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La stella di eorlnem

La stella di Eorlnem


Accadde in un mondo disperso nel cosmo e in un tempo che non è il nostro.
Questa è la storia di un popolo che per poter sconfiggere una maledizione, che tormentava un altro popolo, dovette accettare la sua fine.

Il regno dell'ombra

capitolo 1 ... La maledizione di Dunion
capitolo 2 ... La regione dei fenicotteri
capitolo 3 ... Lo sterminio dei magnon
capitolo 4 ... Fuga da ovest
capitolo 5 ... La stella viene rubata
capitolo 6 ... Il sacrificio degli elfi

L'era dei vulcani è quasi giunta al termine; le acque salate dividono le terre in quattro enormi continenti; uno di questi è abbastanza prospero.
Vi è una regione in questo continente che viene chiamata savana. La savana si trova al nord, oltre le terre morte; è piena di animali e frutti di ogni varietà ; vi è anche un lago che abbonda di pesci di varie specie e misure.

Tre razze umane giungono al nord, dalle terre morte, in cerca di una regione che abbia cibo in abbondanza:
Gli elfi, una razza che raramente si nutre di carne, è un popolo pacifico; studiosi dei misteri della natura e della vita, essi conoscono la magia; non essendo un popolo bellicoso non hanno molte armi con loro.
I magnon, una razza di predatori, anche di bestie molto grosse e selvagge; sono forti e abili combattenti; conoscono le armi; è un popolo di conquistatori e invasori; hanno sviluppato anche l'agricoltura.
Le onee, una razza di umani molto misteriosa; amano vivere nelle zone boschive; anche loro hanno profonde conoscenze della natura e della magia oltre che della medicina; amano anche la musica e il loro strumento preferito è il flauto, ma per loro questo strumento è espressione di qualcos'altro, qualcosa che sa di magico, non solo di musica.


Capitolo primo

La maledizione di Dunion

Anno 300, dopo l'era dei vulcani.

Le luci dell'alba illuminano le acque del lago. Sul lato ovest del lago, un popolo di elfi si dirige a piedi verso la foresta del nord, per raggiungere il resto della popolazione.
La zona boschiva alla loro sinistra è stranamente molto silenziosa; Dunion si attende un agguato da Keno. Keno, sovrano dei magnon, non è ospitale con gli altri popoli, e non permette a nessuno di recarsi sulle sue terre, nemmeno per attraversarle.
«Tenetevi pronti: Tu Darnka, dopo il primo tiro di frecce attacca dal basso, e tu Durhan attacca da nord, noi attaccheremo dal centro.»

Ordina Keno, nascosto nella zona boschiva a cavallo dei mustang. Gli elfi, essendo un popolo pacifico, non hanno mai avuto la necessità di avere un esercito; questa volta, forse, sarebbe stato meglio per loro se lo avessero avuto.
«Ora!» Keno ordina di attaccare gli elfi. Uno stormo di frecce sul fianco sinistro della carovana degli elfi è il segnale che attendevano gli altri due; Darnka e Durhan. Non dura molto l'agguato contro gli elfi; vengono sterminati; anche i bimbi vengono uccisi.

Dunion, sovrano degli elfi, non cade subito; i magnon lo circondano e Keno si avvicina con aria soddisfatta, ma Keno non conosce bene gli elfi.
Dunion, nel vedere il suo popolo sterminato, s'accese d'ira come mai aveva fatto e come mai, un elfo, avrebbe fatto; un elfo che ama la vita e la pace. Dunion, nella sua ira contro i magnon, disse:
«Io, Dunion, invoco tutte le forze del cielo, della terra e dell'abisso. Io maledico te Keno alla vita eterna, e ti condanno ad essere per sempre la mano della morte della tua stessa gente.»

Keno, nonostante Dunion stesse morendo, afferra la spada e gli taglia la testa; poi ordina di saccheggiare i cadaveri. Keno è anche avido di oggetti e pietre che luccicano. La testa di Dunion, caduta a terra, apre gli occhi e parla ancora:
«Tu sarai una piaga per il tuo popolo... in eterno non avrai pace... finché un solo elfo vivrà.»

«Bruciateli! Bruciate i cadaveri!» Ordina Keno, spronando il mustang verso il bosco. Keno è un po scosso. Dopo aver dato fuoco scappano tutti a ovest, oltre il bosco. Non passa molto tempo, e Keno vuole attaccare anche gli elfi che vivono nella foresta del nord. Gli elfi, venuto a saperlo, abbandonano la foresta del nord per andare a est, dove vivono le onee, attraversando la foresta dell'est, che in futuro sarà chiamata la foresta dei diamanti.

Dopo qualche anno, Keno si ammala e nessuna cura sembra alleviare il suo dolore. Dentro di se, Keno, intuisce che il suo male è dovuto alla maledizione lanciata da Dunion; l'ostilità verso gli elfi cresce ancora.
Keno, non potendo raggiungere gli elfi per vendicarsi del suo male, scatena la sua ira sul suo stesso popolo, imponendo leggi e doveri; tormentandoli fino a costringerli alla rivolta.

Il popolo si ribella; aggredisce Keno e i suoi seguaci più fedeli; il popolo ha la meglio sulle guardie di Keno, e dopo che le hanno sconfitte o costrette alla fuga si avventano su Keno, legandolo per i piedi e facendolo trascinare da un cavallo, finché non muore. Prima di morire, Keno, riesce a dire qualcosa, balbettando, contro il suo popolo:
«Tornerò, bestie selvagge... non avrò pietà ... non avrò pace... finché un solo magnon vivrà.»

Il corpo di Keno viene bruciato e gettato sulle acque del fiume, che scende dalle montagne bianche. I resti bruciati di Keno e gettati nelle acque del fiume, fanno ribollire l'acqua e inscurire il fiume; dopo tre giorni, tutto torna normale. Passano altri anni, e Keno viene scordato.

Il popolo dei magnon col passare delle generazioni perfeziona l'arte della coltivazione, della caccia e della pesca; dimenticandosi le armi e le battaglie. Passano più di mille anni, e i magnon sono ora una popolazione molto numerosa; essi vivono nelle quattro regioni dell'ovest in molte fattorie sparse ovunque; hanno completamente dimenticato le guerre e ora vivono solamente di coltivazioni, caccia, pesca e allevamento.


Capitolo secondo

La regione dei fenicotteri

Anno 1600, dopo l'era dei vulcani.

Oggi è un bel giorno di primavera; siamo nella bellissima regione dei fenicotteri; le farfalle con i loro colori si confondono con i fiori dei prati. Il fiume scorre tranquillo ora, sembra che si riposi dalle piene invernali. I bimbi giocano, come sempre, a rincorrersi all'infinito.
«Dai Anet, ora devi seguirmi tu, prendimi se ti riesce. Non ci riesci, lalla lalalla, non ci riesci.»
«E invece ci riesco, vedrai che ti prendo.» Così, per ore, i bimbi giocano senza sosta.

Il fiume gorgheggia tranquillo ora, e il rumore dell'acqua si fa appena sentire. Pian piano il rumore dell'acqua si sente sempre di più, mentre i bimbi giocano ancora. Ora le acque assumono anche un colore più scuro, anche i bimbi lo notano; incuriositi, si avvicinano alle sponde per vedere.
«Guarda! Sembra nero, Raul vieni a vedere.»
«Perché è diventato brutto? Non è mica buio adesso.» Dissero i bimbi commentando e chiedendosi cosa poteva essere. Il fiume ora è diventato molto scuro, incute paura e i bimbi indietreggiano.

