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Honoo
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MessaggioInviato: Sab Lug 14, 2007 12:31 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Audra - Ottavo piano]

Le voci aumentano di momento in momento e ti è parso di vedere di sfuggita una massa di capelli rossi sporgersi dalle scale... E sei certa che anche lui ti abbia visto. Un'altra voce ha fatto eco alle prime due, stavolta è una voce femminile; sembra sempre meno una trappola, ma non ti senti di dirlo con certezza... "C'è qualcuno oltre te , lì sopra?" Questa è l'ultima domanda che ti hanno fatto, o che credi ti abbiano fatto. E ora devi rispondere...

[Gli altri - Secondo piano]

Tutti ammassati sulle scale in attesa di qualcosa, che la persona che si nasconde in cima a questo palazzo si palesi, decida di abbandonare la sua posizione. La sua pericolante posizione, nell'opinione di Nether, ma è un pensiero a cui non viene data voce, così come le considerazioni su cavie e sezionamenti di Sytha. Chissà, forse una volta che vi sarete presentati alla ragazza che è nascosta sopra di voi potreste capirci qualcosa di più. Tristan, madido di sudore si passa le mani sul collo, cercando invano un minimo di refrigerio e trova invece un altro mistero: agitando la maglietta che indossa per farsi aria, vede una cosa sul suo torace. Ad una più attenta analisi scopre che si tratta di una cicatrice, posta vicino al cuore. Una cicatrice molto recente, rettangolare, dai contorni estremamente squadrati.


Ultima modifica di Honoo il Dom Lug 15, 2007 8:14 pm, modificato 1 volta in totale
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Akhayla
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MessaggioInviato: Dom Lug 15, 2007 10:23 am Rispondi citandoTorna in cima

[Audra - PF:18 - PP:5]

La ragazza si morde il labbro. Aguzza la vista sporgendosi appena oltre la balaustra e vede una zazzera di capelli rossi, un colore quasi innaturale. Ancora movimento, poi voci, che la chiamano.
#C’è qualcuno oltre te, lì sopra?#
*Non farebbero tutto questo baccano se volessero prendermi di sorpresa. Sarebbero già saliti. E di sicuro non si sarebbero rivelati tutti così apertamente… sempre se siano tutti…*
Incredibile come il senso di diffidenza non la molli mai. Giustificato, vista la situazione. Eppure non se la sente di fidarsi così alla cieca. La mano stringe la scheggia. Per uno strano quanto curioso motivo, non vuole mollarla, come se stringerla, come se sentire di avere una parvenza di arma in mano la faccia stare più sollevata. Una specie di senso di completezza. Nemmeno lei sa dirlo.
Per un istante volge lo sguardo alla sala che ha appena abbandonato. L’angolazione della sua visuale non le permette di scorgere tutto, ma anche da dove si trova lei riesce a scorgere la ragazza morta riversa a terra, nella pozza del suo stesso sangue. La vista di quel corpo immobile, muto testimone di un evento a dir poco inquietante, la rende nervosa ad ogni secondo che passa.
Ode uno scricchiolio. Fa scorrere lo sguardo tutt’attorno, esaminando la struttura. Pericolante, cedevole. Morente.
Non può rimanere là.
Se c’erano verità sopite, forse le sarebbero crollate addosso. E non in senso figurato.
Lo sguardo della ragazza continua a scorrere attorno a sé. Comincia a chiedersi da dove venga quel suo strano istinto di tenere tutti i sensi all’erta, come un gatto. Esamina ogni angolo, ogni buco, come se si aspettasse di scorgere qualcosa o udire rumori da un momento all’altro.
E non riesce a togliersi quella sensazione addosso. Come di sentirsi osservata.
Infine si riscuote e riempie a fondo i polmoni prima di gridare in direzione di coloro che la cercano, rispondendo alla domanda che le è stata rivolta.
#Soltanto un cadavere!#
Non c’è paura o sgomento nella sua voce. C’è quasi rabbia. Si interrompe un attimo guardando dietro di sé, come se avesse il timore che la sua voce potesse risvegliare qualcosa. Si dà della stupida, tuttavia ha come il presentimento che si sarebbe pentita se non avesse dato retta alle proprie sensazioni. Da dove venga quello strano istinto, non lo sa… né per ora le importa. Si sporge maggiormente e continua: #SCENDETE! USCITE!# Lo grida un paio di volte, in maniera imperiosa, cominciando a discendere i gradini. Chissà perché ha urlato così… potrebbe quasi scambiarlo per un senso di protezione, e se ne stupisce: non sa nemmeno chi si ritroverà di fronte, né tantomeno se sia gente che non intenda davvero farle del male…
Scende. Un passo dopo l’altro. Un gradino, due gradini per volta. Forse l'aspetta una trappola, forse invece può trovare risposte. Di sicuro molte di più di quelle che otterrebbe se rimanesse lì ad attendere che l'edificio le crollasse sulla testa. Tiene sempre d’occhio la situazione sotto di sé, e allo stesso tempo volge a tratti lo sguardo in alto, come se si aspettasse da un momento all’altro di vedere qualcosa seguirla…
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Grifis
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MessaggioInviato: Dom Lug 15, 2007 8:10 pm Rispondi citandoTorna in cima

