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Iveonte

1-KRON E LOCUS, GLI DÈI CONSIDERATI I PILASTRI DELL'UNIVERSO



A spartirsi l'impero di Kosmos, ossia dell'universo, fin dalla sua creazione, c'erano Kron e Locus. Il primo era il dominatore del tempo, mentre il secondo aveva il dominio dello spazio. Si trattava di due entità soprannaturali, ciascuna delle quali aveva un proprio regno; ma s'ignorava ciò che c'era stato prima di loro, come pure nulla si sapeva circa la loro esatta provenienza. Le uniche cose certe, che si conoscevano dell'uno e dell'altro, erano le seguenti: entrambi possedevano l'immortalità e rappresentavano i pilastri di tutta la realtà fisica e temporale di Kosmos. Se essi fossero venuti meno, si poteva dire addio all'universo e alle miriadi di galassie che ne facevano parte. All'istante, il nulla sarebbe subentrato ad esso ed avrebbe cominciato ad imperare nel vuoto assoluto. I rapporti tra le due entità sopratemporali erano tali che non ce ne potevano essere dei migliori; non era possibile nemmeno immaginarli. Del resto, le cose dovevano andare per forza in quel modo tra di loro, essendo esse sottoposte ad una rigida relazione d'interdipendenza. In base alla quale, era impossibile immaginarle avulse l'una dall'altra, siccome l'esistenza delle medesime si basava sull’indissolubilità del loro connubio. Tentare di separare le due divinità era come privarle dell'esistenza stessa, non potendo l'una esistere senza l'altra, e viceversa. Su quella loro inscindibilità, era sopravvissuta una leggenda dei Kloustiani, la più antica delle popolazioni galattiche. Essi vivevano su Kloust, il pianeta solitario orbitante intorno a Tramor che era la più centrale delle stelle appartenenti a Priman, la galassia numero uno dell'universo in riferimento sia alla sua grandezza sia alla sua età. In verità, la citata leggenda non parlava esclusivamente di Kron e di Locus; bensì cercava anche di spiegare antropomorficamente come aveva avuto origine Kosmos per opera di entità soprasensibili, denominate dèi. Ebbene, sempre secondo essa, all'inizio, quando non esistevano in nessuna parte alcuna cosa ed alcun essere vivente, c'erano solo Luxan e Tenebrun. Il primo era la dimora degli dèi; mentre il secondo rappresentava la sua parte esterna ed equivaleva alla realtà del nulla.



A questo punto, noi evitiamo di addentrarci nei sentieri della citata leggenda cosmogonica e riprendiamo la nostra storia appena iniziata, cercando di capire qual era la reale situazione che si presentava nel regno del soprasensibile e del sopratemporale, prima ancora che fosse creato Kosmos. Cominciamo col precisare che Luxan, ossia il Regno della Luce, non si presentava come un unico luogo, dove tutte le divinità benefiche conducevano vita in comune. In esso, la dimora di Splendor, cioè la somma divinità che aveva dato origine a tutte le altre, era Beatitudo; invece la parte abitata da tutti gli altri dèi era chiamata Empireo. Questo, a sua volta, era suddiviso in due Semiempirei, ossia quello di Kron e quello di Locus: tra l'uno e l'altro c’era una zona neutrale, chiamata Intersereno, che era una sorta di oasi della tranquillità e della serenità, dove le varie divinità si conducevano quando si sentivano vittime di qualche depressione o di qualche contrarietà. All’origine, in ogni Semiempireo c'erano state una divinità eccelsa e un'altra somma. In quello dell’eccelso Locus, la divinità somma era Lux, la dea della luce; mentre, in quello dell’eccelso Kron, la divinità somma era Buziur, il dio dell'orgoglio. In seguito, quest'ultimo ne era stato espulso da Splendor per non aver voluto sottomettersi al dio Kron e per avergli risposto qualcosa del genere ad un suo rimprovero: "Io, che non mi piego neppure davanti a Splendor, figùrati se mi sottometto a te!" In quel medesimo istante, Splendor aveva provveduto a farlo ritrovare in Tenebrun che era il Regno delle Tenebre. Lì egli aveva voluto assumere il titolo d’Imperatore delle Tenebre ed aveva cominciato ad esserne molto fiero.



