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 Miti e leggende nel fantastico regno di Athkatla Successivo
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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Ven Mar 26, 2010 5:02 pm Rispondi citandoTorna in cima

Aygarth guardò Damarios. Sentì addosso il suo sguardo in risposta. Non ne ebbe paura, anzi, aveva il problema contrario: voleva gettarsi addosso a lui, e colpire fino a ridursi i muscoli in blocchi di granito per lo sforzo. Ma si era accorto di non potersi nemmeno avvicinare senza subire danni.
Diverso discorso, invece, si poteva fare per Nether. Lui sembrava immune ai colpi del negromante.
"Colpiscilo" lo esortò.
"Non so usare quest'affare!" protestò vivamente il middenlander.
Il ragazzo si spazientì. "Sarà anche ora di imparare!" Gli afferrò le braccia. "Anzitutto la tieni male. Distanzia i pugni, o si sbilancerà ad ogni colpo. Così" disse guidando la sua presa sull'asta. La situazione era quasi al limite del ridicolo: lui che dava lezioni su come tenere un'arma al suo maestro... "E non pensare a come colpire. Lasciati guidare da lei."
"Mi prendi in giro?"
"No! Senti come si muove lei. Può sentire il nemico, e ha combattuto proprio come me o te. E ha imparato. Ti aiuterà, se esiterai."
Carezzò l'asta e le rune.
"Zadris."
Un bagliore sulla lama.
"Proteggi lui. Uccidi l'Altro."
Stavolta il grido feroce dell'alabarda arrivò anche alle orecchie di Nether, che non poté fare a meno di rabbrividire.


Damarios fissava con sguardo indurito il gruppo. Allo sgomento dovuto alla morte dei suoi divoratori era subentrata una fredda rabbia. Attorno a lui l'elettricità turbinava con maggiore forza, producendo sinistri schiocchi. Senza mutare espressione si avvicinò al gruppo con lenti e inoserabili passi. "Il divertimento comincia adesso" Lao digrignò i denti in un sorriso. Galdor lo guardò a bocca aperta "Senza farci ammazzare sarebbe un idea" disse stringendo la spada e mettendosi in guardia.

Aygarth si voltò verso Honoo. Sembrava ancora provato, e non avrebbe potuto intervenire in maniera diretta. "Attacco a distanza..." mormorò tra sé, e all'improvviso gli balenò in mente un'idea. Folle, pazza; ma pur sempre un'idea.
"Datemi tempo."
Quattro paia d'occhi si voltarono dalla sua parte; le altre rimasero a tenere d'occhio il Visconte.
"Non fare sciocchezze" lo rimproverò Nexor.
"Posso ferirlo senza toccarlo." Il ragazzo si chinò al suolo e sfiorò il pavimento con le mani. Ricordò quanto accaduto nella Rocca, il potere della Forgia trasmesso proprio come una scarica di corrente. Qualcosa di difficile; di rischioso, perché lo lasciava allo scoperto, senza difese. Rischioso. Molto. "Ma dovete darmi tempo. Tenetemelo lontano, e lo frusterò con un fuoco che non avete idea."


Nexor restò un secondo fermo, come interdetto, poi il suo viso fu illuminato da un idea. "Vecchio ho bisogno di una mano. Anzi di una testa" disse cominciando a liberare il suo potere mentale. La terrazza cominciò a vibrare finchè le lestre di marmo che ne formavano la pavimentazione cominciarono a scalzarsi. Ho capito. Io lo trattengo tu lo blocchi. disse Lao affiancandosi a lui. Le due menti cominciarono a lavorare di concerto e attorno ai due le lastre cominciarono a sollevarsi e a fluttuare davanti a loro. Solo quando la prima schizzò velocissima verso Damarios il mago sembrò realizzare la situazione, con uno scartò velocissimo si spostò verso destra. Al primo proiettile improvvisato ne seguirono altri, che mancavano sempre di pochi centimetri il bersaglio, ma che servivano egregiamente allo scopo: se Damarios si fosse avvicinato sarebbe stato un bersaglio facile.

Aygarth posò le mani a terra, venendo a contatto col grezzo pavimento. La sagoma rosso pulsante del mago diventava sempre più imponente nella sua visuale. Artigliò la pietra coi polpastrelli, come se volesse sentire l’anima della terra. In realtà si stava concentrando su qualcos’altro.
Su di lui.
L’Altro.
La coscienza di Zadris lo sfiorò mentre chiudeva gli occhi, isolandosi dal mondo esterno. Per un attimo fu buio; poi, i sensi della Forgia gli fecero captare ciò che nessun altro uomo poteva vedere. Le figure bianche, quasi opalescenti, degli alleati che aveva al suo fianco; il particolare chiarore assunto da Cronista e Nether, coloro che più di tutti condividevano il legame con Zadris e il potere stesso del giovane fabbro; infine, in netta contrapposizione a tutto il resto, il profilo carminio e pulsante di Damarios, tremolante come fuoco sanguigno.
Aygarth si concentrò.

“NO!" l'urlo di rabbia di Damarios squarciò l'aria quando intuì cosa Aygarth aveva in mente. Con un esplosione di elettricità fulmini e saette scaturirono da lui, serpeggiando verso gli avversari. "Un corno!" fu la risposta di Nexor che congiunse le mani di fronte a sè. Come rispondendo a quel gesto le lastre di marmo si disposero davanti a loro formando uno scudo su cui le saette di Damarios si infransero rombando. "Questa volta non scapperai, Damarios. Guardati attorno" la voce di Lao aveva una nota di maligno piacere quasi indecente. Il mago girò lo sguardo attorno a sè e vide che era circondato, non solo dai suoi avversari, ma da decine di proiettili di marmo che fluttuavano a mezz'aria ovunque il suo occhio si posasse. "Abbi il buon gusto di morire" furono le parole di Lao che diedero inizio ad una pioggia di mortali proiettili sul mago.


Aygarth sentiva.
Sentì il proprio cuore. Sentì la Forgia in lui, in Zadris, un connubio di anime, o per meglio dire, la perfetta sincronia della stessa anima in due corpi diversi, due forme diverse. Sentì il potere del patto scorrere nel suo corpo, fremente sotto la pelle ove spiccavano i tatuaggi, quelle scritte che mai, nella sua vita, era riuscito a decifrare. Sentì il nemico, l’Altro, -l’Altro!- e dovette trattenere le emozioni - l’odio fra tutte – per evitare che potessero distoglierlo da quanto stava cercando di fare.
Sentiva, sentiva lui, sentiva lei, sentiva se stesso.
Era quasi il momento.
Tenetelo giù, mormorò nella sua testa, rivolto a chiunque potesse udirlo.
Come se Damarios avesse sentito quelle parole formulò un rapidissimo incantesimo, cominciando a levitare verso l'alto. "Non pensarci proprio. Nexor, tutti insieme" sibilò in risposta Lao. La sua mente e quella di Nexor fecero schizzare le lastre in alto, qui presero a scontrarsi tra loro formando un insieme unico di tre metri di diametro, aguzzo di spigoli e pesante alcune tonnellate, proprio sopra la testa del mago. All'unisono i due poteri telecinetici smisero di reggere quella pesante massa, lasciando il posto alla forza di gravità. Damarios si trovò investito da una massa di pietre che lo trascinò con sè a terra, seppellendolo letteralmente. Il gruppo guardò quel cumulo di roccia come fosse una tomba per alcuni interminabili secondi, finchè il ruggito di rabbia di Damarios non confermò i loro sospetti. I detriti vennero scagliati via come da una forza invisibile, lasciando il posto al mago che avevano mille volte maledetto. Con i vestiti a brandelli, impolverato e ferito, ma ancora combattivo.


“Voi, maledette formiche!” imprecò, per poi voltarsi verso di loro. In quello stesso momento Aygarth aprì gli occhi di scatto, e lo guardò. Per un secondo eterno. Le iridi del ragazzo erano a specchio, i tatuaggi ardevano come lingue di fiamma sulla sua pelle. Sia Nether che il Cronista udirono chiaramente il riverbero assordante che il potere della Forgia scatenò nelle loro teste.
Aygarth sfogò, di colpo.
Poterono sentirla tutti, come se una colata di lava avesse invaso il pavimento: un calore fortissimo andò a baciare il terreno, correndo come le rapide di un torrente dritto verso il bersaglio. E la sentì anche Damarios. Dapprima si immobilizzò, come pietrificato, poi elevò il volto al cielo e si artigliò la testa con le mani cacciando un urlo orribile, lo stesso di un uomo che veniva arso vivo.
Aygarth non cedette. Aveva già deciso che non avrebbe dato tregua, che piuttosto avrebbe dato fondo a ogni sua briciola di energia. Quelle urla appagavano mesi e mesi di sofferenze, un numero incalcolabile di giorni, minuti, secondi, trascorsi in una cella a trascorrere le pene dell’inferno. Una cella in cui aveva rischiato di marcire. In una Rocca in cui aveva rischiato di morire. Per causa sua.
L’Altro.
La Forgia divampò, nel suo essere, nel terreno, in Damarios. Colpì con la fredda e allo stesso tempo feroce spietatezza di un elemento naturale che manifestava la sua presenza nel mondo. Colpì e bruciò, intaccando carne e anima.
Damarios urlò di nuovo e usò le ultime energie per contrastare non la Forgia, quanto la morsa telecinetica che lo teneva inchiodato al suolo. Con un ultimo brandello di forze, attuò un incantesimo di levitazione che riuscì a sollevarlo, anche solo di poche decine di centimetri. Non appena il contatto venne interrotto, Aygarth crollò al suolo, come fulminato, il suo stesso sudore che evaporava dalle carni.


Galdor si precipitò verso Aygarth appena lo vide cadere. Gli afferrò la spalla per girarlo ma la ritirò immediatamente. La pelle del ragazzo scottava come acqua bollente."Non lasciatelo fuggire!" urlò agli altri mentre Damarios cercava affannosamente di volare via. Lao, Nether e Nexor si slanciarono alla carica. "Obbedisco con piacere" rispose Lao prendendo una breve rincorsa e saltando a piedi uniti contro il petto del mago. Damarios non riuscì ad evitare il colpo e crollò al suolo.Damarios non riuscì ad evitare il colpo e crollò al suolo. Anche con la percezione del dolore quasi azzerata Lao sentì il suo corpo pervaso da scariche elettriche. Cadde di schiena con le membra rigide, quasi incapace di muoversi. Che idea imbecille, mormorò mentre tentava di muoversi


“Uccidetelo.”
Anche Nether si era avvicinato ad Aygarth, affiancando Galdor, ed entrambi sentirono la sua voce, anche se un sussurro, al principio.
“Stai bene?” si preoccupò il guerriero.
“Devo solo…prendere fiato…” ansimò il ragazzo. Si alzò su un gomito e inquadrò il middenlander. “Sei ancora lì? AMMAZZALO, ti ho detto!” Nether sentì anche la voce di Zadris echeggiare insieme a quella del giovane fabbro. Sentì inoltre i palmi diventare caldi: era il metallo dell’arma, che cominciava ad arroventarsi.
Nether si alzò in piedi e tenne stretta l’asta tra le mani.
Io non so capace di usare questo affare…
Ti aiuterò io, Consacrante. Lasciati guidare da me.
Quando la smetterai di chiamarmi Consacrante?
Quando smetterai di chiamarmi “affare”.

Il middenlander sbuffò. “Sei tale e quale al tuo padrone” mugugnò tra sé arricciando il naso. Ma cominciò ad avanzare, aspettando il momento giusto per colpire. Quando vide Damarios venire atterrato dalla carica di Lao, vi trovò l'occasione che aspettava. Corse in avanti calcolando la giusta distanza per infliggere un colpo con la lama. Quando alzò le braccia, sentì un impeto amplificare i propri sforzi e capì che era proprio Zadris a muoversi, autonomamente. Questo slancio, unito alla propria forza muscolare e all'impeto della carica, si tramutò in un fendente che penetrò senza alcuna fatica nella bolla protettiva di Damarios andando a infrangersi sul pavimento con uno schianto simile a quello di un ariete che si abbatteva contro una parete di roccia. Penetrò per alcuni pollici nel suolo, tagliando roccia e marmo.
E non solo.
Damarios ululò come una belva ferita e schizzò letteralmente via teletrasportandosi qualche metro più in là. Sul pavimento era rimasto qualcosa di informe, che colava icore scuro.
Una mano.
Nel preciso istante del colpo, Aygarth si rizzò in piedi, barcollò, tornò in ginocchio, per poi essere sostenuto da Galdor. Ma rideva. Rideva come se avesse appena assistito a una scena comica, anche se il sorriso obliquo che aveva sul volto sembrava più una smorfia di appagamento. Come se avesse sentito il colpo inferto, e stesse gioendo di quel successo. E non solo lui: anche Zadris tripudiava, come una belva inebriata dal sangue in cui aveva immerso il muso. Neth la sentiva, e fu una sensazione che però non gli piacque.

Damarios reggeva il moncherino del polso con l'unica mano rimastagli. Con disgusto di tutti, la ferita gettava un icore scuro e appiccicoso che solo con coraggio poteva essere definito sangue. Il mago tremava per il dolore e i suoi occhi lacrimavano mentre lanciava occhiate di puro veleno ai suoi nemici. "Sei patetico Damarios. Un vero mago Se la caverebbe anche senza e mani." disse Lao rialzandosi rigido come un pezzo di legno.

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Akhayla
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MessaggioInviato: Ven Apr 09, 2010 6:14 pm Rispondi citandoTorna in cima

Damarios ferito. Una mano mozzata e le sue forze che vacillano. Honoo non aveva osato sperare tanto quando aveva detto agli altri di attaccarlo e tenerlo impegnato. Gli serviva tempo, tempo per riprendersi, per recuperare le forze. Tempo per aprire un nuovo varco nello spazio e richiamare il suo simbionte dall'alveare, dove lo aveva mandato a divorare tutta la sua riserva di pietra verde. Sputò un copioso fiotto di sangue giallastro dalla bocca *Già. Siamo uguali anche in questo...* Sentì le forze venirgli meno e il contratto con gli elementali dell'aria spezzarsi, facendo cessare il continuo infuriare dei fulmini contro Damarios.
Nether ansimava, il volto paonazzo coperto di sudore mentre reggeva ancora Zadris, conficcata in profondità nel pavimento.
Ad appena un paio di passi stava la figura di Damarios, gli occhi sgranati mentre fissava con orrore il moncherino sanguinante dove un tempo si trovava la sua mano, il volto pallido e tirato.
Al middenlander sembrava quasi non si sarebbe più ripreso da quel colpo, tanto che rimase a fissarlo per qualche secondo, altrettanto impietrito, con i muscoli che dolevano in maniera insopportabile "Qualcuno dall'altra parte avrà una punizione adatta anche per te..." ringhiò tra sè e sè sollevando nuovamente l'alabarda, non senza un certo sforzo.
Poi improvvisamente Damarios urlò.
Urlò a squarciagola con una voce talmente stridula da non apparire sua, indicando Nether. Accadde tutto in un battito di ciglia, uno scatto repentino.
Fece a mala pena in tempo a realizzare quanto stava per accadere quando il middenlander venne colpito da un fulmine di proporzioni colossali.
Quando il bagliore cessò, ciò che rimaneva dell'uomo era un corpo annerito dalle ustioni, l'armatura scura, capelli e barba quasi completamente inceneriti. Rimase stoicamente in piedi per alcuni secondi prima di crollare a terra come un mucchio di stracci bagnati accompagnato dal clangore dell'arma che cadeva al suolo.
Assieme a quella scarica ci fu un altro urlo. Era stato Aygarth, che rimpiombò sul pavimento con un grido disumano soffocato nel petto. Sembrava che lo stessero bruciando da dentro. Gridò finché ebbe fiato, e Zadris urlò con lui, un unica voce per il comune dolore. Infine crollò prono, respirando affannosamente. Per un attimo temette che il cuore non gli battesse più, ma stava troppo male per potersi definire morto. Galdor, preoccupato, cercò di scuoterlo, ma non appena lo toccò si beccò uno strascico di scossa che lo fece saltare all'indietro. Il ragazzo si sollevò appena carponi, una mano sul petto. Ascoltò il battito, quasi per convincersi di non esserci rimasto secco. "Neth..er..." Gattonò faticosamente fino al middenlander. Non lo scosse, non cercò di tirarlo su. Sapeva che era ancora vivo, altrimenti Zadris, e quindi lui stesso, lo avrebbe sentito morire, grazie al loro contatto. Afferrò soltanto l'alabarda e rimanendo accovacciato su un ginocchio si mise a sua protezione, fissando il mago con odio profondo, come una belva che aspetta soltanto un attimo di distrazione del proprio carceriere per saltargli addosso e sbranarlo.