- Tristan - Pf 15 - PP 5 -

Tristan ha appena scoperto quella “cosa” sul suo petto, resta incredulo davanti a ciò che ha di fronte; quasi balbetta.
“E… e questa???”
Con la mano destra sfiora quello sfregio sul suo corpo, è così… così “perfetto”… ha quasi paura di toccarla, paura che gli faccia male, che gli riporti alla mente un ricordo lontano che, così doloroso, preferisce non riacquistare.
Una voce spezza questo suo silenzio
#Soltanto un cadavere!#
Soltanto un cadavere… quelle parole si ripetono continue nella mente del ragazzo che quasi le mormora…
‘un… cadavere’
Non ha il tempo di riprendersi da tutte queste cose che stavano capitando proprio a lui che di nuovo il silenzio viene rotto.
#SCENDETE! USCITE!#
Tristan è a metà della rampa di scale, appena sentite le urla della ragazza scende di alcuni scalini arrivando in un pianerottolo.
Nessuno lo segue per il momento così decide di fermarsi.
"Non avete sentito l'avvertimento? Su andiamo"
Non appena finisce di dire quelle parole resta sbigottito di se stesso... Come ha potuto dire una cosa del genere? Quella ragazza ha bisogno di aiuto forse e lui stava per scappare al minimo avvertimento.
"io... " Lascia la frase così, non sa nemmeno lui cosa dire, forse vuole scusarsi, l'intonazione della voce sembra quella, forse... non lo sa.
Sta un attimo fermo, forse gli altri hanno fatto qualcosa, per un attimo è per i fatti suoi immerso nei suoi pensieri, poi a gran voce chiama.
#SCENDI DAI! NON TI LASCIAMO QUI!#
Ora è deciso ad aspettare la ragazza per poi scendere e scappare da quella trappola di ferro e cemento tutti insieme...
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Karl
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MessaggioInviato: Mar Lug 17, 2007 11:57 am Rispondi citandoTorna in cima

Karl - PF:15 - PP:5 - scale di un certo palazzo

Alle volte ci sono momenti in cui una parola puo' davvero cambiare il mondo, e cadavere e' una di queste.

Per un minuto intero Karl rimane assolutamente immobile, sforzandosi di ricordare cosa la parola cadavere voglia dire con precisione. Corpo immobile? O corpo senza vita? E soprattutto, cosa, o peggio 'chi', l'ha reso cadavere?
Ma per ora cadavere rimane una specie di saluto, uno sfortunato suono di benvenuto che un non-cadavere dalla voce argentina ha loro lanciato.
Ovviamente salire ancora piu' scale per vedere uno schifo di grusig cadavere non rientra minimamente nei piani di Karl, specie dopo l'invito della non-ancora-morta di scendere ed uscire.
Si volta, Karl, guardando indietro, in direzione di Periskop che pare aver preso alla lettera il suggerimento, e annuisce con la testa alla combinazione di scendere ed uscire. Scendere non basta, uscire. Varum?

Si gratta la fulva chioma con la spranga voltandosi nuovamente verso la tromba delle scale.
Cadavere, scendere ed uscire.
Ma il loro angelo cherubino pare prendersela molto comoda. Varum? Nella testa di Karl, oltre all'enorme immagine di un bovino in preda agli spasmi d'agonia mentre, appeso per le zampe, viene flagellato a morte, fa capolino anche la debole visione d'una giovane ragazza ferita aggrappata alla balaustra delle scale che li implora d'uscire, incurante del proprio destino. Heldisch! Ubrstrni heldish!
- Ho capito, ho capito... Breczni! - sbotta infine il Rosso aggrappandosi controvoglia al passamano. - La trovo, la prendo und dann scendiamo und usciamo... Tak imi rass!-.
Inspira profondamente e come una macchina dai pistoni cromati si avvia sbuffando salendo i gradini a due a due per recuperare la misteriosa voce .... e farla scendere giu a calci in das backe!!
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Nether di Middenheim
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MessaggioInviato: Ven Lug 20, 2007 1:37 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Nether PF 15 PP 5 ]

Avverte un brivido lungo la schiena *Se è uno scherzo...* pensa inspirando profondamente. In realtà, dopo l'urlo che avevano sentito prima, ha qualche dubbio sul fatto che potesse essere solo una bugia...
Si sposta da una parte lasciando passare il ragazzo dai capelli rossi e, dopo un attimo di esitazione, lo segue anche lui.
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Honoo
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MessaggioInviato: Ven Lug 20, 2007 2:24 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Audra, Nether e Karl - Palazzo Artusi]

Karl sale i gradini sbuffando. In parte per il caldo, ma soprattutto per il fastidio di dover salire fino a lassù visto che, chiunque sia nascosto in cima alle scale potrebbe fare la cortesia di scendere. Salgono un piano, poi un altro, poi un altro ancora. I due, arrivati al settimo piano cominciano a imprecare e maledire silenziosamente il responsabile della loro faticata, quando un rumore li fa fermare: dalle scale davanti a loro compare una ragazza dalla pelle brunita e dal fisico atletico. I suoi occhi verdi sono incorniciati dai capelli, neri e arruffati, impolverati quanto il resto del corpo. Stanno per aprire bocca quando un forte scricchiolio li paralizza. Il rumore cresce di intensità ed i tre senza proferire parola cominciano a correre verso l'uscita. I rumori sopra di loro aumentano di intensità, trasformandosi in un rombo terribile. Scesi di due piani, Audra si butta contro Karl, facendolo sbattere violentemente contro il muro: il gesto salva la vita ad entrambi, perchè una porzione consistente del soffitto crolla, trascinando con se il pavimento, che non ha retto all'urto e proseguendo verso il basso.

