Portale   •  Indice del Forum   •  Cerca  •  Lista degli utenti  •  Gruppi utenti  •  Registrati  •  Profilo  •  Messaggi Privati  •  Login
 
 
 La leggenda di Sohria - 9° capitolo aggiornato Successivo
Precedente
Nuovo TopicRispondi
Autore Messaggio
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Ven Dic 09, 2011 7:00 pm Rispondi citandoTorna in cima

Utenti di Fantasyitalia, ho il piacere di presentarvi "La leggenda di Sohria", romanzo fantasy che ho deciso di pubblicare online, e che sarà leggibile da tutti anche su questo forum (oltre che sul mio sito Bozzroom - La leggenda di Sohria).

E' un'opera piuttosto particolare...per varie ragioni, e soprattutto all'inizio noterete un tono ironico. Appariranno moltissimi personaggi, quindi non vi preoccupate se in un primo momento farete fatica a riconoscerli: poi verranno definiti in modo più chiaro, e sarà più semplice Wink

Pubblicherò un capitolo ogni lunedì, nella sezione "fantasy", per l'appunto.

Detto ciò, vi auguro buona lettura Smile ecco qui il prologo.


Prologo


1

Oscurità.
Essa è buio, è notte, è mistero, è caos, è paura, è pazzia, è incubo; ma essa è anche sogno, speranza, passione, vita. E’ la faccia della moneta che non abbiamo davanti agli occhi. E’ il folle sarto che ha cucito insieme realtà e astrazione. E’ il crepuscolo che si cela sotto la linea dell’orizzonte. E’ l’ombra, la falsità, la salvezza di ogni verità.



La leggenda è quanto, in mancanza di prove concrete, ci perviene di un evento distante da noi, nel tempo o nello spazio. L’informazione in essa contenuta, passando di bocca in bocca, di generazione in generazione, da una terra all’altra, attraversa un lungo percorso, durante il quale viene, per forza di cose, deformata, spesso fino a risultare del tutto alterata rispetto all’origine: a questo punto avrà assunto un carattere fantasioso, sarà stata arricchita di dettagli improbabili, di coincidenze inverosimili. Raggiunto questo stadio, la storia non sarà più creduta nella sua integrità: coloro i quali ne verranno a conoscenza, con ogni probabilità, ne filtreranno il contenuto, e decideranno di prestare fede solo ad alcune parti di essa. Da qui in poi la nostra leggenda verrà frammentata, poiché i diversi individui intraprenderanno azioni differenti: alcuni se ne dimenticheranno subito, altri ne tramanderanno determinati particolari, altri ancora non vorranno riporre in essa la loro fiducia, e magari, invece, qualcun altro ricaverà da questa
___________________________________________________________
2

un particolare insegnamento, che porrà al centro della propria etica personale. Da un’informazione iniziale otteniamo una miriade di realtà sfaccettate, pronte a prendere vita, l’una in maniera indipendente dall’altra, e addirittura a entrare in conflitto tra loro, qualora se ne presenti l’occasione. Se prendiamo per buona questa definizione di leggenda, ci possiamo accorgere della frequenza con cui questo fenomeno, anche se spesso in piccole proporzioni, si verifica nel mondo circostante: noi stessi elaboriamo informazioni, operiamo delle scelte, prediligiamo un punto di vista piuttosto che un altro. Ma tutto ciò vi sarà forse più chiaro una volta terminata la lettura del mio racconto. Vedete: narrerò proprio una leggenda, una come tante altre.
Adesso, per permettervi di iniziare, sigillerò col nero inchiostro su questa carta un patto con il tempo, e spererò che queste mie parole non siano dedicate solo al vento.






Era un periodo difficile per la città di Saraber, capitale del grande impero di Zuleander, sita tra i monti Ebeodor e il canyon di Arycanibidar, circa a settantamila iarde a nord del grande passo dell’Ubermonpelearmorgor, crocevia tra i più importanti e rinomati (ma di rado nominati) del continente di
___________________________________________________________

3

Barinarmogomothuliebnekraptzschyuphèberker (si narra che questo nome sia stato scelto dal patriota Pino, fondatore del primo villaggio dell’attuale impero. Secondo gli scritti, lo avrebbe scelto proferendolo pochi attimi prima di morire a causa di un terribile attacco di dissenteria acuta). Da anni ormai svariate calamità funestavano quell’impero una volta pacifico e prosperoso: le carestie affamavano la gente, la siccità rendeva improduttive le terre, la corruzione dilagante inaridiva sempre più la già insensibile classe politica, e l’abissale differenza tra poveri e benestanti continuava a crescere sempre di più; inoltre, le continue tensioni con gli stati confinanti e la politica colonialistica intrapresa erano causa di morte di innumerevoli cittadini in servizio per arruolamento coatto, cosa che non faceva altro che acuire il rancore covato da sopravvissuti, figli di soldati e vedove, nei confronti del ceto dominante, autore di tali orrori. Solo un uomo, grazie al suo pressoché illimitato potere, e alla sua totale indifferenza nei confronti della sofferenza altrui, poteva ergersi al di sopra di tutto questo: costui era Gangiorg. Nella sua vita era riuscito a conquistare più di quanto ambizione umana fosse mai arrivata a desiderare: ricopriva tutte le cariche pubbliche, meno che quella di imperatore. Non si pensi però che questo potesse rappresentare per lui un ostacolo: tutti in quelle terre sapevano che il legittimo imperatore non era altro che un fantoccio, sempre pronto a occuparsi delle minime inezie burocratiche, e all’occasione a piegarsi al sommo volere di Sir Gangiorg. Non era il potere politico in sé il suo obiettivo: non era il tipo di uomo
___________________________________________________________

4

deciso ad affastellarsi la mente con progetti, leggi, riforme, cospirazioni. Questi erano serviti solo da mezzi per il raggiungimento di qualcosa di più importante: la totale superiorità nei confronti di quelli che egli non osava più definire suoi simili, la possibilità di distinguersi dall’intero genere umano. Non si poteva di certo definire un tipo privo di propositi.
Quel giorno in particolare, dal quale comincia il nostro racconto, Gangiorg sembrava interessato ancor meno del solito agli eventi che scuotevano il mondo attorno a lui: la sua mente era rivolta a un preciso pensiero. Il suo passo spedito suggeriva si trattasse di una questione di grande interesse.
“Sua grazia, sua eccellenza, mio signore!” esclamò un ometto in abiti da corte, rivolto alla scura sagoma intenta ad avanzare lungo lo scialbo corridoio del castello, “sua eccellenza!” ripeté.
“Cos’altro c’è?” rispose Gangiorg, senza fermarsi, senza voltarsi.
“La cercavamo, giacché non si è presentato al consiglio d'amministrazione: volevamo sapere qual è la sua posizione sulla questione Goliander” disse l’ometto, inseguendo il suo imponente padrone.
“Ah, già, i Goliander: rappresentano una piccola repubblica federale e ci offrono terre, denaro e risorse in cambio di protezione, giusto? Per risolvere la faccenda seguite la procedura standard: accettate prima le offerte, poi uccideteli tutti, e prendete anche il resto” sentenziò Gangiorg, voltandosi quel tanto che bastava per trafiggere il messo col profondo nero dei suoi occhi.
___________________________________________________________

