metro dal resto del corpo. una frazione di secondo dopo era di nuovo a posto "Se lo avessi voluto, saresti già morta e nessuna dea e nessun potere ti avrebbe salvato."
La vampira si strinse nelle spalle con indifferenza "Nata dalla Morte, la Morte non temo." disse fissando il mago con quei suoi occhi grigi e freddi.
"Allora le porterai i miei saluti, immagino." Aygarth fece un cenno indicando la foresta. "Allontaniamoci di qualche centinaio di metri. Non deve sentirci nessuno. E con il sorgere dell'alba, non dovremmo temere nessuna intrusione da parte degli Inquisitori."
La vampira non si curò di rispondre, limitandosi al suo solito sorriso irridente.
"Sei sempre stato ottimista Aygarth, dubito seriamente si faranno problemi solo per la luce del sole." uno sguardo al mietitore fece sorridere il mago. A breve la creatura sarebbe ripartita, e con essa il suo piano
Aygarth rimase serio. "Spero almeno che abbiano il buon senso di non mettersi in mezzo. Dopo di te, Carnival. Scegliti un posto all'ombra, mi urterebbe assai che il sole si prenda la mia preda."
"Confondi preda e cacciatore , oh si. Ma del resto, sei un fabbro, che ne puoi sapere tu, della caccia?" disse la vampira ritirandosi nell'ombra fitta fra gli alberi.

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MessaggioInviato: Lun Mag 30, 2011 10:12 pm Rispondi citandoTorna in cima

Astrea dormiva ancora profondamente nella stanza di Galdor, non riposava in un vero letto comodo da tempo, rimpiangeva la casa di Lao che pur essendo piccola e isolata dal mondo almeno aveva un paio di letti comodi. Era scivolata in un sonno profondo quasi subito dopo una chiacchierata con l’amico o forse era stata capace di addormentarsi nel mezzo di un discorso, niente incubi né un sonno tormentato questa volta.
Galdor rientrò in camera, dopo la chiacchierata al pozzo con Aygarth e il nuovo arrivato, portando con se del latte caldo e del pane del giorno prima; una colazione semplice ma efficace. Bussò prima di entrare.
“Si può?” chiese divertito dal fatto che quella fosse camera sua.

La ragazza si mosse tra le lenzuola, aprì un occhio corrucciata e contrariata. “Ma io ho ancora sonno.” Rispose fiondando la testa sotto il cuscino.

“Tu perché fai le ore piccole?” il guerriero rise, era di ottimo umore. “In compenso hai dormito come un sasso, non ti sei nemmeno accorta che sono uscito stamattina”.

Astrea come risposta fece pressione con le braccia sul cuscino sopra la propria testa. “Mmmmm, questa vita mi distrugge!” Ne uscì fuori una voce soffocata.

“Una buona colazione ti rimetterà in sesto. Dovrai comunque fartela bastare, Aygarth sta chiamando l’adunata per la partenza temo…” Galdor non era troppo felice della notizia che le stava portando.

La ragazza tolse il cuscino e lo guardò risentita, aveva i capelli arruffati sul viso. Si costrinse a mettersi a sedere e sistemò i capelli alla meno peggio. “Uuuuu, colazione a letto, grazie Galdor!” Sorrise e tutto il fastidio di dover alzarsi dal letto sparì di colpo.

Il guerriero le porse le cose e scosse il capo ridendo. “Te l’hanno mai detto che sei proprio strana, ragazzina?”
Astrea alzò le spalle mentre beveva un sorso di latte. “Può darsi.” Rispose con semplicità. “Quando dovevo racimolare i soldi che mi servivano non è che avessi molto tempo per socializzare, anzi evitavo del tutto in realtà… Poi ho rincontrato Aygarth nella rocca un anno fa, ho conosciuto voi e da lì mi sono ritrovata a vivere con Lao e Carnival, credo che ci sia gente più strana di me”

Galdor alzò gli occhi pensoso, in silenzio. “in effetti… basta guardarci intorno” sorrise beffardo. In quell’attimo di serenità che la ragazza gli stava regalando con la sua spontaneità il cuore del guerriero fu per un attimo più leggero e, forse senza esserne a pieno cosciente, gliene fu grato.

“Non mangi? Hai già fatto colazione?” Chiese la ragazza guardandolo dal basso mentre sorseggiava il latte caldo.
Il guerriero scosse il capo e si mise a sedere accanto a lei prendendo del pane. “In realtà contavo di farla in camera.”
“Grazie ancora, per la compagnia, per la colazione, per aver sopportato i miei piagnistei, per tutto.” Lo guardò negli occhi per un attimo. In effetti stava meglio, era più serena rispetto alla sera prima. Poi distolse lo sguardo in fretta per dare un morso al pane.
Lui rimase a guardarla mentre mangiava. “Nessun disturbo, del resto il silenzio e il buio ci riportano alla mente cose che preferiremmo seppellire… per sempre” Distolse lo sguardo. “Non riuscire a dormire non è salutare nella nostra condizione.” Tagliò infine.
La ragazza rimase in silenzio per un po’, si passò una mano tra i capelli come se fosse indecisa se prendere il discorso o meno. “Ti ricordi quando un anno fa nella rocca di Damarios siamo finiti in una sala e fu come se fossimo stati sbalzati all’interno dei nostri ricordi, tu nei miei e io nei tuoi…” Tese una mano verso suo braccio e gli sfiorò con l’indice il tatuaggio che si vedeva oltre la maglia. “Che cosa ti hanno fatto? Ho visto che ti trascinavano via… Eri solo un ragazzo…”
Galdor fissò per un attimo il tatuaggio, poi guardò al pavimento. Dopo più di un anno aveva quasi dimenticato quell’evento nella rocca dello stregone, e sperava che anche la ragazza l’avesse fatto, più che altro mal sopportava che qualcuno frugasse nei suoi ricordi, così nebbiosi da essere oscuri anche per lui ma ormai lei aveva visto ed era giusto che sapesse. Ricambiò il suo sguardo.
“In realtà non lo so, posso solo cercare di ricostruire con quanto ho scoperto in quest’anno di viaggio” sospirò. “Quelli che hai visto sono i pochi, quasi gli unici, ricordi che ho della mia vita prima di qualche anno fa e quella che hai visto era la notte prima di un rito di passaggio, o qualcosa del genere, una sorta di sacrificio; ma qualcosa non deve essere andata come previsto, o non sarei qui” sospirò “In realtà credo che nessuno sapesse esattamente cosa sarebbe accaduto al termine del rituale, solo dopo si accorsero che era effettivamente riuscito e cercarono di rimediare all’errore.”
“Rimediare all’errore?” Aggrottò la fronte. “Quindi ti stanno cercando da così tanto tempo? ” Astrea era visibilmente sorpresa, non ne aveva la più pallida idea.
“Ormai tutto è concluso…” commentò il guerriero con voce più cupa di quanto volesse. Gli occhi dorati di lui si posarono su Astrea. “chi era in debito ha pagato…” concluse
Sbatté le palpebre un paio di volte, rimase con le labbra dischiuse con un’espressione mista a stupore e dispiacere. Chinò lo sguardo. “Mi dispiace.”
“Era ciò che andava fatto…” scosse il capo. “E l’ho portato a compimento” rimase in silenzio per qualche secondo guardandosi le mani, molto spesso le vedeva ancora sporche di sangue. “Anche se…”mormorò e serrò i muscoli della mascella.
“Anche se questo non ha cancellato il male che ti hanno fatto…” Continuò lei.
Scosse il capo “Anche se le mie mani ora sono sporche quanto le loro” la corresse. Si portò una mano al volto e chiuse gli occhi.
Astrea gli strinse l’altra mano. “Non credo avresti avuto altra scelta, se non l’avessi fatto non staremmo qui a parlare ma saresti sotto un cumulo di terra. Non penso che tu sia una cattiva persona, Galdor.”
Il buon umore della mattina aveva lasciato spazio ad un bisogno di sincerità che non aveva mai provato. Astrea, in quel momento, per quanto poco sapesse, era la persona che conosceva Galdor più di chiunque altro.
“Apprezzo quello che dici, ma sono troppe le cose che non sai perché possa accettare il tuo giudizio. Purtroppo la vita non è bianca o nera, come credevo.” Riportò i suoi occhi sulla ragazza “Un anno fa non avrei avuto nessun dubbio ma ora non mi sento migliore di nessuno. Sono stato costretto ad un gioco pazzo e, mio malgrado, ho deciso della vita e della morte di molte persone” Sospirò “anche di chi, come me, non aveva avuto scelta. Posso cercare mille scuse ma nulla potrà lavare via il sangue dalle mie mani.”
Astrea scosse la testa. “Non farlo. Non dubitare di te stesso. Non farlo.” Ripeté. “Non è una questione di essere migliore o peggiore di altri, Galdor. Pensi di aver commesso un errore ad uccidere coloro che non avrebbero esitato un solo istante ad eliminarti? Quale era la tua colpa per essere braccato in questo modo?” Scosse nuovamente la testa. “Non so cosa sia successo, hai ragione, ma ti conosco o meglio spero di conoscerti almeno un po’ per dire che non dovresti sentirti così.”
Lui le strinse la mano tra le sue “Quel che dici ha un senso” ammise “Ho fatto quanto ho potuto e dovrei cercare di non sentirmi così” scosse il capo incerto. “L’unica cosa che conta è che tutto è alle mie spalle ormai.” Si interruppe “Vivrò per coloro che non ci sono più” una smorfia che sapeva di sorriso si presentò ad increspargli le labbra.
Astrea rimase in silenzio, non avrebbe mai sospettato che dietro di lui vi sarebbe stata nascosta tanta insicurezza e ancor di più non avrebbe mai pensato che si sarebbe confidato con lei. “Non sei solo, ognuno di noi ha un demone da affrontare, ma siamo insieme e nessuno ti negherà il suo aiuto.” Le sfuggì un sorriso. “Forse non è un caso che ci ritroviamo tutti dopo un anno. Non è solo per colpa dei guai che ci inseguono, credo che non possiamo sfuggire proprio da noi stessi.” Nella mente della ragazza comparvero le immagini dei canini di Aygarth, la zanne di Carnival conficcate nel torace di un mietitore e soprattutto gli occhi di Lao nelle rare volte in cui lo abbia mai sentito parlare del suo passato.
Galdor rimase in silenzio ripensando a cosa aveva visto lui del passato di Astrea. In realtà non ricordava molto, solo di un’altra ragazzina. “Scappare da noi stessi” valutò quelle parole in bocca come con il vino “sono scappato per così tanto tempo che non so nemmeno chi sono. Tutto quello che ho scoperto del mio passato è andato distrutto e ora delle altre bestie orribili vogliono la nostra testa. Tutto è cambiato ed è rimasto tutto assolutamente identico a prima per quanto mi riguarda” Sospirò “chi sa quando finirà tutto questo e cosa sarà rimasto di queste terre di questo passo.”
La ragazza alzò le spalle. “La vedo brutta… Credo che il momento in cui si deciderà tutto verrà presto, o finirà la nostra fuga o non sopravvivremo. Beh, mal che vada almeno avremo smesso di darci alla latitanza.” Disse con un tocco di amara ironia.
Il guerriero la guardò serio. “ A proposito di sopravvivenza…” annuì come per confermare una valutazione mentale che stava compiendo in quel momento. “potrebbe andare” mormorò a mezza voce e si mise in piedi. “Aspetta un attimo”. Si diresse verso l’angolo dove attendeva quieta la lancia che lo aveva accompagnato in quest’ultimo periodo. Del resto era calibrata per una ragazza e il fisico di Astrea poteva andare. Guardò la lancia come se la stesse sfidando quindi la prese e ritornò dalla ragazza. “Prendila!” gliela porse.
Astrea aggrottò la fronte. “Perché?” Rispose impugnando perplessa l’arma. “Non è un po’… ingombrante per me, non credi?”
Galdor scosse la testa. “Te ne accorgerai quando ti insegnerò come usarla…” la guardò fiducioso.
La ladra alzò le spalle. “Va bene, maestro.” Disse ironica. “Se lo dici tu mi fido. Non sono portata per lo scontro diretto; il mio motto è ’Colpisci e scappa.’ Ma alla fine tentare non nuoce.”
“Hai potuto vedere che la mischia è imprevedibile, non dovrai andare a cercare il pericolo ma se ti capiterà avrai una possibilità in più e con questa potrai tenere il nemico ad una distanza sufficientemente sicura” Rispose il guerriero.
La ragazza ne testò il peso. “è leggera in effetti. È tua?” Chiese
“Mi accompagna da un po’”fece Galdor “l’ho usata mentre Elrohir era semidistrutta”
Ruotò la lancia nelle sue mani ed osservò l’estremità finale che ricordava la testa della fenice e la punta terminava proprio con il becco. “Non vedo l’ora di provarla appena avremo un momento libero.” Alzò gli occhi verso l’amico. “Sarà meglio che vada ora, non vorrei far aspettare gli altri.”
Galdor annuì. “Usala con onore e criterio, merita tutto il nostro rispetto” rimase a fissare l’arma nel punto dove il capo della fenice aveva l’occhio. “Ora è meglio che metti assieme le tue cose, non tardiamo oltre.”
"Grazie ancora." Sorrise nuovamente la ragazza prima di uscire dalla stanza.
Il guerriero osservò la ragazza uscire dalla sua camera e nel rimettere assieme il proprio bagaglio ripensò a quanto era successo. Anche il solo fatto di accennarle qualcosa del suo passato l’aveva fatto sentire meglio, seppure parzialmente, aveva iniziato a condividere con qualcuno il peso delle sue azioni che gli gravavano sulla coscienza. Guardò l’angolo dove prima era posata la lancia.
“Vivere per coloro che sono morti”
Fissò Elrohir alla schiena ed uscì dalla stanza.