[Sytha e Tristan - Atrio di Palazzo Artusi]
Un rombo sordo attira la vostra attenzione, e dopo pochi secondi cominciate a correre verso l'uscita, sperando di sfuggire a quello che è evidentemente un crollo. Correte verso l'uscita, mentre inquietanti crepe si diramano sul soffitto. Pezzi di soffitto cominciano a cadervi intorno mentre tentate di guadagnare l'uscita; Tristan riesce a scartare sia i detriti che cadono, sia quelli già caduti, ma Sytha non è altrettanto fortunata. Inciampa in un masso caduto davanti a lei e finisce con la faccia nella polvere. Prima ancora che possa rialzarsi un frammento di soffitto largo un paio di metri si stacca, schiacciandola. Tristan si lancia fuori dal palazzo e solo quando la polvere si deposita nuovamente si azzarda a tornare vero l'ingresso. Resta immobile fissando la chiazza di sangue che si allarga lentamente dal punto dove è stata schiacciata Sytha e si ridesta dal trance solo quando sente i passi incerti di Nether, Audra e Karl, che stanno uscendo barcollanti e feriti, ma vivi, da quell'inferno.
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Akhayla
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MessaggioInviato: Ven Lug 20, 2007 5:03 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Audra - PF:18 - PP:4]

E’ strano come il rumore di un crollo possa far vacillare ogni minima sicurezza.
E’ strano come sentirsi i polmoni riempirsi di polvere riesca ad infondere quel senso di soffocamento della stessa stregua di due mani che stringono la gola.
Il rumore della frana. Spaventoso, incombente. Come la voce del fato. Un suono che può essere in grado di far sentire così piccoli, insignificanti, quasi impotenti. Paralizzati di fronte all’inesorabile.
La ragazza non si è fermata per un istante, è letteralmente volata sui gradini. Quando ha sentito le macerie precipitarsi su di loro ha nuovamente obbedito all’istinto, buttandosi sul tizio dai capelli di un rosso acceso per scostarlo dalla traiettoria dei detriti.
Quell’assurdo, pazzesco, senso di protezione.
Non sa chi siano. Così rassomiglianti a lei, nella sua strana tuta bianca, così simili, tuttavia così variegati, come tanti fiocchi di neve: tutti somiglianti, quasi tante copie conformi, nessuno tuttavia uguale all’altro. Eppure quando ha udito sopra di sé il soffitto cedere, non ha esitato un solo istante, e si è lanciata a protezione prima ancora di formulare il pensiero.
Che siano amici o nemici in quel momento non importa. Sono tutti insieme, a condividere la stessa sorte, vita o morte che sia.
Un fragore indicibile riempie le sue orecchie, mentre tutto precipita, tutto si frantuma, avvolgendoli in un manto impenetrabile allo sguardo. Per un istante chiude gli occhi. Non che quando li riapra veda poi molto: il polverone che si è sollevato sembra un vero e proprio muro grigio. Sotto di loro la distruzione non si ferma. Riesce a vederla, al di là del braccio che ha sollevato per proteggersi il volto dalle schegge.
Passa del tempo – secondi? un’eternità? – e quando il susseguirsi dei crolli sembra cessare la sua furia, si azzarda ad abbassare il braccio e ad osservare ciò che è rimasto di quell’edificio già in rovina, ora ancora più scheletrico, decaduto. Morto.
Soltanto quando il suo cuore cessa finalmente di battere all’impazzata si rivolge ai due. A quei due visi nuovi, che nemmeno conosce né le riportano a galla alcuna memoria. Prima ancora che possano parlare prende entrambi per il bavero della tuta bianca, come la sua, attirando fulmineamente la loro attenzione. La mano sporca di sangue del cadavere della ragazza lascia un’impronta vermiglia sulla maglia di quello dalla capigliatura rosso fuoco.
#Maledizione!# grida la ragazza con astio. #Quale parte di ‘scendete e uscite’ non avete capito? Perché siete saliti? Avevate così voglia di lasciarci la pelle?#
Il tono è rabbioso. E’ un rimprovero. Severo, freddo. Quella stessa frase le è uscita dalle labbra senza che potesse fermarla, prioritaria a qualsiasi altra domanda, compresa quella sulla loro identità, e sulle loro intenzioni.
Dopo quello sfogo il suo sguardo passa su di loro. Li esamina praticamente da capo a piedi, febbrilmente. Nessuno, a parte qualche ferita superficiale, sembra in brutte condizioni. Possono camminare, e sono vivi. Solo allora si stupisce del fatto che quasi sta trascurando le proprie condizioni… tuttavia le basta un attimo per constatarle. E’ illesa. Miracolosamente illesa.
“Scendiamo…” mormora, con voce sorda. “E stavolta datemi ascolto!”
Si volta senza sincerarsi se l’abbiano capita o ascoltata, e comincia a scendere, saggiando ogni gradino col piede prima di appoggiarci tutto il peso. Il crollo ha certamente indebolito la struttura, e non sa fino a che punto, quindi non vuole mettere a prova la sorte che solo pochi minuti prima le ha concesso clemenza. Un piano per volta, con estrema, esasperante lentezza. Troppo lenti per i suoi nervi già tirati fino al limite.
Giunge finalmente nell’atrio. Il sole si infrange sul polverone sollevatosi per il crollo. C’è qualcuno proprio di fronte ad un ammasso di macerie. Un giovane, completamente immobile, una statua di sale, un’espressione raggelata sul volto. La ragazza aguzza la vista e quando scorge il sangue allargarsi da sotto il cumulo di detriti trattiene il respiro, rilasciandolo solo dopo qualche secondo. Il volto è quasi imperscrutabile, mentre continua a spostare lo sguardo da ciò che era diventato una tomba al ragazzo che la fissa con sconcerto, come a capacitarsi di quanto è accaduto. Gli occhi verdi della ragazza si socchiudono appena, vinti da una contrizione che però l’impassibilità del suo viso riesce abilmente a mascherare.
“Era dei vostri?” chiede con voce sommessa, pur già immaginando la risposta. Continua a fissare il sangue come fosse l’unica maniera per nascondere ciò che veramente rode la sua anima. Altra morte, altro sangue. La ragazza al piano di sopra, ora chissà sprofondata nelle viscere del palazzo. E un’altra vita spezzata proprio di fronte a lei, una vita che se n’è appena andata.
Non attende la risposta degli altri. Purtroppo per chiunque sia sotto quei massi non c’è altro da fare se non evitare di farle compagnia. Per quanto può essere crudele, è la realtà, amara come il sapore della polvere che le riempie i polmoni grattandole quasi il respiro.
Digrigna i denti, con la rabbia che cresce dentro di sé, silenziosa, mascherata, come tutte le altre emozioni celate dietro alla domanda che ha appena pronunciato, fredda, quasi distaccata. Lascia cadere le braccia sui fianchi, in un gesto di tacita rassegnazione. Solo allora si accorge di avere ancora in mano la scheggia di pietra. La guarda per un paio di secondi, quasi accorgendosi solo in quel momento della sua esistenza, poi la scaglia via, quasi con ira, lasciando che rimbalzasse sul pavimento un paio di volte prima che andasse a confondersi con i detriti anonimi che ricoprono il pavimento.
“Forza, andiamocene da qui” li esorta infine. Quel palazzo ha già riscosso il suo tributo. E lei non intende concedergliene nessun altro.
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Grifis
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MessaggioInviato: Sab Lug 21, 2007 6:58 pm Rispondi citandoTorna in cima

