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Alfonso Zarbo intervista Fabrizio Corselli
Postato il Martedì, 01 dicembre 2009 - Ore 12:00:00 di Panoramix
Fantasy generaleNon capita tutti i giorni di conoscere persone come Fabrizio Corselli, esperto di giochi di ruolo e collaboratore della e-zine DM Magazine, saggista, educatore presso l'hinterland milanese, curatore presso la rivista nazionale In Arte della rubrica Mythos e, non per ultimo, autore del poema di epica moderna fantasy Drak'kast - Storie di draghi, narrante la più leggendaria delle imprese di Elkodyas il Bardo, un drago metamorfosato in un cantore elfico, e del suo famiglio mistico Tyrintalle nella lotta contro il demone Azumennoxor. Dopo aver letto l'opera, abbiamo avuto il piacere di scambiare qualche parola riguardo il suo stile narrativo, i suoi progetti futuri e la sua visione del fantasy.

Fabrizio, perché innanzitutto avvalersi della forma in versi e non di quella in prosa? Cosa rappresenta per te?

Beh, è come chiedere a un pittore perché dipinge tele o a uno scultore perché modella il marmo. La mia è semplicemente una questione attitudinale, e non una scelta preordinata. Sono un poeta e non uno scrittore di narrativa. Riesco a esprimermi meglio col verso, a dare piena enfasi al mio sentire attraverso la musicalità della parola. Per me rappresenta un'apertura al mondo, uno strumento che permette alla mia immaginazione di essere completamente libera, di esternare sogni, desideri e inquietudini. Nel tempo mi sono sempre più avvicinato alla poesia, diciamo “epica”, nel suo pieno rapporto col mito, di cui sono grande appassionato, e alla sua componente “narrativa” (epos). [...]

Quanto hanno influito gli studi compiuti sul tuo modo di scrivere e di creare questa storia?

Diciamo che i miei continui studi sulla Stilistica e sull'Estetica sono stati fondamentali. È pressoché impossibile approcciarsi a questa tipologia poetica, come del resto alla scrittura in generale, senza avere un buon bagaglio tecnico, soprattutto quando devi affrontare testi molto lunghi e articolati, esulando dalla semplice silloge. Soprattutto lo studio della metafora e delle diverse modalità espressive in rapporto al carattere sintattico del verso. Ho puntato più sul procedimento ellittico. Questo perché, nel momento in cui affronti certe descrizioni, bisogna evitare molte volte la ripetizione di un concetto o di uno stesso termine, laddove non venga contemplato il suo uso logico o perché richiesto dalla situazione. Nelle opere di adesso ho anche deciso di aggiungere le note di chiarimento, in modo da facilitare la lettura.

Per quanto riguarda la storia, mi ha aiutato di più il gioco di ruolo; la tecnica ti serve quando devi mettere su carta l'idea che hai in testa, per poi svilupparla a livello espressivo. Abituato nel tempo a creare personaggi, a immedesimarmi in loro, a costruire plot, a tessere avventure, mi è venuto facile coordinare tutta quanta la storia, soprattutto avendo già la base, ossia l'ambientazione che scrissi per il GdR nel 1995; tanto che a metà Dicembre uscirà col Chimerae Hobby Group il manuale completo sul kit dell'Hadragnir, l'Incantatore di Draghi per il sistema di Advanced Dungeons & Dragons 2a.Edizione. Una volta che hai l'idea è solo una questione di iniziare, anche se non esiste un vero e proprio metodo che stabilisce l'inizio della composizione, avendo oltremodo la possibilità di modificare nel corso della stesura parti dell'opera, come in effetti mi è successo. Alcuni personaggi li ho aggiunti dopo pur non facendo già parte del mondo in cui ho ambientato Drak'kast, ma da esso pur sempre derivano.

Quali sono state le tue ispirazioni per l'opera?