Lentamente, l'acqua scura scorre a valle, verso il lago, mentre il fiume ritorna al solito colore cristallino. I bimbi ora si calmano e tornano ai loro giochi, con la loro consueta vivacità ed allegria.
«Se ne andato; dai corriamo di là.»
«Vince chi arriva prima.» Dissero i bimbi.

Più a valle, il fiume si immerge nel lago dei fenicotteri. Attorno al lago: una distesa di fiori lo fiancheggia alla sua sinistra, mentre sull'altra sponda; una distesa di alberi di salici piangente ombreggia sulla riva. Il cinguettio degli uccelli, che vi sono posati, rendono l'atmosfera fragorosa e piena di vita.

Ora il lago è limpido e argentato; il sole vi si specchia giocando coi colori; le nuvole, sembra vogliano osservarsi, mentre compongono le loro figure nel cielo, dove le rondini volteggiano a gran velocità. E' presto ancora per il crepuscolo, e il giorno ha ancora il suo da fare.

Il lago, ora, sembra iniziare a trascurare la vita che gli volteggia attorno, ed assume un aspetto e un tono che non è consueto per la stagione che si appresta a sorgere; egli non sembra rispondere alla stagione che avanza. La luce del sole inizia a non essere più riflessa dal lago, che ora ha un aspetto decisamente poco gradevole.

I pesci che vi sono si raggruppano sulla riva, sembra che scappino da qualcosa; anche gli insetti che vi svolazzavano si sono allontanati. Lentamente, sulla superficie del lago, le onde increspate iniziano ad attenuarsi e le acque a raffreddarsi, sino ad arrivare alla formazione di un grosso spessore di ghiaccio; continua così, finché il lago non è completamente congelato, e fino a una profondità di una decina di piedi.

Che insolita stagione; tutti quelli che sono nelle vicinanze corrono verso le sue sponde, incuriositi e perplessi. I pesci, ora intrappolati sul ghiaccio, oramai sono senza vita, e i fiori che costeggiano la riva hanno perso i loro colori; anche i salici perdono lentamente le loro foglie, e i rami il loro verde vivo.
«Che succede?» Si chiedono i primi che sono giunti ad osservare. «Non è normale! siamo in primavera! e anche la giornata è ancora calda!»

Lentamente, dalla superficie gelata del lago, sale una nube di vapore impedendo la visuale; il lago ora è del tutto inaccessibile. I contadini devono fronteggiare le acque del fiume, che non potendosi tuffare nel lago, devia percorso, inondando un po ovunque; gli abitanti si danno da fare per ridurre i danni e salvare ciò che è possibile:
«Dobbiamo deviarlo da qui, altrimenti andrà a finire nella fattoria di Jessi.» Disse uno. «Non è possibile da qui, la corrente è troppo forte, dobbiamo sacrificare la fattoria.» Rispose un altro.

Stupiti e confusi, i contadini s'affrettano per arginare il fiume verso il nuovo percorso; per tutta la sera e anche la notte, lavorano senza sosta, fino al giorno dopo. Nel frattempo, la notizia inizia a spargersi su tutto il territorio; arrivano aiuti da tutte le fattorie vicine; arrivano anche molti curiosi, per vedere in quali condizioni è il lago dei fenicotteri.
Passano molti giorni, e i lavori per arginare il fiume sono conclusi. Intanto la notizia si è divulgata su tutta la regione, e molti sono coloro che per curiosità o per studi, si sono accampati vicino al lago dei fenicotteri.
Alcuni di loro sono alchimisti, venuti da altre regioni; altri invece sono veggenti e guardiani, essi osservano che nessuno, con la loro conoscenza magica, possa padroneggiare nella regione, imponendo il proprio volere ai danni della libertà e della vita tranquilla dei suoi abitanti.

«Ser Sigor, siete voi?»
«Chi mi conosce... da queste parti?» Disse Sigor, voltandosi.
«Ho sentito parlare di Voi, Signore.» Rispose.
«E voi chi sareste?» Chiese Sigor.
«Io sono uno studente della scuola del tuono.» Rispose ancora lo sconosciuto.
«E... in questa scuola... non vi hanno insegnato le buone maniere?» Chiese ancora Sigor.
«Che maniere? Non credo di essere stato riprovevole, Signore!» Rispose lo sconosciuto.
«E allora, come vi chiamate?» Chiese Sigor.
«Oh! Scusate, ero così... per ciò che volevo chiedere, insomma... Rody, il mio nome è Rody Signore.» Rispose Rody.
«Che cosa volevate chiedere? Cosa vuole sapere, uno che viene dalla scuola del tuono?» Chiese Sigor, con un tono poco gradevole.
«Si... lo so... voi non simpatizzate con quella scuola per via delle dicerie...» Disse Rody.
«Dicerie? le chiamate così, Voi, l'insegnamento dell'occulto al popolo?» Ribatté Sigor.
«Si è vero... l'occulto non andrebbe insegnato così ma...» Disse Rody, ma Sigor lo interruppe.
«Allora perché studiate in quella scuola?» Detto questo, Sigor, si allontana rapidamente dal giovane, lasciandolo alla sua curiosità .

La folla dei curiosi, mischiatasi agli esperti, discute su cosa possa essere accaduto al lago:
«Secondo me» disse uno «è la magia di qualche incosciente che non sa che fare; in fondo ci sono molte scuole che insegnano ai ragazzi; non bisognerebbe insegnare a studenti troppo giovani.» «Forse è qualcuno» disse un altro «che ha lanciato un incantesimo, e poi ha perso il controllo della sua magia.»

Ma il lago dei fenicotteri non era in balìa di un semplice evento o di uno stregone da quattro soldi, egli sembrava anche capire i discorsi che si facevano attorno. Ora; il vapore che si era posato sulla superficie del lago incomincia a innalzarsi, richiamando l'attenzione dei presenti.

«Guardate! Il vapore sembra andare via.»
«Si e vero! si solleva dal lago.»

Il vapore, sollevatosi fino ad una altezza di un centinaio di piedi, inizia a ruotare su se stesso, attirando a sé le nuvole che vi sono attorno; diventando sempre più scuro e minaccioso, oltre che più grande e più esteso.
Sigor, sembra capire cosa stia per accadere e istintivamente si allontana, imitato da quelli che gli sono più vicino. Il vortice diventa enorme, tanto da oscurare tutte le fattorie attorno.
Lentamente, ma di velocità sempre crescente, inizia a scendere la pioggia, costringendo tutti i presenti a rifugiarsi ovunque vi sia un riparo. Piove per tutta la giornata, sempre e soltanto nello stesso luogo, e nessun vento sposta le nubi.

La pioggia perdura per molto, senza diminuire, e al secondo giorno di incessante pioggia, la zona vicina al lago è una enorme pozza di fango, e la gente che si è rinchiusa in casa non esce. Al terzo giorno, la pioggia aumenta di quasi il doppio, e la zona attorno al lago viene allagata.

Gli abitanti sono costretti ad evacuare. La pioggia aumenta ancora, e la zona vicina al lago diventa fangosa e inaccessibile a chiunque. La pioggia inizia a cessare solo dopo circa venti giorni, ma le nuvole che vi sono sopra la regione non spariscono, anzi, si inscuriscono ancora, imponendo un'ombra sopra il lago dei fenicotteri; un'ombra che oscura a notte; dove nessuna luce riesce a passare, e nessuna creatura osa più addentrarsi.

