PROLOGO
Lero era seduto sull’erba umida del promontorio di Isser. Da quella posizione riusciva ad avere la più ampia visione della regione.
La giornata era limpida, grazie al forte vento che nei giorni precedenti aveva liberato il cielo dalle nubi residue.
Lero osservava il panorama alla ricerca dei luoghi che fin da bambino aveva più volte raggiunto col padre.
Ad ovest i monti Idorbe si ergevano con le vette innevate. Non era mai stato oltre le montagne, ma pochi anni prima, quando aveva ancora nove anni, suo padre lo aveva portato con se fino alle pendici dei monti. Raggiunsero un piccolo villaggio, Opace, abitato da nani. Fu la prima volta che vide all’opera i mastri fabbricatori di asce. Suo padre era un commerciante di armi e spesso lo portava con se quando doveva acquistare o vendere del materiale.
Lero spostò lo sguardo in basso seguendo il corso del fiume Ohnanema verso nord. Il territorio verdeggiante si estendeva a perdita d’occhio fino al mare del Nord, e Lero riusciva ad intravedere le principali isole dell’arcipelago delle Eilo. Dal cratere del vulcano Ilob un pennacchio di fumo nero ne indicava con precisione la posizione.
Lero seguì con lo sguardo la linea della costa, e intravide la città di Anisse. Pur se in parte coperta dalle piccole montagne che la circondavano, riconobbe la torre del consiglio della città, alta figura che si stagliava nel panorama così come in ogni grande città della regione, quale centro della vita politica del paese.
Proseguendo verso est, proprio sotto il suo sguardo a pochi chilometri di distanza si stagliava un’altra grande città, la capitale della regione: Katane. Bellissima nella sua forma a scacchiera, caratterizzata dal colore scuro della pietra lavica utilizzata nel corso dei secoli per lastricare i pavimenti delle strade e per erigere i palazzi più importanti. Al centro la torre nera, così come quella di Anisse, era fiancheggiata dai palazzi reali. La periferia era caratterizzata da piccoli villaggi abitati per lo più da contadini umani. La capitale era il crocevia dei popoli che arrivavano dai monti ad ovest, dal mare a nord e ad est, e da sud dalla città commerciale di Arisa.
Lero era stato a lungo cittadino. I suoi genitori avevano una bottega di armi a Katane, la più importante e rinomata della città. Poi i suoi decisero di spostarsi verso la montagna. Katane, infatti, era sovrastata da un altissimo vulcano attivo, Antea. La gestione degli affari era agevolata dalla posizione più favorevole che apriva il commercio verso ovest.
Perso nei suoi pensieri Lero non si rese conto che era tardi. Il padre lo aspettava. Dovevano preparare la partenza per Arisa. Un battello aveva scaricato spade di produzione Abara, caratterizzate dal filo perfetto e dall’impugnatura pregiata, ricercatissime dai ricchi proprietari terrieri del nord.
Lero era un mezzo elfo. Il padre umano, la madre elfa, aveva i lineamenti delicati, lunghi capelli neri tipici dei popoli elfici del sud, occhi neri come quelli del padre. Era un giovane forte, di quattordici anni, ormai pronto per decidere se proseguire gli studi e diventare un guerriero del regno di Silicia o continuare la tradizione di famiglia nel commercio delle armi.
E quest’ultimo punto era quello su cui il padre puntava maggiormente. Ma lui no. I suoi amici erano quasi tutti entrati nell’accademia reale di Katane. I più forti si erano già imbarcati verso la Kresia, dove avrebbero studiato seguiti dagli abili cacciatori di Etena.
Gli ultimi mesi erano passati caratterizzati da forti tensioni sociali all’interno delle principali città, e mai come in quel periodo era sorta la necessità di istruire i giovani all’arte della guerra.