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MessaggioInviato: Gio Giu 02, 2011 1:32 am Rispondi citandoTorna in cima

Avanzarono in silenzio, la vampira che apriva la strada, il fabbro pochi passi più indietro, verso il profondo della foresta. Quando Carnival si fermò e si voltò i due si trovavano in una zona dove gli alberi erano tanto fitti che al fabbro parve di trovarsi immerso in una penombra verde. Tutto attorno a loro alberi secolari, e i rumori lontani della foresta, nelle narici odore di muschio
"Ora tu muori" annunciò beffarda la vampira.
"Sono già morto una volta" replicò Aygarth, impassibile. "E ho avuto una seconda possibilità. Temo la morte, ma non temo te. E nemmeno lei." Portò l'alabarda davanti a sé, reggendola con due mani. "Sono qui per Irvhan. Per sua moglie. Per ciò di cui mi hai privato."
"Tu menti, Aygarth della Forgia. Tu sei qui per te, per te soltanto, si. Il tuo amico, la sua giovane moglie sono morti, non puoi fare più niente per loro. Sono sangue del mio sangue, e tutto quel che rimane di loro, è in me" sorrise "Lo stesso sarà per te, oh si. Il tuo sangue, la tua anima, saranno miei Il tuo corpo morirà, certo, ma la tua anima esisterà per sempre, insieme a me, e sarà dannata per sempre, come me. Dovresti ringraziarmi per la possibilità che ti concedo. Esisterai in eterno."
"Non sarò mai tuo" ribatté il giovane. "E se mi vuoi, devi solo provarci." La lama di Zadris mandò un bagliore. "Sono qui. Ti aspetto."
La vampira restò immobile, continuando a sorridere "La tua arma, si. Non ti aiuterà. Credi che solo essa sia in grado di venire in aiuto del suo padrone? Non è necessaria un'anima per questo, no" mentre la vampira parlava un sibilo e un rumore di rami spezzati divennero sempre più forti, proveniente da qualche parte alle spalle del fabbro.
Aygarth avvertì il pericolo prima ancora di avvertire il rumore. Con un salto, si tuffò di lato, appena in tempo per evitare la falce roteante che strinò i cespugli prima di finire in mano alla vampira. Si rizzò in piedi all'istante. "Abbiamo armi simili" mormorò. "Ma la tua non ha anima."
Carnival ridacchiò "Ne ho abbastanza per tutti e due. E più ancora oh si. Sangue ed Anime, si? Ma alla fine lo ho avuto, anche lui, persino lui" il tono della donna era trionfante. Veloce come solo un vampiro sapeva essere Carnival menò un colpo a due mani dal basso verso l'alto, quasi avesse l'intenzione di tagliare il ragazzo in due parti. Per il lungo.
Aygarth saltò all'indietro. I suoi riflessi erano vividi e non sapeva se dipendesse dall'adrenalina del combattimento o dalla sua natura vampirica latente. La lama della falce tagliò l'aria davanti a lui. Non appena ebbe posato i piedi a terra, portò l'alabarda su un fianco e falciò in orizzontale, con tutta la forza che aveva.
Zadris cozzò con la lama della falce, che la vampira aveva subitamente frapposto fra sè e il colpo del suo avversario, poi lei passò nuovamente all'attacco cercando di colpire il fabbro con una tempesta di colpi in rapida successione, al collo, alla gamba, al braccio. Aygarth frappose l'asta reggendola con due mani parando ogni minimo affondo, poi puntò il piede sinistro e con un rapido movimento delle braccia cercò di agganciare il piede di Carnival col becco dell'arma in modo da farla cadere a terra.
La vampira evitò la mossa del fabbro con un rapido passo all'indietro, sferrando allo stesso tempo un affondo al braccio della lama. L'attacco non fu abbastanza rapido da tranciare il braccio di aygarth ma sufficiente a sfiorare con la lama della falce l'avambraccio tagliando lama e pelle e infliggendo un graffio profondo "Primo sangue" disse Carnival con un sogghigno.
Aygarth guardò la ferita per qualche secondo, poi guardò lei. Le iridi vennero attraversate da un lampo rosso. "E' l'ultimo quello che conta, Carnival. Mi sorprende che tu non lo sappia." Il grigio degli occhi lasciò il posto da un bagliore a specchio e contemporaneamente le rune su Zadris presero a infuocarsi.
"Forse. Ma vedere il tuo sangue ti rende più appetotoso " rispose lei beffarda.
"Spiacente, non ci tengo a essere il pasto di nessuno." Dalla bocca di Aygarth sporgevano appena i canini da mezzo vampiro. Li snudò in un ringhio, mentre il potere della Forgia iniziava a percorrere il suo corpo e l'alabarda. Al contempo qualcosa ribollì nel suo essere; qualcosa di inebriante, di selvaggio, primitivo. Qualcosa che attendeva solo un momento di sfogo per poter far udire la sua voce. Con un salto, il giovane si proiettò in avanti, fintò dapprima un affondo con lo sperone, poi alzando l'alabarda menò un fendente con la velocità di una folgore.
Carnival si fece indietro ma questa volta fu lei a non essere abbastanza veloce e Zadris le aprì un solco bruciante sulla spalla strappandole un ringhio rabbioso. Poi però le sue labbra si atteggiarono nuovamente a un sorriso beffardo "E così sarà uno scontro alla pari, vero? Si, vampiro contro vampiro" senza nemmeno terminare la frase Carnival si gettò nuovamente in avanti.
Aygarth indietreggiò evitando una falciata che invece decapitò il ramo di un albero. "Non sono un vampiro" ringhiò. "Non ancora. Sono quanto basta per poterti affrontare. E' un anno che aspetto questo momento!" Come se la rabbia gli aumentasse la forza, maneggiò Zadris e si esibì in una falciata orizzontale.
Le due lame sprizzarono scintille cozzando l'una contro l'altra. Carnival spinse a forza accorciando le distanze fino a quando i due furono faccia af accia separati soltanto dalle due lame "Parole coraggiose, ma tu sei piu morto che vivo Aygarth della Forgia, io lo so, io lo sento." spinse violentemente in avanti l'asta della falce costringendolo ad arretrare e poi sferrò nuovamente un colpo dall'alto in basso.
Aygarth portò l'asta in orizzontale per parare il colpo, ma stavolta, anzichè svincolarsi, avanzò con un rapido passo portandosi nella guardia dell'avversaria. Anziché districare la lama e contrattaccare, staccò una mano dall'alabarda per poi stringere il braccio della vampira. La Forgia ululò in lui quando la liberò, condensandosi nelle sue dita, nel suo sangue, e da lì sul corpo della vampira, attaccandone l'anima.
La vampira emise un urlo di dolore e di rabbia. Con uno scatto nervoso colpì il braccio del fabbro con l'asta della falce per scostarlo lontano da sè poi arretrò di un passo e scoprì i denti "Siamo in due a sapere fare questo gioco, si". Aygarth sentì le sue forze defluire dal corpo come l'acqua da un otre bucato. Vacillò e si drizzò in piedi all'istante. Zadris, chiamò, e immediatamente l'anima dell'alabarda gli fu al fianco. Traendo un profondo respiro, il giovane fabbro si concentrò. "Chi sarà, il primo, Carnival...? Il primo a cedere...? Vuoi scommettere?" Nonostante le forze sempre più scemanti, la Forgia divampò in lui e si propagò dal suo corpo, correndo attraverso il terreno fino a raggiungere la Vampira.
La vampira però si aspettava quella mossa e balzò su un ramo dell'albero più vicino nel momento stesso in cui percepì il potere della forgia toccarla "Più di te, cosa vivente" ribattè "E sarai tu stesso a darmi la forza di farlo, oh si, la tua forza vitale"
Aygarth afferrò l'alabarda come fosse un giavellotto. Gli ronzavano le orecchie, segno che l'incanto della Vampira cominciava a far presa su di lui. "Zadris, prendila." Inarcò il corpo e scagliò l'arma, lo sperone diretto al cuore della vampira.
La vampira reagì all'istante, scagliando a sua volta la falce contro l'alabarda: le due lame si incontrarono a un paio di metri dal ramo dove si trovava Carnival con un orribile stridore di metallo contro metallo. Le due armi caddero avvinghiate insieme come due esseri viventi che stessero lottando l'uno contro l'altro, il calore di Zadris contro il gelo senz'anima della falce.
Il giovane strinse i denti. Era come se sentisse il contatto delle due armi sulla propria pelle e un'innaturale senso di freddo gli stava mordendo la pelle, in virtù del suo legame con Zadris. L'urlo di battaglia dell'alabarda gli echeggiò in testa, mischiandosi al proprio che tracimò dalla gola. Con uno scatto, si gettò verso l'albero, cercando di ignorare il potere che gli stava risucchiando le energie, svuotandogli le membra di ogni vigore. Il pensiero di Irvhan, dei loro trascorsi, e dell'orribile fine che aveva fatto si fecero strada in lui e la voce dell'anima della Forgia si unì al grido della sua foga. Con un ultimo brandello di forza, saltò su un ramo basso, inerpicandosi in un batter d'occhio, e da lì si tuffò sulla vampira, in un abbraccio mortale.
Tu non impari mai, vero?" ringhiò Carnival nel vedersi piombare addosso il suo nemico. Forse se quel combattimento fosse avvenuto un anno prima la vampira si sarebbe limitata a combattere a graffi, morsi e unghiate, ma in quell'anno la vampira aveva appreso a combattere corpo a corpo da lao, così quando il ragazzo cercò di avvinghiarsi a lei la vampira reagì con una ginocchiata al torace di Aygarth, seguita da un calcio per tenerlo a distanza.
Il giovane fabbro si sentì mancare l'appoggio e stese le braccia per ritrovare un appiglio. Riuscì così ad afferrarsi allo stesso ramo su cui stava Carnival. L'istinto e lo stesso slancio della caduta gli suggerirono di contrattaccare all'istante e subito si lasciò oscillare. Bastò una spinta per riuscire a sollevare i piedi come un pendolo letale, cogliendo Carnival alla schiena.
Colta di sorpresa, la vampira perse l'equilibrio e cadde, ma agile come un gatto, riuscì a cadere in piedi piegando le ginocchia fino a terra per non perdere l'equilibrio. Subito alzò lo sguardo verso il ragazzo ancora appeso al ramo "Vieni qui" sibilò, saltando ed afferrando Aygarth per la gamba destra e dando uno strattone per gettarlo a terra.
Aygarth non si ribellò a quella mossa. Anzi, si lasciò andare, mollando la presa. Carnival si rese conto troppo tardi delle vere intenzioni del ragazzo, quando questi le franò addosso. Il fabbro l'avvinghiò in un abbraccio poderoso, trascinandola al suolo con la forza della caduta. Allacciò le mani dietro la schiena della vampira e la strinse a sé, come un'amante. Il calore che sprigionò, tuttavia, fu di ben altra natura, facendogli brillare i tatuaggi che aveva sulle braccia e riempiendogli le iridi di un bagliore a specchio.
La vampira dilatò gli occhi nel rendersi conto di quale fossero le intenzioni del ragazzo ma era troppo tardi, troppo tardi: il calore ardente della Forgia era già su di lei. Urlò di nuovo, più per la rabbia che per il dolore "Tu non hai vinto, no, non ancora, non te lo permetterò, non te lo permetterò! Tu devi venire all'inferno, all'inferno con me!" gridò prima di avvinghiarsi a sua volta al fabbro incurante del dolore. Le unghie della vampira si piantarono nella carne del ragazzo così come le zanne nella sua gola.
Aygarth urlò, un verso strozzato dallo stesso morso di Carnival. Giunse prima la sorpresa del dolore, prima il veleno nel sangue della debolezza. Urlò di rabbia, sofferenza, ma anche altro. La Forgia dentro di lui scalpitava come non mai, come se le avesse messo tra le mani una preda troppo agognata da poterci rinunciare. Benché le forze gli venissero meno, benché il morso di Carnival gli stesse sconquassando l'essere, lui non cedette. Era un'idea che non intendeva accettare. Non lì, non in quel momento, non per mano sua.