5

“Sia fatta la sua volontà, sommo signore” il messo s’inchinò, e poi sparì tra le vie di quel dedalo di pietra.
‘Quel servo è troppo insolente’ pensò Gangiorg, ‘devo ricordarmi di farlo giustiziare quando avrò tempo’.
Sembrava proprio che il cammino di Gangiorg verso l’anelata meta non dovesse conoscere più contrattempi, quando, a un tratto, una figura piuttosto inquietante apparve da dietro uno degli angoli dello spoglio corridoio.
“Sir” esclamò l’ombra, per subito posizionarsi al suo fianco.
“Duhn” incominciò Gangiorg, rivolto al giovane vestito di nero, “devi smetterla di apparire all’improvviso”.
“Va bene, mi perdoni, non volevo spaventarla: mi sto solo allenando per quando deciderà di promuovermi a sua personale guardia del corpo”, si lisciò con una mano i lunghi capelli castani.
“Vuoi dire che mi stavi spiando?” chiese Gangiorg, spazientito.
“No, sia mai! Stavo soltanto ispezionando il castello, nel caso…”.
“Lo so che vorresti uccidermi per prendere il mio posto” sentenziò Gangiorg.
“Io? Una cosa del genere? Sia mai!”.
“La cosa non m’infastidisce: puoi fantasticare quanto vuoi se ciò ti aiuta a svolgere bene il tuo lavoro. E’ proprio merito della tua intraprendenza se sei diventato generale. Non che voglia sminuire la tua intelligenza o la tua abilità
___________________________________________________________

6

nel combattimento, ma è stata la bramosia a condurti fin qui. Adesso, per favore, prima di farmi perdere la pazienza, dimmi perché mi cercavi”.
“Non le sfugge mai nulla!”, Duhn distolse i suoi occhi verdi dall’interlocutore, “si tratta di un editto imperiale: sembra che le carceri siano piene, e vogliono sapere da noi quale reato aggiungere alla lista dei punibili con la pena di morte” disse, quindi tirò fuori dalla tasca un rotolo di carta.
“Comunica: furto” tagliò corto Gangiorg.
“Ah, furto. No, aspetti” disse Duhn, dopo aver esaminato il rotolo, “sembra che il furto preveda già la pena di morte. L’avevamo decretato qualche mese fa”.
“Ah, già, è vero. Allora comunica: ingiuria ai danni della mia immagine”, affrettò il passo.
“No, anche per quella c’è già la pena di morte”.
“Va bene, dunque: pena di morte per chi abbina vestiti color arancio con cappelli verdi”.
“Ottima scelta: odio anch’io la feccia che non ha il senso della moda. Aspetti: pare che anche per questo reato fosse già prevista la…” cominciò Duhn.
“Vorrà dire che radunerai i consiglieri per inventare un nuovo reato: io adesso non posso perdere tempo!” concluse Gangiorg.
“Sarà fatto”.
Rimase per un po’ a osservare il grigio mantello del suo padrone farsi sempre più lontano: era decorato con forme geometriche variopinte, e recava al suo centro la viverna rossa, insegna imperiale. Rimembrò per un istante il giorno in cui Gangiorg fece cambiare il vecchio simbolo della bandiera, la fenice bianca, poi andò via.
___________________________________________________________

7

Nel mondo esterno il vento imperversava funesto, scuoteva le dune del deserto, plasmava granello per granello le immense distese di quelle lande: il rimescolarsi di quella titanica clessidra era emblema dell’inarrestabile fluire del tempo, forza alla quale anche il più sublime spettacolo della natura era costretto a piegarsi. Il pennello di un sapiente artista, la rima di un distinto poeta, o lo strumento di un eccelso compositore sarebbero forse stati in grado di descrivere una simile visione, ma di certo non avrebbero potuto interpretare il tempestoso turbinio di pensieri ed emozioni che in quel momento affollava la mente di Gangiorg.
Egli aveva infine voltato l’ultimo angolo: nel momento in cui, a passi lenti, raggiunse l’ultima porta, l’ultima barriera a separarlo dalla causa del suo turbamento, nuova linfa si aggiunse al calderone d’idee che lo aveva fino allora accompagnato.
Prima che potesse avvicinare la possente mano al pomello, la porta si schiuse, proiettando lame di luce azzurra sulle pareti circostanti. Da dietro di essa apparve un uomo incappucciato, avvolto in un’ampia veste bianca, ornata da simboli runici, contornata da una fine guarnizione viola: si trattava del venerabile senatore Giasu.
“Giasu, la tua puntualità non finirà mai di stupirmi”, Gangiorg guardò il senatore dritto nel suo unico occhio.
“Eheh, Sire...” cominciò Giasu, gracchiando, “non indugiamo oltre: lo spettacolo sta per iniziare”.
“Quali sono le novità?”, lo seguì nella stanza.
“Lo specchio ha emesso un segnale poco fa: sembra manchi poco alla proiezione di una visione”.
“Ottimo”.
___________________________________________________________

8

“Anche quest’anno comincia una nuova storia” continuò Giasu, con la sua tipica voce roca, “nuovi prescelti, nuove speranze”.
Il suo unico occhio verde guizzò entusiasta quando ebbe finito di pronunciare quelle parole. E’ probabile che anche l’altro avrebbe fatto allo stesso modo: peccato che da molto tempo ormai al suo posto si trovava una benda bianca, sorretta da una fascia che, fissata dietro la testa del senatore, compariva solo all’altezza della fronte, sotto gli untuosi capelli neri; sulla benda era stato dipinto in viola un occhio stilizzato, come se potesse in qualche modo sostituire l’originale, perso in circostanze non note al pubblico (si vocifera sia accaduto durante lo scontro con un terribile essere demoniaco a tre teste, nove code e sedici zampe; altre fonti sostengono invece sia stato l’urto con lo spigolo di una mensola sporgente in cucina a causare il misfatto; a molti piace pensare che abbia venduto l’occhio in cambio della benda; c’è anche chi crede sia un difetto dalla nascita; è probabile in realtà che non abbia nessun difetto fisico, ma che porti la benda solo per attirare l’attenzione).
“I nostri informatori hanno riferito di qualche attività anomala nel continente?” chiese Gangiorg.
“Come al solito nulla” gracchiò Giasu, “anche questa volta è tutto tranquillo prima della visione”.
“Capisco”.
Entrarono nella sala: ad accoglierli v’era soltanto il buio, e un lieve mormorio. A un tratto, però, una luce azzurra,
___________________________________________________________