- Tristan - Pf 15 - PP 5 -

Quel palazzo gli è quasi crollato sulla testa, Tristan ansima in ginocchio, gli occhi gli bruciano per la polvere e il sudore e le lacrime che gli rigano il volto.
Non riesce a concentrarsi, non riesce parlare, gli riesce solo uno stupido ansimo di disperazione e stanchezza.
Le macerie davanti a lui sembrano quasi un perverso altare funebre; macchiate di vermiglio gli appaiono spettrali e inquietanti, soprattutto dopo che una chiazza di sangue inizia ad espandersi da sotto di esse.
E' dalle mani poggiate a terra, che stringono impotenti la polvere, non appena si lordano di quel sangue, che arriva l'impulso per riscuotersi.
Tristan chiude gli occhi solo un attimo e un flash di immagini e suoni lo inondano.
Corridoi bianchi e riccamente illuminati. Volti. Corpi. Pagine. Voci.
*Tristan*, Altri volti.
Non li conosce, o meglio... Non li ricorda...
'Tristan'
Mormora di riflesso, poi quel sangue risveglia qualcosa: nozioni, parole. Ripete anche quelle, quasi meccanicamente.
'Essere umano, sesso femminile... 4,5 litri di sangue circa... plasma, componente corpuscolare...'
Anche i pantaloni di quella stupida tuta sono anch'essi lordi e ancora un'altra voce, questa volta vera, concreta.
"Forza, andiamocene da qui..."
Si volta, tre figure lo attorniano, li conosce? Forse... Ah si! Quello è il Rosso! E l'altro? L'ha gia visto... e la donna? Ma non era sotto le macerie? E' Viva!
Si alza di scatto, non riconosce che non è la stessa, la sua mente gli impone di credere che sia la stessa, la abbraccia e continua a piangere...
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Akhayla
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MessaggioInviato: Sab Lug 21, 2007 8:42 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Audra - PF:18 - PP:4]