Dentro di lui, qualcosa si mosse. Guidò le sue azioni, con naturalezza, spontaneità, e la conseguente ferocia. Aygarth digrignò i denti e sentì spillar sangue dalle labbra. Muovendosi per quanto gli era possibile, aprì la bocca al massimo, sentendo i canini da mezzo vampiro accrescersi appena, quasi fossero stati chiamati in causa. Fu un attimo: azzannò la base del collo di Carnival, stringendo con forza le mascelle finché non sentì il sapore del sangue invadergli la bocca.
Carnival fu se possibile ancora più sorpresa: tutto si aspettava in quel momento tranne che essere morsa...certo sapeva che Aygarth stava trasformandosi in un vampiro ma sapeva anche che la Forgia in atto lo tratteneva... evidentemente in maniera sempre più debole. Non cedette, anzi affondò ancora di più le zanne nella carne morbida, risucchiando con avidità il rosso nettare della vita.
Detentore della Forgia...
Aygarth vacillò nella presa di Carnival. La voce di Zadris si sovrappose alla sua furia, una ventata d'aria fresca in quell'abbraccio rovente. In un angolo della sua coscienza sentiva le conseguenze del dissanguamento, conseguenze a cui non era certo che il suo fattore rigenerante potesse sopperire. Eppure non riusciva a smettere di mordere a sua volta. Anche se il potere della Forgia scemava a poco a poco, anche se faticava a tenersi in piedi, l'inebriante piacere di mordere, la brama di piegare la sua avversaria, di assaporare letteralmente la vendetta riusciva a dargli la forza di rimanere ritto. Per qualche istante si sentì soffocare dal suo stesso sangue; tossì spruzzando stille vermiglie sulla pelle candida di Carnival. Ma non cedette e morse ancora di più, facendo penetrare i canini in tutta la loro lunghezza.
La vampira nemmeno si accorse dello svanire del potere della Forgia: stava venendo a sua volta dissanguata, qualcosa che le era accaduto solamente una volta, al tempo della Sua morte, della morte di colei che era vissuta prima. Un brivido squassò il suo corpo, anche in quelle condizioni il ricordo quasi la distolse dai suoi intenti. Quasi.
Con rinnovata ferocia, morse e risucchiò, morse e risucchiò, fino a quando una strana debolezza invase le sue membra. Contro la sua volontà a poco a poco perse la presa e si afflosciò a terra, mentre accanto a lei anche il fabbro si staccava da lei e si accasciava a terra.
Aygarth si ritrovò nell'erba. Si sentiva svuotato di ogni forza. Non riusciva a udire nemmeno la voce di Zadris, cosa che gli montò un'ansia pari soltanto al suo senso di disorientamento. Il fattore rigenerante era già all'opera, ma era altro che lo struggeva. Per un attimo l'aveva avvertita, la smania di mordere, ed era assurdo che tanta furia si fosse dissipata senza accorgersene. Voleva alzarsi, riprendere il combattimento, eppure non riusciva nemmeno a muovere un dito.
Poco lontano, si accorse, Carnival lo fissava, una luce rabbiosa che brillava nel profondo dei suoi freddi occhi grigi. Rabbia furiosa, ma impotente: la vampira non sembrava essere in condizioni migliori di quelle del fabbro: tutto quel che riusciva a fare in quel momento era digrignare i denti nella sua direzione. Pur con sforzo e cercando di ignorare il dolore al collo, le sorrise, cattivo. "Non... all'inferno" biascicò. "Non... oggi. Non... per mano tua."
"La mia anima...non dovevi bruciarla? Invece è ancora al suo ...posto. Che ne è della tua...vendetta?" ritorse lei.
Il sorriso di Aygarth non scomparve. "Lo stavo... facendo. Se soltanto... avessi avuto... più... più... forze..."
La vampira sbuffò sprezzante "Non farmi ridere, Aygarth della Forgia....un pelo, soltanto un pelo...e ora avrei un altro ricordino da aggiungere alla mia collezione. La tua anima, quella della tua Zadris...così vicine...dovevo solo allungare la mano...si..."
"Eppure... sono ancora... al loro posto..." la schernì Aygarth con un filo di voce, scimmiottando le sue stesse parole.
"E Io sono ancora qui, a sentire...le tue sciocche vanterie..."
Gli sembrò assurdo, ma ad Aygarth scappò da ridere. La risata si tramutò in un gorgoglio quando il sangue che aveva in gola quasi lo soffocò. Le ferite si stavano chiudendo, ma l'emorragia copiosa stava ancora esigendo il suo tributo. Zadris? chiamò e stavolta ne udì la debole risposta. Le loro anime si misero in contatto, per un istante, trasmettendosi vicendevole sostegno.
Accanto a lui la vampira si puntellò su un gomito, con uno sforzo visibile "Debole" borbottò fra sè "Non posso essere debole. Sangue rosso, si, devo bere sangue rosso" faticosamente raggiunse la posizione seduta poi rimase immobile attendendo che le forze rifluissero in lei.
"Certo che... puoi esserlo" ribatté Aygarth, e storse la bocca. "Hai un... sangue... dal sapore... orribile..."
La vampira esibì un sorriso storto, mentre i suoi occhi scrutarono il fabbro con aria divertita "Sono morta. Solo il sangue vivente è buono, oh si, solo il sangue vivente dà forza."
Aygarth riuscì finalmente a muovere le membra. Gli sembrava che la gravità fosse raddoppiata. A fatica riuscì a puntellarsi su un gomito, girandosi su un fianco. I canini erano ancora sporchi di sangue. "Ti dirò, Carnival... il sangue di Cronista... non faceva così schifo..."
La vampira sbuffò di nuovo "Tu non sai niente, Aygarth della Forgia".
"Non so e non mi interessa..." Aygarth sputò un grumo di sangue. "Ma visto che per te... si può dire lo stesso... direi che siamo pari..."
Carnival si accigliò, come se la cosa fosse un rospo duro da mandar giù "Così sembra" concesse infine "Questo non è bene" aggiunse dopo un momento di silenzio.
Aygarth provò a rimettersi a sedere, ma crollò al suolo. Era sfinito e lo opprimeva una nausea insopportabile. "E ora... cosa farai...?" biascicò. "Andrai a... lamentarti da Astrea? Oppure... da Lao?" Strinse i pugni. "Io... ti odio, Carnival. Mai provato nulla... di simile... Ti odio anche... per Astrea. Per ciò che... hai osato farle. Non ne... avevi il diritto. Io le..." Il dolore gli mozzò le parole e finì in un fiato. "Io le voglio bene. Tu non sai cosa vuol dire..."
La vampira digrignò i denti e sembrò sul punto di ribattere in tono aspro ma poi si limitò a scuotere la testa con rabbia "E cosa ne sai, tu, di me aygarth della forgia?" chiese in tno stanco "Avrei potuto ucciderla nelle segrete di Damarios, si avrei potuto. Lo volevo fare, l'avrei fatto. Avevo sete e Lui, Damarios, mi aveva tenuto chiusa da tanto , tanto tempo.Ma non l'ho fatto, no. Lei mi disse che non dovevamo combattere per forza, si, lei mi disse che potevamo essere...amiche. Si. Io non le credevo, no, non le credevo. Le dissi che avevo sete. Le dissi che se voleva essere mia amica allora doveva aiutarmi" La vampira guardò Aygarth diretto negli occhi "E lei lo ha fatto. Si, lo ha fatto.Lei è l'unica persona che abbia mai voluto, si, voluto essere amica. In qualche modo, lei è diversa. In qualche modo, lei non fa caso a quello che sono"
Aygarth non la interruppe, ma continuò a fissarla. "E se adesso... se adesso io mi alzassi e andassi da lei...?" Nel suo sguardo balenò un lampo vermiglio. Anche la voce era strana. "Se le facessi del male...? Sangue. Sangue rosso. Dolce. Dovrebbe essere tuo e potrebbe essere mio. Potrei bere fino a prosciugarla."
"La uccideresti, la renderesti come me." digrignò i denti con uno scricchiolio sonoro "Come noi. Non te lo permetterò".
Il fabbro scosse appena la testa, quasi febbrile. "Sbagliato. La ucciderei e basta. La renderei morta senza essere non morta. Senza che tu possa far nulla. La berrò..." Aveva le iridi rosse come il sangue.
"Non sei abbastanza forte da sconfiggermi. Lo hai appena dimostrato. Non lo farai, no"
"Ma lei non è forte come me." Aygarth sollevò appena il capo. I suoi occhi erano freddi, la sua voce monocorde. "Soccomberà."
"Io la difenderò" disse la vampira rialzandosi in piedi, aprendo e chiudendo le mani più volte.
"E se non riuscissi?" Il ragazzo prese una pausa. "Se lei morisse? Cosa faresti?"
"Mi stai confondendo, Aygarth della Forgia" rispose lei in tono rabbioso "Anche senza queste sciocche ipotesi, anche se gli inquisitori non ci distruggeranno prima....lei morirà. Un giorno lei morirà. E' il destino di ogni cosa vivente.. Cosa farò, mi chiedi.Io non lo so. Forse non farò nulla. Forse distruggerò ogni cosa viva in questo vostro mondo, si, per placare la mia rabbia. Cosa importa a te di quel che farò?"
Aygarth la fissò per un po', poi abbandonò il capo nell'erba. I suoi occhi erano spenti, ora, la sua voce stanca. "Ora sai, Carnival" mormorò soltanto. "Ora sai cosa hai fatto. Ora sai come mi sento. E perché ti odio. Sei tu la mia cosa da distruggere, per placare la mia rabbia."
Carnival rimase in silenzio per un lungo momento poi quando venne la sua risposta giunse in un soffio "Questo, io lo posso comprendere. Ma non sono stata io a scegliere!" urlò all'improvviso, con rabbia isterica "Non sono stata io a scegliere, no, non ho scelto! Non ho scelto! NON HO SCELTO!"
Aygarth reclinò il capo nell'erba. "Neanche io, Carnival" sospirò. "Ma almeno ho scelto chi deve soffrire, tra me e le persone a cui tengo."
"Tu non sai niente, Aygarth della Forgia. Quando sarai Zannelunghe Occhirossi, allora forse potrai comprendere cosa significhi non poter scegliere" sbuffò per la terza volta "Mi odieresti allo stesso modo se al posto di aver ucciso il tuo amico avessi ucciso due altri, due sconosciuti? Loro erano davanti a me quel giorno, loro, e io non potevo scegliere, la sete ha scelto per me, si. Quando la tua Forgia non potrà più proteggerti...ma già, tu ucciderai te stesso prima, molte volte l'hai detto, si. Anche questa scelta a Lei è stata negata."
"Non è vero." Lui la gelò con lo sguardo. "Se così fosse, se davvero fosse stata una scelta che avresti voluto affrontare, ti saresti lasciata tagliare la testa, senza tanti complimenti. Adesso."
"Io non sono Lei. Io sono nata dalla sua morte, e nemmeno io ho potuto scegliere. Se avessi potuto scegliere, avrei voluto essere come lei, si,e potere muovermi di giorno, ed essere amata. Eppure, voglio esistere Aygarth della Forgia, Ti stupisce tanto tutto questo? Non dovrebbe. Il tuo destino è segnato, eppure tu continui a resistere finchè potrai farlo."
"Finché sarò utile" sussurrò Aygarth, come se parlasse a se stesso. "Finché non sarò una minaccia." Giaceva nell'erba come se dormisse. "Ora vattene, Carnival. Prima che mi salti addosso la voglia di riaprire le danze. Oggi abbiamo perso entrambi. Potrebbe non ripetersi ancora."
"Minaccia. Ah! Ma per chi, io mi chiedo" la vampira scosse la testa lentamente, con deprecazione "se vedessi coi miei occhi non vedresti minacce, Aygarth della Forgia, ma soltanto prede a cui dare la caccia." inclinò la testa ed esibì un sorriso di scherno "Forse la morte aprirà i tuoi occhi...non manca molto ormai. Quando vorrai danzare di nuovo, vieni pure a cercarmi. Io non temo nulla. Nulla, tranne la polvere" e con questa frase sibillina si allontanò.