Sono state molte. Soprattutto il mito greco e la musica hanno influito in maniera essenziale, ma senza ombra di dubbio le tavole di Ciruelo Cabral di cui sono un grande fan. In particolar modo, il suo drago Hobsyllwin, The White Guardian mi ha dato l'input per la creazione di Elkodyas (chiamato anche Orodrast, ossia “Amico dei Draghi”). Diciamo lo spunto per poter trattare il drago come amico degli umani ed essere votato al Bene. Quando presentai il progetto a Cabral gli parlai abbastanza del personaggio di Elkodyas e del mondo in cui sarebbe stato ambientato; a lui piacque molto, e così ottenni il permesso per impiegare le sue immagini all'interno dell'e-book. Molte delle sue tavole le ho messe letteralmente in fila, cercando di costruire visivamente, e per temi, una sorta di sequenza dinamica, nel pieno rapporto parola/suono; alla fine, mi sono servite per strutturare figurativamente alcune sezioni del viaggio intrapreso da Elkodyas, per esempio l'arrivo alla caverna di Azumennoxor così come l'attraversamento della Foresta di Smeraldo e l'enigma delle Pietre Aurokos.

Quali sono i dettagli che ritieni di aver curato maggiormente?

La struttura concettuale dell'opera, prima di tutto. Drak'kast sviluppa il concetto di incanto poetico, ossia tesse una relazione fra la poesia e la magia. Orodrast segue la figura del cantore di Tracia, Orfeo, e qui si manifesta nuovamente la mia passione per il mito: la sua diretta corresponsione a un fantasy che impiega un drago come protagonista. I greci definivano l'apathe, ossia l'illusione derivata dalla poesia (e nella fattispecie da quella tragica e dal teatro stesso), col nome di goeteia (magia, incantesimo). Quella stessa dimensione che ha caratterizzato il canto delle sirene e la formidabile capacità di Orfeo d'ammansire le bestie, di dare vita agli oggetti inanimati e di placare le tempeste. Orodrast è il suo alter ego.

Secondo poi, ho curato moltissimo i nomi dei luoghi e dei personaggi. Ho voluto che fossero pienamente uniformati al tessuto musicale del verso, in particolar modo le parole di comando dei diversi poteri detenuti da Orodrast.

Qual è stato il momento più difficile nella scrittura di Drak'kast?

Scriverne la prima strofa. È il momento più difficile per qualsiasi autore, mettere mano alla penna e cominciare. Superare il “timore panico” del foglio bianco, di una visione creativa che si perde nella ricchezza delle molteplici possibilità. L'ansia di affrontare un poema di milleseicento versi, sapendo che lungo il suo percorso tutto può cambiare, tutto può succedere al pari di una perigliosa avventura. Scrivere è un viaggio cieco nel proprio immaginario. A parte questo, sicuramente rendere pienamente la reattività e il carattere di Orodrast sfruttando pochi passaggi versificatori. Rispetto alle mie opere precedenti, Drak'kast non ha velleità epiche tipiche di un tale testo, e non è un testo di narrativa o un romanzo; ho puntato principalmente alla semplicità, risultando molto più fluido e descrittivo. In alcuni passaggi, con due o tre blocchi strofici ho detto tutto, sempre sapendolo leggere e apprezzandone le velate sfumature da lettore di poesia. Ho pensato a Drak'kast coma a una fiaba, e il suo rapporto concettuale con la narrativa lo avvicina più a una sorta di racconto breve. Per questo mi sono limitato a circa milleseicento versi contro i tremila del prossimo lavoro.

Qual è il tuo personaggio preferito all'interno del vasto mondo da te creato?

Il personaggio che preferisco in Drak'kast è sicuramente Alkaghyrre (Diz. Alcaghir), l'Unicorno dell'Aria, della stirpe Deleyr. Detentore di una grande conoscenza millenaria, e soprattutto saggio. Egli era un tempo un valente Guardiano della Foresta di Smeraldo, e noto fra i popoli silvani, soprattutto fra i Wynslick, i Biancacriniera, e gli elfi silvani dell'Ovest. Dal carattere forte e indomito, Alkagyrre è dotato di grandi poteri correlati al teletrasporto, molto più che dei suoi fratelli Unicorni. Dal vello grigio come la cenere e dal morbido manto, esso si erge con gran fierezza anche lungo i sentieri più accidentati, mantenendo sempre un'andatura da Re. Questo viene spiegato dalla grande capacità dei Deleyr di correre su superfici scoscese o dissestate come fossero piane, non subendo l'influenza di alcuna asperità; si dice addirittura che siano capaci di calpestare senza problemi finanche le ragnatele più ostiche. Ma la peculiarità di Alkagyrre è il suo corno acuminato, capace di sferzare persino le maggiori barriere di difesa magica. Proprio per tale motivo accompagna Orodrast al temibile Passo di Lame Azzurre (o Passo di Equorea).