9

flebile e misteriosa, sgorgò dal centro della stanza come timida acqua zampillante da una fonte: si trattava dello specchio. S’illuminava a intermittenza, con cadenza irregolare, permettendo di scorgere solo a tratti le forme curvilinee del piccolo anfiteatro che lo attorniava.
“Continua a reagire sempre più velocemente: è quasi pronto” gracchiò Giasu.
Nella penombra della stanza si stava muovendo qualcuno.
“Richiama all’ordine i tuoi ricercatori” disse Gangiorg.
“Certamente”, fece qualche passo avanti, “bene, basta così: Sir Gangiorg è arrivato, tutti in posizione per la visione”.
Le figure indistinte si rizzarono tutte in piedi, poi, dopo qualche attimo di stasi, salirono gli scalini. Ogni tanto, tra uno sprazzo di luce e un altro, era possibile distinguere alcuni tratti umani tra loro.
“Sembra ogni anno più buio qua dentro” si lamentò Giasu, mentre avanzava a tentoni.
“Cos’è, ti mette a disagio? Ricorda: sei stato tu ad avanzare l’ipotesi che lo specchio avesse bisogno di poca luce per funzionare. Dai, sediamoci quassù” disse Gangiorg, indicandogli le scale del palco con un cenno.
“Già, ricordo. Perlomeno tu hai avuto l’idea di modificare i posti a sedere della gradinata, e ora si può stare comodi”.
“Esattamente” disse Gangiorg, adagiandosi sulla sua personale poltrona.
“Bene, quindi, volevo far presente…Ecco, sta
___________________________________________________________

10

cominciando a proiettare qualcosa!” esclamò Giasu all'improvviso, rivolgendo l’indice verso il centro della sala.
Il silenzio pervase l’aria. L’attenzione di Gangiorg e Giasu era tutta rivolta all’ovale che di fronte a loro si faceva sempre più luminoso.
Tutto a un tratto all’interno dello specchio apparve un’immagine: era il viso di una ragazza. Tutti gli spettatori sussultarono: sembrava proprio che gli occhi grandi, scuri, intensi della giovane stessero guardando nella loro direzione. Ma non era così. Quella ragazza dai capelli biondi, fini come la seta, stava guardando qualcos’altro, ma la visuale dello specchio non permetteva di capire cosa.
“Quanta bellezza” sussurrò Giasu, “è un peccato che una così affascinante creatura sia stata scelta dallo specchio”.
Il suo volto era, in effetti, un ritratto di perfezione.
In un secondo momento, l’inquadratura dello specchio si allargò, rivelando il corpo snello, sinuoso della ragazza: era avvolto in una leggera tunica di colore bianco; questa le cingeva il corpo fino agli avambracci, per poi risolversi in ampie maniche merlettate, circondate da due sottili strisce di stoffa arancione. Le gambe della giovane erano scoperte fino alle ginocchia; più su, una morbida gonnellina accoglieva le candide cosce.
“Juneh, il quarzo ialino, chierica del tempio della luce di Cameminia, nata nella stessa. E’ rimasta orfana a tenera età” disse uno dei ricercatori che sfogliava sottili fogli di cera nei recessi della stanza circolare.
“Inviamo subito delle truppe in Cameminia: deve trovarsi ancora là” disse Gangiorg, concitato.
___________________________________________________________

11

“Avete sentito sir Gangiorg? Qualcuno scenda dalle scale, vada all’entrata secondaria e avverta le truppe che aspettano nel cortile” gracchiò Giasu.
Uno dei ricercatori si mosse giù per la gradinata.
“Sembra che i tuoi studiosi quest’anno siano più competenti”.
“Eheh. Sì, loro sono i migliori esperti sul campo. Peccato che al termine della visione, per mantenere il segreto, dovremo ucciderli tutti” sibilò sottovoce Giasu.
“A dopo i tuoi autocompiacimenti” disse Gangiorg, e lo invitò con un gesto a concentrarsi sullo specchio.

La ragazza si trovava all’interno di un tempio: questo si poteva dedurre dalla vastità del luogo, dall’altezza del tetto, dalle ampie vetrate che filtravano la luce, rendendola ora rosa, ora azzurra. Sembrava si stesse occupando della sistemazione di alcuni oggetti sacri, forse per preparare un rito di ricorrenza. Lucidava uno scettro: doveva essere di argento purissimo a giudicare dal colore scintillante. Appena ebbe finito, lo posò su di un altarino, poi si guardò intorno soddisfatta: il tempio si stava pian piano riempendo di sacerdoti e chierici. Un caloroso, leggero brulicare di voci si diffuse tutt’intorno, rallegrando l’atmosfera.
“Juneh” disse uno dei sacerdoti, richiamando la sua attenzione, “siamo pronti per accogliere i fedeli?”.
“Sì, è tutto al proprio posto” rispose lei, rivelando una voce delicata ma decisa.
“Molto bene, ottimo lavoro: sei davvero pronta per diventare una sacerdotessa” disse l’anziano uomo vestito di bianco, prima di congedarsi.
___________________________________________________________

12

Sarebbe stata promossa a distanza di qualche giorno: fino a quel momento era stata una chierica, e aveva svolto compiti di minore importanza rispetto ai sacerdoti. O meglio, questo è quanto le persone comuni credevano: in realtà la mansione che Juneh aveva da sempre svolto era quella di “tenere allegro” il personale, se così si poteva definire quel lavoro poco gratificante, per il quale non erano richieste particolari competenze, se non quelle di essere giovane, e di avere un bel corpo da rendere disponibile a chi lo desiderasse. Era proprio grazie alla sua bellezza e alla natura del suo ruolo che la si poteva ritenere una figura di fondamentale rilievo per il funzionamento del tempio: nonostante la coscienza della sua importanza, non aveva però mai abusato di questa posizione, e per questo teneva a farsi definire una persona poco pretenziosa. E poi, fino ad allora aveva vissuto bene, assicurandosi vitto, alloggio, e tutto il necessario per mantenere nella norma il suo tenore di vita. Non le era mai mancato nulla in particolare, neanche i genitori: erano scomparsi dalla sua vita ancor prima che si potesse accorgere della loro esistenza. Inoltre, al tempio aveva trovato anche qualcuno disposto a trattarla con affetto, e in più occasioni aveva stretto legami con persone provenienti dai più disparati angoli della città, appartenenti a differenti ambienti e ceti sociali.
“Juneh!” una voce si era levata dalla zona del tempio più vicina all’entrata.
A quel punto la visuale dello specchio cominciò a
___________________________________________________________

13

rotearle attorno. Ci volle un po' prima che l’inquadratura si riassestasse, e permettesse la visione della figura in avvicinamento dal fondo della navata.
“Sophie!” rispose Juneh.
Una ragazza dall’aria allegra, vestita di abiti nobiliari, cominciò ad attraversare il tempio, seguita dalle sue due guardie del corpo. Nel suo incedere ostentava eleganza e disinvoltura, almeno finché non pestò per sbaglio l’estremità inferiore della sua lunga gonna bianca e turchese, e inciampò. Il tintinnare provocato da tutti i suoi gingilli richiamò su di lei l'attenzione generale. Le guardie e Juneh corsero subito ad aiutarla.

“A me non sembra molto sveglia” gracchiò Giasu.
“Quella è Sophie, lo smeraldo d’onore” disse uno dei ricercatori all’interno della sala circolare, “la figlia di Harmit, sovrano della casata dello smeraldo di Hampillion, Stato del sud dell’impero di Zuleander”.
“Troppi nomi da ricordare in questa storia” commentò Gangiorg.