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Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.

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MessaggioInviato: Ven Giu 03, 2011 12:55 am Rispondi citandoTorna in cima

La prima cosa che fece Astrea non appena era ritornata nella sua camera fu quella di lavarsi con l’acqua dei bacili che vi erano e cambiarsi d’abito; indossò un paio di pantaloni comodi e una camicia bianca. Ne approfittò anche per lavare gli altri indumenti con il sapone di sugna che trovò lì, le macchie di sangue erano le più rognose ad andar vie ma alla fine ci riuscì. Allacciò i bracciali con i coltelli agli avambracci, il pugnale di Aygarth legato alla cintura e con un po’ di difficoltà riuscì a sistemare la lancia dietro la schiena. “Dei” Esclamò osservando il proprio riflesso allo specchio. “Me l’aspettavo più pesante, non è nulla in confronto all’arpione che si tira dietro Aygarth.” Legò i capelli bagnati con un nastro per evitare che potessero darle fastidio mentre si avvicinava alla finestra. “Ma dove è finita?” Mormorò. Fece appena in tempo a finire la frase che una fitta insolita le colpì il collo, lo massaggiò con una mano. Non era un crampo, era una sensazione già provata, sembrava che due canini la stessero pungendo. Retrasse la mano allarmata e la osservò come se si aspettasse di vederla insanguinata. Poi alzò gli occhi e capì. “Carnival!”
Corse giù per le scale ignorando chi ci fosse o meno di sotto e uscì fuori dalla locanda. Non fu difficile cercare la vampira. Le sue emozioni, dolore e rabbia per lo più, la travolgevano in pieno.

La ragazza corse e corse inoltrandosi nel profondo della foresta, senza mai esitare sulla direzione da prendere: le bastava muoversi là dove le sensazioni della vampira erano più intense. Il dolore al collo divenne insopportabile, poi diminuì lasciando il posto a una grande spossatezza, tanto che dovette fermarsi a riprendere fiato. Si sentiva incredibilmente stanca e debole. Si massaggiò il collo, istintivamente, là dove era stata morsa un anno prima Dei, ma che sta succedendo pensò.
Dopo qualche momento riprese a correre ansiosa di trovare la vampira ma quando finalmente la ebbe davanti agli occhi arretrò istintivamente di un passo...del resto Carnival non era precisamente un bello spettacolo in quel momento: i suoi abiti erano lacerati e sporchi di sangue, sangue che le lordava anche il collo e il volto. Gli occhi erano quelli di una fiera in caccia.