Abbiamo trovato particolarmente interessante la lotta tra Elkodyas e il mitologico leone bianco Phoros-Karambras. Ti va di raccontarlo brevemente anche ai lettori dell'articolo?

È una parte che amo molto. Una volta giunto al Circolo delle Cinque Querce, Orodrast continua il suo viaggio con Ankyla delle Foglie, un valente ranger della foresta di Erneya, che gli farà da guida. Durante il tragitto che porterà Elkodyas all'entrata della tana di Azumennoxor, i nostri due eroi faranno la conoscenza di Phoros-Karambras, il leone albino di Erneya, detto “Il Biancacriniera”. La lotta che ne deriva vede in campo il ranger e la creatura stessa, in un continuo rapporto di due forze nate per salvaguardare la Natura. Cambiano gli approcci e i poteri impiegati, ma dalla descrizione si evincono quei precetti e ideali che alimentano la fede e la determinazione di un Guardiano e di un Ranger. Non dico però più di tanto sullo scontro. Qui Orodrast vacilla, e d'istinto cerca di uccidere subito il leone impiegando l'arco. Agli hadragnir, gli incantatori di draghi, viene insegnata in Accademia la via dell'Incanto come principio primo da usare nei confronti di una creatura draconica. Dispensare la morte a un drago è una gravissima contravvenzione alle leggi di Orodrel, anche se malvagio. Del resto, anche a un Drago malvagio è legata una conoscenza millenaria, e una volta estinto, tale conoscenza verrà perduta per sempre. Le altre creature fanno eccezione.

Lavorerai ad altre opere legate a Elkyodas e alle sue avventure?

Sì. È prevista la stesura di un'altra sua avventura, questa volta slegata completamente da Drak'kast. L'opera avrà per titolo “Orodrast e Il Cimitero dei Draghi” e descriverà il viaggio intrapreso dall'incantatore di draghi presso la catena montuosa del Nynivar, alla ricerca di una gemma del fuoco (kolondyrion).

Prima hai detto di aver tratto ispirazione da altri campi, primo fra tutti quello musicale. Cosa pensi di questa sinergia tra romanzo e musica?

Ti rispenderò con un'unica affermazione: la sinergia che ne deriva “è un po' come avviene nelle colonne sonore dei film quando il climax va crescendo e la musica si trasforma in immagine visiva, accompagna il protagonista, diviene partecipe del suo agire. Ma in poesia, tale armonia si snoda lungo tutto l'asse strofico, preparando quel terreno fertile su cui il poeta comporrà la sua mirabile melodia; egli cementa ogni singolo verso con l'unica malta che conosce, ovvero quella dell'ispirazione poetica. La tensione che viene creata dalla musica fa da collante nei confronti di ogni singola parola, le tiene unite in una perenne vibrazione, quella della propria anima poetica. Non solo l'epica è solenne ma si piega al volere dell'oidos, del canto che si veste di forza cosmica, d'un canto che incarna i presupposti di una musica orfica. Il senso della seduzione tramite l'in-canto, il poeta opera come le sirene, ammalia il lettore perché esso naufraghi verso lo scoglio, pronto a infrangersi contro l'enigma della poesia stessa, ed egli soltanto sarà capace di superare la difficoltà che cela quell'insieme di versi, non saturando le proprie orecchie con la cera, ma col coraggio di udire a mente aperta ciò che al contrario lo renderà consapevole d'un sapere superiore”. In questo stesso rapporto tra testo e musica, prenderei proprio come esempio il poema sinfonico di Liszt e Wagner.

So che adori in particolare la musica power/epic/folk e gothic metal. Cosa puoi dirci in proposito? Perché proprio questo genere?