Nel momento esatto in cui Nether cadde a terra Honoo aveva pronunciato la sillaba finale del suo incantesimo: non aveva più le forze per attaccare direttamente con la magia il suo avversario, ma poteva ancora vincolare gli elementali al suo corpo, rendendo i suoi colpi più pericolosi. Damarios fece un passo verso Aygarth, assaporando il momento in cui gli avrebbe strappato il cuore. Poteva sentire tutti i suoi nemici intorno a se, percepiva la loro presenza. Tutti deboli, chi poteva ferirlo era ormai senza forze, e chi non poteva riuscirci si agitava ancora inutilmente. Magistra Ro si era infatti lanciata in avanti cercando di trafiggere lo stregone con i suoi artigli. Ma per quanto i suoi colpi fossero precisi gli incantesimi protettivi di Damarios li deviavano continuamente, richiedevano solo che lui fosse consapevole dell'attacco per deviarlo. Honoo lo sapeva e doveva infrangerli al primo colpo. Damarios afferrò il braccio di Magistra Ro, pronunciando alcune sillabe: istantaneamente la donna iniziò ad urlare, mentre la corazza del braccio si riempiva di crepe ed un fischio acutissimo si espandeva nell'aria “Voglio gustarmi la tua sofferenza, donna. Ma non intendo ucciderti... Ormai sai cosa voglio da te.” Honoo stava fremendo mentre incideva le ultime rune di potere direttamente sul suo pugno, non poteva sopportare oltre: sentirla urlare senza aiutarla, vederla toccare da quella creatura ripugnante. Sparì in uno schianto di vetri infranti. Damarios voltò la testa nella sua direzione, ma non lo vide, Honoo si era già teletrasportato alle sue spalle. Da così vicino poteva sentirlo. Sentiva il cuore di Damarios, o quella cosa che ora alimentava il suo corpo. Vibrò il pugno con tutta la sua forza, incurante delle ferite. Il colpo raggiunse Damarios alla schiena, vicino alla spina dorsale: caratteri infuocati si trasferirono dalla mano di Honoo alle carni del nemico, incidendosi in profondità, distruggendo le sue difese arcane. Sfruttando lo slancio del busto Honoo continuò a girare su se stesso sollevando una gamba e piantando il tallone dritto fra i denti di Damarios. L'urto e la sorpresa gli fecero mollare la presa su Magistra Ro, ormai svenuta.

Lo stregone allungò una mano verso Honoo afferrandolo per la gola e sollevandolo come un fuscello “Mi stai venendo a noia, vecchio mio.” Il mago a sua volta afferrò il braccio di Damarios con la mano sinistra, facendo comparire immediatamente brina e ghiaccio sul polso del necromante. “Anche tu, giovinastro!” Il reciproco tentativo di liberarsi da quella stretta mortale fece spezzare due dita ormai congelate ed insensibili ad Honoo e lasciò Damarios con l'unica mano solidamente rinchiusa in un blocco di ghiaccio. *Non durerà che pochi secondi, ma dovrebbero bastarmi...* Poche parole di potere dopo la mano di Damarios era nuovamente libera e puntava dritta al cuore di Honoo.
Lo avrebbe raggiunto se Aygarth non avesse lanciato Zadris in modo che finisse dritta fra le gambe di Damarios, facendolo ruzzolare in terra malamente. “Sono stanco di voi, luridi vermi!” Cominciò a rialzarsi, solo per ricevere un altro calcio di Honoo in pieno volto e cadere nuovamente a terra. Questa volta scomparve, teletrasportandosi alle spalle di Honoo e affondando la mano artigliata verso di lui. Il suo braccio ora terminava in un moncherino e la sua mano si era conficcata nel suo stesso addome. La ritrasse appena in tempo, evitando per un soffio di farsela tranciare dalla chiusura della distorsione spaziale.
Alle spalle di Honoo se ne aprì un'altra da cui una ventina di lame seghettate saettarono verso Damarios cercando di farlo a pezzi, ma il necromante le evitò nuovamente teletrasportandosi lontano; le lame si avvolsero intorno al corpo di Honoo ricostruendo l'armatura, da cui usciva costantemente un leggero fumo verdastro: il simbionte aveva assorbito diversi Soth e tutta la pietra da cui Honoo traeva sostentamento presente nell'alveare e stava ora trasferendo gran parte di questa energia nel mago. “Ora non puoi più sfuggirmi, mio stupido allievo...”
Con uno scatto fulmineo chiuse immediatamente la distanza che li separava, colpendo con una ginocchiata all'addome, nel punto dove Damarios si era appena ferito; l'armatura sentì l'urto e la presenza del suo nemico e reagì creando uno sperone sul ginocchio lungo alcuni metri, trapassando completamente il corpo di Damarios; dalla schiena di Honoo si liberò un poderoso getto d'aria, che proiettò entrambi in direzione della parete rocciosa del vulcano. L'urto fu violentissimo, entrambi erano bloccati contro la parete, lo sperone conficcatosi in essa impediva i movimenti. “Ora siamo connessi, siamo un singolo corpo.” disse Honoo “e non puoi teletrasportarti, se una parte di te rifiuta il trasporto, vero?” L'espressione di Damarios era un misto di dolore e rabbia “Di nuovo questo piano? Già una volta hai fallito nell'assorbire una mia creazione, cosa ti fa credere che con me sarà più facile? Mi hai appena regalato un nuovo corpo e un nuovo esercito!” Uno spuntone di roccia, animato dalla magia di Damarios, trapassò da parte a parte la testa di Honoo. La sua armatura sembrò impazzire e trafisse Damarios con una miriade di lame e spuntoni, bloccandolo definitivamente in quella posizione. “Mi credi davvero così stupido?” la voce di Honoo veniva da lontano lungo la terrazza, le lame, generatesi dalle placche della corazza, avevano lasciato intravedere l'interno della stessa. Desolatamente vuoto. “Mi sono teletrasportato fuori al momento dell'impatto e ho troncato ogni connessione psichica fra quel simbionte e lo sciame. Potresti prenderne il controllo, sei abbastanza forte per farlo, ma ti serve tempo. E io non te lo darò!”

[continua...]

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Piccolo angelo bellerrimo crudele sanguinario...

Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.

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Honoo
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MessaggioInviato: Mer Apr 21, 2010 6:23 pm Rispondi citandoTorna in cima

Facile a dirsi a parole, meno a metterlo in pratica in maniera efficace. Honoo aveva già in mente un incantesimo adatto, ma la quantità di potere da richiamare per completarlo era notevole ed il tempo richiesto anche. “In questo momento faccio appello ai tre Primevi. Alle tre forze che in origine dominavano il mondo.” Le mani di Honoo descrissero un cerchio, fermandosi sopra la testa, giunte. “Tu che sei Padre e Madre di ogni creatura vivente di questo mondo, Origine della Vita, Grande Creatore, tu che osservi benevolo ogni evento del mondo, volgi a me il tuo sacro sguardo. Grande Syrta, io ti invoco!” Un globo di calda luce bianca comparve fra le mani del mago, che sembrava rinvigorire tutti coloro che ne erano avvolti, con l'eccezione di Carnival e Cronista, la loro natura vampirica era danneggiata e le loro carni si stavano scaldando ad un ritmo innaturale. Le mani del mago si stavano spostando, con lentezza quasi esasperante alla sua destra “Tu che sei Signore e Padrone di ogni magia di questo mondo, Maestro del Cambiamento, Sommo Divinatore, tu che osservi attentamente ogni mutazione ed ogni rinnovamento, volgi a me il tuo sacro sguardo. Potente Ertyosil io ti invoco!” Il globo sprigionatosi questa volta era di un acceso colore rosso e la sua luce metteva in risalto ogni più piccolo dettaglio delle cose che illuminava. Le mani di Honoo cominciarono a scendere verso il basso, ancor più lente di prima, come se fossero trattenute da una forza invisibile. Raggiunto il punto più basso cominciarono lentamente a risalire fino a portarsi alla medesima altezza di prima. “Tu che sei Giudice e Carnefice di ogni creatura vivente di questo mondo, Patrono della Pestilenza, Divino Distruttore, tu che osservi ogni morte nel mondo, volgi a me il tuo sacro sguardo. Immortale Kyrias, io ti invoco!” Il terzo globo a comparire fu nero come la pece e le tenebre che emanava facevano marcire la carne e crepare il metallo. Anche in questo caso, l'effetto su Cronista e Carnival fu opposto agli altri: quest'ultima emanazione stava curando le ustioni provocate dalla prima. Honoo aprì le braccia e un flusso di energia cominciò a scorrere fra le tre sfere, creando una sorta di percorso, su cui i tre globi iniziarono a fluttuare. “Unite le vostre forze, come ai tempi della primeva creazione e concedetemi il potere !” Il flusso dei globi divenne sempre più rapido, mentre Honoo stringeva le mani, riducendo sempre di più la circonferenza del percorso...

Aygarth stese una mano. Poco lontano, Zadris tremò, ubbidendo al suo richiamo, e dopo qualche istante volò diretta nel suo palmo. Si alzò con fatica, benedicendo il proprio fattore rigenerante che almeno gli permetteva di rimettersi in piedi. L'unico vantaggio che aveva dal fatto che il vampirismo stesse facendosi strada nel suo corpo, era che le sue capacità taumaturgiche si stavano evolvendo, anche se non ovviamente al livello del Cronista o di Carnival. Guardò Damarios. Guardò Honoo, dall'altro lato della piazza. Il loro combattimento era stato senza esclusione di colpi, ma ora il necromante era immobilizzato. Già sentiva le parole dello stregone, appena mormorate, mentre preparava il suo incantesimo, forse quello finale. Poi sentì un'altra voce: Zadris.
Non funzionerà...
Cosa?
Patto con le ombre... ricorda! Egli vivrà, se vivrà l'anima.
Dannazione...

L'alabarda fiammeggiò, un riflesso inquieto.
Egli vivrà, se vivrà l'anima.
L'anima...
L'anima deve morire.

Gli occhi del ragazzo si fecero a specchio.
Morirà.
“Lucas.”
Poco distante, il guerriero guardò il ragazzo e, vedendone il cenno, si avvicinò.
“Prendi Nether. E tieniti pronto a correre. Se conosco Honoo anche un briciolo, tra poco ci sarà un bel casino.”
“Non faccio la balia a un...”
“Fai come ti dico!” Aygarth si spazientì. “Se te lo chiedo, è perché so che ne sei all'altezza.” Lo fissò con un mezzo ghigno. “Aiuta il lupo. E se ne sei in grado, curalo. Con le mie braccia l'avevi fatto.”
Il cavaliere gli rivolse una smorfia d'astio, ma si accovacciò sul middenlander mormorando qualcosa. Da lì in poi Aygarth lo ignorò. Rimase in piedi, poi compì un passo.
Aygarth. Era il Cronista.
Un altro passo. Camminata.
Che vuoi fare?
Il ragazzo gli sorrise nella mente.
Tra tutti, tu sei l'unico che può sapere senza chiedere, fratello.
Passo.
Camminata.
E poi corsa.

“Sono stanco di te, maestro! E questa stupida corazza non mi terrà per sempre!” urlò il necromante. Mormorò qualcosa mentre si dimenava e le spine che lo tenevano inchiodato alla parete del vulcano cominciarono a spezzarsi, una ad una. Mentre le parole dell'incantesimo di Honoo spezzavano quella realtà quasi surreale, il Visconte cominciò a liberare un braccio. L'armatura era ancora solidamente arpionata al suo corpo, ma sembrò non curarsene, cercando invece di potersi portare in condizione di contrattaccare. Quando l'ultima lama si staccò dal muro roccioso, si voltò verso Honoo, ancora concentrato sull'incantesimo. Lo anticipò.
“Per te, maestro!”
Alzò un braccio.
Mormorò qualcosa. Poi urlò qualcosa che nessuno capì. Il braccio sano risplendette per qualche istante...
Poi uno strappo, un sussulto. La sua voce venne inghiottita nel silenzio.
Damarios rimase immobile, il braccio rimase rigido a mezz'aria per qualche secondo ancora prima di ripiombare verso il basso, sbattendo sull'armatura che ancora lo teneva nelle sue grinfie. Gli occhi erano rimasti fissi. Dalla bocca, nessun suono.
Dallo stomaco, la testa di un'alabarda.
L'asta nella mano di Aygarth tremava, vibrava. Anche Aygarth tremava. Non per paura, ma per qualcosa che non riusciva a definire. Soddisfazione? Odio? Furore? Non lo sapeva, ma lo sentiva, niente più. Forse era il cuore del negromante, quello che faceva vibrare il tutto. Forse era il suo potere. Non gli interessava. Averlo trapassato era l'unica cosa importante. Averlo colpito, aver spezzato quelle sue dannate frasi, la sua magia, era l'unica cosa che contava. Averlo così, a portata di Forgia - di entrambi - era un regalo che forse non gli sarebbe mai ricapitato più nella vita. Ed era deciso a non sprecarlo. “Per Mayleen.”
Girò l'asta nei palmi. Lama e becco squarciarono lembi di tessuto. Sangue nero gocciolò sulle pietre.
“Per Darth.”
Dalla bocca di Damarios uscì una sorta di gorgoglio. Lo sperone produsse uno zigrinio acuto, incidendo l'armatura di chitina di Honoo che immobilizzava il negromante.
Gli occhi di Aygarth si fecero a specchio. La voce che uscì dalla sua bocca fu all'unisono con un'altra. La sentirono tutti, stavolta. Sentirono anche lei.
“Per me!
La Forgia divampò in entrambi, nel ragazzo e nell'alabarda. E loro la sfogarono, contro l'unico avversario che agognavano da mesi. Luce e calore vennero proiettati tutt'attorno, mentre rune e tatuaggi divennero di fuoco.
Dopo qualche secondo, anche il corpo di Damarios cominciò ad andare a fuoco. Dalla bocca del negromante uscì solo un urlo, acuto, penetrante. Nella sua mente, Carnival sentì anche qualcos'altro. L'urlo delle ombre, che fuggivano da lui, dal contatto del suo potere, del suo legame con loro, per non essere coinvolte da quella furia ardente.
Aygarth non smise, non cedette. I suoi occhi erano specchi, il suo volto era granito. Non c'era emozione. C'era solo quell'attimo. Solo la Forgia.
Alleanza.
Ben presto, anche l'anima di Damarios cominciò a bruciare, consumandosi sempre più. Non c'era possibilità di reazione in quella morsa, non in quel dolore che annientava ogni coscienza. L'urlo continuò, nessuno seppe se per un riflesso o per autentica sofferenza. Era quasi impossibile sapere, da occhi esterni, se a urlare fosse Damarios o Aygarth. l ragazzo sentì la fiamma ardere, sentì l'altra fiamma spegnersi sempre più.
Un luccichio.
Nei sensi della Forgia, l'ombra rossa che aveva di fronte stava scolorendo sempre più.
E nel mentre, l'incantesimo di Honoo sembrava giunto al termine.

I tre globi si erano tanto avvicinati da sfiorarsi ed in quel momento ci fu un lampo accecante. Honoo stava tenendo in mano un globo di energia, lievemente azzurrino del diametro di circa un metro; quasi immediatamente la sua carne iniziò ad annerirsi e a bruciare *Troppo calore! Devo contenerlo in qualche modo...* Una nuova scarica di energia attraversò le membra del mago mentre una cortina di fulmini si andava a tessere intorno alla sfera, mitigandone il calore, senza riuscire però a disperderlo del tutto...