Immobile.
Perfettamente immobile.
E’ così che rimane, mentre i singhiozzi che scuotono il giovane sembrano rimbalzare sul suo petto. Un pianto che è l’unico suono a spezzare un silenzio, che a prima vista può sembrare di cordoglio.
L’espressione sul volto della ragazza è di pura sorpresa. Continua a fissare il ragazzo che non sembra avere intenzione di mollarla, e la stringe in un abbraccio sussultante per via dei singulti. Le lacrime del giovane scorrono libere sul suo volto, andando a morire sulla sua tuta bianca laddove la guancia si posa sulla spalla.
Non lo conosce. Non ricorda il suo volto, la sua voce, o altro. Lui conosce lei, forse? Non può dirlo. Non si azzarda, non agogna alimentarsi false speranze; e forse al momento attuale, in quell’atrio polveroso dall’aria pesante impregnata di morte, è qualcosa di secondaria rilevanza… Eppure quel pianto la tocca. In maniera impercettibile, ma lo fa. Non riesce ad ignorare quel lamento colmo di disperazione quanto di sollievo; le sue orecchie non lo sopportano, e il suo animo ancora meno.
Eppure è lì, immobile, in un primo momento quasi incerta sul da farsi. Quasi presa alla sprovvista. Tutto è successo in maniera repentina, al pari del crollo che per poco non è costato loro la vita. Quando ha visto il ragazzo inebetito di fronte alle macerie si è avvicinata per cercare di capire chi fosse. L’ha udito pronunciare qualcosa, chino sul sangue della vittima. Una voce appena percettibile, tuttavia la ragazza ha l’udito buono e non le è scappato un nome. Tristan. E’ il suo o quello di chi ha appena perso la vita? Non ha avuto nemmeno il tempo di rifletterci che ha udito ancora il giovane delirare frasi all’apparenza sconnesse fra loro. Lei non è riuscita nemmeno a capire cosa stesse dicendo, parlava troppo in fretta. E altrettanto in fretta le si è gettato addosso, abbracciandola come se aggrappandosi a lei trattenesse la vita, e l’anima.
Ora è trascorsa una buona manciata di secondi, e ancora è lì a stringerla, in una stretta che implora… conforto? sollievo? Qualsiasi cosa che lo faccia stare meglio. Forse quello stesso contatto è sufficiente, sebbene non riesca a frenare lo sfogo delle sue emozioni. Il ragazzo è sconvolto, ed ogni suo singhiozzo si infrange su di lei, come se ognuno volesse esprimere una parola che non trovava la via delle labbra.
Lo sguardo della ragazza vola sugli altri, pieno di domande e agognante di qualche spiegazione, prima di posarsi nuovamente sul ragazzo che continua a piangere, alternandolo da lui alla pozza di sangue che pare non voler cessare di allargarsi. Infine lo sofferma sul volto del giovane, dove le lacrime disegnano solchi ben visibili sulle gote sporche di polvere. Le guarda a lungo, sempre in silenzio. Gli occhi verdi, perennemente impassibili, si assottigliano lievemente. Infine le mani, che finora sono rimaste penzolanti lungo i fianchi, si alzano posandosi appena sulle spalle dell’altro.
“Sei ferito?” chiede, con tono distaccato, in totale dissonanza col gesto appena compiuto. Ha notato il sangue sulle mani del ragazzo, ma sa che non è suo. L’ha visto in ginocchio di fronte alle macerie che hanno appena mietuto una vittima, e all’apparenza non le è sembrato che avesse qualche lesione. Ben più profonda, tuttavia, sembra essere la ferita nella sua anima, e quel pianto che le rintrona nelle orecchie comincia a rendersi insopportabile. Non fastidioso. Insopportabile. Tristemente insopportabile…
Sospinge appena il ragazzo in modo che molli la stretta. Trova resistenza, ma riesce nell’intento quel tanto che basta perché la possa fissare negli occhi. “Ehi, guardami” lo esorta a bassa voce. Il tono è sempre pacato, non lascia trasparenza ad alcuna emozione, e le parole stesse sono semplici in maniera pressoché disarmante. Se il ragazzo piange di paura, o di dolore per la morte del compagno, o per entrambi, non sa dirlo: sa solo che qualsiasi parola possa dirgli, non cambierebbe la realtà, specialmente il passato, e forse nemmeno lo aiuterebbe ad accettarla. Non è con le lacrime che le cose mutano o si risolvono. Tantomeno gli eventi su cui già è impossibile detenere alcun controllo…
*Le lacrime sono inutili.* Quel pensiero le pare una verità consolidata da anni, come se fosse una conoscenza radicata direttamente in ogni fibra del suo essere. E’ per questo che sostiene lo sguardo lacrimoso del giovane, che ancora piange, in silenzio, senza che la propria espressione ne venga turbata. E’ il suo senso pratico a parlare, non il suo cuore. Il lato di sé che sa benissimo – chissà poi in quale occasione l’ha imparato - che la morte, accidentale o provocata che sia, non indugia né attende il tempo delle lacrime.
“Non piangere" mormora piano, sebbene la voce sia decisa, inflessibile. Gli occhi verdi lo fissano, penetranti, misteriosi, indecifrabili. "Non c'è tempo per farlo. Ora vieni. Ce ne andiamo. ”
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Karl
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MessaggioInviato: Lun Lug 23, 2007 5:58 pm Rispondi citandoTorna in cima

Karl - PF:12/15 - PP:5 - scale di un certo palazzo

Mani poggiate sulle ginocchia, e respiro ansimante, Karl guarda per terra davanti a se' con il cuore che palpita in gola. Qualche graffio rosso sangue, niente di grave per fortuna a parte quel pensiero fisso che gli batte nella mente ad ogni pulsazione.

...lo sapevo, breczni curuba, lo sapevo...

Chiude gli occhi, in un momento che in altre occasioni si sarebbe potuto immaginare di raccoglimento mistico, ma in questo caso e' solo una inutile att....
-Breczni!! Curuba i tivi miljiati prodruski pdolci pdolcivi und pdolcze! Chi e' che grida in questo letame marcio di palazzo di gurundingje pirjavani curubereczi?- Karl e' in piedi, sguardo carico di rabbia e tensione, e mani serrate in pugni graffiati coperti di polvere che si abbattono su ogni oggetto o maceria che il Rosso trova lungo il suo cammino. -AARGH! Luridissimo tiriaczi di grusig letame! Sali... sali... fesso... No, ora scendi ed esci! AARGH! Nun zwei ne facciamo di cadaveri! Ras! Zwei! Druvi! ... - adesso son calci che partono contro la plastica ed il metallo mentre le mani roteano nell'aria pari a mortali mulinelli. -Dov'e' il cadavere della pdolci curuba? Dove e'? Eh? Eeh? EEeeeh?-
Simile ad un improbabile Juggernaut avanza tra le macerie sollevando nubi di polvere al suo passaggio -Meglio, vasse schoner, per te se sei sotto queste breczni di pdolci pdolcivi pezzi di letame cementificato! Dove sei? Dove sei?- .
Afferra un tubo di metallo, forse un pezzo del passamano che fino a poco prima lo sorreggeva lungo le scale, lo tira a se' con forza e, nuovamente armato, lo rotea percuotendo ogni cosa attorno a se'.