Vengono chiamati gli esperti da tutte le regioni vicine. Tutti quelli che possono dare una spiegazione sono i benvenuti, ma nessuno, dopo qualche mese di studio, riesce a enunciare una vaga teoria sulla causa di un tale evento; nessuno riesce a capire che accade alla regione. Arriva anche il sovrintendente delle quattro regioni, riunisce i presenti e dice:
«Non sappiamo che cosa stia accadendo nella regione dei fenicotteri; non sappiamo se è un fenomeno sconosciuto o se è conosciuto. Al momento posso solo garantire la presenza di molti esperti in qualunque materia.
O mandato a chiamare alchimisti, occultisti e quant'altro per studiare e capire l'evento che ci sta dinanzi. Tutte le persone evacuate possono recarsi nella regione della pianura erbosa, dove si è già al lavoro per accogliere tutti quelli rimasti senza casa.»

Sigor si è allontanato dalla folla; cammina da solo, poco lontano dal lago; riflette, sembra che quell'evento lo abbia già sentito descrivere o forse lo ha letto da qualche parte, ma non ricorda dove può aver avuto notizie. Sigor continua a camminare quando:

«Sigor...» Una voce appena sussurrata lo chiama; si guarda attorno ma non vede nessuno nelle vicinanze.
«Sigor vieni...» Ancora si sente chiamare, ma questa volta non è sussurrata, e proviene dalla zona dell'ombra, proviene dal lago.
«Sigor avvicinati al lago, avvicinati a Keno...» Così sente Sigor, e viene attratto verso il lago, incantato dalle parole che sente. Sigor entra nella zona d'ombra, diretto verso il lago; vi entra e vi sprofonda, nonostante le acque siano ghiacciate; nessuno si accorge del fatto, e non vedendolo in giro pensano che sia andato via.

Intanto, nelle profondità del lago, Sigor non è più padrone della sua mente; egli si lascia andare, privo di volontà e di forza. Per tre giorni e tre notti rimane in fondo al lago, poi scompare. Si sveglia nella regione dei colli verdi, sotto un albero di salice; nulla sembra sia accaduto, ma non è così, purtroppo non è così.
Sigor inizia ad avere dentro di se pensieri di dominio; diventa avido e bramoso di potere, tanto potere; troppo potere, se solo per se stesso. Passano alcuni giorni, forse più, e Sigor lentamente dimentica. Egli cammina in lungo e in largo senza una meta; non sa più chi è; non ricorda il suo nome ne riconosce più la sua gente; sta entrando nell'oblio; Sigor non è più se stesso.

Si allontana sempre di più; si isola e non parla più con nessuno; vive di espedienti; mangia ciò che trova, anche avanzi di carogne; la luce dei suoi occhi è svanita e le pupille sono come il buio. Vagando si reca oltre le montagne del nord, entra in una caverna e scende sempre più in profondità ; in profondità tale dove nessuna luce, nessuna vita può arrivarci; li rimane senza aria, senza cibo e senza luce per giorni interi.

Intanto, il vapore che vi è sopra il lago inizia a dileguarsi, e l'ombra a scomparire. Nel tempo di due mesi, anche il lago ritorna alla sua vitalità e, lentamente, gli abitanti tornano al loro territorio. L'erba ritorna a spuntare e gli alberi riprendono il loro colore.

Nelle profondità della montagna invece, Sigor prende forza; nuova energia entra nelle sue vene e nella sua mente; il suo sguardo ora brilla di una luce intensa e maligna. Una pozza d'acqua bollente sorge al suolo, lentamente, davanti ai suoi piedi, dentro la grotta; li dentro, Sigor, vi scaraventa ogni creatura che comincia a richiamare a sé: Bestie che gli vivono attorno; scorpioni, vermi, scarafaggi e tutto ciò che trova.
«Dall'Ombra e dall'abisso, per uccidere e per distruggere.» Così dice Sigor e continua a ripeterlo, mentre scaraventa gli esseri che trova nel suo antro. Dopo tre giorni interi a eseguire il rito si ferma, e sedutosi su un sasso attende; attende con lo sguardo fisso sulla pozza di acqua bollente, ripetendo la stessa frase:
«Tre giorni per morire, tre giorni per sorgere.» Così, per tre giorni di seguito ripete la stessa formula finché, dalla pozza di acqua bollente, iniziano a sorgere i dron, uno dopo l'altro. Dron, esseri semi umani, ma senza cuore ne vita propria; bestie sorte dall'ombra per servire Sigor. Dopo un paio di mesi, almeno un centinaio di dron vengono creati dal potere di Sigor. Sigor ordina loro:

«Dovete costruire una fortezza, sull'altopiano delle montagne bianche; costruite al suo centro un enorme fossato e una condotta di acqua dalle sorgenti del monte.»
I dron iniziano a costruire la fortezza, ed alcuni di loro continuano a cercare e a gettare vermi ed altri piccoli esseri, che vivono nella caverna, nella pozza di acqua bollente, mentre Sigor continua a ripetere la formula. Così continua per mesi, cibandosi di soli vermi.

Passano altri tre anni, e la fortezza è completata; mura spesse una decina di passi e alte altrettanto. Ora i dron sono quasi tremila. Sigor ordina ancora: «Costruite una fornace, per fondere la roccia ed estrarre il metallo.» I dron eseguono quanto Sigor chiede. Passano altri anni, e i dron ora sono quasi cinquemila. Costruiscono armi, si nutrono di vermi che trovano all'interno della caverna, e che fu ingrandita dagli scavi fatti cercando bestiole.

Intanto nelle regioni dell'est ...

Gli oreons sono una popolazione di circa diecimila magnon, che vive in villaggi in una regione più a sud del regno delle onee. Il deserto di sabbia e le montagne degli scorpioni, rendono quasi impossibile la comunicazione con le regioni dell'ovest; infatti non si conoscono nemmeno, anche se ogni tanto qualche viaggiatore si reca da una regione all'altra, soprattutto per recarsi nella foresta dei diamanti per cacciare, ma soprattuto in cerca di tesori.

La popolazione degli oreons vive di pesca e caccia; la regione è talmente ricca da rendere inutile qualunque coltivazione; l'unica pianta di cui anno cura è quella da cui ricavano la stoffa. Il loro rapporto con le onee è sempre stato pacifico, si sono sempre scambiati oggetti di commercio da una parte; ricevendo dalle onee, infusi e pozioni magiche, per curare i loro malati.

Le onee sono una razza di creature molto sagge, amorevoli e giocherellone; amano la vita e la pace; una particolarità ; hanno quasi tutti gli occhi del colore dell'erba, i capelli color grano e la loro pelle è delicata come i petali di rosa.
Si racconta che giunsero qui molti anni fa, prima dell'era dei vulcani, da un mondo lontano fra le stelle, attraverso un portale magico. Non si sa molto su di loro e ogni volta si scoprono cose diverse, anche perché sono esseri studiosi della natura e della magia e quindi anche loro scoprono cose diverse e curiose. Amano la musica, che per loro è espressione di gioia e magia.
Le stagioni delle grandi piogge è quasi giunta al termine e la primavera comincia a farsi avanti, con i suoi profumi di terra, accompagnati dai raggi del sole e dai colori dei fiori. Gli oreons sono in festa perché i loro sovrani hanno un erede; infatti la Regina ha dato alla luce una bellissima femminuccia, Evrhon è il suo nome.

Un messaggero, giorni prima, fu mandato da Erons, Re delle onee, per chiedere la celebrazione della nascita. Il primo giorno di primavera arriva; è la data fissata per la celebrazione; vi è una gran festa fra la popolazione degli oreons.