Sopra Luxan, regno della realtà spirituale, dominava Splendor. Da lui, come già si è accennato, era provenuta tutta la moltitudine degli dèi e delle dee, che perciò gli dovevano rispetto ed obbedienza. Nonostante il dominio esercitato su di loro, Splendor non avrebbe potuto annientare le altre divinità, se egli avesse voluto esprimersi in tal senso. La sua impotenza, limitata a quel caso particolare, gli derivava dal fatto che le entità astratte in questione, risultando costituite della sua stessa essenza divina, si presentavano indistruttibili ed immortali quanto il loro creatore. Il suo dominio, però, era da ritenersi assoluto, se le si consideravano in rapporto sia al luogo formato da Luxan sia alla realtà che lo rappresentava. Per cui non era preclusa a Splendor la possibilità d'infliggere delle punizioni esemplari alle divinità che si comportavano male nei suoi confronti. In questo caso, ci si riferiva a gravi mancanze, come la ribellione alla sua autorità e la violazione della sua legge cardine, cioè quella che riguardava il bene e la giustizia. Le punizioni a cui ricorreva Splendor erano di grado diverso, a seconda della gravità della mancanza commessa da una divinità. La massima pena era quella che prevedeva la cacciata da Luxan di chi veniva a trovarsi in grave difetto. Essa, che era da considerarsi definitiva, era prevista per le divinità, le quali commettevano atti di ribellione verso di lui o trasgredivano la sua legge cardine. Allora Splendor costringeva i colpevoli a vivere nel buio cieco di Tenebrun e non li faceva più fruire della beatitudine esistente su Luxan. Con tale provvedimento, come ci si può rendere conto, i trasgressori erano condannati alla cecità e allo squallore perpetui. L’una e l’altro diventavano le uniche cose certe che essi potevano attendersi da un simile luogo, il quale, per questo motivo, si presentava mortificante e seppellitore d’ogni realtà. Prima ancora che venisse creato Kosmos, erano già innumerevoli le divinità a cui era stata inflitta una pena così terribile. Perciò ora esse se ne andavano errabonde per le cupe contrade di Tenebrun, dove stavano trascorrendo un'esistenza senza luce, nonché svuotata di gioia e di piacere. Tali luoghi erano battuti soltanto dalla loro forsennata disperazione e dalla loro ricerca rabbiosa, perché le divinità punite non trovavano mai ciò che desideravano. Esse speravano di contattare un diverso modo di essere che potesse dare un senso alla loro esistenza, la quale risultava privata di ogni cosa concreta.



Ritornando alle divinità buone e giuste di Luxan, dopo un periodo abbastanza considerevole dalla loro creazione, esse smisero di mostrarsi pienamente paghe della loro esistenza spirituale. Trovandola monotona e terribilmente noiosa sotto alcuni aspetti, le medesime pensarono di rivolgersi con il dovuto rispetto al sommo Splendor. Perciò decisero di pregarlo perché intervenisse a rendere la loro vita, che ormai consideravano passiva ed oziosa, più attiva, più interessante e più avventurosa. Ad essere più chiari, le divinità positive la volevano permeata di un qualcosa a cui neppure esse sapevano ancora dare la definizione esatta. A tale scopo, esse nominarono loro portavoce Elson, dio dell'eloquenza, che si presentava il più facondo, il più intraprendente e il più diplomatico fra tutte loro. Egli, quando gli fu al cospetto, parlò in questo modo a chi era stato il capostipite della loro schiatta:



“Altissimo nostro progenitore, sono venuto a parlarti a nome di tutte le divinità rette che non cessano mai di esprimerti la loro riconoscenza. Mi riferisco a quelle che, come me, ti osannano e ti ringraziano in eterno per l'amore paterno che hai sempre elargito a loro. Tuttora ce lo vai ancora dispensando con magnanimo altruismo. Sicuri della tua comprensione, abbiamo ritenuto un atto lecito far nascere in noi un pio desiderio, dalle intenzioni puramente generose ed altruistiche. Così, dopo che esso è sorto in noi, ci siamo precipitati a rendertene partecipe. Ma ti assicuriamo che il nostro desiderio non vuole essere per nulla un affronto o un atto di ribellione nei tuoi confronti. Devi convincerti che, se ti renderai disponibile ad appagarlo, cosa di cui non disperiamo, in un certo senso, esso muterà solo il nostro modo di condurre l'esistenza. Per cui il medesimo non potrà intaccare per niente gli eccellenti rapporti che ci sono fra di noi; tenendoci di più in contatto, li ravviverà e li renderà più solidi. Quanto al nostro desiderio, esso è il seguente: se tu fossi d'accordo, vorremmo renderci utili ad esseri di natura inferiore, purché si dimostrino giusti e buoni. Vorremmo essere partecipi delle loro sventure, oltre che cercare di aiutarli nella misura e nei modi che tu stesso dovresti decretare, ai quali noi ci atterremmo alla lettera. Non ci lamenteremmo, se, dalla nostra nuova esistenza supplementare, dovessero derivarci dei gravi disagi, come la perdita dell'attuale serenità e la rinuncia ad ogni beneficio proveniente dalla nostra vita sull’Empireo. Lo sai anche tu che, nelle varie circostanze che a te ricorreremmo per consigli od aiuto, noi ci rifaremmo di tutto il bene non fruito durante la nostra assenza da Luxan. A parte queste cose, c’è in noi la certezza che l'esserci prodigati per tali esseri bisognosi e l'avere acceso in loro la scintilla della gioia ci ripagherebbero ampiamente. Ci sarebbe in noi la gratificante soddisfazione di essere stati i veri protagonisti della conversione di un loro dramma o di una loro tragedia in un fausto evento. Infine, nei nostri protetti beneficiati, si avrebbe la prima percezione del senso divino e di quello religioso. Essi se ne renderebbero finalmente conto e comincerebbero a coltivarli. Nel medesimo tempo, si leverebbe dai loro cuori, quale atto di riconoscenza e di gratitudine, un sincero ringraziamento, manifestandoci sia il loro timore sia la loro venerazione. Se vogliamo essere obiettivi, chi, se non il Padre di tutti gli dèi, ne trarrebbe il maggior vantaggio dalla loro accesa devozione? Solo a te andrebbero tripudiati i più grandi onori, sarebbero sacrificate le bestie migliori e sarebbero dedicate le località più rinomate.