Se quella non fosse stata proprio Carnival, Astrea sarebbe corsa via a gambe levate. “è anche il tuo sangue quello? Lo sento.” Portò una mano al collo. “Che ti è successo?” Chiese mentre fece un passo in avanti.
Carnival guardò la ragazza come se si domandasse che cosa ci stesse facendo lì poi si sfregò il collo col solo risultato di impiastricciarsi le mani di sangue ormai sei-coagulato "Mi ha morso. Non pensavo lo avrebbe fatto, si. Ma anche io ho morso lui, si, gli ho sfondato la gola" sorrise al ricordo ma solo per un attimo "Tanta fatica per niente, tutto inutile, io sono qui, lui è qui" inclinò la testa da un lato "Non dovresti essere qui piccola sorella. Sono debole, si, ho sete. Devo cacciare. E' pericoloso qui"

La ragazza inclinò la testa di lato. “Sono corsa qui perché ho sentito che stavi male, credevo fossi in pericolo di vita. Sento che non hai forze, hai perso sangue.” Si sedette vicino a lei. “Chi ti ha morso?” Chiese pur sapendo che solo un vampiro avrebbe potuto fare una cosa del genere.
"Pericolo di vita?" la vampira ridacchiò "No, Non pericolo di vita. Non più, mai più.Ma sono debole, si questo si. Ho perso troppo sangue. Devo bere, devo." il volto di Astrea sembrava diventare sfocato e anonimo, un essere umano, una cosa vivente da dissanguare. Carnival sbattè le palpebre e rimise a fuoco il volto della ragazza con uno sforzo evidente "Ha detto che mi sarei lamentata con te, si, ma io non mi lamenterò"
All'improvviso la vampira fece un passo avanti e pose una mano sulle spalle della ragazza "Dimmi una cosa, dolce sorella, si , dimmi.Quell'uomo, l'uomo con la spada spuntata, si....lui è il tuo uomo, si? Io voglio sapere, si."

Astrea rimase sconcertata. “Ma che vai dicendo?” Scosse la testa. “No, hai frainteso quello hai visto.” Arricciò le labbra. “Non cambiare discorso però, vi siete sfogati almeno?” Il tono era più scontroso di quanto avrebbe voluto.
"Io so quello che ho visto" ribattè la vampira in tono altrettanto burbero "Avete voluto rimanere soli. Tu sei la mia piccola sorella, si. Devi essere sincera con me"nuovamente scosse la testa, come per schiarirsi le idee "Io non eludo le tue domande, no. Tanta fatica per niente. Abbiamo lottato, abbiamo combattuto e tutto per niente. Non può vincere, forse lo ha compreso, si, forse"
La ladra chinò lo sguardo, avvicinò le ginocchia al petto e vi appoggiò il mento. “Scusami, non volevo essere scorbutica…” Con un dito incominciò a disegnare dei cerchi nella terra. “è solo che vorrei il bene delle persone a cui tengo di più, anche se tutto non va come vorrei ho capito che non posso farci nulla.”
"La vita è come una ruota, gira, gira e va e dove si ferma, nessuno lo sa...." lo sguardo della vampira era lontano come se stesse rivivendo vecchi ricordi.
La vampira si chinò a sua volta e si mise ad accarezzarle i capelli con le mani incrostate di sangue, apparentemente ignara di quanto poteva sembrare incongruo quel gesto "Tu sei la mia sorellina, la mia amica, si. Tu sei Astrea-che-ha-promesso. Voglio solo che tu parli con me" concluse in tono triste.

La ragazza fece un mezzo sorriso e fece un cenno con la testa. “Vai adesso, non voglio trattenerti.” Guardò il fitto degli alberi che coprivano sopra la loro testa i raggi del sole. “Devi metterti in forma.”
Carnival sorrise e le strinse una spalla "Non preoccuparti per me. Tornerò presto"

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MessaggioInviato: Lun Giu 06, 2011 5:26 pm Rispondi citandoTorna in cima

Aygarth.
Non le rispose. Non voleva farlo. Era stanco, ma era anche altro. Sfinito nell'animo.
Aygarth.
Il pulsare del sangue nelle tempie, le membra molli, ogni fibra del suo corpo impegnata nella rigenerazione... e in qualcos'altro. Una fame spasmodica.
Aygarth.
Avvertiva i tessuti della gola che si ricostituivano, il sangue che cessava di defluire. In altre occasioni, un simile squarcio l'avrebbe ucciso sul colpo. Ora no. Ora non moriva. Ora non poteva morire. Non subito.
Aygarth.
Lasciami in pace, Zadris.
L'alabarda si zittì e quasi all'istante Aygarth sentì una morsa al cuore.
Scusa. Ma sono stanco. Non è andata come volevo.
Comprendo.
Quando fu sicuro di non avere più carne viva esposta all'aria e che i muscoli potessero sorreggerlo, Aygarth si azzardò a risollevarsi a sedere. Grondava sangue, in parte suo, in parte di Carnival. Per un attimo lo fissò, sentendo un'agitazione nelle viscere. Sapeva che era veleno, sapeva che aveva un sapore orribile, sapeva che non doveva farlo. Eppure voleva... Lo desiderava. Gli piaceva.
Aygarth, ricordati di te.
La voce di Zadris irruppe nella sua mente cancellando in un sol colpo tutti quei pensieri. Il giovane rilassò i muscoli, portandosi una mano al viso.
Cresce.
Già.
Zadris non disse altro e Aygarth non la spronò. Rimase nell'erba, nella chiazza vermiglia di sangue che si era allargata al suolo, il volto appoggiato stancamente su una mano.