Abbacinato da quella luce, il Cronista stava facendosi scudo con la mano per cercare di seguire l'azione dello scontro. Poi udì una voce nella sua mente: suo fratello. Ascoltò, rapidamente, e altrettanto rapidamente agì.
“Nexor, aiutalo! Spinta!” Il mezzodemone non se lo fece ripetere. Concentrò il suo potere su Aygarth, che sentì la presenza della telecinesi e radunò le forze. Saldando la presa sull'asta, torse in modo che il becco facesse da arpione sul corpo del necromante, ormai un bozzolo, e mulinò orizzontalmente come se dovesse sferrare una falciata. Corpo e armatura disegnarono una traccia fiammeggiante nell'aria prima che il potere di Nexor e la forza fisica di Aygarth facessero il resto.
“Honoo!” gridò il giovane fabbro.
Proiettò l'alabarda verso l'alto. Lo strappo dovuto al movimento e alla telecinesi del mezzodemone fece sì che il corpo si staccasse dall'arma e volteggiasse in aria, in direzione del mago.

*Forse grazie a questo lancio ne usciamo vivi... E cosa più importante posso assicurarmi che muoia davvero.* Honoo incrementò ancora di più il potere dei fulmini e la sfera iniziò a spingere sulla prigione in cui era confinata, passando dall'azzurro ad un blu intenso. *E se sopravvive a questo... Odio ammetterlo, ma merita di ammazzarci tutti...* Honoo fissò lo sguardo su Damrios e lanciò la sfera di energia che saettò nel cielo fino a colpire lo stregone ormai morente e a trascinarlo con se verso l'alto. Non appena fu lontana, grande appena quanto un punto, Honoo smise di contenerla. La sfera si espanse in un istante ingigantendosi, fino a occupare un terzo del cielo. In quella frazione di secondo, il suo colore passò dal blu all'azzurro, per poi diventare giallo ed infine rosso. Honoo concentrò il suo potere di distorsione per tagliare lo spazio intorno a loro, isolandoli per qualche secondo dal reso del mondo. La pietra intorno a tutti loro iniziò a fondere, come esposta ad un infernale calore mentre gocce di roccia fusa venivano portate via da un vento impetuoso. Poi, veloce come era comparsa, la sfera di energia scomparve ed l'aria corse veloce a riempire il vuoto lasciato in mezzo al cielo dalla scomparsa del globo. E del suo malefico ed infernale occupante.

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MessaggioInviato: Ven Apr 23, 2010 6:41 pm Rispondi citandoTorna in cima

Honoo guardò per un ultima volta il luogo dell'esplosione, come a sincerarsi che Damarios fosse davvero morto. Poi si diresse verso Magistra Ro, ancora svenuta. La corazza la stava ora difendendo autonomamente e lui era l'unico a potersi avvicinare senza essere attaccato. Passò le mani sull'elmo, delicatamente come una carezza. "Cronista, avvicinati." quando il vampiro gli fu accanto continuò "tu sei l'unico in forze di cui mi fidi davvero. Sta bene, ma ha ricevuto un brutto shock, ci vorrà qualche ora prima che si riprenda. Fino ad allora te la affido."

Aygarth continuava a guardare su. Laddove il fumo si diradava, lentamente. Laddove non c'era altro che il nulla.
Crollò lentamente sulle ginocchia, sempre fissando il firmamento. Zadris ammiccò appena nelle sue mani. Lui serrò l'asta e si strinse l'arma contro il corpo. Come se volesse abbracciare una persona. La tenne stretta, sempre guardando il nulla. Laddove c'era il negromante. Laddove, adesso, non c'era più niente.
L'Altro. L'Altro non esisteva più.
Dall'alabarda, si diramò calore. E quiete. Lui la sentì, dentro di sé. Sentì se stesso acquietarsi, come uno spirito dell'oltretomba tormentato a cui veniva finalmente concesso il dono del riposo eterno.
Chiuse gli occhi, come se realizzare quella verità fosse impossibile se avesse guardato qualcosa. Se avesse visto normalmente. La Forgia pulsava, dandogli il dono di una vista diversa.
Niente più rosso in quel mondo dipinto nella sua mente.
Nel petto di Aygarth si ruppe qualcosa. Una risata sbilenca, nessuno riuscì a capirla. Durò solo un secondo. Poi il ragazzo rimase lì, insieme alla sua alabarda, chino sull'asta, stringendola come un'amante. Come a capacitarsi che Damarios fosse davvero morto. A rendersi conto che lui era ancora vivo. A realizzare che avevano vinto. Davvero.


Carnival aveva osservato attentamente gli ultimi sviluppi senza intervenire dato che i suoi poteri negromantici erano in gran parte inutili contro Damarios ma, sebbene non fosse stata presente quando Honoo aveva cercato di assorbire la mente collettiva della Rocca, realizzò subito quali fossero le intenzioni dello stregone, perchè in parte almeno, erano le stesse intenzioni che aveva lei.
"NO!" gridò in tono costernato "La sua anima deve essere mia! Lui ha trovato il Libro, quello che sa, quello che pensa...devo vedere, devo sapere!"
Prima che la vampira potesse fare qualche pazzia però Astrea, percependo il turbine delle sue emozioni, le si era attaccata ad un braccio. L'ultima cosa che la ladra voleva era vedere uno scontro fra Honoo e Carnival che desse a Damarios il tempo di riprendersi, con conseguenze disastrose per tutti loro.
"Carnival, non fare sciocchezze...lascia che Honoo lo distrugga, è meglio così!" la implorò ma la negromante scosse la testa con violenza, rigettando quella linea di pensiero.
"La sua anima, voglio la sua anima!" disse rabbiosamente digrignando i denti e contraendo nervosamente una mano artigliata mentre fissava la ragazza quasi fosse un ostacolo e non la persona che aveva giurato di proteggere "Sarà la mia vendetta, la sua vendetta" aggiunse, e per quanto quelle parole fossero poco comprensibili Astrea sentì la folle determinazione che c'era dietro di esse.
Ti prego...hai promesso di non attaccare più i miei amici, Carnival, hai promesso! Honoo lo farà a pezzi, per quello che ha fatto a me, a te a tutti noi."
Carnival esitò, come se colpita dalle parole della sua sorella di sangue, poi portò lo sguardo da lei a Damarios, nuovamente ad Astrea.
"A pezzi" ripetè pensosamente "A pezzi. Si. Oh, si!" Carnival sorrise mentre il suo tono esprimeva una maligna soddisfazione. La mano libera di Carnival salì ad accarezzare la guancia di Astrea "Grazie, bloodsister. Tu hai ragione, ora so cosa fare. Lasciami andare ora, so che cosa devo fare, devo essere veloce, oh si, veloce, ora, subito."
Rassicurata, anche se un pò confusa Astrea lasciò andare il braccio di Carnival, seguendola poi mentre questa vagava apparentemente senza meta, disinteressandosi del dramma che stava avvenendo sopra di lei, gli occhi fissi a terra e l'atteggiamento di un segugio che stesse cercando qualcosa.
Solo quando Carnival si chinò ad afferrare la mano amputata di Damarios, Astrea comprese con raccapriccio cosa fosse la cosa che la vampira stava cercando così affannosamente. Il volto della negromante dal canto suo sembrava trasfigurato dall'esultanza
"Si, si, si, mio, lui è mio, per sempre. Io lo distruggerò, Morte oltre la Morte sarà il suo destino. E in più, io saprò...."
La vampira accarezzò con un sorriso sbilenco la mano grondante icore nerastro e cominciò a pronunciare le parole di un incantesimo che le avrebbe dato quello che tanto desiderava, una connessione con l'anima di Damarios in modo da poterla divorare grazie ai poteri che il Liber Mortis le aveva conferito. Un incantesimo che nella situazione in cui il suo nemico si trovava non sarebbe mai stato in grado di controbattere.
"Sangue ed Anime" mormorò la vampira con un sogghigno mentre completava il suo maleficio usando l'icore nero che colava dal membro amputato come mistico legame con lo spirito del suo possessore "Mio il Sangue, Mia l'anima!"


"Dovete andarvene da qui." continuò Honoo, “portarvi lontano, al sicuro. Posso portarvici io se lo volete. Non ho ancora finito con questo posto."
Nexor si accigliò. “Che cosa devi fare?”
“Vuole soltanto spremere questo posto per le sue ridicole conoscenze” sputò Lucas, con Nether afflosciato sulla sua spalla. “Il solito spirito di superiorità degli stregoni... ”
Aygarth ebbe un sussulto. La Forgia stava dando segnali di pericolo... Honoo si stava avvicinando a Lucas con fare tutt'altro che rassicurante. D'un tratto Nether scomparve, portandosi via il braccio destro e buona parte della spalla di Lucas. Il guerriero si portò la mano alla ferita da cui sgorgava copioso il sangue chiudendo gli occhi e urlando. Quando riaprì gli occhi si trovò davanti Honoo che lo stava sollevando da terra per il collo "Ridicole? RIDICOLE? Hai una vaga idea di quante persone sono morte per ottenere queste "ridicole conoscenze"? Hai idea di quanti uomini, donne, bambini ha ucciso per diventare quello che abbiamo appena distrutto?" la pelle del collo di Lucas stava perdendo colore, come per un congelamento rapido; brina iniziava a formarsi sulla sua barba. "Hai una vaga idea di quanta morte, quanta tristezza e quanto dolore contiene questa montagna?"
Un bagliore divorò lo spazio tra loro. L'aria venne tagliata sibilando e la gigantesca alabarda si schiantò ai piedi di Honoo. Un passo più in là e gli avrebbe falciato le gambe.
“Mettilo giù, stregone. Piantala. Sono stanco. Di te e della tua magia. Di lui e della sua lingua. Piantatela.”
Aygarth era ancora in ginocchio, il braccio ancora steso dopo aver lanciato l'arma. Non lo guardava apertamente, guardava di fronte a sé, quasi pensieroso.
"Sei stanco? E di cosa?" lo sguardo di Honoo era freddo come ghiaccio ma la presa sul collo di Lucas si allentò leggermente "Forse dovrei ringraziarti però... Mi hai aiutato ad aprire gli occhi. Senza il tuo aiuto non avrei saputo, non avrei compreso. Dimmi, quante morti hai sulla coscienza Aygarth? Una? Due? Dieci? Cento? Quando sono rimasto bloccato nel cervello della Rocca ho visto. Ogni esperimento, ogni uccisione, ogni tortura." Lucas riprese a respirare regolarmente ed il ghiaccio smise di formarsi "Ho visto le tue, Lao, le tue Carnival e anche le tue Aygarth. Avete tutti sofferto molto, ma non avete idea! Credi sapere cosa significhi essere stanco? Aspetta di avere decine di migliaia di morti sulla coscienza, poi potrai essere stanco. So già tutto quello che c'è da sapere su questo posto. E so quanto male può fare se resta a disposizione degli umani. E quanto a lui" il mago lasciò cadere Lucas al suolo "ti tradirà. E' nella sua natura di umano."
“Natura di umano?” Aygarth si alzò in piedi. Camminò verso di lui fino a raggiungere l'alabarda, che districò dal pavimento. Lo guardò, ma non c'era furore nei suoi occhi. Solo...stanchezza. “Ti sei forse dimenticato cosa vuol dire essere umano, Honoo? Eccomi.” Un bagliore negli occhi a specchio. “Sono un umano, sarà quindi nella mia natura tradirti? Perché non mi uccidi subito? Eccomi.” Il bagliore a specchio venne percorso da una spirale rossastra, come se le sue iridi perdessero gocce di sangue.” “Sono anche un Vampiro, ed è nella mia natura uccidere. Eccomi!” I tatuaggi rilucettero. “Sono anche la Forgia. Molte delle morti che dici sono dovute a causa mia. Tramite Damarios. Per cercare ciò che avevo. Per avere usato ciò che avevo. Quindi, sì, Honoo. Sono stanco.” Il bagliore si spense. “Sono molte cose, sono molte nature. Ma non sono tuo nemico. Non esserlo tu. Non farlo. Non voglio vederlo, Honoo. Vedere versato il sangue dei miei alleati. Ecco di cosa sono stanco.” L'alabarda trasmise calore. Il ragazzo guardò Lucas. “ Vuoi attaccare lui? Lo difenderò. Vuoi ucciderlo? Lo difenderò comunque. Lui attaccherà te? Ti difenderò. E come andrà a finire, non lo so. So solo che sarà qualcosa di assurdo. Qualcosa di insensato.” Lo sguardo di Aygarth puntò ancora Honoo. “Non aprire nuove sfide, stregone. Sfide inutili. E non cercare altro sangue. Specie qui. Ci sono gli spettri dei morti, in questa Rocca. Li hai visti anche tu. Lascia che riposino in pace. E non insultarli uccidendo chi ha contribuito a rendere loro giustizia.”
Per un istante Aygarth vide Honoo diventare rosso carminio, poi tornò al colore lucente degli alleati "Io. Non. Sono. Umano. Non chiamarmi mai più così. E nemmeno tu lo sei. Non per la tua componente vampirica. Non per la tua componente di Forgia. Ma perché sei una persona. Una brava persona. Incidentalmente appartieni alla specie umana, ma potresti essere un elfo o un nano o persino un Karzak, non cambierebbe nulla. Ma ben pochi umani sono brave persone. Fidati di uno che ha vissuto con loro per più di tre secoli. Dici di sapere cosa provo? Dimmi, hai mai avuto Damarios in punta di spada, per così dire, prima che potesse fare quello che ha fatto? Vero, ha ucciso e torturato per scoprire i segreti della Forgia, ma tu non sei mai stato nelle condizioni di impedire tutto questo. Io avrei potuto. E non l'ho fatto per stupida, patetica, umana, pietà."
“Damarios non aveva pietà. Non diventare come lui” disse il ragazzo. “E su una cosa ti sbagli, Honoo: sì, avrei potuto impedire. Avrei potuto cedere. Avrei potuto mettermi dalla sua parte. Allearmi. Oppure morire per evitare che altri morissero. Ma ho stupidamente, pateticamente, umanamente pensato a tenere stretta la mia vita. La mia arma. La mia anima.”
"Pensi sul serio che se avessi ceduto si sarebbe fermato? Sarebbero morti per un altro esperimento. Comunque è inutile discuterne ancora. Vi porterò lontano da qui, dove sarete al sicuro. Poi mi assicurerò che questo luogo non possa più portare dolore a nessuno." Honoo iniziò a concentrarsi mentre sottili crepe comparivano nello spazio intorno al resto del gruppo "Non muovetevi."
Aygarth non parlò più. Si limitò a mettersi alle spalle del mago, laddove giaceva Nether e Lucas che, imprecando ferocemente, si stava rialzando in piedi. Avrebbe estratto la spada se un'occhiata del ragazzo non lo avesse bloccato. Il fabbro si chinò su Nether e dopo essersi gettato l'alabarda a tracolla lo sollevò tra le braccia.
Le crepe continuarono a ispessirsi fino a frantumare lo spazio intorno a loro. Persero l'equilibrio, finendo distesi in un prato, circondati da soldati Soth, che ora stavano lentamente tornando nel folto del bosco. In lontananza all'orizzonte, al di là di una steppa desolata, un vulcano.