Juneh era riuscita a far rialzare l’amica, e nel frattempo l’inquadratura dello specchio si era avvicinata: a quella distanza era possibile rendersi conto di quanto la bellezza dei suoi splendenti occhi verdi, così come il rilucere dei lunghi capelli neri, facessero sfigurare gli smeraldi e i diamanti intarsiati nella coroncina, negli orecchini, e nei bracciali con i quali era agghindata.
Dopo una sonora risata dedicata al piccolo incidente,
___________________________________________________________

14

Sophie tornò a esprimere la gioia tipica dell’incontro con Juneh. A quel punto le guardie furono congedate, e le due amiche si avvicinarono a una parete.
“Perciò, come va?” chiese Sophie, sorridente.
“Qui come sempre” rispose Juneh.
“Ma tra pochi giorni ti promuovono, racconta: come ti senti?”.
“Dici sul serio? A chi importa di me che divento una sacerdo-fessa? Non cambierà proprio un bel niente. Piuttosto, come va a te? Com’è finita col principe Duncan?” le chiese, punzecchiandola con un gomito.
“Adesso ti racconto tutto: non puoi nemmeno immaginare”, Sophie esibì un nuovo sorriso e arrossì, “ti dico soltanto che l'altro ieri mi ha inviato questa” disse, mostrando una lettera all’interno di una busta.
Juneh rimase sbalordita.
“No! E’ una lettera di carta!”, scrutò l’oggetto con attenzione.
“Non dirlo a voce così alta” la rimproverò Sophie, ricacciandosi la busta nel vestito, guardandosi intorno, “c'è gente di ogni risma qui al tempio”.
“Ops! Scusami, ma tranquilla: non ci ha sentite nessuno”.
“Comunque, come dicono i consiglieri di mio padre, dev’essere una mossa studiata per fare credere il loro regno più prosperoso di quanto in realtà è, e per convincerci quindi a combinare questo matrimonio”.
A un tratto, un sacerdote colpì il gong posto a destra dell’altare: il rimbombare del suono fece vibrare tutto il tempio.
___________________________________________________________

15

“Dovremo parlare dopo: stiamo per cominciare” disse Juneh.
“Ah, già: avevo quasi dimenticato che oggi è il ventiquattresimo giorno del mese della luce” disse Sophie.
“Non mi stupisce: tu saresti capace di dimenticare anche il tuo nome” scherzò Juneh, per poi incamminarsi verso il retro dell'altare principale.
Sophie decise di sedersi ai banchi delle prime file per seguire. Quel giorno tutti i templi della luce festeggiavano un’importante ricorrenza: quella della creazione, per opera della divinità autrice, del mese della luce, in cui ogni dì dura circa il doppio del normale (ogni mese dura circa quarantotto giorni).
“In questo glorioso giorno celebreremo il rito del blablabla...” cominciò il sacerdote da dietro l’altare, “per rendere onore al sacro patto con blablabla...”.
Gli strumenti dell’orchestra cominciarono quindi a suonare l’inno d'apertura: prima i flauti, poi le trombe, le chitarre, il mandolino e le percussioni. Poi arrivò il momento del coro.
“La libertà blablabla...luce blablabla...albero blablabla...” cantavano i chierici del tempio, tra i quali anche Juneh.
Qualcuno avrebbe anche potuto chiedersi l’origine di quel misterioso e antico canto, ma le eventualità non avrebbero concesso la calma per cercare risposte: all'improvviso dei violentissimi colpi percossero il portone chiuso del tempio. L’orchestra smise di suonare. Il coro si zittì. Tutti fissarono il grande portone, cercando una spiegazione a quanto avevano sentito.
___________________________________________________________

16

‘Che sta succedendo?’ si chiese Juneh.

“Accidenti, mi sa che ci siamo” disse Gangiorg.
“Già, saranno senz'altro quei maledetti” fece Giasu.

Il portone d'ingresso cedette e si schiantò a terra. Dal varco creatosi, un’intera legione di abominevoli creature fece irruzione nel tempio: si trattava di uomini-scheletro, con le loro vecchie spade arrugginite e i loro elmetti storti, riversi sul cranio liscio, e di lupi-scheletro, con i loro occhi brillanti e spettrali, e le loro fauci pronte a lacerare le carni. Da dietro il manipolo apparve anche quello che sembrava un uomo, vestito di nero, incappucciato, con la bocca coperta da un panno grigio, e con una mano fasciata da bende chiare. Stringeva l'impugnatura di una grossa spada dalla forma triangolare, recante dello spazio vuoto all'interno della sua sagoma.
Il panico s’impossessò dei presenti: tutti si alzarono, e vedendo l'unica via d'uscita bloccata, cominciarono a stringersi con gli altri dietro l’altare. Molti urlarono, qualcuno si mise a pregare.
Le mostruose creature si schierarono lungo tutta la navata, ma non si avventarono sulla folla: rimasero in attesa, fissando la gente con aria minacciosa. L’uomo incappucciato si fece strada attraverso l’esercito scheletrico per arrivare davanti all'altare. Nessuno riusciva a capire cosa stesse accadendo.
“Non succederà nulla di male a nessuno” disse l’uomo
___________________________________________________________

17

incappucciato, rivolto alla folla, “ma solo se ci consegnate subito Juneh, il quarzo ialino, e Sophie, lo smeraldo d'onore” concluse, per poi indicare con un gesto le ragazze.
Il sangue si gelò all’improvviso nelle vene delle due. Terrorizzate, si guardarono fra loro, poi si girarono verso gli altri: sembrava che tutti aspettassero qualcosa da loro.
“La principessa Sophie non si tocca” disse una delle due guardie, avanzando a spada tratta verso il nemico.
“Se è il senso del dovere il vostro problema…” disse l’uomo incappucciato, schioccando le dita.
A quel suo gesto corrispose l’avanzare di due uomini-scheletro nella direzione delle guardie. Lo scontro fu inevitabile: i due uomini si destreggiarono bene all'inizio, ma a causa di qualche fendente piazzato nel punto sbagliato, e alla tenace resistenza incontrata, furono gli esseri scheletrici ad avere la meglio. La visione delle guardie trafitte dalle lame, e del sangue sparso sul pavimento chiaro del tempio, alimentò il terrore che già si era impossessato dell’animo degli spettatori.
A Juneh saettò in mente un'idea.
‘I sotterranei, l’antico forno, il camino’ pensò, mentre osservava di sottecchi la botola che si trovava a qualche passo da loro, “Sophie, seguimi!”, la prese per mano, senza pensarci due volte.
Non appena si mossero, l’uomo incappucciato protese il braccio e lanciò verso di loro una palla di fuoco, ma le mancò. Nel frattempo Juneh e Sophie si erano lanciate nel cunicolo, avevano sopportato la caduta, erano rimaste ferme giusto il tempo per rialzarsi e poi avevano
___________________________________________________________

18

cominciato a correre, lasciandosi alle spalle la botola chiusa, e i lupi-scheletro sopra che già si agitavano e cercavano di entrare. Juneh condusse Sophie nella stanza della vecchia cucina, richiuse la porta di ferro arrugginito e poi indicò il grande forno e il camino che le avrebbe condotte fino in superficie.
“Dobbiamo risalirlo! Ci teniamo alle pareti opposte con mani e piedi, su!” spiegò Juneh, mettendo subito in pratica quelle parole.
Sophie, dopo un primo momento di tentennamento, riuscì a superare l’impaccio arrecatole dai vestiti: abbandonò le scarpe e seguì l’amica su per la canna fumaria del forno. Si lasciò scappare un gridolino quando sentì le creature sfondare la porta della cucina.
“Sono salite su per il camino” rimbombò in lontananza la voce dell'uomo incappucciato.
Juneh sperò che quegli abomini non riuscissero a risalire per la loro stessa via. Sembrò che, infatti, avessero deciso di prendere un’altra strada per raggiungerle.
Alla fine le ragazze riuscirono ad arrivare all'esterno: si ritrovarono sul retro del tempio, in una zona non troppo affollata della città, circondata dalle alte pareti di alcuni palazzi.