Ulkos si trovava sul retro della taverna, quando sentì il bisogno di sgranchirsi un po’ le gambe: era stato fermo solo una notte, ma già sentiva il bisogno di camminare. Dirigendosi a grandi falcate in direzione della fine del villaggio, arrivò al limitare della grande foresta. Da questa, emanavano intensi tutti i profumi della natura… ma anche qualcos’altro. Ulkos fiutò l’aria intorno a sé, e finalmente lo individuò: odore di sangue. Non ci sarebbe stato nulla di strano, se non fosse stato che nessuno di quelli che erano andati nella foresta era tornato ancora. Decise quindi di inoltrarsi nel bosco, se non altro per fare una passeggiata: adorava la natura.
Si incamminò quindi con passo spedito nel folto. Man mano che avanzava, sentì un crescendo d’inquietudine dentro di sé, e si domandò da dove provenisse. Cominciava a preoccuparsi.
Il guerriero aguzzò le orecchie e il fiuto, spandendo i suoi sensi fino allo spasimo: la sensazione proveniva dalla sua destra. Si diresse quindi in quella direzione accelerando il passo. La strana sensazione non lo abbandonò ma, anzi, crebbe, finché lui non si mise a correre.
Improvvisamente si ritrovò in un regione più buia della foresta. Sembrava che lì l’oscurità fosse più densa, quasi palpabile. Ma c’era dell’altro: qualcosa di non bene identificabile alla sua scarsa vista si muoveva lentamente per terra.
Si trattava senz’altro di un uomo, ma aveva un leggero odore di morte che lo permeava. L’odore di fucina però, confermò a Ulkos, che davanti a lui, si trovava senz’ombra di dubbio il giovane fabbro: Aygarth.
Il giovane si accorse solo all'ultimo della presenza del nuovo arrivato. La sua mano corse all'alabarda e fu sorprendente come riuscì a sollevarla con un braccio solo, puntando lo sperone in direzione del guerriero. Solo quando si rese conto di chi avesse di fronte, l'abbasso, con un sospiro di sollievo. "Dèi... non ti ho sentito. Stai attento, la prossima volta potrei decapitarti prima di accorgermi che sei tu."
"Ridotto così?" chiese scettico Ulkos, lanciandogli un'occhiata divertita."Non riusciresti nemmeno a sollevarti a sedere. Aspetta ti aiuto io." disse dirigendosi verso di lui, ed aiutandolo piano ad alzarsi a sedere, gli porse una borraccia d'acqua.
"Sto bene" minimizzò Aygarth, sorseggiando dalla borraccia per poi versarsela sul palmo e sciacquarsi almeno il viso. "Non sono ferito."
"Ho sentito l'odore di sangue, fabbro." Non lo chiamava ancora per nome."E comunque avevo deciso di sgranchirmi le gambe. Ma vedo che hai ragione tu: non sei ferito, perlomeno, non in modo evidente" continuò poi. Era sollevato nel vedere che Aygarth stesse bene, e cercava di non mostrarsi spaventato come poc'anzi era.
Aygarth storse il naso. In effetti la pozza vermiglia su cui poggiava i piedi era una scomoda testimone di quanto accaduto e i suoi abiti chiazzati di rosso non lo erano da meno. "Ho dovuto... chiarire delle cose" mormorò. "Ma non ho finito. Non ancora."
"Brutta cosa le faccende di sangue, non trovi?" commentò Ulkos, guardando Aygarth con occhio clinico."Però sembra che qualcuno non abbia avuto l'ultima parola" concluse poi.
Aygarth non rispose. Ciò che gli bruciava era ammettere di aver perso. O per meglio dire, non aveva perso, ma si sentiva comunque sconfitto. Stava per proporre a Ulkos di ritornare alla locanda, anche per trovarsi un cambio d'abiti che andasse a sostituire quelli che aveva addosso, quando un lieve tremore catturò la sua attenzione. Alzò appena una mano, guardandosi attorno. "Zitto. Lo senti?"
Ulkos si irrigidì all'istante. Si, l'aveva sentito. Un vago tremore del terreno, come di una mandria di cavalli ancora lontana. Non era identificabile con sicurezza, ma una cosa era sicura: il terreno tremava.
"Si" rispose."Lo sento." Estrasse una delle sue spade a falcetto."Ce la fai a combattere?"
"Chiedilo a lei" e Aygarth imbracciò la poderosa alabarda di due metri e mezzo. "Non riesco però a capire da dove arriva. Sembra dappertutto!"
"Concordo" rispose Ulkos annuendo nuovamente."Sembra che siamo circondati. Chiunque sia, comunque, è stato bravo a non farsi sentire. Suggerirei una formazione schiena a schiena, così almeno ci copriamo a vicenda" continuò poi, facendo oscillare le sue lame a forma di falce.
Aygarth ubbidì, stando attento comunque a riservarsi abbastanza spazio per manovrare l'alabarda. I suoi occhi volavano in ogni direzione, cercando il minimo movimento rivelatore tra le fronde della foresta. Il tremolio s'acuì, poi cessò di botto, lasciando la selva nel più assoluto silenzio rotto solo dai loro respiri. Proprio quando stava per abbandonare la posa di guardia, con la coda dell'occhio Aygarth scorse un lieve movimento alla destra di Ulkos. L'erba tremò, il terriccio prese a vibrare e saltellare. Capì e svuotò i polmoni in un solo grido.
"Sottoterra!"
Aveva caricato il colpo nello spazio dell'urlo; l'alabarda calò con una violenza inaudita e la scure s'impiantò al suolo penetrando per una buona ventina di centimetri. A quel colpo seguì un verso stridente e il terremoto li circondò di nuovo.
Il terreno cominciò a smuoversi in più punti intorno a loro, e le zolle di terra cominciarono a saltare per aria. C'erano più qualcosa sotto di loro...ed erano veloci. E probabilmente anche arrabbiati con loro, da quello che sembrava.
"Che tu sappia, non è che qualcuno ha dimenticato di disinfestare il giardino qui intorno?" chiese Ulkos con calma glaciale mentre osservava gli strani movimenti.
Non cercava di fare dello spirito, cercava di concentrarsi.
Aygarth non gli rispose. Espanse i sensi della Forgia e sentì... niente. Il terreno non era altro che un'informe massa grigia. Né nemici, né alleati. Eppure il loro odore... trapelava dalla terra come una mefitica esalazione. Fin troppo riconoscibile.
"Mietitori" confermò, stringendo l'alabarda. "Attento, Ulkos. Dissipano ogni fonte magica al tocco. Nulla di magico li scalfisce."
"Tranquillo" rispose di rimando il guerriero."Non ho niente di magico qui: solo acciaio meteorico, carne ed ossa dure come il ferro" dichirò poi in tono risoluto. Si mise in attesa. L'unico modo per fronteggiare l'attacco di quegli schifosi sembrava essere l'infilare le lame sottoterra quando questi affioravano.
Lo sguardo di Aygarth saettava da una parte all'altra. Seguiva le scie di terra che si sollevavano appena, descrivendo cerchi concentrici attorno a loro. Poi una mutò direzione in modo repentino, e lo puntò.
"Eccoli!"
Alzò l'alabarda come un arpione e caricò le braccia infilzando il terreno di fronte a sé. Un acuto verso di dolore seguì quella mossa e uno spruzzo di sangue color verde fango imbrattò lo sperone dell'arma. Anziché estrarre subito l'alabarda, Aygarth torse con violenza e diede uno strappo, facendo emergere la creatura.
Era simile a un gigantesco verme, lungo due volte un cavallo e così grosso da poter ingoiare un vitello. O un umano. Il muso era identico a quello dei Mietitore quadrupedi: niente occhi, naso gigantesco, la bocca che si allargava a dismisura. Schioccò le fauci, sibilando, con una lingua appuntita come un rasoio, prima che con una torsione si liberasse dallo sperone, rituffandosi sottoterra.
Ulkos non rimase con le mani in mano. Non appena una di quelle bestiacce lo puntò, piantò con decisione i piedi per terra, impugnando le spade come dei pugnali. Quando la creatura gli arrivò sotto, affondò le lame nel terreno: il risultato fu un grido di sofferenza, con la creatura che si allontanava in gran fretta dal guerriero, lasciando il posto ad un altra.
Anche quella creatura lo puntò. Ovviamente. Lo caricò come la precedente, ma invece di arrivargli da davanti, come si sarebbe aspettato, si immerse ancor più in profondità nel terreno, scomparendo alla vista. Poco dopo, la cosa lo aggredì dalla sua sinistra, cercando di afferrargli un piede.
"Ah, no, schifoso!!" esclamò Ulkos, infilzando la cosa con entrambe le spade."Non ci contare neanche" detto questo, fece leva con la schiena e cercò di tirare su la bestia. Non fu facile, anche perchè le spade non gli consentivano di fare molta leva, per cui, la creatura uscì dal terreno solo per metà. Lo spettacolo fu raccapricciante: sembravano un incorcio tra dei vermi e delle scimmie, con la mascella sproporzionatamente grande. Non vi erano occhi, ma in compenso un grande naso a fessura verticale. Ulkos non fece in tempo a scorgere di più, perchè la creatura si divincolò con uno strappo, scomparendo nuovamente sottoterra.
Movimento a sinistra. Aygarth si girò all'istante, ma il bubbone di terriccio che stava esplodendo si ritrasse subito. Troppo tardi si accorse della bocca che emerse dalla parte opposta. Cacciò un'urlo quando la bocca gli si chiuse sul polpaccio. Trasse il pugnale dalla cintura e colpì, più per il dolore che per una mossa calcolata. La mascella lasciò la presa, portandosi via un buon brandello di carne e stoffa; lui sollevò per metà l'animale che si dibatteva. I lievi strali di sole che trapelavano dalle fronde andarono a incontrarlo, e la creatura sembrò soffrirne il tocco. Un sottile filo di fumo iniziò a sprigionarsi dalle carni.
"La luce del sole!" intuì Aygarth al volo. Scaraventò l'animale a terra e con un colpo d'alabarda gli tagliò la testa. "Ulkos! Questi bastardi temono il sole!"
Ottima idea! Peccato che siano maledettamente difficile da tirare fuori, questi schifosissimi figli di baldracca! pensò Ulkos. Il vermone che lo attaccò subito dopo il grido di Aygarth, trovò una fine abbastanza veloce: saltato fuori dal terreno per azzannarlo al torace e trascinarlo sottoterra con sé, non si era però accorto che il grosso guerriero si era spostato sulla sua destra nel momento stesso in cu icompiva il salto. Infatti, Ulkos ne approfittò immediatamente, tranciandogli la testa con entrambe le spade, come aveva visto fare ad Aygarth. La bestiaccia morì sul colpo.
Aygarth manovrò Zadris, spaccando letteralmente la testa all'ennesimo verme che aveva fatto spuntare dal terreno il suo orribile muso. Il terremoto non cessava, anzi perdurava, sempre più forte. Era come se sotto di loro battesse un cuore mostruoso, a ritmo assurdo. Con la coda dell'occhio, notò alcune scie allontanarsi da loro, tutte in una precisa direzione. Non gli ci volle molto per capire da che parte stessero andando.
Il villaggio!rifletté. Gli altri! Dobbiamo...
Un crepitio sordo, ovattato, lo fece trasalire. Era come se sottoterra si fosse mossa una creatura titanica. Aygarth, però, capì che non era così quando il crepitio si trasformò in fragore e sentì il terreno abbassarsi appena. Guardò davanti a sé e scorse ciò che era l'epicentro di una spirale collassante. Ebbe appena il tempo di gridare un avvertimento a Ulkos, quando s'aprì una voragine quasi sotto i loro piedi.
Proprio come una trappola.
Aygarth balzò indietro, seguito da Ulkos, ma non riuscirono a portarsi al sicuro. Il terreno collassò, il crollo li assordò e si ritrovarono a precipitare per un breve tratto prima che l'istinto li facesse aggrappare alle asperità dell'erta. Ulkos ondeggiava una decina di metri sopra Aygarth. Sotto di loro, un cuore nero, colmo di tenebra, di cui nessuno dei due riusciva a vedere il fondo.
Il guerriero nordico era riuscito ad aggrapparsi poco al disotto della cengia che delimitava il pozzo nel quale erano appena caduti. Doveva il tutto ai suoi riflessi eccezionalmente allenati, che lo avevano fatto saltare in direzione di una radice che sporgeva poco al di sotto dell'orlo del buco. Ad Aygarth, però, era andata peggio: era infatti appeso, una decina di metri più in basso di lui, da quel che poteva vedere. Non era decisamente una bella situazione. Ulkos cominciò a pensare a come tirare fuori il suo compare, quando dalla parete saltò fuori l'ennesimo viscido vermone azzannatutto. Una delle spade era inutilizzabile, in quanto pendeva inerte nel fodero dietro la schiena, dove l'aveva riposta dopo aver tranciato la testa all'ultimo verme. L'altra, la teneva ancora per mano, e con quella cercò di menare un fendente che avrebbe dovuto allontanare la bestia da lui: non fu così. Il Mietitore fu più veloce, e riuscì ad azzannarlo ad un fianco, con la sua poderosa mascella, cercando al contempo di tirarlo dentro al tunnel dal quale sbucava. Il dolore fu lancinante, e Ulkos dovette ricorrere a tutto il suo sangue freddo per riuscire ad infilare la lama nella parete e colpire così il suo avversario. Quello lo mollò, fuggendo all'interno della galleria con un grido stridulo di dolore.
"Tutto bene laggiù?" chiese guardando verso il basso, la voce arrochita dal dolore. Dopo essere riuscito a rinfoderare l'altra lama, si premette una mano contro il fianco, mentre con l'altra continuava ad aggrapparsi alla radice sporgente.
"Una meraviglia! Ti stai perdendo una vista favolosa!" La voce di Aygarth, carica d'ironia, venne amplificata dalle pareti del pozzo. Il ragazzo penzolava con una mano sola, mentre con l'altra si caricò l'alabarda a tracolla, inservibile in quella posizione, per rimettere mano al pugnale. Percepiva il tremore tutt'intorno a sé e capì la situazione al volo. Allora riempì i polmoni e cercò di sovrastare il rumore del terremoto: "Ulkos, vai! Avverti gli altri!"
"Sto... scivolando... per gli Dei!" imprecò il guerriero. Era vero, infatti la radice alla quale si stava aggrappando cominciava a risentire del suo peso non indifferente. C'era soltanto un modo per uscire da quella situazione. E non gli piaceva per niente."Ho un'idea Aygarth...per arrivare in tempo dico"
Senza attendere la risposta, Ulkos fece quello che non faceva già da molto tempo: cambiò forma.
Gli occhi divennero di un azzurro ghiaccio, le ossa si allungarono e i muscoli ingrossarono, lacerando i vestiti. Il pelo cominciò a crescere lungo il corpo di Ulkos, fino a coprirlo per intero, e dalle mani e dai piedi spuntarono artigli, e la faccia assunse l'aspetto del muso di un lupo: la trasformazione era completa.
Con un balzo, e come se la ferita al fianco non lo disturbasse molto, il Mannaro compì un balzo verso l'alto, sfruttando la presa degli artigli sul terreno. Aggrappatosi con le mani all'orlo della cengia, si issò fuori da quel buco oscuro, e si rialzò in piedi, fiutando l'aria. Guardò un attimo in basso, verso il fabbro, prima di spiccare un enorme balzo in direzione del villaggio. Contemporaneamente dalla sua gola uscì un ululato spaventoso, e si gettò all'inseguimento dei Mietitori, nella speranza di precederli al villaggio.