Il Re delle onee, Erons, dona alla bimba una piccola catenina d'argento, con una medaglia fatta con un minerale che non è di queste terre. Re Erons disse:
«A Evrhon io dono la stella di Eorlnem, forgiata con amore dai nostri antenati, dai frammenti di stella.» La infila al collo della piccola neonata e continua: «Che possa Eorlnem, guidarti nel tuo cammino e nei giorni di oblio.»

«Hurrà, viva Evrhon.» Gridano in coro i presenti.

Il sovrano prende la parola:
«Questo è un momento che il popolo e tutti noi aspettavamo; questo è il momento di gioire e di festeggiare.»

Lo squillo di una tromba da inizio alla festa; iniziano subito le danze; a dire il vero iniziano tutto, danzano, mangiano, scherzano e bevono contemporaneamente; insomma, si fa gran festa.
La regina Wainì osserva da più vicino la medaglia donata dal re Erons, è rotonda e al centro ha una leggera e quasi invisibile incisione, quattro linee incrociate e uguali; praticamente una stella a otto punte.

Passano gli anni...

I giorni di Evrhon scorrono tranquilli e sereni fino all'età di dieci anni, poi sua madre muore; il lutto popolare avvolge la regione. Dopo altri sei anni anche il padre muore, lasciando la piccola Evrhon a soli sedici anni. Evrhon non se la sente di governare il popolo; allora i consiglieri decidono di non cedere il trono a nessuno, non finché Evrhon avesse avuto forza.

Nel frattempo ad ovest...

Oltre le montagne del nord intanto, i dron hanno costruito la fortezza e un altopiano attorno ad essa; l'acqua delle montagne è deviata e fatta passare all'interno della fortezza, per riempire il fossato. Ora nella fortezza vi sono diecimila dron.

Al centro della fortezza vi è una pozza enorme di acqua bollente. Sigor esce dalla caverna, non sembra più un uomo, ne assomiglia più ad altro essere; si avvicina alla pozza che vi è al centro della fortezza, reggendosi su un bastone; chiama a sé i servi e ordina loro:

«Andate dai magnon e portatene uno, vivo.»

Venti dron s'incamminano oltre la montagna; dopo dieci giorni di strada giungono alla regione dei colli verdi; alcune persone li vedono; impauriti alla loro vista scappano, gridando e allarmando la popolazione; i dron ne catturano uno e lo portano via, oltre le montagne.

La popolazione viene allarmata, e tutte le regioni in pochi giorni sanno cosa è accaduto, ovviamente spiegazioni per questo non ne hanno, ma sanno dove si sono diretti. Il governatore delle quattro regioni interviene, fa organizzare un gruppo di volontari per cercare il rapito.

Il popolo però non ha dei guerrieri; non sono organizzati per questo tipo di soccorso; non sanno neanche se ciò che viene raccontato da una trentina di testimoni sia vero.
I ricercatori si avviano, essi sono volontari; non sono altro che contadini, taglialegna, cacciatori e pescatori; sono armati di asce e qualche coltello; una decina, con viveri per alcuni giorni.

Il cacciatore segue bene le tracce, e anche se non tutti riescono a seguire il passo, sono sulla giusta strada. Due giorni dopo arrivano ai piedi della montagna; le tracce proseguono sul fianco della montagna, verso una pendenza impossibile da scalare.

«Ehi! questa pendenza non la si può scalare.»
«Accidenti, come è possibile che questi vi siano saliti.»
«Nemmeno fossero dei gatti.»
«Come facciamo ora?»
«Signori, io suggerisco di tornare indietro.»
«Mad... vuoi abbandonare quel poveretto che hanno rapito?»
«Io non voglio abbandonare nessuno! Però ho una famiglia che mi aspetta.»
«Anche io, signori, non posso proseguire, ho dei figli, mi dispiace.»
«Sinceramente non sappiamo nemmeno se la storia che ci hanno raccontato possa essere vera! magari volevano scherzare.»
«Scherzare dici? a parte le impronte, che sono chiare, che motivo avrebbero di mentirci; li ha visti anche mia moglie; che motivo avrebbe di mandarmi qua col lavoro che ho da fare?»
«Comunque sia, io torno indietro; mi dispiace.»
«Quanti vogliano tornare indietro lo facciano ora. Chi vuole proseguire?»

Tutti tacciono. Nessuno osa alzare lo sguardo e così tornano tutti indietro, dalle loro famiglie e dai loro figli; nessuno li biasima, neanche la famiglia di Bert, il giovane che fu rapito.

Intanto Sigor, nelle montagne, ha il suo uomo; con una magia lo incanta:
«Un corpo per un'anima, un re per un regno, un regno per dominare.»
Ripete continuamente Sigor, mentre il giovane si dirige verso la pozza di acqua, che vi è al centro della fortezza. Arrivato alla sponda...
«Vieni a me... vieni a me...» Sente il giovane nella mente e, senza opporre resistenza, vi entra.
«Tre giorni per morire, tre giorni per sorgere. Dall'ombra e dall'abisso, per uccidere e per distruggere. Un corpo per un'anima, un re per un regno, un regno per dominare.»
Così ripete Sigor, e lentamente anche i dron iniziano a pronunciare le parole dette da Sigor. Per tre giorni e tre notti, senza sosta.
Alcuni dron, senza forza, cadono morti, non resistendo alla durata del rito. Alla fine del terzo giorno, un silenzio abissale avvolge la fortezza. L'acqua che vi è nella grande pozza cessa di bollire, e nel cielo le nubi cominciano a radunarsi; ruotano su se stesse le nuvole nel cielo, sopra la fortezza. Fragorosi tuoni echeggiano, facendo tremare la montagna, e violenti fulmini scendono dentro la pozza d'acqua, che vi è al centro della fortezza.
«Dal fuoco la terra; Dalla terra l'acqua; Dall'acqua Keno... Keno, Keno, Keno.»
Inizia a dire Sigor, e tutti lo imitano; mentre lentamente, dall'acqua che si congela, sorge una figura; una figura umana, ma di umano ha molto poco, poiché è fatto di acqua, fulmini e della linfa vitale del ragazzo che vi è stato scaraventato e la cui figura, intera, s'intravedere all'interno di Keno. L'acqua della pozza ora è solida, e ciò che è sorto cammina verso Sigor, lentamente.
«Mio Signore, sono il vostro servo.» Disse Sigor, inginocchiandosi.
«Tu ora non servi più.» Disse la figura, e con un forte colpo di mano scaraventa Sigor verso la parete della fortezza, schiacciandolo come un insetto; alcuni dron si avvicinano e lo divorano.
«Il regno dell'ombra è iniziato.» Disse la creatura, fatta di acqua e fulmini.


Capitolo terzo

Lo sterminio dei magnon

La regione dei colli verdi ha una popolazione di circa ventimila abitanti, su un territorio dove l'erba cresce sempre e i frutti sono i migliori in assoluto; a volte gli abitanti ne sono persino gelosi. I contadini ogni anno confrontano i frutti e premiano quelli che hanno saputo ottenere i più grossi, più belli e più gustosi. I contadini stanno raccogliendo i frutti quando...
«Mamma chi sono?... Quelli mamma!»
«Come? cosa dici? loro! no! sono tornati! sono tornati! Aiuto...»

Afferra la bambina e corre verso il villaggio, come del resto anche gli altri. I dron sono qualche migliaio; caricano sul popolo con molta violenza; uccidono, bruciano e divorano i cadaveri. Solo un giorno dura l'assedio; un giorno, e la popolazione di quel villaggio non esiste più.

I dron rientrano con appresso il loro bottino, pezzi di carne umana e oggetti preziosi; inutili per un dron, eppure li hanno presi. Il fumo dei capanni in fiamme giunge alle fattorie dei villaggi vicini; si precipitano sul posto; ma quella vista, quell'orrore, non può essere descritto.