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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Dom Apr 25, 2010 7:24 pm Rispondi citandoTorna in cima

Le creature osservarono il gruppo con sguardo incuriosito, scambiandosi cupi gorgoglii."Sono creati da Honoo, non ci infastidiranno" disse Lucas a tutti e nessuno. Ognuno di loro restò steso sul soffice prato per un tempo che sembrò lunghissimo, come se quel contatto potesse rigenerarli dalla lunga battaglia. Nel silenzio scoppiò la risata di Lao "Non mancava anche a voi l'odore dell'erba umida?" chiese appena finito di ridere.
Aygarth rimase a guardare la Rocca, in lontananza. I suoi pensieri erano rimasti là dentro, alle intenzioni di Honoo, alle parole che gli aveva rivolto prima che li trasferisse. Solo un grido di gioia catturò la sua attenzione. Era la voce di Cristal, che si era immediatamente gettata fra le braccia di Galdor. E non solo lei.
"Cronista!"
Il Vampiro fece appena a tempo a deporre la svenuta Magistra a terra, che Kyla gli era corso incontro. L'accolse con affetto tra le sue braccia, rassicurandola a bassa voce.
Un improvviso lampo gelò Aygarth. Si voltò ancora.
"Non ti sei fatto ammazzare, per fortuna... temevo ci avresti lasciato di nuovo le penne."
Nihal.
Lo guardava quasi con sufficienza, come avrebbe guardato un corriere che avesse fatto tardi per una consegna. Lui non spiccicò parola, ma la guardò a sua volta. Solo allora si rese conto di avere ancora Nether tra le braccia, e facendo un cenno a Cristal lo depose a terra, affidandolo alle sue cure. Poi si avvicinò di qualche passo, senza smettere di fissarla. Benché tentasse di nasconderlo, al giovane fabbro non sfuggì il lieve trasalire che ebbe lei quando vide i leggeri mutamenti sul suo volto, a cominciare dalla macchia rossa nell'iride e i canini appena appena pronunciati. Tuttavia, alzò un sopracciglio e sorrise, sornione.
"Ma dove diavolo eri?" commentò. "Ti sei persa il meglio."
La ragazza divenne paonazza e mollata la presa sulla spada lo tartassò di pugni sul torace. "Ma hai anche il coraggio di prendermi in giro? Di sfottermi?" Un pugno, un altro, ma Aygarth non faceva una piega. "Che odio! Ti detesto! Ti..."
Lui le bloccò le braccia e si protese in avanti. Non la baciò sulla bocca, ma sulla fronte. A lungo. "Va bene così" mormorò, mentre lei rimaneva sbigottita, occhi spalancati, per quel gesto. "Ho pregato per sentire di nuovo la tua voce, quindi non ho diritto di lamentarmi. Sei viva. Io sono vivo. Mi basta."
Lei non si ribellò immediatamente, anzi, dopo quel bacio lasciò cadere la fronte sul petto di lui, con un sospiro soffocato.

Lao osservava con sguardo di marmo la Rocca in lontananza, cupa cuspide di dolore e megalomania. Al pensiero delle prigioni di quella immensa fortezza e del suo padrone un brivido lo colse."Credo che sia dovuto da parte nostra un piccolo ufficio." disse a tutti e a nessuno congiungendo le mani."Noi ne siamo usciti. Per tutti quelli che sono rimasti lì, torturati ammazzati o tramutati in mostri, possano riposare in pace. E che il padrone di casa possa friggere a fuoco lento in tutte le padelle dell'Inferno"concluse con un ghigno storto

Alle parole di Lao, Aygarth si voltò verso Faery. Lei era l'unica senza un amato da riabbracciare. Si sentì in colpa, anche se sapeva che non era stata colpa sua. Tuttavia, si staccò da Nihal e avanzò verso di lei. Si inginocchiò al suo cospetto e chinò il capo. "Mia signora" mormorò. "Posso solo rendere onore a Darth Roxx e ricordarlo come un guerriero valoroso. Possa egli riposare in pace... e possiate voi perdonarmi per non essere riuscito a evitare che morisse."
Le sue parole vennero interrotte da qualcosa che gli sfiorava i capelli. Faery gli aveva posato una mano sulla testa china. "Egli vive ancora" disse, e quando il ragazzo alzò lo sguardo, sorpreso, la Regina degli Elfi accennò a lui stesso. "Le sue conoscenze, il suo ardore, il suo potere, è ancora vivo. Anche se non incarnato nella sua figura. Egli vive in coloro che lo ricorderanno e in colui che ha raccolto la sua eredità."

"Dovremmo muoverci." affermò Galdor dopo parecchi minuti osservando l'orizzonte."Non ho nessuna intenzione di pernottare all'ombra di quella maledetta costruzione." gli altri annuirono a quella proposta."Da che parte ci dirigiamo?"fu' la domanda di Nexor "Io intendo andare ad Atkhatla, qualcuno che voglia fare compagnia ad un povero vecchio? Ormai siamo abbastanza al sicuro da non dover viaggiare tutti insieme. Ognuno scelga il suo sentiero, e magari acuni di noi cammineranno per un po' assieme"Rispose prontamente Lao.
"Athkatla..." Aygarth pronunciò quel nome come una preghiera. Si sollevò e raggiunse Lao. "Io sono di Athkatla. Io verrò...ma prima..." Si lasciò nuovamente cadere in ginocchio, abbandonando anche l'alabarda al suolo, e si sdraiò di botto a braccia aperte, "...prima dormo. Non mi muovo di qui se prima non dormo un po'."
Cronista si mise a ridere e seguendo l'esempio si gettò accanto a lui, nella stessa posizione. Sopra di loro, il cielo crepuscolare arrise ammiccando con le prime stelle. Fu il primo momento di spensieratezza che ebbero dacché vennero catapultati nell'inferno della Rocca.
"Lo sai il lavoro che ti tocca, vero?"
"Cosa?"
Aygarth rivolse al Vampiro un ghigno sornione. "Tocca a te, Cronista. Sei qui per questo. Questa battaglia non dovrà mai essere dimenticata. Al primo emporio ti riempio di carta e calamai, e dovrai sgobbare!"
Il Vampiro rimase perplesso, poi, vedendo che anche Aygarth si tratteneva dal ridere, si lasciò andare in una fragorosa risata che risuonò per tutto il pianoro.

Come se una qualche entità superiore avesse dato il segnale di via, quella risata contagiò tutti i presenti, cominciarono tutti in sordina per poi scoppiare a ridere forte e con gusto. Solo alcune di quelle risate era appena smorzata da una lacrima, ultimo ricordo delle sofferenze patite."Come un gruppo di stupidi sconfisse un pazzo, sarebbe un ottimo titolo non credete?" interloquì Nexor tra una risata e un altra."Non invidio affatto il tuo compito"disse Lao con la schiena poggiata su un enorme sorbo. Allungò una mano sul tronco e uno scoiattolo vi salì sopra, come se la paura degli umani gli fosse aliena."Aygarth dovrai chiuderlo per un mese in una stanza di una locanda e sperare che riesca a ricordarsi tutto quello che è successo." concluse ancora ridendo."Sarò pronto a tenere testa a qualunque critica dopo che avrò messo tutto su carta in buona lingua" fu la sorniona risposta di Cronista.
I raggi del sole morente disegnavano sulle cime degli alberi contorni rosso rubino. In breve la notte avvolse come un abbraccio il gruppo, regalando loro uno spettacolo di stelle sfavillanti, appena smorzate dalla Luna al primo quarto. L'aria notturna era fresca ma non fredda e la foresta silenziosa e tranquilla conciliarono il sonno e in breve tutti ne furono prigionieri. Attorno a loro tutto era silenzio e immobilità.

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MessaggioInviato: Mar Mag 04, 2010 12:50 am Rispondi citandoTorna in cima

La vampira non prese parte a quell'allegro chiacchericcio, al contrario emise un verso inarticolato nel vedere gli ultimi raggi del sole baluginare fra i rami degli alberi ustionandola là dove la luce diretta del sole sfiorava la sua pelle.
“Il sole, odioso, maledetto sole” gemette rifugiandosi rapidamente là dove gli alberi erano più fitti e offrivano maggiore protezione.
Fortunatamente il tramonto cedette presto il passo al crepuscolo e quindi alla notte. Turbata, Carnival gettò a terra la pesante bisaccia che portava sempre con sé ed apertala cominciò a giocherellare nervosamente con i ninnoli che essa conteneva, girandoli e rigirandoli fra le dita mormorando al contempo una litania inintelligibile.
Lao allungò la schiena sul tronco del sorbo dove era appoggiato con un grugnito di soddisfazione."Una Ninna Nanna sarebbe piu' indicata di questo borbottio" mormorò tra sè congiungendo le braccia e chiudendo gli occhi. Prima di addormentarsi la sua mente sondò la foresta attorno a loro. Era buia silenziosa e apparentemente disabitata."La flora è abbondante, peccato per la fauna" pensò tra sè cadendo in un sonno profondo. Era vero. Attorno a loro tutto era silenzio, non un uccello o uno scoiattolo ad osservare quella assurda compagnia.

Uno ad uno, poco per volta, cominciarono a lasciarsi vincere dalle tenebre. Tutta la stanchezza e la sofferenza accumulata in quei giorni di viaggio e combattimento si era abbattuta su di loro come una falce. Le chiacchierate si ridussero presto a mormorii e prima che qualcuno potesse accorgersene, si erano addormentati. Nether riposava sotto una spessa coltre di pelli, le ustioni già in via di guarigione grazie alle arti curative elfiche; Cronista riposava sotto un altro albero, Lucas dormiva con la mano sulla spada, così pure Nihal. Tra i più irrequieti c'erano Nexor e Galdor, che continuavano a girarsi e rigirarsi nell'erba. Aygarth s'era addormentato di colpo, ma si svegliò di soprassalto dopo una mezz'oretta, come se avesse esaurito il tempo necessario al riposo. Era l'abitudine a dormire con un orecchio teso, senza contare la predisposizione che aveva sviluppato a rimanere all'erta. Guardò Zadris: era quieta. Il mondo attorno a loro taceva. Rimase sdraiato osservando l'oscurità tra gli arbusti. L'aria fresca della notte gli piaceva. Rimase semplicemente là, immobile, ascoltando i fruscii delle foglie guidate dal vento e, in lontananza, le litanie incomprensibili di Carnival.

Incuriosita, Astrea si avvicinò a Carnival per vedere cosa stesse facendo...l'aveva già vista giocherellare con l'anello di Thaurion ma non si era resa conto di quantifossero i ninnoli che la negromante teneva con sé...c'erano collane, piccole statuette, anelli, bracciali, monete....nervosamente Astrea si chiese se ognuno di essi rappresentasse una vittima della vampira, un essere umano il cui sangue aveva saziato la sua Sete.
Ad un tratto l'attenzione di Astrea venne catturata da una coppia di anelli che Carnival stava rigirando fra le dita della mano sinistra...due anelli di metallo disadorno, che in qualche modo le sembravano familiari.
“Carnival..” disse esitante “...mi faresti vedere quegli anelli?” chiese esitante, non riuscendo a immaginare quale sarebbe stata la reazione della vampira. La negromante alzò gli occhi sulla ragazza e in silenzio allungò una mano dalle dita lunghe e affusolate lasciando cadere i due anelli nella mano della ladra
“Io ricordo” disse semplicemente.
La ladra esaminò da vicino i due anelli...c'era una scritta incisa su di essi.
L'amore è la più grande magia” scandì a voce bassa ma udibile “I.K.”

Poco lontano, qualcosa si mosse nell'erba. Qualcuno. Gli occhi di Aygarth erano spalancati sul nero, ma non c'era più la spensieratezza di prima. Si voltò, lentamente, verso la vampira e la ragazza. Poi si alzò, abbandonando Zadris al suolo. A qualche metro di distanza, il Cronista mugolò nel dormiveglia. Stava sognando qualcosa che non riusciva ad afferrare distintamente. Come se mille pensieri non suoi gli turbinassero in testa.

Il giovane si avvicinò. Non disse una sola parola, ma fissò gli anelli in mano all'amica. "Cosa...cosa hai detto?" mormorò, con voce atona. Lo sguardo non si staccava dai due ninnoli. "Dove li hai trovati, Astrea?"
Astrea si voltò verso Aygarth ma tacque quando vide lo sguardo fisso di lui. Gli occhi smeraldini di lei però guizzarono rapidamente dal volto di Aygarth a quello della vampira che a sua volta sembrava osservare la scena con interesse, la testa appoggiata alle ginocchia, gli occhi grigi e freddi che sembravano riflettere la gelida luce delle stelle.
Aygarth guardò Carnival e il Cronista sussultò di nuovo nel sonno. "Carnival." Attese una spiegazione, immobile nella notte.
“Tu hai già compreso. Oh si.” rispose la vampira con una lieve stretta di spalle “Io ricordo. Ho visto il loro volto , il loro nome nel tuo sangue. Nel loro, vidi il tuo, anche se allora non sapevo chi fossi.”
Aygarth rimase impassibile per alcuni lunghi secondi. Col passare del tempo il suo respiro si fece più pesante e Astrea notò che aveva stretto i pugni.
Nel loro sangue.
Ma fu il suo a ribollire. A scaldarsi.
E poco lontano, il sogno di Cronista si fece più nitido.

"Aygarth, hai finito? La cerimonia è tra un'ora!" La voce spazientita di Irvhan echeggia per la fucina, mentre lui va avanti e indietro. Pare quasi un nobiluomo in quella veste presa a prestito da un ricco commerciante. Nel retrobottega, il fabbro risponde con un grugnito. Sta ancora lavorando, ed è un compito ad alta precisione. Un movimento errato con quel finissimo stiletto incandescente, e dovrebbe rifare tutto da capo. Non avrebbe mai il tempo. Non che prima ne avesse avuto tanto: l'amico gli aveva chiesto quel favore praticamente soltanto la sera prima. Quanto detesta le cose organizzate in fretta e furia.
Infine, pronuncia le fatidiche parole. "Ho fatto."
L'altro si fionda a vedere il risultato mentre Aygarth pulisce con un panno i due oggetti che ha appena realizzato.
"Con le congratulazioni del padrone della fucina" esclama, porgendoglieli. "Se me li perdi, ti impicco. Una faticaccia!"
"Dici che la frase la colpirà?"
"Sei tu il poeta, Irvhan, non io. E anche la futura moglie è tua."
Irvhan si rigira i due ninnoli tra le mani. Acciaio puro, lucente, strinato da un'incisione. Una frase da lui stesso coniata, con le iniziali sue e di Kleya, la sua promessa sposa. Quando torna a guardare Aygarth, lo vede sogghignare.
"Che c'è?"
"Sei nervoso."
"Certo! Tu non lo saresti al mio posto?"
"Non so neanche se mi sposerò, come faccio a saperlo?"
"Maledizione..." Irvhan prende a girare per l'anticamera, finché non si ripiazza di fronte al fabbro, che stavolta però non contraccambia con il sorriso. E' mesto, triste, nostalgico.
"E' buffo, prima ci eravamo sempre tra i piedi, e ora non sappiamo quando ci rivedremo. Tu e la tua mania di costruire dimora nella periferia, alle falde di Sindar..."
Irvhan storce la bocca. "Ne parli come se andassi in guerra. Non siamo lontani, Aygarth. Athkatla è sempre a un tiro di sasso... e tu sei sempre qui... no?"


Il sogno si interruppe di colpo. Il Cronista si svegliò di soprassalto e l'intuizione che lo folgorò non lasciò spazio a dubbi: quello non era un sogno. Era un ricordo, un flusso di una memoria che non era sua, ma presa a prestito. Assieme al ricordo gli si attaccarono addosso le emozioni di quel passato. Più altro che si stava manifestando in quel momento. Il Cronista riconobbe quel sentimento: rabbia. Ebbe appena alzato lo sguardo per rendersi conto dell'accaduto, che Aygarth scattò.


Astrea non si rese conto fino all'ultimo di cosa stesse accadendo. L'espressione di Aygarth era sempre inflessibile, immutata, la stessa che avrebbe avuto se stesse semplicemente cercando legna da ardere. Non disse una parola, ma si avventò su di lei, o per meglio dire, sulla sua mano. Le aprì le dita a forza, con un silenzioso impeto che le strappò un gridolino di sorpresa e anche di dolore, quando il gesto del giovane le piegò involontariamente un dito mentre si riappropriava degli anelli che teneva nel palmo.
Nel sentire il grido di Astrea, Carnival si rizzò immediatamente in piedi, ma non appena lo fece l'attenzione di Aygarth si spostò su di lei. Caricò il braccio, il pugno chiuso sui due anelli, e lo fece scattare in un gancio talmente rapido che nessun occhio lo vide. Nemmeno la Vampira, che lo incassò in pieno volto. L'impatto con le nocche dell'altro le aveva provocato un taglio sullo zigomo sinistro.
Carnival barcollò all'indietro andando ad urtare l'albero accanto al quale era seduta fino a poco prima. Con attonito stupore di portò una mano al volto, al taglio che già si stava rimarginando e rimase un istante imbambolata a guardare il sangue che aveva sulle dita, il suo stesso sangue.
Poi, con quei subitanei cambi di umore e atteggiamento che ormai stavano diventando familiari a chi la conosceva la vampira si voltò verso i fabbro e gli ringhiò contro, i canini bene in evidenza. Un istante dopo era Aygarth ad incassare l'attacco della negromante, una sventola sferrata col dorso della mano destra, sferrata da sinistra verso destra, un attacco un po' goffo forse ma con tutta la potenza e la velocità che le derivavano dall'essere una figlia della notte.
Sembrava una riedizione del primo incontro/scontro fra i due, ma se possibile, ancora più carico di rabbia e furore da parte di entrambi.

