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 La Storia di Eleanor Successivo
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Robyn
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MessaggioInviato: Dom Ott 09, 2005 1:04 pm Rispondi citandoTorna in cima

Tutto quel giorno sembrava trasmettere luminosità e serenità, nessuna ombra lasciava trasparire ciò che stava per succedere, Eleanor canticchiava allegramente mentre si apprestava alle faccende di casa, sua madre era fuori vicino il forno ad impastare e pasticciare, come amava definire Eleanor, con tutti gli ingredienti che aveva.
Suo padre era a guardia nei Boschi, ogni giorno si alzava all’alba e insieme ad altre persone andava nel Bosco a vigilare e scrutare l’orizzonte in vista di eventuali nemici. Ogni giorno per Eleanor era uno splendido giorno, ogni risveglio era più bello del precedente e ogni sorriso più intenso di prima.
Quella mattina sua madre si era alzata più presto del solito, e suo padre non era tornato la notte, succedeva spesso, perciò non ci badarono molto, di solito tardava a causa di lotte con grandi animali, ma tornava sempre; la mattina successiva appena si svegliò all’alba, per andare come ogni giorno a vigilare i Boschi, andò da Eleanor come sempre per salutarla, le diede il bacio del buongiorno, le disse due paroline dolci e svanì nelle nebbie mattutine.

Si alzò dopo poco, voleva fare una sorpresa alla madre e andare nel Bosco lì vicino a raccogliere qualche mora e fare una torta prima che si svegliasse; prima di andarsene andò dalla mamma e la baciò, prese il cestino, il suo Mantello Elfico e il bastone regalatole dal nonno e uscì alla volta del Boschetto a Sud del villaggio.
Per Eleanor quella fu l’ultima volta che vide i genitori.

Si allontanò di circa un miglio, se qualcuno in quel momento si fosse fermato a guardarla avrebbe visto una giovane Elfa che volava sull’erba, avrebbe udito un dolce suono incantatore, avrebbe sorriso guardandola in viso, perdendosi nei suoi occhi.
Passò qualche ora a raccogliere e mangiare more, aveva tutta la bocca sporca del succo rosso di quei frutti, le mani impiastricciate e il cestino pieno, vide che cominciava ad essere tardi, il sole era già alto, prese la via di casa cantando come al suo solito. Volò su colline e pianure, passò fra Boschetti di Querce vecchissime e di Ontani, si divertì a contare i rami cadenti dei Salici e a giocare con le farfalle che incontrava, era giovane e ancora non sapeva cosa l’aspettasse, qualcosa che l’avrebbe fatta crescere troppo in fretta, per ora il suo unico pensiero era cucinare la torta.

Giunta a pochi passi dal villaggio cominciò a sentire grida e odore di fumo, si bloccò in un basso Boschetto di Aceri, non riusciva a capire cosa fosse, delle guerre ne aveva sentito parlare solo dal padre, mai i suoi occhi avevano visto le atrocità che essa porta; si fermò e acuì tutti i suoi sensi in ascolto del vento e delle notizie che portava, lo stupore crebbe piano piano su suo viso, capì che non stavano festeggiando qualcosa, iniziò a correre a più non posso verso casa, più si avvicinava e più il terrore la prendeva, non sapeva cosa fare, per ora correva e basta.

Arrivò al villaggio, era passato un quarto d’ora circa da che aveva udito le urla, ora davanti a sé si parò uno spettacolo che non avrebbe mai dimenticato in vita sua, il villaggio era stato attaccato da alcuni predoni, non sapeva chi o con che cosa, forse un Drago? ma avevano raso al suolo l’intero villaggio e ucciso tutti gli abitanti.
Restò immobile incapace di reagire per qualche secondo, il suo sguardo spaziò da destra a sinistra, vide distruzione, morte, sangue dappertutto e soprattutto vide in fondo alla via principale la sua casa, nulla era rimasto in piedi, solo l’adorato forno di sua madre aveva resistito, e sembrava ergersi spavaldo fra le macerie fiero e indistruttibile. Quella vista le fece sgorgare la prima lacrima, si rese conto in un attimo di aver perso tutto, di essere rimasta sola, non c’era nessuno intorno a lei, tutto era stato distrutto, tutto era morto.