Tutti si allertano, si danno da fare preparandosi a difesa, alzando delle palizzate in vari punti della regione, ma essi non sono guerrieri, non hanno mai affrontato una bestia più feroce di un cinghiale o di un gatto selvatico.
Dopo qualche mese, ritornano i dron nella stessa regione, e nel tempo di tre, quattro mesi, riducono la popolazione alla disperazione e alla fame; la regione dei colli verdi è diventata la regione del fango e della polvere; nessuna vita in quella regione cammina o striscia più.

Le altre regioni intanto si organizzano come possono, costruiscono una fortezza attorno alla gola rocciosa, al confine con il deserto di sabbia, e all'interno di essa si trasferirono tutti quelli che non sono scappati. Nella zona circostante, i contadini coltivano ancora i loro frutti e i cacciatori si addestrano per fronteggiare i dron, nel caso ritornino, e alcuni di loro esplorano di continuo le zone attorno.

Questi popoli di contadini e persone di festa e di buon vino, si sta lentamente trasformando in guerrieri. Alcuni giovani si sono organizzati in gruppi, per uscire a turno in esplorazione, quando i contadini raccolgono i frutti loro li sorvegliano. Periodicamente i dron scendono nelle pianure per nutrirsi; mangiano tutto ciò che trovano e che sia masticabile, anche le cortecce degli alberi; aggrediscono anche la popolazione riuscendo a ucciderne qualcuno e a divorarlo. Gli uomini rispondono all'attacco, facendoli fuggire nuovamente sulla montagna; così vanno avanti per mesi e anni.

Le regioni, che una volta erano prospere terre da frutto sono diventate terre da battaglia; e i giovani ragazzi, che prima giocavano rincorrendo le fanciulle nei prati verdi e tappezzati di fiori, ora cavalcano sulle distese impolverate e scoscese, inseguendo e uccidendo dron. Dron, bestie schifose e orrende, sorte da chissà quale abisso, e per mano di chi?

Intanto nella montagna...

I dron continuano a scaraventare vermi e quant'altro dentro il fossato, sempre seguendo lo stesso rituale. Lo spettro di Keno rivolge la sua attenzione ad est, dove ci sono gli altri popoli, osservando dentro la pozza d'acqua.
Egli ordina ai suoi servi:
«Create un esercito, per andare ad est.»

Ad est, intanto...

«Mio Re, avete saputo altro? Di ciò che accade a ovest?» Chiese Adena al suo Re.
«A ovest?» disse Erons «la vita viene meno, le grandi distese di erba verde e fiori, hanno lasciato il posto a sassi e polvere; non vi è più posto per la vita a ovest.» Rispose Erons.

«Mio Re, cosa è l'avete capito? Cosa distrugge così velocemente la vita?» Chiese ancora Adena.
«Non sono riuscito a vedere oltre, solo eserciti di portatori di morte. Non sono riuscito a vedere cosa li guidi, non sono riuscito a vederne il cuore. Ogni essere che vive ha un'anima, un cuore; ma questo, questo no.» Rispose Erons.

«Per noi ci sarà pericolo, mio Signore?» Chiese Adena.
«Tutto ciò che ha anima e cuore è in pericolo.»
«Dobbiamo armarci, mio Re? Che facciamo?»
«Dobbiamo tenerci pronti, questo dobbiamo fare; dobbiamo prepararci. Avvisate gli uomini di oreons; dite loro che
una guerra s'avvicina ai nostri confini; andate dalla Regina degli oreons, da Evrhon, ditele che il Re delle onee vuole parlargli.» Concluse re Erons.
«Si mio Signore, sarà fatto.» Rispose Adena.

Una giornata di cavallo e il messaggero del Re delle onee arriva al popolo degli oreons.

«Un messaggero, Signor consigliere.» Disse una guardia al consigliere.
«Va bene fallo passare!» Rispose.
«Salute a voi, ho un messaggio dal re Erons.» Disse il messaggero delle onee.
«Ditemi, quale messaggio ci manda re Erons?» Chiese il consigliere al messaggero.
«Re Erons desidera incontrare la regina Evrhon; i nostri popoli sono in pericolo.» Disse il messaggero.
«La regina Evrhon non si trova qua, ha lasciato il trono. Riferisca al Re delle onee che manderemo un consigliere, per discutere della faccenda che ci riguarda.»

Intanto a ovest ...

Sempre più frequentemente i dron scendono nelle regioni; devastano, bruciano, distruggono e uccidono; costringono gli uomini a creare delle roccaforti e a rinchiudersi in esse. Eserciti di guerrieri iniziano a nascere fra gli uomini per poter combattere i dron. Mentre prima i loro fabbri costruivano oggetti da lavoro, ora costruiscono spade, scudi e altre armi da guerra.
Le regioni delle terre dell'ovest sono ormai in mano ai dron; essi camminano liberamente nelle pianure, mentre gli uomini sono costretti a vivere prigionieri delle loro roccaforti, a volte devono anche uscire di notte per trovare un po di cibo. Passa ancora del tempo...


Capitolo quarto

Fuga da ovest

La situazione a ovest peggiora sempre di più; i dron non lasciano scelta alla popolazione; o muoiono di fame, rinchiusi nelle loro roccaforti; o muoiono catturati e mangiati da loro.
I popoli delle quattro regioni cercano una soluzione, e decidono tutti di andare via dalle terre dell'ovest, verso est; attraversando la foresta dei diamanti, poiché il deserto di sabbia è impossibile da attraversare, non almeno nelle condizioni in qui versa il popolo.

Alcuni si sono accorti che i dron non scendono nelle pianure quando piove, così aspettano la stagione delle piogge per avviarsi a est. Arrivate le piogge e presi i loro averi, tra quelli più leggeri, si avviano verso est.
I dron li seguono e ogni tanto li attaccano. Ma quando arrivano ai confini con la foresta dei diamanti i dron tornano indietro, sulla montagna dove dimorano. Dopo giorni di cammino, la popolazione in fuga, oltrepassa la foresta dei diamanti giungendo dagli oreons.

Raccontano l'accaduto e i membri del consiglio degli oreons si preoccupano ancora di più. Gli oreons mandano delle guardie in cerca di Evrhon; Evrhon manca dal regno da circa un anno.

Intanto nel regno degli elfi...

Evrhon si trova nel regno degli elfi; ella ha trovato degli amici e periodicamente li va a trovare; ora vive con loro da almeno un anno ed ha simpatizzato con Saroan; hanno quasi la stessa età ed entrambi sono senza genitori.
Saroan e un ragazzo gentile degno del suo nome che in elfico significa proprio «dai modi garbati». Si conoscono da un paio di anni, Evrhon e Saroan.

Ma andiamo, un attimo, al periodo del loro incontro...

Evrhon era molto triste; si sentiva molto sola. La perdita dei genitori l'aveva turbata. E' l'erede al trono, ma non se la sente di fare la regina, non ancora; ha solamente diciassette anni. Un giorno, preso il suo cavallo, si avvia nella foresta sino ad arrivare alla foresta dell'est; vede in lontananza un ragazzo che, sdraiato ai piedi di un albero, osserva il vuoto davanti a lui. Lei sprona il mustang e gli si avvicina; lui la nota, ma non la osserva; Evrhon scende da cavallo e gli chiede:

«Chi sei? non sembri onense, e di sicuro non sei un magnon; mi capisci?
«Si ti capisco.» Risponde lui, gentilmente ma assente.
«Come ti chiami? io sono Evrhon.» Lui non risponde subito ed Evrhon gli pone mille domande.
«Qual'è il tuo nome? mi vuoi rispondere? non sei molto allegro o forse mi sbaglio. Chi sei? vuoi parlarmi?»
«Sono un elfo, il mio nome è Saroan, vivo al nord oltre la foresta dei diamanti, nel mio regno.» Rispose Saroan, con tono debole.

