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 Mitologia norrena Successivo
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Ian
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MessaggioInviato: Gio Mar 13, 2008 8:50 pm Rispondi citandoTorna in cima

Matthew McPumpkin ha scritto:
Io sto leggendo un volumone di Gianna Chiesa Isnardi. Ci sono TUTTI i miti nordici: dei, mostri, cosmogonie, simboli...
Ve lo consiglio vivamente, se siete appassionati in materia.


titolo? magari nn lo compro subito, ma lo compro.

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Wolf84
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MessaggioInviato: Dom Mar 16, 2008 6:49 pm Rispondi citandoTorna in cima

Morvan ha scritto:
Wow, mi ci è voluto un po' a leggerlo tutto, ma devo dire che è interessante!


sono contento che ti sia piaciuto! Smile

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Khelek
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MessaggioInviato: Mar Mar 18, 2008 12:59 am Rispondi citandoTorna in cima

Vabbè, Je ... quanto sei fico

(tanto lo so che te lo vuoi far sentir dire Twisted Evil )
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Wolf84
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MessaggioInviato: Mar Mar 18, 2008 3:14 pm Rispondi citandoTorna in cima

Khelek ha scritto:
Vabbè, Je ... quanto sei fico

(tanto lo so che te lo vuoi far sentir dire Twisted Evil )


date a Cesare e via dicendo Laughing

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Matthew McPumpkin
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MessaggioInviato: Mar Mar 18, 2008 3:54 pm Rispondi citandoTorna in cima

Ian ha scritto:
Matthew McPumpkin ha scritto:
Io sto leggendo un volumone di Gianna Chiesa Isnardi. Ci sono TUTTI i miti nordici: dei, mostri, cosmogonie, simboli...
Ve lo consiglio vivamente, se siete appassionati in materia.


titolo? magari nn lo compro subito, ma lo compro.

Scusa il ritardo, "I Miti Nordici", comunque, edito da Longanesi...
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Goron the Vanir
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MessaggioInviato: Mar Lug 08, 2008 7:21 am Rispondi citandoTorna in cima

A quest'ultimo posso aggiungere anche:

Leggende e miti vichinghi di G.C. Isnardi edito da rusconi;
L'edda di Snorri Sturlusson;
Miti e leggende dei vichinghi di G.Agrati e M.L. Margini della mondadori

Nei primi due sono state tradotte delle saghe tutte da Snorri, l'altro invece mette in prosa una serie di vicende leggendarie e mitologiche sia sugli dei sia su i più famosi eroi dei poemi scaldici

ultimamente sto spettando che mi arrivi Miti e leggende nordiche di S. Tufano della newton&compton, splendidamente illustrato; poi vi farò sapere se vale... Wink

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Wolf84
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MessaggioInviato: Sab Gen 24, 2009 1:44 pm Rispondi citandoTorna in cima

nelle mie peregrinazioni da studioso e turista in Scandinavia, ho infine scoperto dove si nascondono gli dei del nord! Laughing



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kynareth
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MessaggioInviato: Lun Apr 20, 2009 4:16 pm Rispondi citandoTorna in cima

forte! grazie del piccolo saggio wolf84!
io sono un'appassionata della mitologia norrenica Wink
da qui il mio nick! Very Happy

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Ulfgardr
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MessaggioInviato: Sab Giu 27, 2009 11:09 pm Rispondi citandoTorna in cima

Fimbulvetr è una metafora interessante che insieme alla descrizione degli "ultimi giorni" somiglia molto a quanto sta accadendo oggi sul nostro pianeta.
Peraltro un'altra cosa interessante della religione norrena (parlo di religione e non di mitologia giusto perchè l'Odinismo è una religione riconosciuta tutt'oggi) è l'origine della vita, che è molto simile ad uno degli scenari proposti dai microbiologi per spiegare appunto l'origine della vita sulla terra: aree idrotermali. L'incontro tra Niflheimr e Muspelheimr, tra il ghiaccio ed i vulcani (non dimentichiamo però che quasi tutto quello che sappiamo sulla religione norrena è stato scritto in Islanda che è piena di ghiacciai e vulcani) dà origine a Hvergelmir, "la ribollente", cioè un geyser... in zone idrotermali. Molto, molto simile, non trovate?