Altissimo Splendor, principalmente per questo motivo, è venuto a nascere in noi il desiderio che ti abbiamo manifestato. Perciò, se deciderai di prenderlo in seria considerazione, ti preghiamo di valutarlo nel suo fine primario che sarebbe quello di estendere la tua potenza e la tua gloria anche oltre i confini di Luxan. Le quali, a nostro avviso, dovrebbero avere alta risonanza anche tra gli esseri forniti di una natura inferiore alla nostra, vale a dire deteriorabile e destinata a perire. Entrambe dovrebbero trionfare in particolar modo tra quelli che dimostrassero di possedere un'anima capace di cullare i sentimenti più nobili ed incline ad aspirare alle virtù superiori. Naturalmente, ammesso che in te ci sarà la propensione ad esaudire il nostro desiderio, vorrai farci presente che esseri del genere si potranno creare soltanto in Tenebrun. Il quale è il luogo, dove sono stati relegate per punizione quelle divinità che ti si sono ribellate o che ti hanno disubbidito. Ebbene, noi già siamo coscienti che unicamente in questo modo potrà essere appagato il nostro desiderio. Quindi, se deciderai di accontentarci, ti preghiamo di non farti scrupolo alcuno nella scelta del luogo, in cui dovrà esserci la dimora delle nuove creature. Oramai sappiamo che la loro natura non potrà che dimostrarsi menomata, se paragonata alla nostra, in quanto essa sarà corporea e materiale, contingente e caduca.”



Splendor, ascoltando Elson, all'inizio si corrucciò un poco. Poi, ravvisate nelle parole del dio le buone intenzioni delle sue divinità predilette, ritornò a rasserenarsi nel volto. Così, dopo avere ascoltato il discorso del facondo dio, egli gli diede la seguente risposta:



“Ebbene, sia! Sarete accontentati perché non voglio che mi si venga a dire che sono un padre tiranno e prepotente! A ben rifletterci, nel vostro desiderio non scorgo alcuna trasgressione della legge cardine. Vi vedo solamente una forte volontà di operare del bene a favore di esseri materiali. I quali di sicuro non avranno vita facile nel mondo che dovrò ancora creare per loro! Perciò, Elson, ritornatene dalle altre divinità ed annuncia a loro che sono disposto ad appagare il vostro desiderio. Quanto al luogo, in cui mi sarà possibile creare la dimora dei vostri futuri protetti, riferisci alle stesse che avete visto giusto perché un progetto del genere potrà essere realizzato unicamente in Tenebrun. Dunque, fin da questo momento, sappiate che anche voi, come i vostri protetti, avrete una vita travagliata nel nuovo mondo, siccome in esso vi troverete a competere con le divinità ingiuste e maligne. Le quali, logicamente, pretenderanno il culto dagli stessi esseri mortali che io creerò per voi. Esse faranno di tutto per attirarli dalla loro parte e non avranno riguardo di nessuno, pur di raggiungere il loro scopo malvagio.”



Fu questo il motivo che spinse Splendor a creare Kosmos. Egli assegnò poi il dominio del tempo al dio Kron e quello dello spazio al dio Locus. In tal modo, li fece diventare le due divinità più importanti dell'intera realtà fisica da lui creata. Dopo che i divini gemelli Kron e Locus ebbero preso il controllo di Kosmos, pur restando nell'Empireo, una moltitudine di divinità benefiche, tra quelle maggiori e minori, cominciarono a popolarlo. Esse erano state già precedute in quel luogo dalle divinità malefiche, intenzionate ad occuparne una parte. Così, in un clima di rivalità, le une e le altre divinità si diedero a pullularvi a migliaia, divenendo protettrici di alcuni luoghi, facendoseli dedicare e rendendoli sacri. In seguito, con l’avvento dell’uomo in Kosmos, le stesse divinità iniziarono a proteggere anche tutte le attività e le passioni umane.