Aygarth incassò in pieno. Quasi non tentò nemmeno di evitarlo. Il volto si girò da un lato, tornò lentamente in posizione diritta: sangue gli colava dal labbro spaccato, sull'angolo destro della bocca. Fissò la negromante e i suoi occhi si fecero a specchio. Nello stesso istante qualcosa fischiò nell'aria tagliandola con violenza; un guizzo, e l'alabarda si impiantò con lo sperone nel legno nell'albero, quasi una sorta di enorme giavellotto che avrebbe impalato Carnival in piena fronte se solo fosse stata pochi pollici più a sinistra. Astrea gridò quando vide la gigantesca lama vibrare a poca distanza dalla guancia della vampira, come uno spettro apparso dal nulla.
In un attimo, tutti furono loro addosso.
Cronista si lanciò su Aygarth. Lui rimase fermo, anzi, si lasciò vincere dalla presa. Fissava Carnival con un sentimento che, in quegli occhi a specchio, era indecifrabile. Era rabbia, ma non cieco furore. Quasi consapevolezza. Forse un freddo odio.
"Fratello, calmati."
"Fratello, lasciami."
La voce del giovane fabbro sembrava non appartenergli. Il Vampiro sentì il corpo del ragazzo fremere sotto la sua ferrea presa e strinse più forte. Immaginava che quella calma paventata da Aygarth fosse solo apparente.
"Basta!" la voce di Lao era nuovamente dura e tagliente come nello scontro finale nella torre. Come gli altri si era interposto tra i due per evitare spargimento di sangue. "Che campioni che siete. Due bambini che litigano nel recinto della sabbia." Si parò di fronte a Carnival con sguardo duro."Arriverà il momento in cui dovrai decidere se essere una bestia predatrice o una persona dotata di cervello."
La vampira aveva gli occhi fisse sul fabbro fin da quando Zadris l'aveva sfiorata e da principio non diede segno di aver sentito il vecchio. Infine, distolse lo sguardo quel tanto che bastava da indirizzare uno sguardo furibondo anche a Lao.
“Io ho già scelto” rispose “Io sono Carnival.”
"Una bestia senza nessun freno inibitore quindi." sibilò chiudendo gli occhi. La sua mente si espanse e Carnival fu catturata dalla telecinesi. Con uno scatto la vampira venne spinta contro un albero, trovandosi schiacciata con la schiena contro la corteccia. Il vecchio si volse verso Aygarth riservandogli lo stesso trattamento. "Sai che risate si farebbe Damarios se ci vedesse adesso..." gli disse avvicinandosi al giovane."Che diavolo ti piglia? Carnival è un vampiro, un animale predatore. Tu che scusa hai?" gli chiede sottovoce.
Aygarth non degnò Lao di uno sguardo. Sempre nella morsa telecinetica del vecchio, continuava a guardare la Vampira. Cronista indirizzò a Lao un lieve scuotimento di testa, come a dire, non lo provocare. Infine il ragazzo parlò. "Lasciami." La voce pacata, ghiaccio nelle parole.
Per la seconda volta consecutiva la vampira venne scaraventata contro un albero.
“Mi sto stancando di questo gioco” disse in tono fra il seccato e l'annoiato, bizzarramente simile a quello di una bambinache metta il broncio. D'altro canto il sogghigno che distorse i suoi lineamenti mentre alzava le braccia e cominciava a salmodiare a bassa voce non prometteva nulla di buono.
Fra le mani della vampira l'aria prese a turbinare in una sfera di un malsano colore verdastro che si dilatò lentamente dando l'impressione di essere sottoposta a enorme pressione...infine la sfera esplose diffondendo tutt'intorno una nube velenosa per un raggio di molti metri.

Lao non degnò di uno sguardo la nube nè i compagni che cominciavano a tossire convulsamente. Astrea, che si trovava vicina a Carnival, si accasciò quasi subito in terra tossendo con forza."Carnival...smetti...ci ammazzerai...tutti" disse mentre annaspava per respirare.Dopo alcuni interminabili secondi una folata di vento sembrò nascere dalla terra stessa, sollevando la nube sopra le loro teste. "Statemi bene a sentire, tutti e due. Con la meditazione posso trattenere il respiro anche per venti minuti. Gli altri no. Se non vi calmate immediatamente quel verdastro regalino torna giu'. Volete una decina di persone care sulla coscienza?"disse Lao con un sorriso luciferino."Portatore di morte. E' così che mi ha chiamato Damarios. Immaginate cosa ho fatto nel mio passato"
"Quella nube non serve." La voce di Aygarth sembrò provenire da altrettanto lontano. La morsa telecinetica di Lao lo teneva immobilizzato, ma i suoi occhi sembravano protendere la sua anima altrove. Dopo qualche secondo, Zadris tremò nel legno, poi si mosse autonomamente. Compì una rotazione di quasi novanta gradi, e quasi sospesa a mezz'aria si parò a minaccia di Carnival. La lama affilata distava solo un paio di millimetri dalla gola della Vampira. Sarebbe bastato uno scatto violento per tagliarle la testa. "Se non la uccidete voi, la uccido io. Risolvo due problemi in un colpo solo. La nube sparisce e ci sarà una bestia in meno."
“E allora perchè non lo fai, Aygarth della Forgia?” disse la vampira, in tono glaciale “Tu ricordi le sue parole, vero? Oh si le ricordi. Sangue ed Anime. Lui ha detto molte menzogne, ma in questo, forse, ha detto la verità. Dovresti uccidermi perchè un giorno sarò troppo forte per te, per chiunque altro” nuovamente la vampira sorrise un sorriso storto, derisorio “Tu sai che è solo questione di tempo non è vero? Un giorno tu sarai come me, oh si, lo sarai. Per questo mi odi tanto Aygarth della Forgia...quando guardi il mio volto, tu vedi il tuo futuro.”
Aygarth le rivolse uno sguardo altrettanto glaciale. "Ho smesso di pensare a cosa diventerò. Quando accadrà, mi porrò il problema. Né mi interessano i discorsi sul forte e più forte. Fino a prova contraria, Carnival, tu non mi puoi nemmeno toccare. E nemmeno lei." La lama di Zadris sfiorò impercettibilmente la gola di Carnival, e il contatto fu sufficiente. Ci fu un lieve spostamento d'aria, e tutti sentirono una strana vampa di calore. Dopo un attimo l'avvertì anche la Vampira, e sentì anche dell'altro: la sua stessa carne che si anneriva leggermente laddove toccava il metallo dell'alabarda. La Forgia, sorprendentemente, in atto.
"BASTA!" urlò Astrea, e si gettò su Aygarth, tempestandogli il petto di deboli pugni. "Che fai? Lasciala stare! Che ti prende?! Non ti riconosco più.. lasciala, lasciala! Lasciala in pace!" continuava a gridare, ormai prossima alle lacrime.
Aygarth la guardò e mosse lentamente le braccia. La telecinesi di Lao limitava i suoi movimenti, ma riuscì ugualmente a frenare i suoi colpi e, afferrandola per le spalle, a farla girare in direzione della Vampira. "Guardali!" sibilò, accennando i gioielli che recava con sé. "Ognuno di quei ninnoli è una vita interrotta. Una vita che LEI ha goduto nello stroncare. E questi..." La forzò ad aprire le mani a coppa e vi depose i due anelli. La sua voce scudisciò la radura. "Guardali bene, per gli Dèi! Leggi quelle iniziali... Irvhan! Kleya! Noi eravamo amici da quando ancora ti scappava la pipì nei calzoni... e adesso sono morti! Morti! Quindi se la vuoi difendere, fallo pure, Astrea. Non ti odierò per questo. Ma nulla potrà impedirmi di odiare lei. Né di prendermi la mia vendetta, quando non avrà scudi umani a porsi in sua difesa."
"Vuoi festeggiare la tua ritrovata libertà uccidendo una donna Aygarth?" la mano callosa di Lao si appoggiò alla spalla di Astrea, scostandola delicatamente. "Lascia fare a me ragazza."disse con un sorriso incoraggiante."Aygarth non sei un assassino a sangue freddo. Vorresti bruciare viva Carnival solo perchè ha seguito la sua natura? Per vendetta?" la morsa telecinetica abbandonò i due."Vuoi davvero arrivare alla mia età con questo pensiero?"
Astrea annuiva quasi con le lacrime agli occhi alle parole del vecchio,"Cronista digli qualcosa anche tu, vorrei tornare a dormire."
"Natura? Dèi..." Gli occhi a specchio si spostarono su Lao. "Natura è quando qualcuno uccide perché non ha altra scelta. Per nutrirsi. Ma quello che ha fatto lei, Lao, per me non è sopravvivere. E' prendersi beffe dei morti, specie se li si ricorda con un sogghigno sulle labbra." Gli occhi a specchio brillarono, inquieti. "Lo rimpiangerò, se la uccido? Forse. Rimpiangerò di non averla uccisa? Di sicuro. E prima di sfornare altri moralismi, Lao, dimmi: cosa sarebbe successo se anziché i nomi dei miei amici, su questi anelli, ci fosse stato il nome di un tuo caro?" Si girò verso Cronista. "Di Aelyn?" Gli occhi passarono a Galdor. "Di Cristal?" L'elfa ebbe un sussulto, ma Aygarth non si fermò e guardò Astrea. "Il mio?"
Quando Lao abbandonò la presa telecinetica su di lei, Carnival si spostò di lato in maniera convulsa, allontanandosi da Zadris e dal dolore che l'alabarda le arrecava.
“”Prendersi beffe dei morti” ripetè facendo il verso ad Aygarth “Prendersi beffe dei morti” ripetè in tono di aperta derisione “Sei un'odiosa, stupida Cosa Vivente. Tu non sai niente dei morti. Io li ricordo. Tutti loro. Il loro sangue scorre nelle mie vene.” Una mano artigliata si alzò e si strinse lentamente come per afferrare qualcosa che solo la vampira riusciva a vedere “Loro sono miei. Le Cose Viventi tengono nelle loro case i trofei impagliati delle loro vittime. Io li ho visti. Cosa direbbe di loro un cervo o un daino? Non c'è differenza, oh no, nessuna.”
“Io ti odio” sibilò dopo qualche istante, nel pesante silenzio della radura.

Astrea corse verso Carnival inginocchiandosi e stringendola tra le braccia, a protezione della vampira ."Dovrai uccidere anche me."disse risoluta la ragazza."Aygarth te lo dico per l'ultima volta: lascia stare." di nuovo si avvicinò al giovane parandoglisi davanti, la tensione sul suo volto si spense come una candela. Abbassò la voce così che solo Aygarth potesse sentirlo."Dammi fiducia, e non ucciderla. Io posso fare in modo che cambi."

Aygarth fissò la giovane con occhi gelidi. Il silenzio calò sulla radura, finché di nuovo non parlò, con le iridi a specchio e la macchia rossa che spiccava in quella luce, lo sguardo piantato sul volto di Carnival. "Gli umani..." Alzò il braccio. Zadris tremò nel tronco d'albero. "... non sono..." L'alabarda venne scagliata in alto, roteando sulle teste delle due donne, "...TROFEI!"
Lama e braccio calarono. Zadris sfiorò Astrea, per poco non ferì Carnival, e si impiantò al suolo tagliando in due la sacca che conteneva i ninnoli della Vampira. Discostando Lao dalla sua strada, Aygarth avanzò lentamente verso di loro e chinandosi appena sulla ragazza gli strappò nuovamente gli anelli dalla mano. "Brava, odiami" aggiunse, fissando Carnival. "E' appagante. Preferirei morire piuttosto che stare dalla tua stessa parte. E se ti interessa... sappi che la cosa è reciproca, meretrice succhiasangue." Staccò l'alabarda dal terreno e se la depose sulla schiena. "Non ho mai levato le mani contro una donna. Tu me l'hai fatto fare. E ti odio anche per questo. Ti odio dal profondo del mio cuore."
Guardò Astrea. A lungo. Non c'era odio, stavolta, nei suoi occhi: solo una grossa delusione.
"Ha ucciso il mio migliore amico, Astrea. Se è ciò che vuoi, sii felice di stare al suo fianco. Perché io non lo sarò."
Parole lapidarie che fecero trasalire la giovane, mentre Aygarth voltava loro le spalle e si allontanava. Sorpassando Lao, il ragazzo gli parlò a bassa voce.
"Tenetemela lontana. Se mi si avvicina gli stacco la testa." Gli scoccò uno sguardo significativo, le iridi ora normali. "E lo stesso varrà per chiunque oserà mettersi tra lei... e me."
Senza dire altro, con gli anelli stretti al petto, si allontanò laddove non avesse la Vampira a portata di vista.

Il vecchio incrociò le braccia stancamente con un sospiro sfiduciato. Si voltò verso la vampira e la ladra "Carnival, tu vuoi imparare da me, concesso. Ci muoviamo tra due minuti. Raccogli le tue cose"disse guardando nuovamente verso il folto della foresta, dove Aygarth si era allontanato."Tu sei refrattaria al sole. Viaggeremo sotto le stelle"

La vampira rimase immobile per qualche istante, accarezzando i capelli di Astrea “Io non volevo farti del male, bloodsister” mormorò in tono contrito, senza dare cenno di avere sentito le parole di Lao. Carnival si era ricordata di aver rischiato di fare del male alla ladra con l'incantesimo di poco prima e per qualche minuto non fece altro che scusarsi.
“Controllo, controllo, devo imparare il controllo” aggiunse quando finalmente si staccò dall'abbraccio di un'Astrea in lacrime per quanto era appena accaduto, continuando a mormorare fra sé, segno che, dopotutto, le parole del vecchio non erano andate sprecate.
Carnival si chinò accanto alla sacca semidistrutta e dopo aver rimesso insieme alla meglio un fagotto da essa si mise lentamente e metodicamente a rimettere in ordine i suoi ninnoli.

Dopo qualche minuto il vecchio finalmente si girò verso il gruppo con cui aveva condiviso tante battaglie con un sorriso contrito."Credo che questa sia una battuta d'arresto a quella che poteva essere una bella amicizia." disse con tono leggero, ma il dispiacere nella sua voce era evidente."Ci rivedremo un giorno forse." Cronista lo squadrò con un sorriso "Ci puoi scommettere." "Fino all'ultimo tuo soldo" gli fece eco Galdor. Lao si incamminò nella foresta verso Est."Carnival, Astrea, non vi aspetto piu' spicciatevi." disse alle sue spalle.

“Tempo, tempo, voi Cose Viventi siete sempre preoccupate dal tempo.” cantilenò la vampira “Sento l'odore del tuo sangue, lo sento. E' notte, se vai senza di me io posso ritrovarti. Io ti sento, sento te, sento lui, sento loro. Mi mancavano il cielo e le stelle.....Ho sete, tanta sete...” concluse in tono lamentoso.
Lao e Astrea non erano gli unici a risentire di quanto era accaduto nella radura...la stessa Carnival appariva turbata, instabile. La ladra si asciugò gli occhi e si fece forza...non pensava che le cose sarebbero arrivate a quel punto e si sentiva in colpa perchè se non avesse detto nulla Aygarth non avrebbe mai scoperto quegli anelli. Come poteva spiegargli che lei sentiva che era rimasto ancora qualcosa di umano in Carnival e che lei non si sentiva di abbandonarla al suo destino, lasciare che si trasformasse nel mostro che Damarios aveva profetizzato che ella sarebbe diventata? Senza dire nulla, chè non c'era altro da dire, Astrea si alzò e seguì Lao e Carnival, voltandosi solo un'ultima volta nella direzione in cui Aygarth si era allontanato.