Si incamminò guardinga verso la sua casa, aveva i sensi tutti all’erta, anche se ormai i predoni avevano fatto i loro comodi, saccheggiando e distruggendo tutto, mentre camminava passò vicino ai suoi amici, tutta gente che il giorno prima aveva visto, e ora giaceva lì priva di vita, era talmente sconvolta che non si accorse subito di ciò che era accaduto, solo dopo qualche giorno iniziò a capire meglio cosa fosse successo. Doveva agire in fretta, era sconvolta ma ancora un po’ lucida, corse a casa, non vi era traccia dei suoi genitori, prese le sue cose, o almeno prese ciò che si era salvato, qualcosa da mangiare e scappò nel Boschetto a Sud, corse all’impazzata mentre le lacrime le rigavano il volto.
Da quel giorno non rivide più nessuno del suo villaggio, forse fu un bene che non vide i corpi dei suoi genitori appena dietro le rovine della loro casa, tenne l’ultimo ricordo di come li aveva salutati quella mattina per sempre.

Per giorni e giorni vagò per i Boschi verso Sud, addomesticò un Cavallo Selvaggio che trovò nel suo girovagare, divenne un’ Elfa dal cuore duro ma buona, la Nostalgia e la Malinconia erano ormai sue amiche, non si fidava di nessuno, divenne un vagabondo, viveva cantando le sue strofe, inventava le favole, cantava di grandi Eroi, come di impavidi barbari provenienti dalle distese di ghiaccio oltre la spina dorsale del mondo, oppure amava molto decantare delle maestose intelligentissime creature: i Draghi, la cui principale rovina sono l'eccessiva fiducia in se stessi e la grande Vanità.

Col passare del tempo divenne giramondo, la sua casa erano i Boschi, divenne un Bardo che cantava con la sua dolce voce, giunta finalmente in un nuovo mondo, dove trovò molti Elfi come lei, qualcosa la trattenne a rimanere, e per l’occasione scrisse un Canto per se stessa che qui riporto proprio come lei lo scrisse, e come ancora si sente cantare nei Boschi di chi ha la fortuna di incontrarla ancora...

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MessaggioInviato: Dom Ott 09, 2005 1:05 pm Rispondi citandoTorna in cima

- Il Canto di Eleanor -

Elfica fanciulla di un tempo passato,
stella che brilla al vento,
bianco è il suo mantello e d’oro bordato,
le sue scarpe color grigio d’argento.
Una stella sulla fronte,
una luce sui suoi capelli,
come il sole ella brilla tra le fronde.
Ha lunghi capelli, bianca la pelle, chiara la voce,
nell’aria e nel vento come luce veloce,
come sul tiglio foglia vibrante.
Dalle acque chiare e spumeggianti
la sua voce come gocce argentate
squillava tra i flutti scintillanti.
Nessuno sa per quali alti valichi,
se all’ombra o al sole ella errando vada,
smarrita sin da piccola per volere della guerra
la famiglia volò via con le Navi Elfiche
verso gli Oscuri Rifugi,
rimanendo sola con le sue filastrocche.
Nelle ruggenti acque profonde
un vento del Nord si levò di notte,
ululava e gemeva,
trascinò via porti e navi a frotte,
pallida venne l’alba e le terre fuggivano,
oltre l’onda sollevata,
odiando la Nave infida che allontanava
da ella la sua famiglia,
sospinta dai Venti di Guerra.
Sola cantava di foglie, di foglie dorate, e sulle foglie d’oro brillava.
Sola cantava del vento, ed il vento incantato tra le fronde e le foglie giocava.
Al lume del Sole o al raggio di Luna.
Piangeva cantando la sua Solitudine,
il suo Odio, rendendo il suo Cuore Duro e Impenetrabile,
il fiume ormai fugge via e porta con sé la foglia,
era tempo di Partire.
La via prosegue senza fine,
lungi dall’uscio dal quale parte.
Ora la Via è fuggita avanti,
deve inseguirla rincorrendola con piedi alati,
sin all’incrocio con altre piste e sentieri,
e poi dove capiterà?
Nessuno lo sa.
Camminando per lande desolate,
boschi scuri e radure sconosciute,
un velo di tristezza copre il suo viso mentre
canta le sue strofe al suono della sua Arpa.
Verso Ovest la portano i suoi piedi,
un’isola lontana richiama il suo sguardo,
volgendosi verso il suo passato,
lascia al vento un po’ della sua solitudine,
un canto soave come una dolce brezza marina,
osserva l’orizzonte tra il vento e le nuvole,
e ciò che vede le fa sorgere un sorriso,
come un alba dopo una tempesta.

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