Evrhon, lasciato il mustang libero di brucare attorno, si siede accanto a Saroan. Parlano i due giovani, confidandosi a vicenda. Lei chiede:

«Come mai, a voi elfi, non vi si vede vagare come fanno le altre razze? Io neanche sapevo che esistevate.»
«Fu a causa di un fatto, di molti... molti anni fa. Il mio popolo, molti anni fa maledì il popolo dei magnon e ora, nelle regioni dell'ovest, quella maledizione si sta avverando. Il nostro Re, Fabien, ha paura per il nostro popolo; ha paura che quella maledizione scateni l'ira dei magnon e che essi, per porre fine alla maledizione, si vendichino sul nostro popolo. Per questa ragione noi non ci allontaniamo mai dal nostro regno.»

Continuano a parlarsi i due, passando molto tempo assieme, tanto tempo, da bastare per far sorgere la passione e l'amore. S'incontrano di nascosto. Col tempo però lei si reca sempre più frequentemente al regno degli elfi e oramai è considerata una di loro.
Gli elfi, creature straordinarie, pari a nessuno come sapienza, ma capaci di fermezza e di decisioni importanti; col tempo divenuti anche abili guerrieri, per evitare di fare la fine che fece Dunion, più di mille anni fa.

Ora torniamo a questo momento...

Evrhon e Saroan, dicevamo, si conoscono da un paio di anni; Evrhon non ha mai detto a Saroan che è erede al trono degli oreons; il re Fabien comunque capisce che Evrhon è una ragazza particolare.
Evrhon sprigiona un carisma unico e non consueto per un magnon. La stella di Eorlnem, la medaglia che porta addosso e regalata dal re Erons, ha una forza sua, una forza che ancora non si è completamente destata.

Evrhon e Saroan si trovano nel regno degli elfi quando, alcuni avvisano re Fabien della presenza di alcuni magnon, alle porte del regno, chiedendo di parlare; vengono accompagnati da Fabien.

«Ditemi, cosa cercate dagli elfi, cosa cerca un magnon da noi?» Chiede Fabien.
«Cerchiamo la nostra erede al trono, Evrhon, sappiamo che si trova qua; non sappiamo per quale ragione si trovi qua, ma vorremmo parlarle e desideriamo anche conoscere meglio il vostro popolo.» Disse un consigliere degli oreons.
«Evrhon è la vostra regina? Intuivo qualcosa di diverso in lei; ora so cosa e diverso in lei.» Risponde Fabien.

«Vorrei parlare a Evrhon; se non vi dispiace re Fabien.» Disse il consigliere, usando un tono tipico dei magnon.
«Sono qua Ronan; non sono prigioniera.» Disse Evrhon, giungendo alla loro vicinanza e sentendo il tono da prepotente del consigliere, e che caratterizza la razza dei magnon.
«Evrhon, vi abbiamo cercata ovunque; il popolo ha bisogno di voi; dovete rientrare al regno.» Disse il consigliere Ronan.
«Cosa è accaduto? perché avete quell'aria? sembrate impaurito, ditemi Ronan.» Chiese Evrhon.
«Non credo che questo sia il luogo, mia Regina; tornate al regno e vi spiegherò.» Disse Ronan.
«So io cosa accade» Disse Fabien «ma parlate pure liberamente Ronan, non abbiate timore.»
«Ecco... a ovest, un orda di bestie si avventa sulla popolazione, uccidendo e distruggendo. La popolazione dell'ovest si e rifugiata da noi, e chiede protezione.» Risponde Ronan.
«Cosa è che li sospinge qua, cosa sono queste bestie?» Chiese Evrhon.

«Quasi duemila anni fa» intervenne Fabien « un mio antenato fu trucidato dai magnon. Egli maledì la vostra razza, ed ora, quella maledizione si sta avverando, e voi magnon siete destinati a perire per mano di un vostro antenato.»
«Come si può fronteggiare una maledizione come questa? cosa dobbiamo fare per fermare queste bestie?» Chiese Evrhon.

Evrhon era una ragazza molto perspicace, e soprattuto andava sempre, o quasi, al nocciolo della questione, non si soffermava molto in discorsi senza senso e così voleva subito sapere cosa fare per difendersi dalla piaga che invadeva le loro terre, senza occuparsi minimamente delle cause.

Fabien disse:
«Per ora è meglio che voi, Evrhon, ritorniate al vostro regno; convocate una riunione con re Erons al vostro regno, fra cinque giorni; là cercheremo una soluzione, per fermare questa rovina.»

Evrhon accettò il consiglio di Fabien, e così fece. Dopo cinque giorni si trovarono in riunione dagli oreons. Evrhon disse:
«Cosa possiamo fare contro questa piaga che avanza verso di noi?» Un consigliere degli oreons disse:
«Re Fabien; dovreste sapere di cosa si tratta, dato che fu un vostro antenato a scatenarla.» Fabien rispose:
«Non sono in grado di combattere questa maledizione; Dunion era uno stregone molto potente; io non sono giunto alle sue conoscenze.» Un consigliere, con tono forte rispose:
«Non sapete combattere le vostre maledizioni? o forse non volete, dato che le avete scatenate; forse volete che i magnon scompaiano?»

La regina Evrhon si alzò dal trono, irata:
«Come vi permettete di rivolgervi a un Re con questo tono. Ci occorre una soluzione, non una condanna. Questa maledizione distrugge ogni forma di vita, e tutti siamo legati a queste terre; dobbiamo capire cosa possiamo fare per fermare questa rovina; accusare non è una soluzione.»

Il consigliere stava per intervenire ancora, ma la regina lo fermò dicendo:
«Non è a voi che ho chiesto, è un problema che riguarda il regno e i regnanti di queste terre, e voi non siete un Re.»
La determinazione di Evrhon scoraggiò il consigliere, che chinò anche il capo in segno di scuse ed indietreggiò, abbassando anche la sua arroganza.

Mentre Evrhon diceva questo, la stella che aveva al collo vibrò appena; lei s'accorse, ma non disse nulla; solo lo sguardo di Erons sembrava che lo avesse notato. Erons aveva notato che la stella di Eorlnem, che Evrhon portava addosso, si stava destando, stava risvegliando i suoi poteri.
La regina continua il suo discorso dicendo:
«Chiedo che venga formato un consiglio.» Un altro consigliere stava per farsi avanti, ma anche ora Evrhon lo scoraggiò e disse:
«Questo è un problema che riguarda il regno, e solo i Re sono quelli che possono pensare ad una soluzione, non i consiglieri di corte, tanto meno quelli che sanno solo organizzare le feste.» Poi rivolta a re Fabien e re Erons disse:

«Miei Signori, cosa rispondete, come dobbiamo prepararci, per affrontare questo evento?» Fabien prese la parola e disse:
«Per ora, mia regina Evrhon, credo che dobbiamo esplorare continuamente i nostri confini affinché nessun essere a noi sconosciuto e non benvenuto, possa entrare nei nostri regni.»

Fabien al momento non aveva altre soluzioni, in quanto veramente non era in grado di combattere la maledizione, che Dunion aveva scatenato molto tempo fa. Re Erons aggiunse:
«Dobbiamo armarci e preparare gli eserciti in modo da poter esplorare continuamente i confini; e non trascuriamo il deserto, nel caso che questi esseri siano in grado di attraversarlo.»