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Wulfric Njordsson
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MessaggioInviato: Ven Gen 29, 2010 1:04 pm Rispondi citandoTorna in cima

Che ve lo dico a fare: la mitologia norrena è l'amore della mia vita Love ...

Posso postare qualche altra info?
Forse non tutti sanno che il Natale era festeggiato anche dai vichinghi...




Nessuno conosce con esattezza la data in cui l'uomo usò per la prima volta il fuoco, ma si può forse parlare di centomila anni fa. Il fuoco è stato probabilmente scoperto in zone diverse in epoche diverse, trattandosi perlopiù, a eccezione del fuoco vulcanico, del risultato di un fulmine. Il mito e i rituali del fulmine e dell'albero in fiamme, che hanno mantenuto vivo il ricordo di questo evento nella mente dell'uomo, potrebbero avere quindi mille secoli. Che l'uomo si sia spostato a causa del terribile assalto dell'Era Glaciale o che, provvisto del fuoco, abbia abbandonato le calde zone subtropicali d'origine per spingersi più a nord in Europa o in Asia, resta il fatto che l'inverno era un periodo spaventoso in cui la durata del giorno diminuiva gradualmente, gli alberi perdevano le foglie e il freddo, la neve e il ghiaccio sembravano suggerire la morte imminente del Sole e di ogni forma di vita circostante; era un tempo di paura, paura che le forze del male divorassero o distruggessero la luce e il calore apportatori di vita che provenivano dalla grande palla di fuoco nel ciclo. Era questa la punizione per aver peccato, per aver rubato il fuoco? Le forze dell'oscurità avrebbero forse per questo distrutto il Sole, un po' come oggi si teme che, avendo abusato della scienza, si sia scatenato il buco nello strato di ozono? Dopotutto, l'uomo era stato in grado di trasferirsi in quelle fredde regioni nordiche solo perché possedeva fuoco e abiti ma, una volta arrivatovi (soprattutto durante l'ultima glaciazione), dev'essersi reso conto che l'inverno era terribile e forse in molti erano morti per il freddo e la neve prima di aver appreso ad acclimatarsi. Il rito di purificazione con gli dèi, che includeva la restituzione del fuoco rubato assieme ad alcune offerte sacrificali e che veniva svolto appendendo i doni ai rami di un albero sacro e dandolo poi alle fiamme, doveva apparirgli vitale. Come ogni forma di magia, se funzionava, bene, se non funzionava, male non faceva: tutti trascorrevano attimi felici svolgendo il rito ed era sempre possibile bere e mangiare quello che rimaneva delle offerte sacrificali. Quest'ultimo punto era importante, poiché nell'antichità (e anche oggi) quei riti religiosi non erano soltanto occasioni solenni, ma anche momenti di allegra e robusta baidoria in cui si mangiava e si beveva a sazietà, ci si accoppiava e si scacciavano gli spiriti del male.

Il vischio e l'agrifoglio
In tutto questo venne dato un significato speciale a vecchi alberi e a sempreverdi come l'edera, l'agrifoglio e il vischio, che fruttificano in inverno. Queste piante venivano usate per decorare le capanne dei nativi durante le celebrazioni invernali, perché erano viste come il proseguimento dello spirito della vita e si pensava annunciassero il ritorno del Sole. In una lettera scritta nel 601, papa Gregorio il Grande accenna all'usanza locale di costruire dei santuari con rami e ramoscelli attorno ai templi pagani. Il papa consigliava ai vescovi di lasciare che queste popolazioni continuassero a decorare le vicinanze dei templi, ormai divenuti chiese cristiane, in modo da conquistarne più facilmente il cuore e la mente e avvicinarle così al Cristianesimo. E' possibile che anche l'usanza ebraica del Succoth, una festività del raccolto che si celebra in autunno, abbia avuto origine da tali tradizioni pagane. Il vischio era sacro ai greci e ai romani; si pensava nascesse quando i fulmini colpivano gli alberi (senza incendiarli) e rappresentava l'energia vitale (ovvero energia "sessuale"). I celti chiamavano il vischio la "Ramazza del Tuono" (la ramazza, o scopa, era anticamente considerata simbolo sessuale, poiché richiamava sia i genitali maschili che quelli femminili). Le tribù germaniche ritenevano che chiunque passasse sotto il vischio venisse baciato (benedetto dal potere sessuale) da Freya, la loro dea della fertilità. Oggi, duemila anni più tardi, svolgiamo ancora piccoli riti della fertilità sotto il vischio. Ma questa pianta non era solo il simbolo del fulmine, del fuoco e dell'energia sessuale; infatti, a causa di questo suo richiamo alla sessualità, il vischio era visto anche come simbolo di pace. Dal momento che nelle tribù l'espressione dell'energia diminuivano. Questo fatto viene illustrato dal famoso episodio del "ratto delle sabine" ad opera dei romani: quando scoppiò una successiva guerra tra romani e sabini, le donne, con i loro figli nati di recente, si interposero tra i combattenti e implorarono con successo la fine delle ostilità tra i loro mariti romani e i familiari sabini. Sia che si tratti del palo di Calendimaggio in primavera, oppure del ceppo di Yule o dell'albero di Natale in inverno, la tradizione dell'albero in fiamme è stata portata avanti di generazione in generazione, assieme all'usanza di offrire sacrifici (che divennero con il tempo sacrifici alla Chiesa e in seguito agli amici e ai propri cari), di festeggiare, di danzare e di celebrare i riti della fertilità.