Le tensioni interne erano sfociate subito dopo l’emanazione dell’editto reale che bandiva definitivamente lo studio e l’uso delle arti magiche all’interno delle città. La comunità Druidica e quella più numerosa dei maghi aveva protestato a lungo. La protesta si era estesa anche all’interno dei palazzi reali con l’abbandono da parte degli anziani maghi della sala del consiglio durante la lettura del testo dell’editto reale.
Molte famiglie avevano addirittura lasciato la regione spostandosi verso nord ovest, oltre le montagne, nella regione di Omreal, vero e proprio paradiso anarchico.
Lero ripensò alle parole preoccupare del padre: voci contrastanti parlavano della formazione di un centro di potere costituito dagli anziani maghi e pronto ad un colpo di stato. Un consiglio parallelo che già sembrava avesse reclutato proprio dall’ovest un piccolo esercito pronto a marciare verso est alla conquista della capitale.
Ma erano solo voci?
Lero era giovane, ma il suo attaccamento alla terra che lo aveva visto nascere lo spingeva a desiderare la sua difesa e, per conseguenza, a seguire la via delle armi.
Si alzò e prese a camminare per il piccolo vialetto che scendeva verso il paese.
Quando giunse alle porte, un giovane elfo gli si parò davanti.
“Lero, tuo padre ti aspetta impaziente, dove sei stato?”
Era Trees, compagno di giochi di Lero da quando si erano trasferiti dalla città. Era alto, biondo con occhi di ghiaccio.
“Ho fatto due passi. Avevo voglia di godermi questa giornata fresca.”
“Mio giovane amico. Voi umani mi incuriosite. La vostra voglia di immergervi nella natura e la stessa che avete quando la distruggete…”
Lero rise. Trees era l’essenza dell’essere elfo dei boschi.
“Amico mio. Forse dimentichi che io sono mezzo elfo?”
“No di certo. Ma sono sicuro che la metà più forte è quella umana.”
Si guardarono per un istante sorridenti. Poi Lero lo invitò a seguirlo e proseguirono per il viale verso l’armeria.
La bottega era attaccata all’officina di un fabbro che spesso aiutava il padre a scegliere le armi e a sistemare quelle che il padre trovava nei mercati e che acquistava solo per la pregiata fattura dell’elsa.
Rimonte, il padre di Lero, vide i ragazzi arrivare e li accolse.
“Lero, dove diavolo sei stato? Ti aspetto da più di un ora. Dobbiamo preparare le provviste e gli zaini per domani e non ho nessuna intenzione di passare tutta la sera per svolgere questo compito.”
Trees salutò il padre di Lero con un cenno. “Posso aiutarvi, se non vi sono di disturbo.”
Rimonte prese i due ragazzi per le spalle e li spinse dentro la bottega.
“Lero. Il governo ci ha concesso un Ranger che ci scorterà fino a Arisa”
“Un Ranger, padre?” Lero non credeva alle proprie orecchie. Si erano sempre spostati da soli.
“Non abbiamo bisogno di un ranger….”
Rimonte gli dava le spalle. Stava rovistando nella dispensa alla ricerca di carne secca e acqua. Fece un gesto per indicare a Trees la posizione degli zaini e gli chiese di prenderne uno.
“Lero. Il consiglio ha emanato un provvedimento straordinario per chiunque debba utilizzare le strade principali per il commercio. Non possiamo muoverci senza un ranger.”
“Ma perché padre?”
“Ci aspettano tempi difficili, Lero. Il consiglio supremo del Re, crede che qualcuno stia preparando un attacco dall’interno. Ogni movimento di persone da una città ad un'altra deve essere seguito da persone di fiducia del consiglio stesso.”
Lero non riusciva a credere alle sue orecchie. Aveva capito benissimo. Dovevano avere un accompagnatore che li controllasse. “Il re crede che dei semplici commercianti possano tramare contro di lui? Non credi che sia diventato eccessivamente sospettoso?”