D'un tratto si ferma.
Ansima per lo sfogo e lacrima per la polvere.
Percuote un'ultima volta con la spranga una cassettiera deformata assieme ad un -Breczni! -.

Dov'e' finito Periskop? E il Fiammifero dalla capocchia rossa? E quell'altro, quello strano? E quella che scendeva dalle scale?

-Ohoo!- grida agitando le braccia per allontanare la nube di polvere -Wo sind tivi? Periskop! ... Streicholz! Dove siete?- tossisce. Il tono e' piu' calmo, ma la testa vaga ancora in un mare di confusione.

L'importante e' essere vivi...
...ok... pensa ...se li trovo non li ammazzo.
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Nether di Middenheim
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MessaggioInviato: Mar Lug 24, 2007 3:26 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Nether PF 12 PP 5 ]

Si alza in piedi. La caviglia gli fa un gran male e avverte la presenza di alcuni tagli sul resto del corpo. Impiega qualche secondo per rendersi conto di avere gli occhi chiusi, e quando li apre se ne pente. Il polverone sollevato dal crollo lo acceca facendoglieli bruciare. Lentamente il polverone si dirada quel tanto che basta per permettergli di vedere qualcosa. Camminava incerto tra le macerie fino a scorgere i contorni della figura che riconobbe come il ragazzo biondo che aveva incontrato poco prima insieme al rosso. Si volta per cercare di capire cosa stia osservando e rimane impietrito. La ragazza che gli era spuntata davanti poco prima giaceva semisepolta in una pozzanghera di sangue. Il ragazzo si voltò gettandosi tra le braccia dell'altra ragazza che avevano trovato all'interno dell'edificio, scoppiando in lacrime. Per certi versi, si sentiva anche peggio del ragazzo. A differenza di lui, non sentiva niente. Certo, gli dispiaceva che la ragazza fosse morta in una maniera così assurda...ma non provava la stessa sofferenza per la sua perdita dimostrata dall'altro. Si morse nervosamente il labbro.
"...ora vieni, ce ne andiamo." sente dire dalla ragazza.
Inspira profondamente facendosi avanti "Sono d'accordo con lei, è inutile restare qui a piangere della sua scomparsa..." disse con voce incerta "Ho visto una struttura...non molto lontano da qui. Sembra essere l'edificio più grande dell'intera zona...forse lì troveremo qualcosa di utile...e sinceramente, non so voi, ma io non ho altri punti di riferimento..."
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Honoo
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MessaggioInviato: Gio Lug 26, 2007 12:28 am Rispondi citandoTorna in cima

[Strade polverose di una città morta]

La polvere del crollo si è posata a terra e finalmente riuscite ad aprire gli occhi, senza che vi brucino in modo insopportabile. Karl ha sputato fuori tutti i termini che gli sono passati per la testa, molti dei quali non erano certo lusinghieri, tuttavia ogni parola lo porta sempre più vicino al recuperare il controllo della sua lingua. Sta recuperando la lingua che parlano abitualmente i suoi compagni di sventura e sente di poterla usare con maggiore sicurezza ora. Come se il crollo avesse sbloccato parte della sua mente. Lo strano ragazzo, che hanno seguito fino a quel maledetto palazzo, ha indicato loro nuovamente il titanico edificio che si staglia all'orizzonte. Difficile dire quanto sia lontano. Forse un giorno di cammino. Forse di più. Mettersi in viaggio in quella direzione non sembra più intelligente di andare da qualsiasi altra parte, ma è l'unico punto di riferimento. Può portarli verso la salvezza o verso una morte atroce, ma questo i 4 sopravvissuti, con le loro tute bianche impolverate e rese appiccicose dal sangue e dal sudore, non possono saperlo. Sono tutti immersi in un mondo alieno, dal calore insopportabile, dalla luce così innaturale, così diversa da ciò a cui erano abituati. Già, ma a cosa erano abituati? La risposta a quella domanda era sicuramente da qualche parte nella loro mente. Ma chissà perchè ora non c'era più. Era sparita per caso, o qualcuno aveva tolto loro ogni risposta volontariamente? E se era così, perchè lo aveva fatto? Solo domande. Nessuna risposta. E se qualcuno fra loro avesse avuto degli indizi, sembrava non volerli condividere. O forse, la situazione non era così tragica da far loro superare la reciproca diffidenza. D'altro canto... La loro condizione poteva peggiorare ancora? Senza dubbio. Così questi quattro ragazzi camminano lentamente verso il gigantesco edificio, sperando di trovarci delle risposte. O almeno, di non trovarci altre domande.
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Akhayla
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MessaggioInviato: Ven Lug 27, 2007 8:56 am Rispondi citandoTorna in cima

[Audra - PF:18 - PP:4]