Aygarth rimase solo per una manciata di minuti, prima di tornare indietro.
Avrebbe dovuto dare spiegazioni, oppure al ritorno avrebbe forse incontrato solo indifferenza.
Ma in quel momento, gli altri non c'erano. C'erano quegli anelli, i suoi ricordi. L'eco lontana dei pensieri del Cronista, che, in un modo o nell'altro, gli stava vicino in quel lutto che si aggiungeva ad altri, tanti, già provati e sopportati in così breve tempo.
Con la mano libera, scavò una piccola buca nel terreno soffice. Vi depose i due anelli e li ricoprì di terra. Provò a dire qualcosa, ma si accorse di non riuscire nemmeno a ricordare una delle preghiere imparate. Era assurdo, ma vero. Cercò disperatamente nei ricordi, finché non rovistò in quelli non suoi. In quelli del Vampiro: parole pronunciate in mezzo ai campi di battaglia, per onorare i caduti.
Recitò una preghiera originaria di una terra sconosciuta, che non aveva mai visto.
Poi si alzò e tornò indietro. Se si rese conto della partenza di Astrea, Lao e Carnival, gli altri non seppero dirlo. Si coricò alla base di un sorbo, l'alabarda in grembo, gli occhi chiusi.
Che riposino in pace.
La voce del Vampiro. Lo guardava fisso, dall'altra parte dello spiazzo.
Aygarth non aprì gli occhi. Non voleva che gli altri vedessero che stava piangendo. Soffocò le lacrime sotto le palpebre, mentre la notte si stringeva rapidamente su di loro.

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MessaggioInviato: Mar Mag 04, 2010 6:31 pm Rispondi citandoTorna in cima

La notte era infine trascorsa. Le prime luci dell’alba si intravedevano tra le fronde e tutti, chi più chi meno, erano consapevoli che quello sarebbe stato il giorno di dirsi addio. Quella guerra era stata lunga e logorante e li aveva visti vicini nei momenti di scherzo e di sofferenza che si erano susseguiti nei giorni ma ora tutto questo apparteneva irrimediabilmente al passato. Ironia della sorte nessuno o quasi avrebbe saputo nulla di loro, di ciò che avevano dovuto affrontare per il loro bene e per quello di tutti gli abitanti di quelle terre, nessun re li avrebbe premiati o acclamati come eroi. Erano solamente degli avventurieri stanchi, sporchi e affamati e, quel che è peggio, la solidarietà che li aveva visti collaborare iniziava a venir meno dove non supportata da qualcosa di più profondo.
Dopo la partenza di Lao, Galdor era tornato a dormire con Cristal stretta tra le braccia. Per quanto lo riguardava una cerca era finita e un’altra si stava finalmente delineando nella sua mente. Il tempo di fuggire era ormai giunto al termine, avrebbe avuto la sua vendetta. Pose il suo sguardo sui capelli di Cristal, ancora addormentata sul suo petto, e si accorse che la loro storia insieme sarebbe finita lì. Capì che per quel che doveva fare preferiva non avere nessuno a cui badare, nessuno da dover proteggere: nessun punto debole.
Avrebbe detto all’elfa che era stato divertente ma che ora non voleva più nessuno in mezzo ai piedi, in fondo lei aveva ancora degli obblighi verso la propria regina. Vederla piangere, e probabilmente farsi venire un attacco isterico, sarebbe stato un addio decisamente fuori dai canoni ma il guerriero preferiva così.
Stando attento a non destarla si mise in piedi e si avviò verso un punto in cui gli alberi lasciavano spazio alla vista sulla civiltà. Conficcò Elrohir a terra e pose entrambe le mani sul pomolo lasciando che gli occhi spaziassero verso l'orizzonte.


Aygarth dormiva. O, per meglio dire, fingeva di farlo. Peccato che lui e il guerriero della Fenice non fossero telepati, altrimenti avrebbero dato una spiegazione al fatto che stessero pensando la stessa cosa. La sua mente volava a Nihal, che dormiva poco lontano. Le piaceva il suo volto, nel sonno. Era rilassato, dolce, quasi spensierato. Una mezzelfa guerriera, che aveva scelto di combattere per versare sangue.
E io? Che cosa ho scelto?
Abbandonò lo sguardo nel grigiore dell'alba. Ora che tutto l'orrore era finito, ora che era finalmente libero, ora che Damarios era definitivamente sconfitto, era come se non sapesse esattamente cosa fare. O meglio, un'idea ce l'aveva, ma era come se avesse perso sapore. E non sapeva spiegarsi perché.
Athkatla. La sua città d'origine. La sua terra natia. Ora era così lontano, straniero in terra straniera. Lo assalì una sorta di nostalgia, un'indicibile malinconia, ma non riuscì a capire da cosa fosse derivata: se dalla mancanza della propria patria o se dal pensiero di dover abbandonare degli amici con cui, nel bene o nel male, aveva combattuto e aveva versato sangue.
Amici.
Come animato dal suo pensiero, Galdor si mosse e si accomiatò. Aygarth lo sbirciò dalle palpebre semichiuse e lo vide allontanarsi oltre le piante. Curioso come solo un ragazzo di ventun anni può essere, si alzò lentamente e lo seguì. Non dovette camminare a lungo: lo vide fermarsi piantando la spada nel suolo e appoggiandovisi sopra. Le sue labbra si atteggiarono a un mezzo sorriso; benché incerto che il guerriero non volesse effettivamente rimanere solo, avanzò lentamente, senza far rumore, fino ad affiancarlo. Conficcò Zadris nel terreno, in egual modo, e si appoggiò all'asta, la guancia schiacciata contro il metallo.
"Che farai, adesso?" domandò.

Galdor non si era minimamente voltato mentre il ragazzo si avvicinava ma un sorriso si delineò nel suo volto quando vide il giovane fabbro imitarlo nella postura “Non credo ti faccia piacere saperlo, andrò ad ammazzare delle persone. Ad ognuno la sua vendetta ragazzo mio.” Disse senza scostare gli occhi dall’orizzonte. La sua voce era suonata atona, come se ciò che si accingeva a fare non lo avrebbe ripagato di ciò che era stato. Questo senso di vuoto che in parte provava gli aveva fatto capire quanto fugace fosse il piacere recato dalla vendetta, quanto sfuggevole il suo sapore.

Aygarth storse la bocca. "Alcune questioni non possono essere risolte con la spada... e altre non possono essere risolte senza. Perché dovrebbe infastidirmi?" Sospirò e rimase a contemplare l'alba. "Io tornerò indietro. Almeno per il momento. E' quasi un anno che manco da Athkatla. Non so quanto di me sia rimasto in quella città ma... voglio provare a ritrovarlo."
“Hai ragione, perché dovrebbe infastidirti? Forse è a me che non fa piacere” disse meditabondo. “Vedi quelle quattro case?” alzò la mancina per indicare un punto in mezzo alle colline. “No, quelle sono troppo poche” si corresse. Spostò la mano di poco. “Quel villaggio, ecco. Quando lo raggiungerò loro lo sapranno e avrò qualcuno che vuole la mia testa alle calcagna nel giro di due giorni” Sospirò “Tu vai a vedere quanto rimane del tuo passato, pur conoscendo quello di molti uomini, io andrò ad ammazzare il mio ignorandolo” Lasciò ricadere la mano stanca sull’elsa della spada. “Ti invidio Aygarth, avere un posto in cui tornare significhi veramente qualcosa è un sentimento che credo non proverò mai…”
"Non invidiarmi" replicò Aygarth, sedendosi sull'erba con Zadris in grembo. "Tornerò indietro, sì, ma come? Ho la Forgia che ormai vive di vita propria, il vampirismo che a ogni sfuriata si mangia una parte di me... senza contare che tutto ciò che mi legava alla città è quasi sparito. Gli amici, non per ultimi." Sospirò a sua volta. "Il vero dolore non è aver dimenticato ciò che si ha, Galdor. In realtà è ricordarsi ciò che si è perduto per sempre."

Il guerriero inclinò il capo di lato “Quel che dici è vero, ma io non ho dimenticato ciò che ho, io non ho mai avuto nulla. Il tuo nome forse sarà uno dei primi, e dei pochi, che ricorderò. Le persone hanno, fino ad ora, attraversato la mia vita come ombre senza nome, corpi senz’anima. Da qualche tempo a questa parte non sapevo nemmeno più quale fosse il nome del posto in cui mi trovavo o della bella ragazza che serve in locanda o di quel tipo strano che sta sempre davanti al camino, che si trovano, e puoi giurarci, in ogni buco di questo dannato posto.” Le mani si strinsero sul metallo della spada “e quello che ho conquistato in questo periodo svanirà perché è destinato a farlo e fino a quando la mia vendetta non sarà conclusa la mia vita sarà una spada macchiata di sangue, spero solamente non mio.” Il guerriero si lasciò cadere a terra e guardò attentamente il proprio riflesso sulla lama mentre il cielo andava via via schiarendosi.
Il giovane fabbro scrollò le spalle. "Perché sei così pessimista? Pensavo anche io di avere perso tutto. Quando marcisci in una prigione ti ricordi il tuo nome solo perché te lo gridano i tuoi aguzzini, dalla mattina alla sera. Ma mi sbagliavo." Contemplò l'alba nascente. "Hai ancora la vita. Non ti basta? Sono morti in tanti, là dentro. E ciò che hai compiuto non credo sbiadirà così facilmente. Non se ci hai creduto davvero."
Galdor alzò gli occhi al cielo “Anche se all’inizio non era la mia battaglia ora che è finita mi rendo conto che forse ci ho creduto più di quanto avrei mai sperato. Forse il vulcano-fortezza di Damarios ha partorito un’ultima creatura, ciò che sono diventato mi permetterà di affrontare i miei demoni. “ Scrollò le spalle. “Piuttosto, che ne farai di lei? Verrà con te ad Athkatla?” questa volta si voltò a guardare il ragazzo curioso della sua reazione.
Aygarth rimase in silenzio a lungo. "Non lo so" mormorò infine. "Lei non è uno spirito 'cittadino'. Lei è...libera. Fondamentalmente libera. Non ha radici, non ha legami. E' quello che vuole essere, e io non la forzerò." Accarezzò Zadris. "Non le serve un uomo che la protegga. Non le serve un uomo che la ami. E io non la incatenerò a forza facendo leva sui miei sentimenti per lei. Non sono così bastardo da influenzare la sua scelta. Io tornerò indietro ad Athkatla, perché oramai ho deciso. Se lei deciderà di non seguirmi... per me andrà bene."
L’uomo scosse il capo “Pensi davvero che i tuoi sentimenti per lei la influenzeranno nella scelta? Secondo me puoi dirle tutto ciò che vuoi, tanto farà esattamente ciò che le frullerà in testa e, a giudicare dai trascorsi, è probabile che sarà la scelta peggiore” Rise di gusto sperando che l’amico non se la sarebbe presa.
"Non è detto che sia la peggiore." Aygarth guardò il guerriero. Nel riverbero del sole nascente, era impossibile non distinguere la macchia rossa che gli colorava l'iride sinistro. "Odio ammetterlo, ma Carnival aveva ragione, anche se in parte. Temo ciò che posso diventare, e benché non ci pensi quando sono solo, ci penso quando sono accanto alle persone a cui tengo. Che futuro posso darle? Duro lavoro e la compagnia di un mezzo vampiro, che rischia di mutare non appena perde il controllo?" L'alabarda mandò un bagliore come a voler interrompere il suo discorso e il ragazzo distolse lo sguardo. "Merita di meglio. Un guerriero, un vero guerriero. Un futuro in cui poter appagare ogni suo desiderio. Non il mio. Non la triste prospettiva di essere la moglie di un fabbro."
“Perché così pessimista? Non sei solamente un fabbro e se prova veramente qualcosa per te sceglierà di conseguenza e ricordati che tu puoi offrirle quello che un qualunque guerriero potrebbe non essere in grado di fare. C’è un tempo per combattere ma anche uno per vivere ed amare “ Gli pose una mano sulla spalla.
Aygarth sorrise, un sorriso forzato. "Ma non siamo noi a scegliere il tempo. E' il tempo che sceglie noi. Non sono sicuro che il mio, o il suo, sia arrivato. E forse, non insieme."
“Non bagnarti prima che piova in fondo non gliel’hai ancora chiesto, no? L’importante è essere pronti ad ogni evenienza.” Galdor alzò gli occhi al cielo. “Sai cosa ci vorrebbe ora? Un bacile d’acqua calda e un po’ di vino, miele , pane e formaggio di capra.” Ridacchiò.
"Io direi un cinghiale intero" commentò Aygarth, e scoppiò a ridere. "Ho fame, maledizione! E' da Garmya che non metto sotto i denti del cibo degno di questo nome."
“Scherzi?! Non è nemmeno l’alba e già vuoi un cinghiale? E allora per il pranzo non ci sarà bue che tenga” Risero insieme cercando di ignorare la fame che importunata a quel modo iniziò a farsi sentire. Quando anche le ultime risa si spensero il volto del guerriero parve amareggiato. “Iniziavo ad abituarmi ad avere qualcuno con cui scambiare due chiacchiere, ma credo che sia giunto il momento di salutarci, partirò al più dopo mezzogiorno, probabilmente lasciando Cristal in lacrime, e non so se Nexor vorrà venire insieme a me in fondo c’è anche lui in mezzo a questa storia, dovrò chiederglielo. “
"Io partirò adesso." La frase di Aygarth rimase sospesa nell’aria a lungo. "Non intendo aspettare molto. Anche perché non credo ci sia qualcuno che intenda seguirmi. Però..." rimase pensieroso. Pensò a Nether, colui che ormai considerava come un padre. Pensò a Cronista, il suo fratello di spada e di sangue. Il pensiero di separarsi da loro gli faceva male. Guardò Galdor e provò qualcosa di simile. Per la prima volta si era sentito parte di qualcosa, e vedere quel tutto disfarsi gli provocò una fitta di malinconia che cercò in tutti i modi di scacciare.
“Che fai ragazzino, ti metti a piangere adesso?” Il guerriero gli scompigliò con una mano i capelli, come se ce ne fosse bisogno, e si mise a ridere. L’aria da spaccone gli calzava a pennello anche se anche a lui costava allontanarsi dagli altri. “Sono sicuro che capiterà di rivederci un giorno anche perché non ho intenzione di far riparare Elrohir a nessuno che non sia tu dovesse accaderle qualcosa di spiacevole. Sappi che verrò a svegliarti nel cuore della notte se ne avrò bisogno, non mi farò scrupoli del tuo sonno e della tua tranquillità” Rise ancora.
Aygarth si scrollò di dosso il malumore e ridacchiò a sua volta. "Purché mi paghi! Sei ancora in debito con me di un pugnale, lo sai?" aggiunse, strizzando un occhio con l'espressione di una volpe.
Il guerriero ripensò a tutto quello che era successo nei giorni precedenti. “Fosse solo un pugnale, tra debiti e crediti ho perso il conto, per il resto credo di averti ripagato con una dozzina di tonnellate di metallo informe alla rocca di Damarios, non è colpa mia se non hai riscosso il pagamento” rispose inarcando un sopracciglio. “E poi il combustibile per quel pugnale ce l’ho messo io ti ricordo”
Il giovane fabbro lo guardo, poi gli assestò un amichevole pugno sulla spalla. "Bravo! Volevo vedere se eri attento." Sospirò mentre la luce del sole cominciava a ferire gli occhi. "Avanti, torniamo indietro. Gli altri saranno svegli. Si staranno chiedendo che fine abbiamo fatto."
"Annaffiavamo la vegetazione..." disse ironico mettendosi in piedi. "A tal proposito, tu va' pure avanti . Ti raggiungo tra un attimo."