La Ruota del Sole
In primavera viene scelto un particolare albero, che viene privato dei rami inferiori e innalzato assieme a una ruota (solare) posta sulla cima. Si da poi fuoco all'albero, quindi viene nominata una sentinella per proteggere e custodire il fuoco. Questo esempio illustra perfettamente l'antica cerimonia del fuoco, poiché nella simbologia della ruota solare include persine la preghiera per il ritorno del Sole. La sentinella ci ricorda quei giorni in cui il fuoco, scaturito dal fulmine, non poteva essere riacceso e doveva venire alimentato e custodito continuamente (come nell'esempio delle Vergini Vestali). I pezzetti di legno che eventualmente rimangono sono conservati in casa, poiché si ritiene la proteggano dai fulmini. La ruota solare è associata alle antiche celebrazioni di Yule e del Natale, oltre che a un certo numero di significati simbolici. Essa rappresenta la Ruota del Sole, i cui raggi dividono l'anno in quattro stagioni e mostrano il movimento del tempo. Quando vi viene appiccato il fuoco e la si fa rotolare lungo il pendio di una montagna, essa diviene simbolo del fuoco e del ritorno del Sole. Nell'Europa del Nord questa usanza è ancora viva in qualche valle remota, dove è possibile incontrare il simbolo fiammeggiante della ruota solare anche come decorazione, ad esempio negli intagli lignei, nei dolci, negli stampi per biscotti, nei letti e nei ricami. Oggi nelle zone in cui si svolge ancora la cerimonia di Calendimaggio, raramente il palo viene bruciato, eccezion fatta per qualche vecchio paese come Denekamp, in Olanda. Anche se i paesani non conoscono il motivo di tale cerimonia, a Pasqua il palo viene innalzato con cura, così come si fa con il ceppo di Yule nei paesi nordici. Esso viene eretto nella piazza del paese e sulla cima si attaccano una piccola botte e una ruota di carro (l'antico simbolo solare). Circa una generazione fa, la botte conteneva del catrame che, acceso, sarebbe colato lungo il palo e lo avrebbe incendiato partendo dalla sommità. Quest'operazione è considerata oggi troppo complicata e inquinante, per cui la botte ora è riempita di trucioli di legno che bruciano in una pioggia di scintille. Ci si potrà forse chiedere perché la gente non prenda un albero e non gli dia semplicemente fuoco, ma va detto che nei freddi e umidi Paesi del Nord Europa era praticamente impossibile appiccare il fuoco al legno vivo. Nel diciassettesimo secolo i Puritani d'America (quei Padri Pellegrini fondatori della città di Plymouth) espressero orrore alla vista della stessa, allegra cerimonia pagana svolta dai loro vicini inglesi. Essi li attaccarono, abbatterono il palo di Calendimaggio e scacciarono il loro capo. Per i greci e i druidi celtici, la quercia (nota per l'attrazione che esercita sui fulmini) era l'albero sacro del fuoco, mentre per le tribù nordiche questo simbolo era rappresentato dall'abete (in inglese la parola fir, "abete", è graficamente simile a fire, "fuoco", N.d.T.) o dal frassino (il termine inglese per "frassino " è ash, che significa anche "cenere", N.d.T.). Qualsiasi luogo scegliamo per studiare le antiche tradizioni, troveremo comunque associazioni rituali con fulmini, alberi o tronchi in fiamme, candele sacre e grandi falò (inclusi riti di fertilità che consistevano nel saltare questi fuochi). In epoca pagana si riteneva che l'albero contenesse lo spirito della vita, il quale veniva rilasciato sotto forma di fuoco quando l'albero era colpito da un fulmine. In seguito si credette che i rami dell'albero di Natale servissero a protezione dai fulmini, così come succedeva per ciò che rimaneva del ceppo di Yule o del cero pasquale. Si pensa che i druidi legassero mele dorate all'albero come simboli del fuoco e in onore del dio Wodan, da cui deriva il termine inglese Wednesday, ossia "mercoledì".