“Non sono un politico, Lero. Se il consiglio vuole che andiamo ad Arisa con un loro ranger noi andremo ad Arisa con un loro ranger. Fine della discussione.”
Lanciò uno zaino al figlio e lo intimò a riempirlo con cibo.
“Non possiamo portare le solite spade. Ci hanno concesso solo coltelli o spade a lama corta.”
Lero fece finta di non ascoltare. La situazione nella regione stava davvero degenerando. Il consiglio era sospettoso e il re paranoico. Ficcò cibo a caso dentro lo zaino. Poi, senza dire una parola, si diresse all’esterno per sellare i cavalli.
Trees lo raggiunse e lo osservò preoccupato. “Mi devo trasferire, Lero.”
“Cosa?” ancora le brutte sorpese non erano finite.
“Io sono un elfo di famiglia elfica pura, Lero. I miei genitori hanno deciso di allontanarsi dal regno e di tornare alle nostre terre. La nave salperà tra poche settimane verso l’arcipelago.”
Il mondo è impazzito, pensò Lero.
“Mio padre è convinto che la guerra è vicina, Lero. Il re ha perso il controllo e per difendersi continua ad emanare editti senza senso. Le comunità etniche non umane stanno prendendo sempre più in simpatia le congregazioni di maghi che si formano nei piccoli centri. Mio padre è convinto che i tempi per un colpo di stato sono maturi.”
Gli Elfi erano sicuramente gli esseri più adatti per loro natura all’uso delle arti magiche. Lero lo sapeva benissimo. La madre aveva un forte potere magico, il cui mana si formava dall’essenza stessa della terra. Questa attitudine aveva obbligato la madre ad abbandonare la sua famiglia e a spostarsi verso ovest, nella grande città chierica di Ormap. Qui aveva iniziato ad imparare le antiche arti magiche curative. La nuova posizione di grande sacerdotessa l’aveva spinta a non avere più contatti ne con Lero ne col marito.
Lero aveva chiesto sempre più spesso spiegazioni al padre sul perché la madre avesse preso quella decisione. Era arrivato anche ad odiarla e, di certo, non era ancora riuscito a perdonarla.
“Il mondo sembra impazzito, Trees.”
“Lo è, Lero. Qui tra poco si vedranno solo uomini, e se il Re non cambierà atteggiamento… beh forse non si vedranno più neanche quelli.”
Lero fu colto alla sprovvista dalle parole dell’amico. Ma prima che potesse controbattere a quella affermazione, il padre li raggiunse.
“I cavalli li avete sellati, bene. Adesso Lero vai a riposare. Io devo incontrare il Ranger nella casa del capo villaggio. Domani partiremo all’alba.”
Dette queste parole si allontanò.
“Spero di rivederti prima di partire, Lero.”
Lero voltò le spalle all’amico, sempre più afflitto. “Lo spero anch’io ma ora devo proprio andare a riposare.”
Entrò nella bottega. Una scala portava al piano di sopra dove Lero viveva col padre. Si diresse verso la sua stanza e richiuse la porta dietro di se.
Si sdraiò sul letto senza neanche spogliarsi. Non aveva sonno. I pensieri turbinavano nella sua mente. Non aveva mai capito bene come funzionasse la gestione del paese. Il re era sicuramente la figura più potente. Decideva su tutte le questione comuni ed aveva l’ultima parola su tutte le questioni interne delle principali città. Ma più subdolo era il consiglio degli anziani. Il loro potere era di persuadere il re nelle decisioni interne. Lero sapeva benissimo che la rappresentanza delle razze all’interno del consiglio faceva pendere la bilancia a favore degli interessi degli uni anzichè degli altri. Uomini, Elfi, Nani, le tre razze più presenti nel territorio si accaparravano il potere per governare dove la mano del re non poteva arrivare.