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MessaggioInviato: Lun Mag 24, 2010 9:58 am Rispondi citandoTorna in cima

Un raggio di luce giocò con i suoi occhi, obbligandolo a chiuderli un istante.
Si voltò verso il Sole che faceva capolino a est, quasi seguendo il profilo delle alte montagne in lontananza; un debole sorriso accompagnò il suo sguardo, quando li riaprì sulla luce che man mano prendeva vigore. Per la prima volta dopo molto tempo i suoi pensieri si rivolsero aldilà di quei monti, e ancora più lontano. L'Oriente e la sua gente, accantonati in un angolo della memoria, apparvero davanti ai suoi occhi, facendogli provare una fitta di nostalgia del tutto aliena, ma umana. Ricacciò indietro quel pensiero, alzando la mano destra su quella luce, quasi a stringere nel palmo quel globo dorato ormai completamente definito.
Abbassò il braccio dopo qualche momento, e la deriva dei suoi pensieri si infranse quando avvertì il tocco di Kyla: l'aveva preso per mano e lo scrutava attenta, gli occhi blu scuro fissi nei suoi.
Un fruscio d'erba li fece voltare: Aygarth stava tornando indietro, lasciando Galdor immerso nei suoi pensieri. Il Cronista sussurrò una parola all'orecchio della ragazza, e venne incontro al giovane, un sorriso più ampio e che voleva incoraggiare il ragazzo, viste le ultime ore e la tragica scoperta dell'anello di Irvhan.
Il giovane alzò lo sguardo e si ritrovò davanti il Vampiro. Era talmente concentrato sui suoi pensieri che non si era quasi accorto di lui. Ammiccò per salutarlo e, lentamente, si guardò tutt'attorno. "E'... strano, non trovi?" mormorò alla fine. "Tutto questo silenzio, tutta questa pace. Tutto questo 'niente'. Ci avresti mai creduto? Avresti mai immaginato un finale del genere per questa battaglia?" Sul suo volto comparve una smorfia che assomigliava a un sorriso. "L'avresti mai predetto? Di vincere, di uscire vivi, in una maniera o nell'altra?"
L'altro sospirò. Un sospiro così profondo che pareva quasi impossibile da parte di qualcuno che non necessitava di aria per i polmoni. “Ci sono due cose che ho imparato, nel corso della mia 'vita': la prima è che, con la mia percezione, più hai variabili, complicazioni e situazioni critiche nel presente, più è difficile prevedere il futuro. Ma questo penso che valga anche per te, per chiunque altro non abbia la mia facoltà. E' l'imprevedibilità del destino, la casualità. Io non credo nel fato, nonostante possa 'vedere' un po' più in là della gente normale. Ci credi? La seconda è questa: quando viaggi per molto tempo in compagnia della Morte, smetti di porti queste domande."
"Capisco cosa intendi... solo che..." Aygarth si grattò distrattamente la nuca. "E' buffo, io non ho mai pensato al 'dopo'. Ho sempre cercato di sopravvivere nel presente. E a volte ho temuto di non farcela. Io non ho vissuto a lungo come te o altri, Cronista, e non posso dire di aver viaggiato con la Morte a lungo ma... ne ho sentito il respiro. Ho provato il suo abbraccio." Una pausa. Non c'era bisogno di altre parole. Il ricordo della morte del giovane fabbro era vivido nella memoria di entrambi. Aygarth aveva sentito il freddo pervadergli le membra immobili, il Vampiro aveva percepito il corpo che aveva tra le braccia sempre più privo della scintilla vitale, e il legame recidersi, come una candela spenta dal vento. "Per questo" riprese poi il giovane, "mi sembra quasi incredibile essere qui. Tutto è finito, tutto è concluso. E adesso..." guardò il gruppo in lontananza, "ognuno per la sua strada... no?"
Il Cronista spostò a sua volta lo sguardo dall'amico al gruppo che li aspettava. “Adesso..credo di sì. Ognuno di noi ha i suoi debiti e i suoi conti da saldare, ma prima di tutto li abbiamo con la vita. Non so cosa ti abbia detto Galdor, ho cercato di non 'sbirciare' mentre vi parlavate..” gli mise una mano sulla spalla, e il giovane avvertì una decisa stretta, come se il Vampiro volesse sottolineare quello che stava per dirgli “..ma da parte di chi ha viaggiato per tutta la vita, spero che accetterai questo consiglio: abbi il coraggio di vivere e di ritagliare il tuo posto su questa terra. Spero che anche Galdor, con il suo desiderio di sangue e di vendetta, lo capisca. E il prima possibile.” Lasciò la spalla dell'amico, e abbassò la voce fino a mormorare “Tu resisti. Troverò una cura per il male che ti ho trasmesso, lo prometto.”
Aygarth trasalì a quelle parole. Per un attimo fu tentato di ringraziarlo di cuore, ma temeva di essere frainteso. "Tu mi hai salvato la vita" rispose. "Senza di te io non sarei qui. E Zadris mi ha detto che prezzo hai pagato per farmi risorgere, nella Rocca. Non è un male, quello che mi hai trasmesso. O almeno, non del tutto. Mi hai dato il dono di sopravvivere. Tocca a me saperlo dominare, e ti prometto che farò di meglio per riuscirci." A sua volta posò una mano sulla spalla del Vampiro. "Io non ho la tua esperienza, ma lascia che ti dia un consiglio che volevo darti da tempo: non dimenticare mai chi sei. Non dimenticare che sei un umano. Non dimenticare ciò che hai fatto, nel bene o nel male, perché ti ha reso ciò che sei adesso. E soprattutto, Logan..." lo disse a bassa voce, ma lo enfatizzò ugualmente, "... non dimenticare mai il tuo nome. Sei e sarai per sempre come un fratello per me, e non sarai mai solo, dovunque tu andrai. Non ci sarà distanza che potrà cancellare il nostro legame di fratellanza, sancito nel sangue e nella Forgia." Sorrise con calore e un pizzico di impertinenza. "E soprattutto... scusa per tutto il casino che ho fatto. Da impazzito devo essere veramente una bestia insopportabile."
“Che cos'è, una confessione?” sbottò una voce che li fece voltare. Galdor stava avvicinandosi, stringendo tra le dita i lacci dei calzoni, visibilmente infastidito dal fango rappreso su di essi. I due risero di rimando, e il guerriero si appoggiò con le braccia sulle spalle di entrambi, facendosi quasi trascinare verso il resto del gruppo. Li videro arrivare a braccetto, come tre ragazzini “Ah, se la natura vi dovesse chiamare, non andate da quella parte..alla flora del posto ci ho già pensato io.”


Erano tutti svegli. Chi più chi meno era intenzionato a partire e andarsene per la propria strada. E anche Aygarth intendeva farlo. Anche se gli dispiaceva lasciare quel gruppo così affiatato, le parole del Cronista gli avevano risvegliato una verità sopita: aveva lottato per sopravvivere, per tornare indietro, nella sua città natale. E proprio adesso che ne aveva la possibilità, non se la sarebbe fatta sfuggire.
Raggiunse il middenlander. Era ancora svenuto e non sembrava ancora in grado di riprendersi. Cristal stava sistemando le coperte che lo avvolgevano. “Starà bene” lo informò. “Deve solo riposarsi.”
Aygarth rimase a rimuginare per un po’.
“Mi prenderò io cura di lui” decise infine. “C’è qualche volontario che mi dà una mano? Devo costruire una barella. Non posso portarmelo a spalla fino ad Athkatla.”

In pochi minuti era pronto.
Aygarth stava armeggiando con alcune cinghie di fortuna recuperate dalla sacca di Kyla per poter agganciare ottimamente l'alabarda a tracolla. Il Cronista fissava meditabondo i suoi preparativi. Il giovane lo notò e si rivolse a lui.
"E così.. si torna al punto di partenza." Sollevò l'alabarda e la frappose tra lui e il Vampiro. "Se mai vorrai passare ad Athkatla, saprai dove trovarmi. Ti basterà seguire lei. Per allora... beh, prometto di diventare bravo anche a forgiare ka... kan..." finalmente azzeccò la parola, "katane. Vediamo se riesco anche a fare di meglio..."
Sorrise come un impertinente, ma si vedeva che era serio. L'alabarda vibrò, e Aygarth la posò nelle mani dell'amico, come se l'arma volesse salutarlo a sua volta. Le rune sfavillarono in un'ultima dimostrazione di prorompente potere, lo stesso che aveva accresciuto le facoltà del Cronista, mentre le parole di Zadris arrivarono alla sua mente. Parole che condensarono tutto ciò che c'era da dire.
Arrivederci, Protetto della Forgia. Colui Che E' Come Un Fratello.
Il Vampiro rimase ammutolito per qualche istante, Kyla al suo fianco che osservava l'alabarda lucente. Poi un sorriso, un vero sorriso, gli illuminò il pallido volto. Chiuse gli occhi in un'espressione che Aygarth non gli aveva mai visto, tra il colpito e il felice, un bagliore di quello che era stato, e di quello che adesso sembrava essere un tutt'uno con il Cronista: Logan, nella sua più sincera umanità. “Arrivederci, Zadris. E a presto, Fratello mio.” Lasciò la presa sull'alabarda, e si voltò verso Kyla. “Noi due torneremo verso Garmya, a est.” La fanciulla annuì di rimando “Sì, ho lasciato in sospeso un po' di cose laggiù..”. Il Vampiro sorrise e guardò ad uno ad uno i restanti membri del gruppo “La nostra separazione non sarà lunga, e non c'è bisogno di avere facoltà particolari per capirlo.
Mi auguro di poter passare del tempo con voi, in futuro, migliore di queste ultime settimane. Arrivederci, amici miei..” concluse semplicemente. Lanciò un occhiolino ad Aygarth, e infine si voltò verso il Sole appena sorto, allontanandosi in quella direzione con Kyla che camminava al suo fianco.


Era il momento dei saluti, per il giovane fabbro.
Abbracciò Cristal e Galdor; salutò Loto Nero, e s'inginocchiò devotamente davanti a Faery, che gli toccò la fronte.
"Tu hai forgiato una spada per me e hai combattuto in prima linea in una guerra che ha visto il popolo degli Elfi soccombere" proclamò lei. "Lascia che ti dia un dono, giovane guerriero, poiché non sia mai che io dimostri ingratitudine verso chi ha compiuto un grande servigio." Mormorò delle parole che Aygarth non comprese; rimase semplicemente immobile, finché la Regina degli Elfi non gli fece cenno di alzarsi. "La mia benedizione ti accompagna" esclamò. "Quando il Popolo degli Elfi troverà la sua terra in cui mettere radici, in quella terra tu sarai accolto come un pari. Fino ad allora, che la buona sorte ti sia sempre accanto."
Aygarth s'inchinò di nuovo, sinceramente colpito da quanto detto dalla donna. Fu poi il turno di Magistra, che lo abbracciò come una madre saluta il figlio in partenza.
"Mi dispiace tanto per Darth Roxx, Magistra."
"Egli ha compiuto il suo destino. Ora è il momento che tu trovi il tuo. Non dire addio, lo detesto. Ogni stagione è legata all'altra, incontri e addii formano il cerchio, il sacro centro è la nostra armatura, dove tutto cambia, tutto è eguale." Sciolse l’abbraccio. "Va' per la tua strada. Ci reincontreremo, ne sono certa, e avremo molte cose da raccontarci. Ti devo ancora un regalo, ricordi?" Sorrise. "Anche se saremo lontani, amicizie e alleanza non si dissolveranno. Nessuno può permettersi di farlo, poiché nuda è la schiena di chi non ha fratelli. "
Aygarth sorrise e si voltò verso Nexor, che gli strinse il braccio in segno di amicizia.
"Dove te ne andrai?"
"Sinceramente non lo so. Magari potrei seguire Galdor, chissà. Abbiamo un conto in sospeso con certa gentaglia."
"Fateli neri anche da parte mia."
Il mezzodemone gli strizzò l'occhio in segno d'intesa. Rimaneva Nihal, che accolse il suo avvicinarsi con una scrollata di spalle.
"Athklatla, vero?"
Il ragazzo annuì.
"Credo che andrò dalla parte opposta. Odio gli sfarzi e le grandi città."
"Lo immaginavo. Quindi..." Aygarth prese un sospiro. Avrebbe voluto dire molte cose, ma era come se le parole gli si fossero incastrate in gola. "Cerca... di rimanere viva."
Dèi! Non mi poteva uscire frase più imbecille!
"Non ho di questi problemi, sei tu il pivello tra noi due..." mormorò la mezzelfa, benché con poca convinzione.
Aygarth sospirò di nuovo e la sorpassò. Nihal non lo guardò in volto finchè non gli fu alle spalle. Allora si girò e lo guardò andarsene, finché Galdor non le venne alle spalle e non le diede un lieve ceffone sulla nuca.
"Lo so, lo so!" sibilò la guerriera. "Stavo pensando come dirglielo!" Si avvicinò al duo a passi lesti brontolando qualcosa tra sé e sé, come se non le andasse a genio ciò che stava facendo.
"Aygarth?"
Lui si voltò. Gli occhi grigi, screziati di rosso, erano su di lei.
"Io..."
Lui non la lasciò finire. La prese tra le braccia e l'attirò a sé. La baciò sulle labbra, infischiandosene di tutti gli sguardi che avevano addosso. Assaporò quel bacio con tutto se stesso, e probabilmente sarebbe andato avanti a lungo se alla fine Galdor non lo avesse trascinato via. "Su, forza! Non avevi fretta?" finse di rimproverarlo, mentre l'abbraccio che legava Aygarth a Nihal si scioglieva e i due giovani rimanevano a guardarsi negli occhi, una tacita speranza di un futuro incerto, in cui le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo.


Lucas era appoggiato con la spalla a un frassino, quasi disinteressato. Aprì bocca solo quando Aygarth gli passò di fianco.
"Vedi di non combinare guai, moccioso. Altrimenti vengo a staccarti la testa di persona."
Aygarth si arrestò. "Se ci riesci..."
"Ti ho già quasi ucciso una volta! Credi che non ne sia capace?"
"Che tu ne sia capace è un conto, che io te lo permetta è un altro."
Lucas si voltò verso Aygarth pronto con una risposta infuocata, ma si bloccò quando vide che l'altro stava ridendo. Il giovane scosse la testa e tese la mano. Il guerriero la guardò come fosse stato un serpente.
"Cosa ti fa pensare che stringerei la mano a un moccioso?"
Aygarth storse la bocca, sornione. "E invece stringere la mano ad un amico?"
Lucas sbirciò di sottecchi e l'espressione del suo volto s'ammorbidì, piegandosi in qualcosa che assomigliava a un sorriso. "Sì" mormorò. "Questo potrei farlo." E alzò la mano chiudendola su quella di Aygarth e stringendo forte. Il giovane lasciò la presa e con un ultimo cenno di saluto a tutti, si inoltrò nel folto.

Silenzio, nella foresta.
La prima cosa da fare, una volta ad Athkatla?
Assurdo pensarci subito. Assurdo pensarci a miglia e miglia di distanza. Non quando avrebbe dovuto recuperare un carretto, dato che non aveva intenzione di trascinarsi il middenlander a piedi fino alla città. Non sarebbe stata un’entrata trionfale.
Prendersi cura di Nether. E poi... e poi... Sghignazzò tra sé. E poi una bevuta colossale. Entro a Mano di Ferro al tramonto e, giuro davanti agli Dèi, non mi schiodo finché non è mattina.
Rise nel silenzio, e pensò alla sua città. Chissà se la sua fucina esisteva ancora. Chissà se avrebbe potuto riprendere ciò che faceva una volta. Con i mezzi e con il cuore...
L’alabarda mandò un tocco caldo sulla sua schiena.
Torniamo a casa, Zadris.
L’arma vibrò in una maniera che Aygarth non aveva mai avvertito. Era un sussulto euforico.
A casa.
Si addentrarono nella foresta, in direzione delle terre di Athkatla.