Il fulmine e il fuoco
Secondo l'antropologo James George Frazer, autore de Il ramo d'oro (ed. Newton, 1992), alcune tribù africane credevano che quando un fulmine colpiva un albero incendiandolo, bisognasse estinguere tutti gli altri fuochi e se ne dovesse accendere uno nuovo prendendolo dall'albero in fiamme. In alcune zone dell'Inghilterra e in altri luoghi, a Natale fuochi o fiammiferi non si possono portare fuori dall'abitazione; similmente la tribù nordamericana dei Natchez possedeva un tabù secondo il quale se un fuoco si spegneva, era possibile riaccenderlo solamente usando quello di un tempio o la pura fiamma di un albero colpito da un fulmine. Nella mitologia persiana Ahriman, «scivolando come un serpente giù dal cielo e arrivando sulla terra», crea l'uomo e lo mette nelle condizioni di ricevere il fuoco da un albero in fiamme, insegnandogli perfino a cucinare! Anche le saghe nordiche note con il nome di Edda contengono accenni all'albero che brucia. Il mito del fulmine/fuoco è così universale che anche la tribù africana dei Boscimani possiede una leggenda simile, secondo la quale l'uomo ha perduto la sua idilliaca esistenza in un luogo equivalente al paradiso, quando ha ottenuto il fuoco da un fulmine. Il 25 dicembre i greci celebravano le loro Helia (da helios, il Sole), festività invernali che assicuravano il ritorno del Sole, seguite poco più tardi da un altro evento chiamato Basilinda. I romani celebravano festività simili dette Saturnalia e Calendae, periodi durante i quali essi si scambiavano i doni, ornavano gli alberi o, nelle città, decoravano le loro case e avvolgevano rami verdi adorni di doni e luci attorno alle colonne. Regnava una grande libertà sessuale e i ruoli venivano invertiti, per cui i padroni servivano gli schiavi e si nominavano dei finti re detti i "Signori del Malgoverno"; da notare la somiglianza con le nostre tradizioni carnevalesche e con l'usanza medievale di nominare vescovo un ragazzo durante la festività di San Nicola, per mantenerlo in carica fino al giorno dei SS. Innocenti, il 28 dicembre. Sopravvivevano, inoltre, tradizioni ancora più antiche (e decisamente malviste dalla Chiesa) per le quali gli uomini indossavano pelli o maschere di animali, oppure abiti femminili; usanze simili erano note anche nella Grecia antica. Nell'Europa del Nord esisteva un'altra versione dell'albero in fiamme: il ceppo di Yule. Si trattava in origine di un albero intero, poi trasformatosi in un grande ceppo, che veniva trascinato al paese o in casa per essere ritualmente bruciato a Natale; fatto questo, le ceneri venivano conservate poiché si riteneva che esse possedessero un grande potere di fertilità (le ceneri del legno costituiscono infatti un ottimo concime) e che proteggessero dai fulmini. Per questo motivo in alcune zone si conservano tuttora dei pezzi del ceppo Yule, che vengono bruciati durante i temporali a protezione della casa. Sebbene il rito del ceppo di Yule sia noto soprattutto come tradizione nordico-germanica, si tratta in realtà di un rituale indo-ariano risalente a molto tempo prima e praticato addirittura dai persiani. L'origine della parola "Yule" è incerta, ma alcuni ritengono che essa sia legata all'antico sassone hweol, ossia "ruota", e che l'azione del tagliare e far rotolare il ceppo di Yule abbia portato all'invenzione della ruota. Questa versione, tuttavia, non pare corretta; attualmente, infatti, in olandese vi sono tracce della parola "Yule" nei termini joel o jol, che significano "far festa in modo chiassoso e allegro" e che sono associati al nome gotico del mese di dicembre, juleiss, vale a dire il mese in cui si celebra e si fa festa. In fin dei conti le fiamme del ceppo rappresentavano anche una natura creativa e sessuale, la forza vitale della fertilità. Vi sono ormai pochi luoghi in cui si accendono grandi fuochi, magari da una fiamma che può venire creata solo sfregando assieme bastoncini o, meglio ancora (secondo la tradizione), rubandola da qualche parte! Il fuoco possiede il potere della fertilità: si danza e si saltano le fiamme, si fa festa e l'attività sessuale aumenta (come del resto succede oggi in molti veglioni di Capodanno). Un tempo poi si faceva camminare il bestiame sulle braci ardenti e le ceneri venivano sparse sui campi come concime.