Capitolo quinto

La stella viene rubata

Viene radunato un grosso esercito; tra elfi, onee e magnon, però sono solo seimila. I dron ormai sono già oltre quindicimila, e continuano a crescere; con la pozza d'acqua che vi è al centro della roccaforte crescono più rapidamente.
Le quattro regioni dell'ovest sono ridotte a sassi e polvere, e non vi è più neanche un miglio di terra per la vegetazione.

Passano ancora vari mesi...

I dron attendono che termini il periodo delle piogge per avviarsi ad est. Ad est l'esercito dell'alleanza dei popoli si divide in gruppi per esplorare continuamente i confini quando... dopo qualche mese, un gruppo avvista l'esercito dei dron avvicinarsi alle loro terre, armati fino ai denti, ma soprattuto con la sete di sangue.

Lo spettro di Keno però rimane alla fortezza, sulle montagne, e osserva dentro la pozza d'acqua ciò che accade ad est.
Vede una ragazza, Evrhon, e vede che al collo porta una medaglia, le piace e ordina ai suoi servi di prendergliela. I dron ora stanno per attraversare il confine e l'alleanza si schiera per respingerlo; la battaglia a inizio.

I dron sono molti e furiosi. Il gruppo di esploratori dell'alleanza, schieratasi al confine, non ha nemmeno il tempo di capire la potenza del nemico che questi gli sono già addosso.
Come fossero un fiume in piena, corrono contro la barriera dell'alleanza, travolgendoli e oltrepassandoli.
Alcune migliaia di dron si fermano a combattere, mentre gli altri si dividono in due gruppi; uno, il più grande, diretto al nord, verso gli elfi; l'altro, più di tremila, diretto a sud.
Dopo una giornata di corsa forsennata; quelli che vanno a sud, verso gli oreons, aggrediscono il popolo, ma soprattuto entrano nel palazzo; aggrediscono Evrhon, ma...

Evrhon reagisce e la sua reazione è così...

La stella di Eorlnem si desta; una luce, emanata dalla stella di Eorlnem, avvolge Evrhon. Evrhon ora emana una luce intensa, come e più del sole, e dalle sue mani escono raggi di luce bianchissima che colpendo i dron li vaporizza all'istante, ritornando ad essere i vermi, da cui erano sorti.
I consiglieri e tutti quelli che vi sono a difesa della Regina, stupiti e anche impauriti, si chinano a Evrhon. Keno, dallo specchio d'acqua, vede ciò e capendo che quell'oggetto non è una semplice medaglia, la desidera ancora di più.

Evrhon esce dalla fortezza, accompagnata dalle sue guardie, si da alla caccia dei dron che devastano il suo popolo, costringendoli a ritirarsi. In quel momento giunge in aiuto anche re Erons, col suo esercito; si avvicina a Evrhon e le dice:
«Evrhon, mia Regina, dobbiamo correre in aiuto al re Fabien, le bestie hanno concentrato là il loro attacco.»
Intanto Keno ha dato ordini ai dron; smettere l'attacco agli elfi per prendere la medaglia. I dron obbediscono e abbandonano l'attacco agli elfi, tornando indietro verso sud.
Mentre la regina cavalca, assieme a Erons e all'esercito, verso la foresta degli elfi; i dron, in un imboscata tesa nella foresta, riescono a disarcionarla, facendole cadere la stella; presa la stella scappano a ovest.

Ora, Evrhon ed Erons, proseguono il cammino per giungere da Fabien e spiegare l'accaduto; mentre i dron si dirigono verso la foresta dei diamanti, per ritornare alle montagne e portare la stella di Eorlnem a Keno.
Passano vari giorni e i dron consegnano la stella di Eorlnem. Keno la prende e la indossa; una luce, emanata dalla stella, inizia ad avvolgerlo. Ora Keno ha nuova forza e potere, ed egli si sente forte e invincibile.

Intanto ad est, nel regno delle onee...

«Mia Regina, la stella dev'essere recuperata.» Disse re Erons.
«Cosa possiamo fare? i dron sono troppi per i nostri eserciti; io non ne ho la forza.» Risponde Evrhon.
«Cosa è quella stella? che poteri conferisce a chi la indossa?» Chiese Fabien, re degli elfi.


Capitolo sesto

Il sacrificio degli elfi

«La stella di Eorlnem conferisce, a chi la indossa, il dominio sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male, ma i suoi reali poteri si svelano solo a chi la indossa. Non so con vera certezza, che cosa doni la stella di Eorlnem.» Risponde Erons.

I tre Regnanti decidono che devono recuperare la stella, e riunito l'esercito si avviano verso le montagne, per giungere alla dimora di Keno. Nel frattempo, Keno ha richiamato i suoi servi e ordinato loro:
«Andate ad est; distruggete i popoli, annientateli.»
I dron si avviano; innalzando urla di morte, mentre l'alleanza dei popoli si avvia per affrontarli. Dopo alcuni giorni di cammino s'incontrano, e si fronteggiano ai confini tra la foresta dei diamanti e la foresta delle onee.

L'esercito degli uomini si schiera subito per fronteggiarli, mentre uno squadrone di dron si lancia subito all'attacco, sulla barriera umana di scudi e lance degli oreons, mentre gli eserciti degli elfi lanciano, da dietro la barriera formata dagli oreons, le loro frecce. Il contatto è molto violento, ma la barriera degli oreons riesce a vincere il primo scontro.

Le onee, al comando di re Erons inizia l'attacco ai dron dal fianco, con i cavalli, e non appena terminano l'attacco, re Fabien ordina il tiro di altri stormi di frecce, coprendo la ritirata delle onee.
Dopo parte la carica degli oreons, con spade asce e alabarde, sui dron che indietreggiano, uccidendo quelli che riescono a raggiungere. Riescono a respingerli, dopo una giornata di battaglia e a costringerli a ritirarsi, con la conseguente furia di Keno, che al rientro dei dron li raduna ancora e si prepara per un nuovo attacco.

Anche l'alleanza ora si prepara, e rifugiatasi nella foresta delle onee, alzano delle palizzate usando anche gli alberi come protezione; gli arcieri più abili preparano delle postazioni sugli alberi più alti; a terra, ogni cespuglio o grosso masso, nasconde un gruppo di guerrieri orense.

«Le bestie ci attaccheranno fra un mese.» Disse re Fabien, mentre sedeva attorno al fuoco assieme a re Erons, la regina Evrhon ed altri consiglieri e capitani.
«Quanti sono, re Fabien, lo sapete?» Chiede re Erons, preoccupato soprattuto per la stella di Eorlnem, che ora è in mano al nemico.
«Migliaia, con al comando uno strano essere, l'ombra di Keno, con al collo la vostra stella.» Risponde Fabien. Re Erons è molto preoccupato; sa che la stella di Eorlnem ha i suoi poteri, anche se non li conosce tutti.
Scoprono però che Keno, essendo una maledizione degli elfi può finire grazie alla scomparsa del popolo elfico.
«Ho avuto informazioni sulla maledizione di Dunion.» Disse un consigliere orense.

«Che informazioni?» Chiese prontamente la regina Evrhon; intuiva dal tono di voce del consigliere, che non vi era niente di buono in ciò che stava per dire. Infatti.
«Ho saputo che la maledizione potrà finire anche con la scomparsa del popolo elfico.» Rispose il consigliere. La situazione diventa drammatica, più di quello che è. Tra gli elfi e gli oreons cresce la tensione; accusandosi fra loro. Re Erons cerca di fare da pacere, ma è molto difficile e pensa che gli elfi possano avere delle complicazioni dagli oreons.