Ora, prima di passare ad approfondire Kosmos e l'arrivo in esso delle divinità positive e negative, bisogna spendere un po' di tempo per parlare dell'Abisso dell'Oblio che era sempre esistito in Luxan. Bisogna cercare di conoscere meglio la sua funzione e di comprendere, nello stesso tempo, perché vi era stato voluto da Splendor. Ebbene, l’Abisso dell’Oblio era un tunnel che conduceva dritto ad Inesist. Questo rappresentava il regno dove nulla poteva esistere, neppure ciò che era di natura spirituale. Tale particolarità lo faceva differenziare da Tenebrun, il cui niente era riferito alla sola materia. In Inesist, però, ciò che era spirituale, non potendo essere distrutto, era solamente privato della cognizione di sé e della propria libera espressione. Se una divinità si buttava volontariamente nell’Abisso dell’Oblio, finiva per essere sopraffatta dalla dimenticanza di sé stessa. In pratica, vi moriva con tutti i suoi pensieri e i suoi ricordi, perdendo così la capacità di esprimersi in qualche modo, sia in pensieri sia in azioni. Ovviamente, un essere divino, incapace di sentirsi esistente e di vedersi come pensante, privo perfino della facoltà di ricordare, poteva soltanto essere considerato avulso da un’esistenza effettiva, praticamente dimentico del proprio essere ed incapace di esprimersi in qualche modo.



Vista la funzione dell'Abisso dell'Oblio, è opportuno pure capire perché mai Splendor aveva voluto che esso ci fosse in Luxan. Egli aveva forse previsto che il luogo dove esso conduceva, ossia Inesist, sarebbe stato utile a qualche divinità? Possibile che qualcuna di loro poteva rivelarsi così stupida da desiderare il proprio annientamento, almeno a livello di coscienza? Se l'onnipotente Splendor lo aveva previsto, ciò significava che qualcosa del genere si sarebbe potuto avverare in avvenire. Quindi, non era improbabile che qualche divinità di Luxan potesse sentirsi nauseata della sua stessa essenza, dopo esservi sopravvenuta una specie di deterioramento e di sgretolamento della divinità. In quel caso, però, bisognava ritenere che già si fosse avuto da parte sua un distacco sempre più pronunciato dalla realtà, in cui si trovava ad esistere e ad operare. Quindi, con la progressiva frammentazione delle basi costitutive della sua essenza e del suo io esistenziale, si producevano anche delle discordanze nel comportamento della medesima, nella sua affettività e nella sua relazione con gli altri. Un fatto del genere conduceva la divinità ad una completa sfiducia in sé stessa. La quale si accompagnava quasi sempre ad una forte volontà di non essere più, di annullarsi come entità esistente e pensante, di essere soprattutto libera di non volere più alcuna cosa e di estraniarsi dal tutto. Così facendo, essa si alleggeriva perfino del noioso pensiero di non dover far nulla. Ma c'era un solo modo per ottenere la libertà di non esistere e di non volere, cioè quello di buttarsi spontaneamente nell'Abisso dell'Oblio e pervenire ad Inesist. In quel luogo dell’inesistenza, in un solo istante, le venivano meno per sempre l'angosciante idea di vivere e l'affannosa preoccupazione di essere costretta a fare qualcosa pure in modo passivo ed abulico.



Riguardo ad Inesist, bisogna ancora precisare che esso accettava unicamente le divinità che vi giungevano con un atto volontario. Invece le altre, cioè quelle che vi pervenivano solo perché erano state spinte con la forza nell'Abisso dell'Oblio, erano automaticamente ributtate all'esterno. La volontarietà dell'atto era riferita soltanto all'ingresso della divinità nella voragine, indipendentemente da se essa fosse cosciente o meno che per quel luogo ci si avviava ad Inesist. Anche il suo ripensamento, giunto all'ultimo momento, cioè durante la precipitosa caduta, si dimostrava inefficace e non più accoglibile da parte di chi era preposto a quell'ingrato compito. Quindi, ritrovarsi ad essere vittima di un inganno mentre vi si buttava di propria iniziativa, non assolveva la divinità dal suo gesto incosciente. Per questo motivo, essa doveva essere considerata lo stesso irrimediabilmente sacrificata e perduta per sempre.




Titolo: Iveonte
Categoria: Racconti FantasyItalia
Autore: Iveonte
Aggiunto: December 28th 2008
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