“Sì, sembra proprio che si trovino in Cameminia” esclamò Gangiorg, intento a osservare i contorni del paesaggio cittadino.
“Anche stavolta sono apparsi senza preavviso” aggiunse Giasu, “nella città non sembrano esserci tracce della loro avanzata”.

___________________________________________________________

19


Prima ancora di rendersi bene conto di dove si trovassero, Juneh e Sophie tornarono a correre: d’altronde quegli esseri sarebbero potuti ricomparire a momenti. Percorsero un paio di vicoli trafficati, svoltarono diversi angoli, e superarono anche un mercato nel tentativo di seminare gli inseguitori. Qualcuno tra i cittadini riconobbe la principessa Sophie, ma anche in questi casi lei si limitò a urlare «aiuto!» e a continuare a correre.
I loro sforzi per far perdere le tracce furono comunque inutili: proprio quando meno se lo aspettavano, i lupi-scheletro ricomparvero alle loro calcagna. La gente per strada cominciò a scappare di qua e di là terrorizzata.
“Da quella parte!” esclamò Juneh, mentre tentava di aprirsi un varco attraverso il nugolo di persone.
Sophie, ormai in preda al panico più totale, la seguì, facendo il possibile per non perderla d’occhio. Girarono un angolo, quello sbagliato: un vicolo cieco.
“E adesso?” gridò Sophie, esasperata.
Juneh non rispose. Si accorse di alcuni contenitori disposti sul terreno: li impilarono per salire in fretta sul cornicione di un’abitazione attigua. I lupi-scheletro, giunti subito sul posto, cercarono di inerpicarsi per la stessa via, ma le ragazze fecero franare la catasta, e così riuscirono a rallentarli. In seguito scavalcarono un muretto che le condusse a una scala esterna: portava all'entrata di un'abitazione. Provarono ad aprirne la porta, ma non vi
___________________________________________________________

20

riuscirono. Non avendo idee migliori, cercarono di salire quanto più in alto possibile, così, infine, arrivarono sul tetto. Ma anche quello si rivelò essere un vicolo cieco: non c’erano più strade da seguire, solo il bordo rettangolare dell’edificio, e il vuoto oltre ad esso.
I lupi-scheletro erano intanto riusciti a trovare una via alternativa, e a raggiungerle sul tetto: erano lì, le avevano messe alle strette.
“Dannazione!” urlò Juneh con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre il vento caldo le scompigliava la veste.
Arretrarono spaventate verso un angolo. Le belve continuavano a mantenere la posizione: si limitavano a fissarle con i loro terribili occhi scintillanti. Juneh, mossa dalla paura, indietreggiò così tanto da mettere il piede fuori dal bordo. A quel punto perse l’equilibrio, scivolò, e dovette rassegnarsi all’inevitabile.
Il grido di Sophie l’accompagnò mentre precipitava, fino a scomparire nel vuoto.

In quel momento la visione nello specchio s’interruppe.
“Dannazione” disse Gangiorg in tono sommesso.
“A quanto pare continuiamo a sottovalutare il potenziale di queste cosiddette «forze oscure»” gracchiò Giasu, mentre osservava il rimescolio confuso di immagini all'interno dello specchio.
“Come fanno ad arrivare così presto sul posto? Dì ai tuoi uomini di setacciare la zona tra il sud Cameminia e l’est Riboflazivia: devono esserci per forza dei punti di teletrasporto che non conosciamo, è l’unica spiegazione plausibile”.
___________________________________________________________

21

“Avete preso nota?” chiese Giasu ai suoi ricercatori.
“Sì, tutto chiaro” rispose qualcuno.
“E ancora non c’è nessuna informazione al riguardo di quell’uomo incappucciato e di quegli altri apparsi le volte precedenti?” chiese Gangiorg.
“No, nessuna informazione: non si sa niente di loro, come non si sa niente degli altri prescelti scomparsi nelle razzie” gracchiò Giasu.
Gangiorg rimase fermo a pensare per qualche secondo.
“Assurdo. Dobbiamo scoprire di più sul nostro nemico: come possiamo ragionare su degli esseri dei quali non conosciamo nemmeno la natura? Tu sei sicuro che in nessun modo possano esistere o siano mai esistiti uomini-scheletro o lupi-scheletro? Non potrebbero essere dei morti manipolati?” chiese Gangiorg, passandosi una mano fra i capelli.
“E' impossibile” gracchiò Giasu, “nessuno riesce a riportare in vita i morti. Nei nostri laboratori le ricerche sulla manipolazione proseguono da anni ormai, e non si è ancora arrivati ad alcun risultato. Cioè, possiamo attivare delle sequenze neuronali che portano alla ripetizione di piccoli movimenti, ma nulla di paragonabile a degli scheletri che si muovono e attaccano in quel modo. E poi, dalle analisi ai resti di quelle creature, è risultato che quelle ossa non hanno niente a che vedere con le ossa umane: il materiale di cui sono composte ha una resistenza molto maggiore, e una composizione chimica molto diversa”.
“E allora quelli cosa sono?”.
“Non lo so”.
___________________________________________________________

22

“E’ un vero rompicapo, ma ci manca qualche indizio per risolverlo, ne sono sicuro” concluse Gangiorg.
Per un po' nessuno aprì bocca: sembrava che l’unica cosa a muoversi dentro la sala fosse il mescolarsi confuso d’immagini e di luci dello specchio.
“Non si è ben capito inoltre” cominciò Gangiorg, “se la prescelta è Juneh, oppure Sophie, oppure entrambe: lo specchio le ha inquadrate tutt'e due, anche se è vero che erano tutt'e due insieme. Tra l'altro, dobbiamo ormai scartare l'ipotesi che la prima ad essere inquadrata sia di sicuro una prescelta, visto che già in passato abbiamo appreso che lo specchio può cominciare a stabilizzarsi su un'immagine ancora prima di puntare un prescelto. Comunque sia, penso che tutto questo abbia poca importanza visto che una è morta, mentre l’altra è caduta in mano alle forze oscure”.
All’improvviso delle immagini distinte riapparvero nello specchio. I pensieri di tutti si dissiparono per fare spazio a ciò che avrebbero visto di lì a breve.