La Chiesa e il Natale
Il culto dell'Albero del Fuoco è sopravvissuto anche nei Paesi in cui la Chiesa cattolica regnava sovrana dai tempi dei romani, come si può notare da antiche tradizioni come quella della Buche de Noel (letteralmente "ceppo natalizio", ovvero di Yule), un particolare dolce francese a forma di tronchetto, servito a Natale e a Capodanno. Va detto che Nòel, il termine francese per "Natale", deriva dal vocabolo latino natalis, ossia "giorno di nascita". Nell'antica Roma questo giorno era riferito al 25 dicembre, il Solstizio d'Inverno, in cui si celebrava la rinascita del Sole Invitto (Sol Invictus). In seguito la Chiesa stabilì a propria convenienza che tale giorno fosse dedicato alla nascita di Cristo, anche se di fatto non si conosce il giorno effettivo della sua nascita. Nell'ottavo secolo Willibrod e Bonifacio, i primi missionari arrivati a convertire frisoni e germanici, ritennero necessario abbattere gli alberi sacri di questi ultimi. La Chiesa cercò in seguito di eliminare ogni sorta di culto degli alberi e di Calendimaggio, ma non vi riuscì mai del tutto: non era facile tenere completamente sotto controllo anche quelle zone remote, e in esse il paganesimo sopravvisse. Quando, con l'avvento della Riforma, in queste aree ormai protestanti il potere della Chiesa cattolica diminuì, il culto riapparve sotto forma di alberi di Natale, ceppi di Yule e celebrazioni di Calendimaggio. Un dipinto tedesco su pergamena del sedicesimo secolo rappresenta il più antico disegno di un albero di Natale (vedi foto in alto). La figura risale a quel periodo rivoluzionario in cui la Riforma aveva appena infranto il potere della Chiesa cattolica, permettendo quindi a ciò che restava delle usanze pagane a lungo represse di riaffiorare in superficie. Il fatto che i paesani ritratti ai piedi del dipinto siano di dimensioni ridotte rispetto al normale indica che gli altri personaggi sono figure mitiche ben più che mortali. Vi è un musico che guida la sfilata, seguito da un uomo che impugna una frusta e che punta l'indice della mano destra verso il basso (verso l'inferno?); quest'uomo è, a sua volta, seguito da un personaggio che reca un albero di Natale (una quercia), decorato con brillanti ornamenti metallici di colore rossastro (simbolo del fuoco). Spesso infatti si dimentica che, soprattutto in Paesi dal clima più mite, l'albero del fuoco originario era la quercia, ovvero l'albero sacro dei germanici. Il personaggio dall'aspetto papale sul cavallo, che ricorda l'olandese Sinterklaas, rappresenta in realtà una figura pagana. Infatti, egli porta sulla sua tiara solo due corone (al contrario del papa che ne reca tre), vale a dire la corona del potere spirituale e quella del potere temporale, che gli conferiscono lo status mitico di re-sacerdote pagano. La figura stringe in pugno quella che probabilmente è una boccetta profumata (un oggetto dalla funzione di amuleto che contiene sostanze odorose), usata sia per benedire che per scacciare gli spiriti del male, cioè per due attività di carattere esclusivamente sciamanico. In questo caso l'uomo sembra benedire l'albero. Il suo mantello, ornato di tralci verdi, indica che egli è uno spirito della natura; a mio parere egli rappresenta l'unione del re sciamano e del dio germanico Wodan, entrambi antenati di Santa Claus. Queste nascite pagane non durarono tuttavia a lungo, poiché ben presto le forze protestanti, anche più puritane, acquistarono potere e soppressero tali rituali. Il potere della Chiesa durò fino al tardo Settecento, periodo in cui l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese permisero il ritorno delle tradizioni pagane, tradizioni che erano segretamente sopravvissute in paesini montani inaccessibili o su isole remote. L'albero di Natale riapparve in forma di abete nel tardo Settecento illuminista. Perché un abete e non una quercia? Le querce, che secoli addietro avevano rappresentato oggetto di culto, cominciavano a scarseggiare, e inoltre il ricordo del suo forte legname con i rituali pagani germanici era ancora fresco nella memoria della Chiesa.