Un consigliere disse:
«Ser Fabien, la maledizione è stata scatenata a causa di un vostro antenato, e solo voi potete porvi rimedio; se non lo fate, la fine di tutti i popoli su queste terre è imminente, volete che questo accada?»

Fabien rifletté seriamente sul problema; lascia momentaneamente il luogo di battaglia per recarsi al suo regno e chiedere consiglio agli anziani. Il consiglio degli elfi decide che devono affrontare Keno; o Keno, o gli elfi. Dopo qualche giorno, Fabien, torna al bivacco dove lo attendono.

«Se così dev'essere, così sarà .» Disse Fabien, facendo capire la decisione presa dal consiglio degli elfi.
«Ser Fabien, è un suicidio inutile, non potete sacrificarvi e sacrificare anche i bambini.» Afferma Evrhon, quasi disperata per la sorte del popolo elfico.

«Non sarete soli, ser Fabien, il popolo onense è con voi.» Aggiunge re Erons, osservando, quasi indignato, i consiglieri orensi. Cala il silenzio, nessuno osa dire una parola; vanno a dormire.

All'alba, re Fabien, riparte per il suo regno e quando vi giunge, riunisce il popolo per incamminarsi verso le montagne bianche; tutti, anche i bambini, pronti a morire per fermare la maledizione di Dunion, potente stregone che a causa di Keno scatenò la furia del cielo e della terra.

Gli elfi, in carovana e camminando lentamente, si avviano verso la foresta dei diamanti, con i guerrieri in testa. A cavallo li seguono l'esercito delle onee, con Erons al comando.

Evrhon non voleva che la razza degli elfi facesse questa fine; non sapendo cosa fare, lascia il palazzo reale, prende il suo cavallo e si avvia per raggiungere gli elfi. I consiglieri cercarono di persuaderla da questa decisione, ma lei pensa a Saroan e non vuole saperne. Evrhon raggiunge gli elfi dopo tre giorni e poco prima che oltrepassino la foresta.

Dopo che hanno attraversato la foresta dei diamanti, Evrhon, gli elfi e le onee, sono arrivati ai piedi della montagna. Keno e i dron sono a qualche miglio da loro, urlando e innalzando le spade. La carica dei dron inizia subito, e i guerrieri formano immediatamente una barriera di scudi e alabarde, mentre gli altri, elfi e onee, da dietro scagliano le prime frecce sui dron ache avanzano.

Keno attende dietro i dron. La prima carica dei dron fallisce, poiché gli elfi, anche se un popolo pacifico, sono ben addestrati, e ora hanno maggior motivo per combattere, ognuno di essi è una furia scatenata e i dron sembra che, nonostante siano superiori di numero, siano più deboli.
I dron comunque non hanno alcuna strategia di combattimento, e questo avvantaggia gli elfi e le onee che riescono a farli indietreggiare dopo ogni attacco.

I dron indietreggiano e stranamente sembra che abbiano paura; questo viene notato da Fabien. Egli si chiede perché queste bestie temono di morire? perché hanno paura di non vincere? dovrebbero attaccare senza timore di vivere o di morire, di vincere o di perdere, ma non è così.

Fabien cerca di capire, in modo da sfruttare questo a suo vantaggio; poi lo capì. I dron erano sorti da altre creature, dai vermi e quant'altro; e tutti quelli che vivono temono sempre la morte, e i vermi non hanno eccezioni.

Fabien ordina ai guerrieri di non attaccare, ma di attendere l'attacco e di annientare i dron che si avvicinano e fermandosi quando indietreggiano, senza inseguirli.
I capitani al seguito obbediscono, ma sono perplessi, non capendo che strategia voglia usare re Fabien.
Ogni attacco dei dron viene prontamente contrastato e dopo che i dron indietreggiano, anche i guerrieri smettono di difendersi ritornando a formare la barriera di protezione.

Keno, vedendo che ogni attacco fallisce attacca personalmente; avanzando davanti ai dron. Keno cammina lentamente, ma sempre aumentando la velocità mentre i dron lo seguono. Ora Keno inizia a correre contro i guerrieri; i dron fanno altrettanto. Keno piomba addosso alla barriera degli elfi come una valanga, colpendo con la sua mazza con brutale selvaggia e odio.
Anche i dron ora, scavalcata la barriera di difesa, sono addosso all'esercito elfico ed onense; uccidendo senza pietà. La lotta e veramente furiosa. Keno e i dron sembrano avere la meglio, essendo numericamente superiori.

Improvvisamente, dalla foresta, arrivano gli oreons, caricando sui dron. I consiglieri orensi, sebbene di carattere prepotente ed arrogante non sono senza cuore e poi, non potevano lasciare la loro regina in pasto a quelle belve.

Dopo attimi di furiosa battaglia; Evrhon, per un motivo inspiegabile, sente una forte attrazione dalla stella e si avvicina a keno. Keno nel vederla dirigersi verso di lui si ferma di combattere; anche i dron iniziano a fermare la loro furia. Nel volto degli uomini appare una smorfia di perplessità , cercando di capire cosa stia per accadere.

Evrhon è forte, ma ha molta paura nel vedere Keno; una figura umana, fatta di acqua e fulmini, e al cui interno s'intravedere Bert semi cosciente; un essere mai visto ne pensato.

Keno si avvicina a Evrhon con la sua grossa mazza, mentre cresce la preoccupazione dei consiglieri e di re Fabien. Keno ora è vicinissimo ad Evrhon, e mentre solleva la mazza per colpirla, improvvisamente, la stella di Eorlnem s'illumina come mille soli, ma la luce emanata, invece di avvolgere Keno avvolge Evrhon.
Le mani di Evrhon emanano una luce bianca e intensa che colpiscono Keno, facendolo vacillare e facendogli cadere la mazza da guerra, contemporaneamente, la stella di Eorlnem si stacca dal collo di keno, cadendo al suolo.
Evrhon, istintivamente, tende la mano verso la medaglia, che sollevatasi dal suolo, va verso Evrhon; Evrhon la prende e la indossa. Evrhon, che nel frattempo è avvolta dalla luce bianchissima emanata dalla stella di Eorlnem, tende le mani verso Keno, proiettandole addosso i raggi luminosi emanati dalle sue mani.

Keno, colpito dalla luce emanata dalle mani di Evrhon, comincia a sciogliersi in acqua e a vaporizzarsi, lasciando a terra Bert privo di vita, il giovane che fu rapito.
Lentamente e poco per volta anche gli altri dron cadono a terra vaporizzandosi e lasciando a terra i vermi e le altre bestie da qui erano sorti; la maledizione è finita.

Dopo la furiosa e orrenda battaglia, ed il recupero dei caduti tornano tutti alle loro terre, provati ma vittoriosi. Nel tragitto verso casa, Evrhon e Saroan si amano apertamente; il sorriso di felicità appare nel volto degli oreons, ora hanno la loro Regina; sguardi d'intesa e di fratellanza vengono scambiati dal popolo onense verso il popolo elfico.

I tre popoli scompaiono alla mia vista, fra gli alberi della foresta dei diamanti...

Qui, sul luogo di battaglia; nell'acqua, scioltasi dalla figura di Keno, vi è caduto un piccolo insetto, si dibatte, cercando di volare via, ma l'acqua, stranamente, ha iniziato a raffreddarsi e a congelarsi, avvolgendo l'insetto al suo interno...

fine... Il regno dell'ombra.




Titolo: La stella di eorlnem
Categoria: Racconti FantasyItalia
Autore: antonio
Aggiunto: October 17th 2007
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