Alza gli occhi al cielo. Anche quello sembra innaturale. Quasi bianco, accecante, al pari del sole. Quella luce le dà fastidio, e il calore che instilla le fa grondare i neri capelli, appiccicandoglieli al collo e alla fronte. La pelle brunita del volto è lucida per il sudore, pelle che sembra comunque saper sopportare quella canicola senza scottarsi troppo.
E quel che è peggio, comincia ad aver sete.
Si volta indietro, scrutando gli altri. Quello coi capelli rossi e l’onnipresente spranga in mano, che ondeggia avanti e indietro a ritmo del suo passo; il ragazzo alto e robusto, che gli sta a fianco; e poco più indietro, con lo sguardo che fissa il suolo in direzione della punta dei propri piedi, il ragazzino con gli occhiali che le era scoppiato a piangere praticamente addosso.
Ai suoi occhi ognuno ha una componente bizzarra che lo distingue da ogni altro; e si chiede se per loro lei non faccia la medesima impressione. Non che le importi. Non ha mai badato molto al giudizio degli altri… Sogghigna. Ne parla come se lo ricordasse, mentre invece ciò che ha in testa non è memoria, non sono ricordi. Solo un gigantesco punto interrogativo immerso nel nero più completo.
Eppure certi impulsi, certi istinti, certe azioni le vengono naturali. Come se facessero parte della fibra del suo essere, impossibili da estirpare.
Compresa quella di salvare la vita al ragazzo coi capelli rossi. Ha agito senza pensare, assolutamente. Ancora prima di sapere le sue intenzioni. E allo stesso modo si è unita a loro, in quella specie di lunga camminata sotto un sole che pare il nucleo dell’inferno. Per dove, poi… un edificio che forse può rappresentare altri guai. Senza farsi notare, li scruta ad uno ad uno. Non riesce a fidarsi. Scruta sempre ogni mossa di ciascuno, sebbene abbia inteso che nessuno di loro intende farle del male. Tuttavia perché si è aggregata a loro? E’ da scambiarsi per fiducia? No… volendo ben guardare, è mancanza di alternativa. Non ha scelta. E inoltre, se davvero sono tutti nella stessa barca, cercare di capire insieme la verità sarebbe molto più efficace che scovarla ognuno per conto proprio.
Tutti nella stessa barca, in un oceano di deserto.
*Maledetto sole* pensa, mentre si fa scudo con una mano. L’aria attorno tremola, opaca per la polvere che ogni tanto si solleva. Nemmeno il vento dà sollievo: è secco e arido, come le sue labbra. L’aria è talmente rovente che se non fosse per la sabbia non si accorgerebbe nemmeno di respirarla. E’ faticoso persino riflettere. E quella tuta… quella dannata tuta, non aiuta certo la situazione.
Mentre cammina, dà uno sguardo tutt’attorno. La desolazione più completa. Nessuna traccia vivente, umana o animale. Nessun suono, nessun movimento. Solo il grigio cemento, palazzi devastati, pericolanti, come pallidi spettri.
Digrigna i denti. Che la situazione non le piaccia, non è una novità.
Infine volge un fugace sguardo ancora ai compagni. Socchiude gli occhi, come se si difendesse dalla polvere, ma in realtà sta riflettendo. Chi sono? E soprattutto, la domanda più pressante: perché in tutto quello scenario di morte, loro, e soltanto loro quattro, sembrano gli unici sopravvissuti? Cosa può distruggere interi edifici e lasciare in vita quattro persone?
Nella testa ripensa alla ragazza morta che aveva scoperto nel palazzo. C’era qualcosa che non andava. E non va tuttora. In tutto. Ed è decisa a scoprire cosa. Possibilmente senza lasciarci le penne.
Lo sguardo si posa sulla spranga del ragazzo coi capelli fulvi. Le sue mani si aprono e chiudono, come se agognassero di stringere qualcosa al pari di lui. Un’arma. Una qualsiasi arma. C’è da chiedersi cosa possa minacciarla dato che tutt’attorno non si scorge una minima presenza vivente, eppure quel senso di sollievo che le dava anche solo stringere la scheggia come un pugnale le bastava. Non che avesse timore di lottare a mani nude, solo che… Scuote la testa fra sé. Chissà da dove sbucano quei pensieri… chissà da quale retaggio mnemonico, che tra l’altro nemmeno riesce ad afferrare…
Si volta nuovamente verso il palazzo. E’ lontano. Ci vuole parecchio per raggiungerlo, e lo sa. Forse sarebbe stato meglio proseguire solo di notte, sperando in una temperatura più mite… poi alza gli occhi nuovamente verso il sole, facendosi schermo con la mano, e sorride sarcasticamente, seppur senza allegria. *Ma ci sarà una notte, almeno?* Quel sole non intende mollare. Stanno camminando da parecchio, ed è ancora lì, ostinato. Come a voler vedere chi, tra lui o loro, molla e cade per primo.
Contempla il gigantesco edificio in lontananza. Impossibile sapere cosa celi oltre le sue mura. Vita, morte. Domande, risposte. Verità, menzogne. O chissà cos’altro.
“Non so se credete in qualcosa di superiore” esordisce all’improvviso. Si volta per metà nella loro direzione, con quegli occhi verde smeraldo che si assottigliano mentre li scruta. “Io sinceramente no, ma se per voi è così, è ora che lo preghiate… perché se in quell’edificio non troviamo al più presto acqua e cibo, siamo tutti morti.”
Prima ancora di udire una risposta a quella sua constatazione freddamente sibillina passa velocemente lo sguardo sui tre. Due di loro sono feriti, anche se superficialmente. Ma sono feriti. E’ una vista che non le piace, sebbene per lei loro non siano che perfetti sconosciuti. Assottiglia maggiormente gli occhi nel volto brunito, mentre il vento arido le spinge i capelli quasi a nasconderglielo, e si arresta all’improvviso, voltandosi del tutto.
“State bene?” chiede, una domanda così premurosa in totale disaccordo con la sua voce fredda e pacata.
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MessaggioInviato: Lun Lug 30, 2007 12:37 pm Rispondi citandoTorna in cima