Lero si sentiva afflitto. Aveva sempre desiderato diventare un guerriero della guardia reale. Aveva sempre guardato con rispetto alla figura del re, e da piccolo aveva sempre ben sentito parlare delle sue imprese per mantenere la pace tra le diverse regioni, pur spesso con l’uso della forza. Aveva allargato i confini del paese fin oltre il mare, in Kresia, importante porto e crocevia commerciale nonché culla delle più forti Gilde di guerrieri del mondo conosciuto.
Cosa era successo negli ultimi mesi? Perché questo accanimento contro le arti magiche? Perché molte famiglie elfiche avevano deciso di allontanarsi dalla regione?
Lero si affaccio dalla piccola finestra e guardò la cima fumante dell’ Antea. Avrebbe voluto tanto trovarsi nella cima della montagna e non pensare a nulla, godendo della vista che la vetta gli avrebbe concesso.
Rimonte bussò alla porta della casa del consiglio del paese. Il capo villaggio lo accolse fraternamente e lo fece accomadora attorno ad un tavolo già occupato da altre tre persone. Rimonte riconobbe Kraio, il capo dello stanziamento militare di Isolis. Alla sua sinistra era seduto un uomo anziano, vestito di bianco. Era sicuramente un rappresentante del consiglio venuto direttamente dalla torre nera di Katane. Alla sua destra invece era seduto un ranger, giovane molto robusto e dallo sguardo penetrante. Sicuramente uno dei migliori. Rimonte si chiese come mai Pesreo , il capo villaggio, avesse fatto intervenire persone di così elevato rango.
“Rimonte, tu sei una persona degna di fiducia più di ogni altra in questo paese. Sappiamo tutti che anche a Katane hai svolto un ruolo importante come mercante e che sei ben visto tra i commercianti di mezza regione. La notizia del tuo viaggio di lavoro, beh, diciamo che ha interessato parecchio il re e, me ne sento onorato, mi ha interpellato di persona per, diciamo… riorganizzare questo viaggio.”
Rimonte iniziò a capire la regione di tanto interesse e riguardo per il suo spostamento verso sud.
“Il re ha ragione di credere che una congregazione di maghi stia tentando di prendere il controllo del porto a sud, e per questo motivo, con la copertura che si è creato con l’editto che impone la presenza di almeno un ranger con chiunque viaggi per le principali arterie del paese, ha deciso di mandare una sua spia a verificare di persona la situazione.”
Rimonte era esterrefatto. Sarebbe stato sfruttato come copertura per verificare un qualcosa di cui a lui non importava assolutamente nulla. Avrebbe messo a rischio il suo commercio e forse anche la propria vita e quella del figlio solo per il volere di un re che ormai sembrava impazzito.
“E’ assurdo…” ma fu subito interrotto da Kraio “Rimonte, è assurdo pensare di non accettare la richiesta d’aiuto del proprio re.” Kraio impugnava lo spadone di ordinanza delle guardie reali.
La velata minaccia diede a Pesreo la possibilità di continuare.
“Domani partirete all’alba accompagnati da Kolltr. Ti prego di osservare gli ordini che ti impartirà e di fare ciò che ti dirà di fare, Rimonte.”
“E’ assurdo.”
“Se tutto andrà come deve andare il re ti ricompenserà più di quanto tu possa guadagnare dal tuo inutile commercio, uomo.” Kraio era sempre più infastidito. “Qui nessuno ti sta chiedendo un favore. E’ un ordine del re in persona. Tu conosci il porto di Arisa meglio di chiunque altro a Katane e noi abbiamo bisogno di infiltrare una persona fidata. Eseguirai gli ordini del re, o morirai per mia mano, Rimonte.”
Rimonte guardò il ranger. Era rimasto tutto il tempo impassibile. I ranger non erano delle spie, Rimonte lo sapeva benissimo. Erano dei viaggiatori, votati al bene e sostanzialmente autonomi. Capì che la persona che aveva davanti non era affatto un vero ranger. Lo sguardo fiero era quello di un abile cacciatore di Etena. L’uomo parve aver intuito i pensieri di Rimonte e finalmente parlò.