L'abete invece, che comunque nelle fredde zone montane della Germania era stato per lungo tempo l'albero scelto per tali cerimonie, era economico e abbondante, bruciava bene e, avendo un fusto rette, poteva essere trasportato più facilmente. Secondo un'antica leggenda tedesca quando la vecchia e pagana Quercia Sacra fu abbattuta dai missionari, dalle sue radici nacque un piccolo abete. Esso fu così scelto come albero di Natale.
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Wulfric Njordsson
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MessaggioInviato: Ven Gen 29, 2010 1:06 pm Rispondi citandoTorna in cima

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Ultima modifica di Wulfric Njordsson il Mer Giu 06, 2012 5:49 pm, modificato 1 volta in totale
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She-Warrior
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MessaggioInviato: Mar Feb 09, 2010 10:08 pm Rispondi citandoTorna in cima

Ciao, io sono appassionata di mitologia norrena e mi sento di consigliarvi un bellissimo libro (adatto a tutti) chiamato I Miti Nordici (Gianna Chiesa Isnardi), consigliato anche dalla Asatruar Italia. Inoltre, c’è un sito molto interessante chiamato Bifrost (cercatelo su google perché non sono sicura se si possono postare links), dove è stata tradotta l’Edda di Snorri (lettura impegnativa).

EDITO: Wowww Ulfgard!
Non avevo letto il tuo messaggio prima di rispondere, cosa dire? Mi vuoi sposare? Embarassed

“è l'origine della vita, che è molto simile ad uno degli scenari proposti dai microbiologi per spiegare appunto l'origine della vita sulla terra”

Credevo di essere l’unica a vederla in questo modo, invece no!
Muspeling
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MessaggioInviato: Mer Feb 10, 2010 10:37 am Rispondi citandoTorna in cima

Se I Miti Nordici che citi sono quelli editi in cofanetto da due tomi dalla Mondadori, posso confermare il tuo giudizio e consigliare di leggersi anche le note introduttice. Very Happy

Naturalmente una versione aggratis dell'Edda Snorra ha il suo fascino,
ma quella cartacea - se si trova ancora - l'aveva pubblicata qualche annetto fa l'Adelphi.

Comunque, se trovi difficile l'Edda Snorra, prova un po' ad assaggiare quella Poetica, pubblicata da Mondadori col titoli: Il carmiere eddico!
Wink

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MessaggioInviato: Mer Feb 10, 2010 10:43 am Rispondi citandoTorna in cima

Allora il libro è qui con me sopra il tavolo, ho dato uno sguardo ed è edizioni Longanesi, unico tomo di 698 pagine, 26,00 euro.

Mi sa che non è lo stesso.
Muspeling
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MessaggioInviato: Mer Feb 10, 2010 7:37 pm Rispondi citandoTorna in cima

Uhm, il mio si chiama "Le antiche saghe nordiche" e c'è ovvia differenza.
Beh, ricordavo in modo imperfetto, ma rimane il fatto che sempre la pena di fare la conoscenza con Egil, Njall, i Volsunghi, gli uomini delle Orcadi. Wink

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