– Tristan – Pf 15 – PP 5 –

Il caldo, la corsa, la scoperta di quell’agghiacciante cicatrice e le lacrime per la perdita di quella ragazza l’hanno prosciugato di liquidi ed energie ma Tristan non avverte ne stanchezza ne sete, cammina dietro gli altri quasi meccanicamente con la testa da tutt’altra parte.
Tenta di mettere ordine nella sua mente, quelle immagini, quei suoni; tutto deve avere un senso, anche quel nome: Tristan.
Più ci pensa più si convince che quello è il suo nome, vuole che quello sia il suo nome, quello deve essere il suo nome.
Il fiume di pensieri si spezza d’un tratto.
“Non so se credete in qualcosa di superiore… Io sinceramente no, ma se per voi è così, è ora che lo preghiate… perché se in quell’edificio non troviamo al più presto acqua e cibo, siamo tutti morti.”
Tristan alza gli occhi da terra e vede la ragazza che prima aveva abbracciato, il volto piacevole ma deciso, la pelle brunita e i penetranti occhi verdi; per un attimo sente che arrossisce, ma non si nota per via della sua aria gia accaldata e rossa.
*Mi sono comportato come un bambino…* Si rimprovera il giovane Tristan; neanche il tempo che i suoi pensieri si posino su una risposta plausibile di nuovo la voce, fredda e distaccata.
“State bene?”
Suona malissimo, quella domanda così premurosa con quella voce distaccata…
“Io sto bene…” Esordisce come prima risposta Tristan, poi continua a parlare. “…qualcosa di superiore… non c’è nulla di superiore sempre se non intendi Entropia come un Ente Superiore… allora si… Quella guida e domina tutto ciò che ci circonda…”
Tutti si girano verso il giovane occhialuto, anche lo stesso Tristan resta sbalordito da ciò che ha appena detto ma non riesce a non continuare a palrare.
“Solo la Scienza ci permette di legiferare sul Chaos, ma qui, in quest’Inferno, la scienza ci è negata…”
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Karl
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MessaggioInviato: Lun Lug 30, 2007 3:29 pm Rispondi citandoTorna in cima

Karl - PF:12/15 - PP:5 - scale di un certo palazzo

...Drubvi, Alles sono qui...
un momento, breczni! Manca qualcosa...
ein, zwei.... dov'e' la Streicholz?


In effetti la ragazza bianca e rossa come un fiammifero e' sparita. Volge la testa intorno cercandola pari ad un naufrago che cerchi l'appiglio perduto. Gli occhi percorrono la via, la cercano lungo i palazzi intorno, e ricontano ancora i presenti. I muscoli del collo sono bloccati, come per impedirgli di poter finalmente riuscire di sua volonta' a ruotare la...

Breczni!

Forse non e' il migliore epitaffio, ma in certe situazioni si e' a corto di parole e quel che conta davvero e' il pensiero. E per la sfortunata fanciulla che il Fato crudele ha appena strappato dalla belta' degli anni suoi, l'unico pensiero di Karl e'

Breczni...

Il volto si fa lungo, e gli occhi roteano intorno distratti dalla calura e dal senso di desolazione che permea ogni istante di quello che ricorda. Ma il pensiero e' fermo, immobile su quella figura. Non la conosce, eppure gli dispiace. Serra il pugno attorno al ferro bisbigliando promesse senza senso, e parole di conforto come se quella chiazza rossa possa davvero udirlo, come se la pieta' di uno sconosciuto senza memoria valga davvero qualcosa.

...senza memoria?...

Un pensiero improvviso, parole apparentemente senza senso ed il Rosso comprende. Senza memoria! Ma certo! Quella costante impressione di essere vicini a qualcosa senza tuttavia riuscire ad afferrarla.
Karl lentamente piega le labbra in un sorriso e gia' si volge verso i presenti, che sicuramente ricorderanno piu' di lui, quando la ragazza, Pech, tanto per sottolinearne il nefasto incontro, sbotta un

- Non so se credete in qualcosa di superiore… Io sinceramente no, ma se per voi è così, è ora che lo preghiate… perché se in quell’edificio non troviamo al più presto acqua e cibo, siamo tutti morti.-

Ed in risposta, con somma sorpresa del Rosso, Periskop replica

-...solo la Scienza ci permette di legiferare sul Chaos, ma qui, in quest’Inferno, la scienza ci è negata...-

Il Rosso rimane un momento a fissarlo mentre nella testa gli passano le immagini di grossi parallelepipedi colorati fuori uso percossi violentemente con il segreto intento di rimetterli nuovamente in funzione. Guarda la spranga che tiene in mano e ridacchia all'idea che una sonora percossa a Periskop possa rimettergli le rotelle in sesto.

-Halt! Halt...- interviene sollevando una mano per richiamare l'attenzione -Keine Rhuzj... prima di farci spiaccicare come pdolcie curubi dal prossimo Schwentzlimmerein di cemento pericolante potreste spiegarmi che breczni succede?- li guarda ad uno ad uno grattandosi la testa - Chi siete voi? Wo... Dove siamo? Cosa sono queste weiss tutine? - inspira sollevando le spalle. Lascia cadere le braccia verso il suolo e scuote la testa - Jag non riesco a ricordare nulla... ich glomde meinen namn auch! Jag minnere keinen schmendlich saak....non solo la scienza, o l'entropia, o l'essere superiore... proprio niente di niente... a parte voi.-
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