Qualche giorno dopo, in un villaggio vicino, si udì un fattore imprecare alle prime luci dell’alba. Dei quattro carri e dei quindici stalloni che possedeva, gliene mancava uno per categoria. Le catene erano state tranciate di netto: catene spesse quanto un pugno, impossibili da mozzare in quella maniera. Mentre molte persone nutrivano i sospetti su una creatura mostruosa, il responsabile, perfettamente umano, era già lontano, un sorriso impertinente sulle labbra, un’alabarda sulla schiena.
Lo stallone ebbe da galoppare, fino allo sfinimento. Macinò miglia su miglia, ricevendo tregua soltanto la notte. I giorni si susseguivano uguali, l’uno all’altro, finché una foresta familiare non comparve alla vista.
Il destriero venne spronato ancora di più e per poco non ci lasciò le cuoia.
Alla luce dell’alba dell'undicesimo giorno, il profilo della città di Athkatla si stagliò all’orizzonte in tutta la sua dirompente potenza.
E una risata fragorosa, giovanile, senza controllo, sferzò la quiete di Sindar. Un riso violento, selvaggio, colmo di una soddisfazione indicibile, un sollievo senza precedenti, una gioia senza eguali.

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Piccolo angelo bellerrimo crudele sanguinario...

Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.



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MessaggioInviato: Mar Mag 25, 2010 11:09 pm Rispondi citandoTorna in cima

La radura era immersa nel silenzio della notte, un piccolo stagno rifletteva placidamente la luce delle stelle, alimentato dal salto di una cascata alta poco piu' di sei metri. Una volpe sbucò circospetta dal folto del bosco, squadrando la semplice costruzione in legno che campeggiava in mezzo alla radura. La capanna era abbandonata da quasi un anno e ormai osservare in quella direzione prima di abbeverarsi era diventata un abitudine superflua per l'animale. Ma non si è predatore senza essere prudente. Aveva appena immerso il muso nella fredda acqua dello stagno che un movimento di fronde nel sottobosco la fece voltare e fuggire veloce come il lampo. Tre figure emersero dagli alberi un vecchio apriva la fila seguito da due donne. Arrivati al centro della radura l'uomo si voltò e indicò la capanna. "Benvenuti a casa mia. E' semplice ma comoda...e lontana da centri abitati." disse Lao con un sorriso storto verso Carnival.

La vampira voltò la testa a destra e a sinistra, a sinistra e a destra mentre si guardava intorno, più volte. “Bello” commentò mentre i suoi occhi indugiavano sulla cascata e sul piccolo stagno, ma presto le sue labbra si storsero in una smorfia nell'occhieggiare la piccola capanna.
“Semplice, si, troppo semplice, ma comoda, oh no, questo non lo saprei dire.” disse in tono dubbioso prima di voltarsi verso Lao “La tua casa è lontano, lontano” riprese “Ma io ho sete. Lontano, dove?”

“Un pò fuori mano" commentò la ragazza cercando di aguzzare lo sguardo per penetrare le ombre della notte...era stanca e i suoi occhi a differenza di quelli della vampira non penetravano il buio. Quando però ebbe visualizzato la dimora di Lao non potè non trattenersi dall'esclamare "EHI! Non ti aspetterai mica che dormiamo tutti e tre nello stesso letto, vero????"

Lao si limitò a ridere per quasi mezzo minuto."Venite con me" rispose semplicemente. Le guidò all'interno della capanna, un unica stanza di sei metri di lato con un tavolo al centro, un letto a due piazze su un lato e un camino di pietra sull'altro. Nel complesso era scarna ma semplice e accogliente."Papà dormirà fuori, ci sono abituato. Le bimbe nel lettone grande. Contente?" chiese Lao alle donne presentando loro la dimora."Manca il tocco femminile, ma ci abitueremo." rispose Astrea incrociando le braccia, ormai rassicurata sulla sistemazione del dormire."E Carnival...datti ai conigli e agli scoiattoli. Finchè ti addestro niente salassi ai passanti...e niente letture. Prendere o lasciare" il vecchio indicò il libro che la vampira portava in grembo come un neonato.

Carnival indirizzò al vecchio uno sguardo omicida stringendo i pugni fin quasi a farli tremare...era evidente che stava combattendo con la voglia di rifiutare, in maniera spettacolare come da suo carattere, le imposizioni di Lao, ma alla fine la voglia di imparare da lui sembrò avere la meglio.
“Odioso, antipatico!” borbottò in tono seccato “Io non sono un lupo o una civetta.” si accigliò mentre un nuovo pensiero sembrava nascere nella sua mente “A Lei piacevano i piccoli animali della foresta” mormorò in tono malinconico “Loro sono innocenti. Si, innocenti. Il libro può aspettare, si, aspetterà, aspetterà me e io ho tempo, ho tempo.” lo sguardo di Carnival si indurì nuovamente mentre si spostava nuovamente su Lao “E' mio. Non toccarlo.”disse stringendo a sé il Liber Mortis quasi fosse un giocattolo amato.

"Buonanotte"disse semplicemente il vecchio uscendo e chiudendo la porta dietro di sè. Lao si sedette con le gambe incrociate sulla riva del lago ascoltando in silenzio la cascata. Tutto d'un tratto scoppiò in una risata scrosciante, al pensiero dei mesi successivi. Cullandosi alle sfide successive si abbandonò al sonno. Astrea dormì saporitamente fin quasi a mezzogiorno prima di svegliarsi. A fargli aprire gli occhi fu un rumore metallico e di acqua smossa. Si alzò e uscì, lasciando Carnival al suo sonno vampirico. Lao era a torso nudo immerso nel lago fino alla cintola, impugnava due strane armi, le piu' strane che Astrea avesse visto: dodici lame sottilissime e flessibili lunghe tre metri partivano dalle impugnature, sembravano affilate come rasoi e Lao le maneggiava con destrezza estrema. L'uomo si accorse di Astrea e la accolse con un sorriso, uscendo dall'acqua."Buongiorno. Dormito bene?" chiese. "Che intendi fare con Carnival? Per davvero dico." la ragazza sembrava ad un tempo preoccupata e curiosa.
"La mente e il corpo sono due cose distinte. E la mente è sempre piu' forte. La mente di Carnival è addormentata, sepolta sotto la sua rabbia e la sua bestialità. Io posso fare in modo che impari a controllarsi. O meglio ci posso provare. Comunque vada imparerà a concentrarsi e a tirare qualche bel cazzotto. Forse imparerai qualcosa anche tu" le rispose avvolgendo con cura le lame. Astrea lo guardò storto con ostilità "Lei non è un animale da ammaestrare. C'è del buono in lei"
"Questo lo giudico io." disse semplicemente Lao. “Le insegnerò ad aprire la mente. Anche tu hai molto potenziale, Astrea, anche se come lei sei terribilmente volubile caratterialmente. Ti andrebbe di provare?” Aggiunse dopo qualche secondo il vecchio. La ragazza storse appena le labbra e alzò appena le spalle “Voglio almeno provarci. Non che abbia altro da fare qui con voi due…” Rispose prontamente. "Niente faccende di casa nella pace e tranquillità della mia dimora? Bene allora, stanotte comincio con Carnival e domani tocca a te. Tienti pronta." disse Lao con un caldo sorriso. “Peggio per te, ti sei portato tu due donne in casa, due guai al prezzo di uno.” Rispose con un sorrisetto.

La ladra rimase in silenzio per un bel po' prima di parlare nuovamente “So che può sembrare assurdo” disse piano mentre la mano destra saliva automaticamente a massaggiarsi il collo, là dove Astrea portava ancora i segni del morso della vampira “mi ha morsa e forse ha gettato su di me il suo stesso destino...ma ha anche lottato per difendermi contro i mostri di Damarios” Astrea alzò nuovamente gli occhi verso il vecchio “Cerca di capire Lao...in qualsiasi momento lei avrebbe potuto uccidermi ma non l'ha fatto.”
“Non l'ha fatto.” ripetè in tono triste ricordando nuovamente il modo in cui i tre si erano separati dagli altri.

Lao le si accostò e avvicinò le labbra al suo orecchio."Non ancora." le sussurrò prima di dirigersi verso la foresta."Vado a procurare qualcosa per riempire la dispensa" fu' il saluto che indirizzo alla donna prima di sparire tra gli alberi. Astrea restò ferma per qualche secondo prima di voltarsi e urlare agli alberi "Sei un vecchio bastardo!" con quanta forza aveva nei polmoni.

Le ombre si allungavano sulla capanna mentre gli ultimi raggi del Sole baluginavano strappando riflessi dorati all'acqua della cascata. Soltanto il rumore dell'acqua scrosciante e il cinguettio degli uccelli rompevano il silenzio che regnava attorno alla capanna di Lao. All'interno, nell'oscurità rischiarata soltanto dalla fioca luce di una candela, Astrea stava guardando la figura immota di Carnival, ancora immersa nel coma diurno proprio della sua specie.
La ladra sospirò...non si faceva illusioni su Carnival, aveva visto cosa era capace di fare, quanto poteva essere spietata e crudele. E si, la vampira a volte le faceva paura, non poteva negarlo. D'altro canto aveva visto anche un'altra Carnival, una persona insicura, gentile, ingenuamente fiduciosa nei suoi confronti. Lei voleva credere che fosse quella la vera Carnival, non l'altra, non il predatore assetato di sangue.
Quando l'ultimo raggio di sole sparì dietro gli alberi la vampira aprì gli occhi e si levò a sedere sul letto, rivolgendo alla ladra uno dei suoi inquietanti sorrisi.
“Sono felice di vederti, sorellina” disse la vampira allungando una mano a sfiorare un braccio della ladra “Sei così bella. Sembri stanca” aggiunse dopo un attimo in tono sollecito “Così stanca. Dov'è il vecchio antipatico?”
Astrea sorrise “Non so...è andato via nel pomeriggio e non l'ho più visto.”
Io voglio credere che Carnival sia questa pensò.

“Papino è a casa." furono le parole che le donne sentirono da fuori quando l'ultimo raggio di sole si fu' spento. Lao entrò con dei conigli morti sotto braccio e un sorriso di scuse rivolto ad Astrea stampato sulla faccia."I lacci che ho posizionato funzionano ancora. Spero che una di voi due sappia cucinare perchè a me riesce malissimo." disse posando la selvaggina sul tavolo e spostando lo sguardo su Carnival."Cominciamo" disse semplicemente uscendo di nuovo.

“Tu non sei mio padre” disse la vampira in tono secco, per tutta risposta mentre usciva dalla capanna incontro a Lao.
“A quelli posso pensare io” disse la ladra senza riuscire ad evitare di guardare di sbieco la vampira. Anche lei avrebbe dovuto nutrirsi, e nonostante tutto dubitava che si sarebbe accontentata di qualche scoiattolo.

Lao si sedette a gambe incrociate sulla riva del lago. "Sono il tuo maestro da adesso in poi. Io ti farò desiderare di essere pazza, cieca e sorda pur di non subire piu' l'addestramento che affronterai. Ti strizzerò, sfilaccerò la tua mente, utilizzerò ogni tua debolezza contro di te, ingigantirò ogni tua paura dieci volte e renderò ridicola ogni ambizione che hai...e quando vorrai fermarti, io te ne darò il doppio. Che tu sia pronta ad affrontare tutto questo non è un mio problema." disse con voce piatta. Poi proseguì con tono piu' dolce."Chiudi gli occhi, stanotte affronterai la paura. E la sconfiggerai"

La vampira sbattè le palpebre e sorrise del suo solito sorriso sbilenco “Stai già cercando di farmi paura?” chiese prima di sedere a terra e chiudere gli occhi cercando di concentrarsi come Lao le aveva ordinato di fare. Dapprima la vampira non sentì niente, soltanto lo scroscio dell'acqua della cascata poco lontano e i lontani rumori della foresta poi una sensazione strana le si insinuò nella mente...come se qualcosa qualcuno stesse frugando nel suo essere, fra i suoi ricordi più profondi e nascosti.
Poi Carnival si ritrovò davanti agli occhi, che pure erano ben chiusi, una scena che conosceva fin troppo bene...era notte, era nella locanda dove Lei era morta, ed era nuovamente sola ed aeva davanti il Vampiro che l'aveva uccisa. Gli occhi rossi come braci, i canini esposti in un malvagio sorriso il figlio della notte avanzava verso di lei, ridotta spalle al muro. Non c'era nessun luogo dove fuggire, tutti gli altri erano già morti...
Carnival gemette.

Una voce, lontana e fievole raggiunse la sua mente."Non devi avere paura, la paura è la piccola morte che uccide la mente. Non devi avere paura. Presto la paura sparirà e resteranno solo i battiti del tuo cuore...ma prima di questo...affronterai il dolore della tua paura, ancora e ancora e ancora"

“Lei era sola...Lei aveva paura” mormorò piano la vampira, agitandosi nervosamente. Pure, non aveva aperto gli occhi “Nessuno la aiutava, nessuno, nessuno. Le ha fatto male. Il ricordo....io ricordo....ricordare...fa male. Non voglio ricordare, non voglio!”

"DEVI!"rimbombò nella sua testa mentre il suo corpo parve stretto da una morsa e la vampira fu' incapace di muoversi."Nessuno ti ha aiutato perchè non lo meritavi, ed eri felice di morire..."

“NO!” gridò la vampira, con rabbia “Non è giusto, non è giusto quello che è successo! Lei voleva solo vedere, conoscere...è colpa loro, codarde, orribili Cose Viventi, loro l'hanno lasciata morire, loro non l'hanno aiutata...lei li ha invocati, lei soffriva e loro l'hanno lasciata sola....io li odio. Io li odio! IO LI ODIOOOOOOOOOOOOOOOO!”. Furia, pura e semplice, tanto grande che la vampira ne era colma. Tanto furibonda in realtà da superare il terrore che quel ricordo le procurava, come forse Lao aveva inteso nel provocarla.

"SILENZIO" quella parola fu' come una scarica elettrica nel cervello della vampira."Tu non odi le cose viventi, odi te stessa. Non sei stata capace di difenderti. Sei debole, sei sempre stata debole. E' colpa tua quello che è successo."

Carnival rabbrividì. “Non doveva accadere.” protestò debolmente “Lei era buona...lei aveva due sorelle, un fratello....perduti, perduti, per sempre. Io voglio diventare forte. Nessuno deve potere farmi male.”

le immagini nella mente di Carnival diventarono meno nitide, ma piu' violente e dolorose."Affronta la tua paura, resistigli come resisteresti ad un vento impetuoso." disse la voce

“Vento impetuoso...” ripetè la vampira “Io devo resistere....più forte, devo diventare più forte. Io devo resistere, devo. Controllo, controllo, non paura, non rabbia, controllo. Resistere, resistere al vento.” il borbottio della vampira divenne sempre più vago e indistinto, man mano che Carnival cercava di dominarsi, di resistere all'abisso di paura e odio che aveva dentro di sé.

La vampira si sentì avvampare, come se quelle immagini turbinanti fossero un fuoco divoratore. Ma mantenne il controllo, con uno sforzo immane ma lo mantenne."Riapri gli occhi." disse infine Lao. La radura era immersa nel buio della notte e la Luna aveva quasi concluso il suo ciclo. Erano passate ore da quando avevano cominciato, ma alla vampira sembravano pochi minuti."Hai fatto il primo passo in un mondo piu' ampio. Per stanotte basta. Ci sono ancora due ore prima dell'alba, ti consiglio di andare a nutrirti."

Carnival sbattè le palpebre e scattò in piedi guardando il cielo “Presto” mormorò a bassa voce “Presto” dal tono di voce si sarebbe detto che per lei l'alba fosse una belva che la stesse inseguendo. All'improvviso la negromante realizzò di essere assetata, molto più di quanto non fosse stata prima di iniziare l'addestramento. I suoi istinti la chiamavano e Carnival si avviò velocemente verso la foresta. Prima di scomparire fra gli alberi però si voltò a mezzo verso Lao
“Tutto questo...è strano. Così strano. Io non capisco.” disse mente indugiava un'istante prima di inoltrarsi nel folto della foresta.

"E non hai ancora visto niente" disse tra sè Lao quando la vampira scomparve nella foresta. Entrò nella capanna dove trovò Astrea addormentata su una sedia accanto ad una finestra, chissà quante ore aveva osservato i due seduti a gambe incrociate sulla riva del laghetto. Lao la prese delicatamente e la adagiò sul letto poi riattizzò il fuoco nel camino e si sedette al tavolo e mangiò lo stufato di coniglio che la ladra aveva preparato molte ore prima.

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