[continua…]

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MessaggioInviato: Mar Giu 07, 2011 10:15 am Rispondi citandoTorna in cima

Dalle labbra di Aygarth sfuggì più di un'imprecazione, mentre cercava di reggersi con una mano sola e tentava di riguadagnare la superficie. Nella destra stringeva il pugnale e i suoi occhi saettavano da una parte all'altra nel tentativo di prevedere le mosse dei vermi-Mietitori. Odiava quella situazione. Odiava trovarsi in territorio ottimale per il nemico e, sopra ogni cosa, odiava non poter usare la Forgia.
L'oscurità sotto di lui sembrava attenderlo, reclamarlo. Era assurdo che quelle creature avessero potuto scavare una trappola così ben congegnata, lasciando che la voragine ingoiasse alberi e terra fino a quello che sembrava il cuore stesso del mondo. Sperava ci fosse un fondo ma non intendeva scoprirlo di persona. Ciò che davvero lo preoccupava, però, era il tremore che avvertiva attraverso lo spuntone di roccia a cui era aggrappato. Si sentiva alla loro mercé, aspettandosi da un momento all'altro che i vermi uscissero laddove si reggeva con la mano e gliela fagocitassero in un sol colpo. Scacciò quel pensiero e cercò di velocizzare il ritmo di risalita. Il ciglio della voragine sembrava sempre troppo lontano.
Terremoto. Da sinistra.
Aygarth si bloccò e alzò il pugnale, la lama rivolta verso il basso. Frammenti di roccia piovvero nel buio, disegnando una scia orizzontale.
Eccolo.
Non finì nemmeno il pensiero: la bestia emerse a fauci spalancate, piene di terra e sassi. Glieli sputò praticamente in faccia prima di attaccare. Aygarth menò un colpo alla cieca, mancò, ma allo stesso tempo le fauci sfiorarono appena il suo braccio. Tentò una seconda volta e finalmente riuscì a cogliere l'animale sul capo, aprendo uno squarcio profondo. Il Mietitore sibilò e si rituffò nella roccia, ma Aygarth non riuscì a gioire di quella vittoria: un dolore acuto lo colse al piede, come se l'avesse messo in una tagliola. Abbassò lo sguardo e scorse un secondo verme che gli aveva azzannato lo stivale. Puntò il piede ferito sulla parete e scalciò con l'altro a più non posso, finché la bestia non si divincolò e cadde nel vuoto.
Sali o sei spacciato, dannazione!
Cercando di ignorare il dolore dovuto al morso, si sollevò e cominciò a risalire, usando stavolta entrambe le braccia per andare più rapido. La roccia vibrò di nuovo attorno a lui. Non sapeva quanti erano, ma di sicuro erano troppi per poterli affrontare da solo in quelle condizioni. Se soltanto avesse avuto il suo potere...
Sopra di lui, la roccia esplose.
Aygarth gridò di riflesso, specie quando la mascella disarticolata del Mietitore si spalancò, pronto a ghermirgli la testa. Dovette di nuovo ringraziare la sua prontezza di riflessi. Lasciò la presa con la mano armata e lasciò che il movimento oscillatorio derivato lo spostasse di lato. Le fauci della bestia gli sfiorarono la fronte, aprendovi un largo squarcio. Sentì il caldo tocco del sangue che gli colò fra gli occhi e la carne che già si tendeva per ricostituirsi. Il corpo del verme gli sfrecciò davanti alla faccia, trainando con sé una zaffata talmente nauseabonda da disorientarlo. D'istinto menò un colpo, ma riuscì a ferirlo solo di striscio prima che ritornasse nella parete, lasciando il posto a un altro suo simile che emerse in traiettoria quasi perpendicolare. Colse Aygarth di sorpresa, e lui riuscì soltanto ad alzare il braccio armato per difendersi.
La mossa portò danni da entrambe le parti. La mascella gli si chiuse sulla mano e soltanto la presenza del pugnale che si conficcò nel palato della creatura impedì che questa chiudesse del tutto le mascelle e gliela strappasse via con una sola torsione. Le zanne, tuttavia, erano abbastanza lunghe perché gli trapassassero l'arto da parte a parte.
Aygarth non gridò, ululò di dolore. Con la sofferenza, s'animò anche la rabbia. La sentì nelle viscere, nella testa. Sentì due punture gemelle in bocca e capì cosa stava succedendo.
Lasciò che accadesse.
Con la creatura che ancora gli azzannava la mano, avvicinò la faccia al muso del mostro e spalancò la bocca al massimo. Affondò i denti nella carne e subito un sapore acre e nauseante gli invase la gola, scatenandogli l'improvviso impulso di vomitare. Ma non desistette e una volta che ebbe una presa salda, torse il collo, strappando un'abbondante fetta di carne.
La creatura mandò un sibilo. Aygarth morse ancora, e ancora, e ancora. Ogni azzannata era una fetta del corpo del Mietitore dilaniata, era sangue viscido che lo ricopriva, ma lui non cedeva. In quel momento, non esisteva neanche più il lancinante dolore alla mano. Alla fine puntò il centro del muso e con un morso gli strappò parte del naso . La morsa delle fauci s'allentò all'istante e lui fu lesto a sfilare la mano con tutto il pugnale, venendo investito dall'icore nauseabondo della bestia e dal suo ululato assordante. Il Mietitore si ritrasse rituffandosi di nuovo nella parete, lasciandosi una scia di roccia crepata che puntava verso le profondità.
Aygarth si riaggrappò alla parete. Il terremoto era cessato. Non il dolore, né la vergogna. Dalla bocca gli pendevano lamelle di sangue rappreso, come bava di una bestia corrotta. Guardò la mano e la rigenerazione che già ne riparava i tessuti. Dono della sua maledizione. Dono del suo vampirismo.
Sangue.
No. Mai.
Scrollò il capo, tossendo, e riprese a salire, cercando di scegliere gli appigli migliori. Non mancava che una manciata di metri. Stava per issarsi sulla cengia, quando un rumore di roccia spaccata lo sorprese. Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi che un poderoso strattone minacciò seriamente di farlo precipitare.
Ce li aveva addosso. O meglio, addosso a Zadris. Le loro fauci si erano chiuse rispettivamente sullo sperone e appena sotto la testa; l'altra estremità dei loro corpi scalciava nel vuoto come pesci tratti fuori dall'acqua dall'amo traditore. Il peso lo trascinò all'indietro rischiando di fargli perdere la presa.
"Dannazione...!"
Per un attimo credette di stare per cadere, ma riuscì a puntarsi coi piedi l'istante necessario per riacquisire la presa. Scivolò di nuovo, di mezzo metro, mentre il sibilo collerico delle creature echeggiava nella voragine. Poi risuonò un altro rumore, molto più inquietante: rumore di cuoio che cedeva e qualcosa che si allentava sulla sua schiena. Quando capì, il terrore lo raggelò.
ZADRIS!
Mollò la presa con la mancina e afferrò l'asta a metà lunghezza prima che precipitasse nel vuoto. In quella posizione, la trazione sembrò addirittura raddoppiare. Contrasse i muscoli del braccio fino a farsi male, i tendini del collo tesi fino allo spasimo. I vermi si dibattevano, rendendo ancora più precaria la stabilità della sua presa.
Lasciami.
La voce di Zadris. Era pazzesco che riuscisse a sentirla anche con il contatto dei Mietitori ad annullare la Forgia...
Lasciami. Ti trascineranno giù.
La ignorò. Cercò di tirarla a sé, ma il peso dei due vermi e il loro dimenarsi rendeva tutto più difficile. Senza contare che doveva anche mantenere la presa sulla parete di roccia, cosa che si stava rivelando più difficile del previsto. Si sentiva trascinare sempre più verso l'interno, perdendo l'appoggio della verticalità della parete.
Lasciami.
Non voglio.
Lascia andare la presa.
"Non ti lascio, non voglio!"
Stavolta non più pensiero ma voce colma di rabbia, che sferzò le pareti della voragine.
Se non lo fai, cadrai. Di sicuro. Condannerai entrambi.
L'asta slittò nella sua mano. Aygarth serrò i denti, ferendosi le labbra con i canini sviluppati. La presa dei vermi era ferrea e non cedeva. Non si poteva dire lo stesso della propria: la mano con cui si reggeva si stava intorpidendo, diventando sempre più insensibile. A un tratto la trazione aumentò, senza motivo. O perlomeno, Aygarth lo capì solo dopo: era Zadris stessa che stava cercando di sfuggirgli, muovendosi in maniera autonoma.
"No."
Sì, Detentore. Come facesti tu.
No. O ce la caviamo insieme, o moriremo insieme.
Lo faremo. Ma non così.