C’era un deserto: dune e cumuli di macigni rosseggianti. La visuale non era però ancora ben chiara: sembrava oscillare dall’alto, infatti inquadrava a tratti spicchi di cielo azzurro, ritagliati sullo scenario brullo. Dopo poco sembrò assestarsi. Tre figure umane apparvero all’ombra di una formazione rocciosa: due si trovavano di spalle, l’altra era appoggiata a una parete. La visuale cominciò ad avvicinarsi e a girare lentamente intorno a loro: sembrava stessero discutendo.
___________________________________________________________

23

Il primo a essere inquadrato da vicino era un ragazzo: aveva due grandi occhi neri da bambino triste, leggermente infossati in una faccia un po' spigolosa, ma ben proporzionata; i suoi capelli bronzei ricadevano ai lati della fronte, mentre dietro erano raccolti da un laccio in un piccolo codino; un naso come tanti altri sovrastava una piccola bocca rosata, mentre un po’ più giù qualche peletto cresceva indisturbato, protendendosi fino al mento. Aveva un’espressione spaesata e al tempo stesso irritata. Ogni tanto si sventolava con la mano. Sembrava essere accaldato, ma nonostante ciò teneva addosso una lunga giacca marrone, e un fazzoletto rosso, ornato di ghirigori fantasiosi e simboli runici, legato al collo. Altro particolare difficile da non notare era un piccolo rettile verde che sembrava non provare alcun fastidio nello stare appollaiato sulla sua spalla destra: si teneva in equilibrio reggendosi alla giacca con delle zampe simili a tenaglie.

“Sire” disse subito uno dei ricercatori, “quello è Cohd, l’ametista notturno” continuò un altro.
“L’ametista notturno? Ma certo, il giovane ametista: ho capito bene di chi si tratta”, Gangiorg scambiò con Giasu degli sguardi d'intesa.
“Certe volte il mondo sembra davvero piccolo” disse il venerabile senatore con voce sorpresa.
“Già, il destino fa degli strani scherzi”.
Gli spettatori avrebbero voluto continuare a scambiarsi impressioni al riguardo della recente scoperta, ma notarono che Cohd, il ragazzo apparso nello specchio, stava per iniziare a parlare.

___________________________________________________________

24


“Forse mi sono spiegato male: la faccenda è ancora più delicata di quanto sembra” disse Cohd, rivolto all’uomo che poggiava le spalle alla roccia.
“Va bene, allora spiegati ragazzo” rispose l’uomo.
La visuale si spostò all’uomo che stava parlando: la sua faccia era corrugata in un’espressione torva e minacciosa. Ogni particolare della sua immagine sembrava essere stato forgiato dalle asperità del mondo e dalle difficoltà della vita: i radi e corti capelli ricci, radunati sulla testa da un’ampia fascia azzurra, sembravano quasi sottolineare la consistenza robusta della sua persona, facendo apparire la faccia più grande in proporzione al corpo; gli occhi castani, solcati da brulle sopracciglia graffiettate, i lineamenti squadrati, e la barba incolta, contribuivano in modo significativo a completare il suo aspetto rude; di certo nemmeno i semplici vestiti verdi, tendenti al grigio, quasi stracciati, la borraccia e il binocolo legati alla cinta, avrebbero potuto smentire il suo aspetto da uomo vissuto.

Un preciso particolare catturò l’attenzione degli spettatori nella sala circolare: teneva legato sul dorso della mano destra uno strano congegno metallico, dalla funzione a loro ancora ignota.
“Arohn, l’occhio di tigre, nativo di Alcidegasp...”.
“La città di Alcidegasp, proprio a est di qui!” lo interruppe Gangiorg.
___________________________________________________________

25

“Ricercato da circa due anni per omicidio e altri reati minori. Sembra essere uno dei responsabili della strage di Lonfort” continuò il ricercatore.
“La strage di Lonfort”, Gangiorg guardò Giasu.
“Sappiamo tutti benissimo chi è morto un paio di anni fa a Lonfort” rantolò il senatore.
“Sì, lo sappiamo, e di certo non può essere una coincidenza”.
“Quanti tasselli in questo puzzle”.
La discussione si interruppe, poiché Cohd stava ricominciando a parlare.

“Dimentichiamo per un attimo la morte dei miei accompagnatori: per loro ormai non c’è nulla da fare. Concentriamoci piuttosto sulla nostra situazione attuale: l’essere che hai ucciso...”.
“Sempre che non l’abbia soltanto ferito” lo interruppe Arohn, con il pugno destro proteso in avanti.
Si udì un sibilo metallico. Dal congegno posto sulla sua mano erano sbucate tre lame sottili e lucenti, macchiate a tratti da quella che forse era ruggine, o forse era sangue. Se l’aspetto di Arohn poteva essere paragonato a quello di un animale selvatico, quelle lame rappresentavano senza dubbio i suoi artigli.
“Potresti anche evitare di minacciarlo con quell’arnese” si intromise il terzo individuo.
Lo specchio si spostò anche verso di lui. Sembrava un giovane uomo dal fisico piuttosto agile, ma lo si poteva soltanto supporre, visto che l’intero suo corpo era coperto
___________________________________________________________

26

da un mantello di colore viola chiaro. Questo avvolgeva, oltre al busto e alle spalle, anche la faccia e la testa, rendendo dubbia la sua identità. Tutto ciò che si poteva scorgere oltre il manto era un lembo di pelle scura sulla quale brillavano due occhi neri, e il manico bronzeo di una sciabola legata al fianco.

“Su di lui non riusciremo a trovare molte informazioni” arguì Gangiorg.
“Si potrebbe pensare a un abitante delle terre del sud, forse un soldato” disse uno dei ricercatori.
“Va bene, le supposizioni alla fine, per adesso ascoltiamo” lo richiamò Giasu.

I tre si stavano fissando: il misterioso figuro puntava gli occhi su Arohn, mentre lui guardava ancora Cohd con espressione disinteressata.
“Posso continuare?” chiese Cohd, spazientito.
“Non stavo mica minacciando nessuno” disse Arohn.
Sorrise, abbassò il pugno e ritirò le lame: si udì di nuovo il sibilo metallico del congegno.
“Il ragazzo sembra doverci dire qualcosa di importante” fece notare il figuro avvolto nel manto viola.
“Infatti è così: quella creatura era un min’kiàdolore” esordì Cohd, con enfasi.
“E quindi?” chiese Arohn.
“Quindi, adesso, noi tre ci troviamo in una gran brutta situazione” disse Cohd.
Nessuno contestò quell’affermazione: sembrava essere riuscito a catturare la loro attenzione.

___________________________________________________________
27

“Il min’kiàdolore si potrebbe definire una creatura immortale. Adesso vi spiego” continuò, “la maggior parte degli animali ha bisogno di accoppiarsi per riprodursi, mentre altri, come la creatura in questione, no. Si chiama partenogenesi. In pratica, la creatura può avere un figlio senza che il suo uovo sia stato fecondato. Ma non è questo il punto. Il problema riguarda quanto succede al momento del decesso del min’kiàdolore: ogni volta che muore, esso cade impotente, ma dentro il suo corpo si sviluppa un uovo, da cui nasce un piccolo identico alla creatura madre, avente in comune con essa anche gli stessi ricordi. Il min’kiàdolore immagazzina in memoria gli odori e le immagini che ha percepito poco prima di morire: queste informazioni vengono ereditate dalla creatura figlia, e, quando raggiunge l’età adulta, le rielabora e le classifica come tracce di una possibile minaccia”.
Arohn e il misterioso giovane mostrarono delle espressioni confuse.
“Il punto è che gli ultimi ricordi della creatura sono le immagini di noi tre: infatti noi eravamo tutti presenti quando Arohn ha colpito il min’kiàdolore. Quando l’essere che si trova al momento dentro l’uovo diventerà adulto, ci verrà a cercare, per ucciderci” concluse Cohd.
“Sei sicuro di quello che stai dicendo?” chiese il giovane ammantato.
Cohd lì guardo entrambi, fece un cenno con la bocca, assunse un’aria pensosa, poi rispose: “esistono però diverse evenienze per cui quello che ho detto potrebbe non
___________________________________________________________