“A tempo debito saprai il motivo per cui abbiamo bisogno dei tuoi servigi, Uomo.”
Kraio sembrava non essere contento della presenza carismatica del cacciatore. Rimonte per un attimo fu divertito nel notare lo stato d’animo del guerriero. Il cacciatore era sicuramente l’essere più abile nell’arte dell’uso della spada che avesse mai visto all’opera. Se avesse voluto avrebbe ucciso tutte le persone presenti in quella sala senza che nessuno avesse avuto il tempo di sguainare la propria spada.
“Dovrai comportanti normalmente, uomo. Fai quello che ti eri prefissato di fare. Acquista la tua merce. L’unica esigenza sarà quella di rimanere ad Arisa il tempo che servirà a me per compiere la missione.”
Rimonte, preso da coraggio, domandò per quale motivo il re temeva così tanto le congregazioni dei maghi.
Il consigliere decise di rispondere alla domanda.
“Abbiamo motivo di credere che si stia formando una coalizione tra maghi bianchi e maghi oscuri oltre le montagne, ad ovest. E che questa coalizione stia trovando nei nostri territori nuove leve. Noi siamo abili nell’uso delle armi, ma di fronte alle arti oscure possiamo ben poco. Fino a quando terremo basso il tenore magico nella nostra regione, il mana che produce si indebolirà e riusciremo a tenere oltre le montagne la minaccia. Ma se le congregazioni dovessero accumulare mana ad altissimi livelli, beh, è probabile che i nostri nemici faranno di tutto per impadronirsi del potere e per distruggere il regno.”
Rimonte non trattenne il suo stupore. “Allora è concreto il pericolo di una guerra…?”
“Si. Ma è ovvio che non possiamo avallare ufficialmente una tale ipotesi. Il panico paralizzerebbe la regione.”
Rimonte appoggiò la schiena e si lascio scivolare sulla sedia.
“Perché non usare la magia?”
“La magia a cui ci affideremo ci verrà concessa dagli elfi di Antea. Stanno fabbricando bastoni per amplificare le arti magiche ed armare un esercito. Non veri maghi ma portatori di sangue magico. I bastoni avranno il compito di far defluire questo potere grazie alle pietre magiche in essi incastonate.”
“Bastoni magici… si… più volte mi sono stati proposti ma non ne ho mai apprezzato la composizione…”
“Bene, spero che un minimo dei suoi dubbi abbiano trovato risposta. E’ ovvio che non posso metterla a conoscenza di tutti i risvolti che ne derivano. Ed è mio obbligo chiederle di non proferire parola di quanto qui è stato discusso.”
Kraio riprese a parlare “Domani mattina il cacciatore si presenterà alla tua casa e partirete. Porterete armi leggere, come già avvisati, così non darete troppo nell’occhio. La mia guarnigione vi aprirà la strada e si fermerà alle porte della città. Non entreremo a Arisa ma saremo pronti a farvi ripiegare verso Katane se qualcosa dovesse andare storto.”
Rimonte si chiese fra se cosa poteva andare storto. Del resto lui e suo figlio dovevano semplicemente aiutare una spia ad infiltrarsi nel porto più grande del paese senza dare troppo nell’occhio. Rise. Il porto di Arisa era una città dentro la città. E come ogni città aveva le sue zone estremamente pericolose. E lui le conosceva bene. E conosceva bene le persone che in quei luoghi di fatto governavano e si arricchivano con loschi commerci. La torre nera aveva nominato anche un governatore speciale del porto proprio per le difficoltà di controllare uno spazio così ampio e densamente abitato.
“Accetto. Ma mi aspetto una lauta ricompensa per me e mio figlio.”
“L’avrete” rispose il ministro.
www.fantasybook.it - Autore: Sergio Scuto - Questo documento è tutelato dalla Creative Commons License