"No!" Stavolta la parola fu un ringhio.
Dieci centimetri. L'asta slittò di nuovo.
"No! No!"
Altri dieci. Mancava poco al tallone. I vermi si contorsero, la forza divenne quasi insostenibile nella sua mano viscida di sangue.
"Zadris..."
Ancora una spanna.
Fallo. O lo faccio io.
"Zadris..."
Il sibilo dei vermi riempì quel mondo.
Ancora...
"Zadris!"
Zadris!
Zadris!
Zadris!
Uno strattone, e le sue dita strinsero il nulla. Aygarth la vide allontanarsi dal suo braccio proteso e cadere nel buio, assieme ai vermi. Quasi lentamente, come se volteggiasse come una piuma anziché cadere a peso morto.
La vide precipitare.
"NO!"
E sparire.
"ZADRIS! NOOOOOOO!"
Quella ultima parola si fuse in un grido poderoso, carico di disperazione, di rabbia, di terrore.

[continua...(?)]

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Piccolo angelo bellerrimo crudele sanguinario...

Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.

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MessaggioInviato: Ven Giu 10, 2011 9:55 pm Rispondi citandoTorna in cima

La trappola creata dai Mietitori era ormai alle sue spalle e Ulkos correva all'impazzata. Il dolore al fianco era quasi insopportabile, ma si sarebbe adeguato. Sperando di non perdere troppo sangue, il licantropo continuò nel suo affannoso inseguimento. Doveva assolutamente arrivare per primo. Davanti a se, vide le tracce del passaggio dei Mietitori, profendi solchi lasciati sulla superficie del terreno. Poco più avanti, vide la prima bestia: li stava raggiungendo.
Galdor era nello spiazzo vicino alla locanda e degli altri nemmeno l’ombra, anche lo stesso Aygarth che voleva mettersi in viaggio al più presto non era presente. Il guerriero non ebbe il tempo di oggettivare questa osservazione che delle grida si levarono dal margine del villaggio.
Mostri, gli parve di capire, quando vide alcune donne e uomini correre nella sua direzione per fuggire.
“Sorte meretrice, i mietitori!” sbottò lasciando cadere il proprio bagaglio e sfoderando Elrohir. Si diresse velocemente verso le grida.
Era troppo tardi: non sarebbe riuscito a superarli e precederli al villaggio. Non con una ferita così al fianco. Non con quei vermoni che pareva nuotassero sottoterra. Stava correndo praticamente da un quarto d'ora, quando vide stagliarsi davanti a lui il profilo delle case del villaggio. Non aveva fatto in tempo! Raddoppiò gli sforzi, e decise che avrebbe almeno cercato di fermare uno di quei mostri
"Tutti al riparo!!" urlò con quanto fiato aveva in gola."Mietitori in arrivo!!" la voce suonava distorta a causa del suo aspetto da lupo, e non era sicuro che lo avrebbero capito. Senza preoccuparsi di cosa avrebbe detto la gente del posto se lo avesse visto, piombò in avanti, nel mezzo di uno spiazzo, proprio su una di quelle bestie che stavano affiorando.
Quando Galdor riuscì a fare il punto della situazione, vide un’enorme bestia pelosa correre all’impazzata mentre poco avanti a lui il terreno si smuoveva come scosso da un tremendo sisma. Un urlo bestiale, lupesco attraversò l’aria e il sangue nelle vene del guerriero si gelò di colpo.
L'idea di Ulkos, era di atterrare sul dorso del Mietitore, tirarlo fuori e staccargli la testa. Fu dunque un vero peccato quando mancò il bersaglio atterrando un metro e mezzo più indietro. Atterrando, poi, il licantropo sentì ancora di più il dolore causato dallo squarcio nel fianco. Ringhiò subito dopo essere atterrato con un balzo nella mischia.
Galdor osservò la bizzarra mossa della bestia bianca che interruppe quella che somigliava ad una carica. Solo ora che era più vicina notò una chiazza rossa sul fianco della bestia e abbassò per un attimo la guardia. In quell’esatto istante qualcosa fece sbuffare l’acciottolato sotto i suoi piedi e si ritrovò sbalzato indietro di due metre, prono al suolo. Scosse la testa per riprendersi e scorse un’enorme testa di mietitore venir fuori da una voragine nel terreno.
Il guerriero compì una capriola indietro per riavvicinarsi alla propria arma e rimettersi in piedi. Riguardò di nuovo la bestia orribile che ora usciva un po’ di più dal terreno. “E’ quasi peggio dei fusi di Damarios” pensò.
Strinse la spada e prese un bel respiro. La caricò. Un colpo netto e fulminea, nonostante la mole, la bestia estrasse l’altro capo del corpo da sotto il terreno e parò con delle placche ossee poste in fondo alla coda.
”Allora ce l’hanno una fine” Galdor riacquistò la distanza studiando la bestia.
Il verme sul quale voleva balzare Ulkos si girò di scatto verso, con le mascelle spalancate, pronte ad azzannarlo. Ora però Ulkos non era più un semplice umano. Quando la bestia gli saltò addosso, si spostò leggermente di lato, e con la destra le sferrò un poderoso pugno, che la fece cadere a terra urlante ed ancor più arrabbiata di prima.
Con un ululato, le balzò sulla schiena mentre ancora rimbalzava, e le si avventò contro con gli artigli e le zanne. Addentò la carne viscida poco al disopra della testa e cominciò a strattonare il Mietitore. Mentre quello provava a divincolarsi, Ulkos lo alzò sopra la sua testa con uno sforzo immenso, facendolo poi ripiombare a terra con tutta forza che aveva a disposizione. Dopodichè, la afferrò per il collo con entrambe le zampe artigliate, e tirò...la testa venne via con un colpo solo, spruzzando quella melma verdognola che la bestia aveva al posto del sangue.

Il guerriero attese un attimo di troppo e la bestia si rinabissò sotto terra. “Dannazione!” imprecò quindi si guardò intorno cercando di percepire dove potesse sbucare nuovamente. Chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare. La sentiva attorno a se, come se gli girasse intorno, poi intuì. Corse indietro di qualche metro e il terreno dove era prima collassò.
“Appena in tempo” pensò e subito a contraddirlo un attacco alle spalle. Nel voltarsi Galdor ebbe appena il tempo di frapporre la lama di piatto tra le fauci della bestia e la sua faccia. Un odore pestilenziale fuoriusciva dal muso di quell’essere orribile e si trattenne a stento dal dare di stomaco. Intanto il mietitore iniziava a pesare addosso al guerriero che dovette abbandonare l’arma per non cadere sotto quell’essere.
La lama resistette alla stretta delle fauci del mietitore che la sputò ad un paio di metri di distanza e il guerriero estrasse il coltello.
Ulkos vide Galdor in evidente difficoltà, anche se sembrava che con il coltello da caccia se la sapesse cavare più che bene. Nonostante questo, corse nella sua direzione, proprio mentre il Mietitore che stava affrontando ricominciava a puntarlo, parandoglisi davanti con un ringhio furibondo.
Questo qui non si tocca!! pensò rivolto al vermone.
Ulkos vide Galdor in evidente difficoltà, anche se sembrava che con il coltello da caccia se la sapesse cavare più che bene. Nonostante questo, corse nella sua direzione, proprio mentre il Mietitore che stava affrontando ricominciava a puntarlo, parandoglisi davanti con un ringhio furibondo.
Questo qui non si tocca!! pensò rivolto al vermone.
"Vai a prendere la spada Galdor!" gridò al compagno che si trovava dietro di lui. Sperò di essere compreso interamente.
Il guerriero si vide affiancare da quello che ora ricollegò doveva essere il nuovo arrivato, Ulkos. Per fortuna non devo staccare la testa anche a lui, non sarebbe stato di certo facile” si ritrovò a pensare. Il grosso mostro si stava confrontando con il licantropo e Galdor corse a riappropriarsi dell’arma.
Ulkos stuzzicò abilmente il mietitore che lo attaccò senza indugi, nonostante la ferita il licantropo si muoveva con agilità. Schivò una prima azzannata ringhiando di rimando quindi balzò a sua volta sul grosso verme ferendolo in profondità con un’artigliata.
Galdor cercava in qualche modo di prendere il tempo di quello scontro per poter intervenire senza rischiare di ferire il compagno. Il verme si scrollò Ulkos di dosso con un poderoso colpo di coda e fece per scappare verso la voragine che si era creato poco prima. Uno stridio di artigli sulle placche ossee della coda del mietitore, Ulkos che lo bloccava con gli arti inferiori. Galdor corse verso la parte davanti del mostro che si dibatteva ora come un pesce fuor d’acqua e lo decapitò con un sol colpo.
Lo scontro lo aveva provato molto. La ferita gli faceva male, e dovette premersi una mano sul fianco per arrestare il flusso di sangue.
" Dannato sole!" imprecò. "Mi rallenta la guarigione..."si diresse verso Galdor, che stava in piedi poco lontano. "tutto bene?" gli chiese.
Il guerriero dovette alzare lo sguardo per vedere in faccia il licantropo, se non per la certezza che fosse pacifico sarebbe stato a dir poco spaventoso. Ora che parlava le sue parole si distinguevano maggiormente così poté cogliere la domanda.
“Si, ti ringrazio” rispose poi abbassò gli occhi alla ferita. “Deve far male. Perché il sole ti da fastidio?” gli domandò incuriosito dall’imprecazione che aveva involontariamente udito.
"Mi rallenta la guarigione" spiegò Ulkos." Fosse stato notte, sarebbe già una cicatrice probabilmente."
Galdor rimase un po’ perplesso. Non credeva che altre creature, oltre i vampiri, avessero di questi problemi con il sole. Si strinse tra le spalle. “Allora conviene che vai verso la foresta, anche per non spaventare oltre i paesani”
Nell’esatto istante in cui finì di parlare alcuni gridolini da qualche strada limitrofa, porte che si sprangavano e finestre chiuse di fretta. Il guerriero rimise mano alla spada pronto ad un nuovo scontro quando dall’angolo sbucò Magistra che trascinava un'altra di quelle bestie.
Ulkos emise un ringhio sommesso, vedendo la donna che si trascinava dietro quell'essere come uno straccio bagnato.
"Però" commentò."Non male la signora!"

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