Seguivo già da tempo il power metal con gli Helloween e gli Angra, poi grazie al mio amico Giovanni Santini (ex chitarrista dei Thy Majestie) ho conosciuto i Rhapsody, e lì mi sono pienamente innamorato del genere, in particolar modo del loro stile epico. Di altri gruppi avevo già apprezzato il concept che stava alla base delle loro opere, per esempio "Nightfall in Middle Earth” dei Blind Guardian. Ma con gli ultimi album dei Rhapsody, "Symphony of Enchanted Lands 2" e "Triumph or Agony", mi sono molto avvicinato all'idea di un filone tematico unico che partisse dal primo verso fino all'ultimo attraversando diverse sezioni, rispetto a prima che seguivo lo stesso metodo ma con testi separati.

Questo genere, proprio perché lo considero la forma più vicina alla poesia epica; del resto anche Drak'kast segue la stessa impostazione del canto.

Hai già qualche idea per il tuo prossimo lavoro? Nuove opere in cantiere?

Vi sto già lavorando. La prossima opera è Syrinx - Alla ricerca del Flauto di Pan, prevista per Gennaio 2010. Un'opera poetica, molto profonda, che attraversa una lunga serie di tematiche legate al bosco, quale privilegiata dimensione ispirativa per l'artista. Il tutto si sviluppa attraverso le avventure che coinvolgono non solo Pan, il dio dei boschi, protagonista di Syrinx ma anche della sua ninfa Elefenore e del proprio amato, Teodamante. Essa è anche una storia d'amore e nello stesso tempo un poema dalle forti tinte epiche e altresì tragiche, soprattutto nella quarta sezione intitolata “L'ira di Artemide”. Il progetto finale prevede circa tremila versi. Questo lavoro mi sta molto a cuore soprattutto per il suo legame con un luogo reale: il Bosco della Giretta. Trasferitomi a Settimo Milanese, ho iniziato ad apprezzare tale bosco, proprio vicino casa mia, per la sua bellezza, la sua silenziosità, il suo lago solitario cinto da un cancello di legno, e le sue creature. Armato di taccuino e penna, ho proceduto con una serie di percorsi, di idealizzazioni poetiche lungo i suoi sentieri, attraverso i suoi celati misteri. Ho immaginato sulle sponde di quel lago la consumazione di amori ninfali, di scontri fra divinità e arroganti eroi mortali, ma anche momenti di grande solennità, nell'immaginare Pan disteso sull'erba, mentre racconta storie leggendarie alle ninfe lì convenute, operando altresì una narrazione nella narrazione.

Abbiamo ormai intuito che sei un fiero sostenitore della forma poetica. Come vedi l'evoluzione del genere fantasy/epico dalle produzioni classiche a quelle moderne?

Tralasciando il periodo classico, che vede Omero come auctor del genere epico e a seguire tutti gli altri, Virgilio, Tasso, Ariosto, Lönnrot e altri, l'epica e il fantasy si sono evoluti attraverso il filone narrativo attingendo sì dal passato ma anche coniando nuove forme e nuove sfumature che rendono questo genere, un genere sempre attuale. Del resto, diverse sono le sperimentazioni che ogni autore immette nel proprio operato, e non parlo solo di personaggi ma soprattutto di contesti. Il genere epico classico è una situazione che abbiamo perduto per sempre, perché è cambiato totalmente l'aspetto della società, delle civiltà, gli ideali, non si può pensare di ritornare ai tempi dei greci o del Beowulf, ma principalmente operarne un recupero per poi filtrarlo attraverso l'ottica moderna. Perché le opere epiche del passato sono sempre attuali. Molti sono i topoi e i luoghi comuni che vengono continuamente impiegati nella stesura di un libro fantasy, ma non per questo essi risultano mere copie di format precedenti; l'importante è il punto di vista e una visione originale di quell'elemento stesso, rimodulato nelle sue dirette possibilità narrative e contenutistiche. Siamo pur sempre schiavi del passato, ma spetta a noi romperne le catene per una maggiore libertà compositiva, in un atto di ribellione intellettuale, una giusta e misurata rivalsa nei confronti di ciò che ci ha preceduto. In questa nostra modernità, manca una vera e genuina dimensione eroica.

Grazie infinite per la tua disponibilità, Fabrizio! Per chi è interessato all'opera in formato E-book, è scaricabile gratuitamente presso il sito personale dell'autore www.achilleion.sitiwebs.com al link diretto http://www.achilleion.sitiwebs.com/page48.php
 
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