28

verificarsi: l’uovo del min’kiàdolore, per esempio, potrebbe essere divorato da qualche grande predatore del deserto, oppure, potrebbe essere accaduto che la creatura abbia classificato solo Arohn come possibile minaccia, poiché è stato lui a ferirla. Inoltre potrebbe decidere, una volta diventato adulto, di evitare la minaccia, piuttosto che cercarla per distruggerla. Intendo solo dire che quell’essere è molto pericoloso, ed è comunque molto probabile che fra giorni risorgerà per darci la caccia”.
“In effetti, a pensarci, ho sentito parlare tra le mie genti di una creatura immortale del deserto: è chiamata «tempesta dell’azzurro», poiché la sua potenza è paragonabile a quella di mille delle più terribili tempeste messe insieme, e si manifesta anche quando il cielo è del suo colore più sereno, e il sole sorge alto sopra l’orizzonte. A giudicare dal modo in cui quella bestia ha ridotto il carro di trasporto sul quale viaggiavi, temo si tratti della creatura di cui parlano le dicerie e le leggende” disse il figuro dal manto viola chiaro.
“E se quel coso non fosse morto, ma fosse solo ferito?” chiese Arohn.
Cohd esitò un attimo, lo squadrò, poi rispose: “il min’kiàdolore possiede un sistema di organi interni di emergenza che si attiva soltanto in caso di ferita mortale: grazie a questo gli è possibile volare per un breve periodo prima di morire, per allontanarsi dal luogo in cui ha subito la violenza. Così facendo, il min’kiàdolore mette al sicuro il suo uovo da potenziali minacce, come noi, nella fattispecie. Se la ferita che hai inferto alla creatura non si
___________________________________________________________

29

dovesse rivelare letale, penso che la nostra situazione peggiorerebbe in modo considerevole: il min’kiàdolore aspetterebbe soltanto che questa si rimargini prima di venirci a cercare”.
“Stando a quando dici, non converrebbe raggiungere l’uovo adesso per distruggerlo?” chiese il giovane ammantato.
“E' un azzardo troppo rischioso: non sarebbe facile trovare il cadavere della creatura madre in mezzo al deserto. In più, lanciandoci in una simile impresa, rischieremo di perdere del tempo prezioso, che potremmo invece utilizzare per scappare quanto più lontano possibile da qui” concluse Cohd.
Nessuno aggiunse altro: la stranezza della situazione aveva dato loro molto a cui pensare. Il piccolo essere verde che Cohd portava sulla spalla girò l’occhio destro verso Arohn, e poco dopo puntò il sinistro verso il colore intenso della sabbia rovente.
“Se quel mostro si farà vivo di nuovo, gli darò un’altra lezione, proprio come ho fatto poco fa” disse Arohn, staccando le spalle dalla parete per mettersi a contemplare l’orizzonte.
Cohd inarcò il sopracciglio, e cominciò ad osservarlo.
“Ti assicuro che quell’essere è molto più potente di quanto è potuto sembrare”.
“E inoltre tu l’hai colpito cogliendolo di sorpresa, alle spalle” fece notare il giovane uomo dalla misteriosa identità.
“Mentre era riverso a terra a causa di un brusco atterraggio” aggiunse Cohd.
___________________________________________________________

30

“Senza contare che la sua coda era incastrata in una trappola dei cacciatori del deserto” disse il figuro ammantato.
“Se è per questo, io ero abbagliato dal sole, e avevo un po’ di sabbia nell’occhio, e qualcosa nello stivale. Non dovete sottovalutare le mie capacità in combattimento” disse Arohn, lasciando basiti, a causa dell’ambiguità del tono di risposta, i due interlocutori, “comunque sia, è meglio raggiungere la città più vicina adesso: parleremo di tutto il resto durante il viaggio”.
Cohd annuì.
“La città più vicina è Kikkàvuru: io vengo da lì. In genere gli stranieri non sono ben accolti, ma, data la nostra particolare situazione, mi sento in dovere di fare un’eccezione” disse il giovane ammantato.
“Parole sagge” commentò Cohd.
“Ero venuto fin qui di pattuglia, poi, quando ho visto quell’imponente bestia, ho nascosto la mia cavalcatura dietro quelle rocce per passare meglio inosservato: andiamo a prenderla, la useremo per tornare in città”.
“Di che animale si tratta: un echinosauro o un lamu?” chiese Arohn.
“Un lamu” rispose il giovane uomo.
“Meno male: non sarebbe stato facile viaggiare in tre altrimenti” disse Arohn.
“Quindi sei un soldato?” chiese Cohd.
“Sì” rispose il giovane, “in effetti, in questo gran
___________________________________________________________

31

trambusto abbiamo dimenticato di presentarci: io sono Seth, soldato delle truppe di Kikkàvuru” disse, scoprendosi il naso.
“Già, quasi dimenticavo: dalle vostre parti si usa presentarsi scoprendo il naso. Comunque io sono Cohd, il rubino di sabbia”.

Nella grande sala circolare tutti si accorsero che Cohd si era presentato con un nome falso.

“Io sono Arohn, l’occhio di tigre. Vi stringerei la mano, ma questo congegno a volte scatta da solo: non voglio rischiare di infilzarvi”, detto ciò, cominciò a ridere di gusto.
“Dei nomi imperiali a tutti gli effetti. Quando saremo a Kikkàvuru dovremo stare attenti: la nostra città non è in buoni rapporti con l’impero” disse Seth, incamminandosi.
“L’impero è grande: non tutti quelli che ci vivono approvano la politica aggressiva nei confronti degli altri paesi” disse Cohd, seguendolo.
“Nessuno sopporta l’impero, neanche gli imperiali” aggiunse Arohn.
“Immagino” affermò Seth.
“Pensavo che una volta arrivati in città, a Kikkàvuru, la cosa migliore da fare sarebbe rifornirsi di provviste, e intraprendere un viaggio, per allontanarci il più possibile da questa zona: credo proprio che il min’kiàdolore possa captare i nostri odori soltanto entro precise distanze” disse Cohd, “so che tutto questo può sembrare un po’ assurdo,
___________________________________________________________

32

ma io credo nella pericolosità di quell’essere, e penso che scappare via da questo deserto sia il modo migliore per evitare ogni pericolo”.
Seth si fermò all’improvviso.
“Lo avevo legato qui il lamu: che fine ha fatto?” disse.
Rimasero tutti fermi. Il rettile verde sulla spalla di Cohd roteò uno dei suoi occhi per vedere meglio quel che stava accadendo. A un tratto si udì un tonfo sordo, e alcune piccole pietre ruzzolarono giù dalla conformazione rocciosa che avevano davanti. Seth cominciò a fissare un punto preciso. Cohd trattenne il fiato per la tensione. Una gigantesca zampa apparve da dietro le rocce, poi un’altra si conficcò nel cumulo, e infine si palesò anche il mostruoso corpo al quale appartenevano.
“Poppe sante! Quello di certo non è un lamu!” esclamò Arohn, sorpreso.
“E’ uno scafazzacristiani” sibilò Cohd con un filo di voce.
“Il terrore dei deserti” aggiunse Seth, già in guardia con la sciabola in mano.
SCAFAZZACRISTIANI
Terribile Mantide Paguro
La bestia possedeva due paia di enormi zampe da insetto, e altri due arti nella parte superiore del corpo, al di sopra dell’addome: a questi erano attaccate due lunghe tenaglie seghettate, pieghevoli, affilate come delle falci, pronte a mietere e stritolare. L’intero suo corpo era ricoperto da un robusto esoscheletro del colore del deserto, a tratti rivestito da piccole escrescenze, simili ad aculei. L’imponente insetto possedeva una forma dinamica e
___________________________________________________________

33

slanciata: si estendeva infatti in lunghezza più che in larghezza. La sua testa triangolare troneggiava in alto sopra un sottile collo: due enormi occhi vitrei risplendevano sotto le massicce antenne, e una piccola pupilla nera al loro interno roteava in ogni direzione, forse per meglio localizzare le tre nuove possibili prede. L’addome della creatura sembrava il suo punto più vulnerabile, ma la natura aveva donato all’essere un rimedio anche a questo inconveniente: la parte posteriore del suo corpo era infatti attaccata a un grande guscio conico, del tutto rassomigliante a una grossa roccia nell'aspetto, e ricoperto da resistenti pungiglioni. Sembrava che in caso di pericolo la creatura potesse in parte ritirarsi all’interno del guscio, in modo da proteggere le sue parti più deboli.
Lo spaventoso essere reggeva ancora tra le lunghe chele i resti del lamu sbrindellato.
“Queste creature possiedono una ridotta capacità visiva, quindi, se rimaniamo fermi dove ci troviamo…”, Seth non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase: i suoi due compagni si erano già messi a correre.
Lo scafazzacristiani gli si avvicinò, e aprendo le mandibole emise un suono acuto, come fosse un ruggito. Seth non esitò a seguire i suoi compagni, e scappò anche lui dietro l’angolo della conformazione rocciosa. La creatura, muovendosi a passo spedito, cominciò a inseguirlo. Il giovane dal manto viola chiaro, grazie alla sua velocità, riuscì a guadagnare terreno. Nel frattempo, Arohn e Cohd, stavano continuando a girare intorno al cumulo di rocce, e presto si accorsero di avere perso di
___________________________________________________________

34

vista la creatura. Continuando a correre, girarono ancora una volta l’angolo e se la ritrovarono davanti: non riuscendo a catturare Seth, si era fermata, e aveva invertito il senso di marcia.
“mé£$@!” urlò Cohd terrorizzato, costretto a un rapido e inatteso cambio di direzione.
La creatura gli era alle costole. Come Seth, anche il ragazzo indossante la lunga giacca marrone e il fazzoletto rosso era capace di eseguire scatti veloci, ma, abituato a passare la maggior parte del tempo immerso negli studi, non era in grado di sopportare sforzi prolungati, e quindi possedeva poca resistenza in corsa. Così, proprio quando egli si rese conto di non riuscire più a tenere il passo, Seth fece la sua comparsa saltellando da una roccia all’altra: con qualche piroetta in aria riuscì a schivare le tenaglie della famelica creatura, poi, camminando sulla parete rocciosa quasi in orizzontale per qualche secondo, riuscì a ottenere lo slancio necessario per arrampicarsi sul corpo dello scafazzacristiani.
‘Sapevo già degli speciali allenamenti ginnici a cui i soldati dei paesi del sud vengono sottoposti, ma non pensavo che arrivassero a eseguire con tale tranquillità un così grande numero di acrobazie, anche in combattimento, in simili condizioni’ pensò Cohd, che aveva seguito la scena a tratti mentre scappava.
Seth, nel tentativo di ancorarsi al corpo dell’indomabile creatura, provò un affondo con la sciabola, ma non ottenne alcun risultato: la corazza naturale dell’essere era impenetrabile. Lo scafazzacristiani, intanto, si era accorto
___________________________________________________________

35

dell’ospite clandestino attaccato al suo dorso, e aveva cominciato a dimenarsi. I suoi movimenti erano troppo violenti perché Seth potesse mantenere salda la presa, così, prima ancora di riuscire ad accorgersene, si ritrovò sbalzato in aria, pronto ad essere afferrato dalla micidiale tenaglia dell’essere. Ma, proprio quando il busto di Seth sembrava ormai destinato ad essere diviso in due dalla terribile forza di quelle falci mietitrici, qualcosa colpì lo Scafazzacristiani: la creatura emise un ruggito di dolore e, distratta dal suo nefasto intento, arretrò quindi in una nuova posizione difensiva. Era stato Arohn, che con un balzo aveva conficcato gli artigli nell’addome della bestia, la sua parte più vulnerabile, e anche quella meno distante dal terreno.
Seth riatterrò con un agile capriola, si rialzò di scatto e subito riacquistò la posizione di guardia.
“Grazie per il diversivo” disse, rivolto ad Arohn.
“Figurati. Piuttosto pensiamo a farlo fuori adesso” rispose, puntando la mano artigliata contro l’essere.
Lo scafazzacristiani era rientrato per metà nel suo guscio, ed era rimasto fermo a scrutare i due esseri umani, ponendo le due lunghe chele davanti alla testa per protezione. Sembrava essersi reso conto della pericolosità delle sue potenziali prede. Considerata quell’ultima esperienza, decise quindi di cambiare tattica: in un primo momento si allontanò, come per ritirarsi dallo scontro, poi però cambiò direzione, e cominciò a muoversi con velocità verso Seth ed Arohn. Circa a metà del suo tragitto fece un piccolo balzo e, mentre si trovava sospeso a mezz’aria, si ritirò quasi per intero all’interno del guscio.
___________________________________________________________

36

“Ma che sta facendo?” esclamò Arohn, mentre l’enorme guscio rotolava sulla sabbia verso di loro.
“Vuole schiacciarci!” rispose Seth, cominciando a correre per allontanarsi dalla sua traiettoria.
I due riuscirono a spostarsi in tempo. Il guscio rotolò fino a schiantarsi contro il cumulo di rocce. Il fragore di quello scontro fu avvertito anche da Cohd, nascosto in un’insenatura dalla parte opposta.
‘Cos'è successo?’ si chiese.
Provò a guardarsi intorno, ma la visuale che aveva dell'esterno, ostacolata dalle pareti rocciose circostanti, gli permise di scorgere solo un piccolo ritaglio di cielo e di deserto.
In breve, Seth ed Arohn raggiunsero il punto in cui si trovava.
“Ragazzi” disse Cohd, per attirare la loro attenzione, “che succede?”.
Entrambi si voltarono.
“Ah, eccoti. Stai attento, quella creatura ha cominciato a rotolare: è pericoloso uscire allo scoperto” lo avvertì Seth.
“Ha girato l’angolo, è qui!” esclamò Arohn, per poi correre via insieme a Seth.
Cohd si strinse il più possibile all’interno del suo nascondiglio: il modo in cui Arohn aveva annunciato l'arrivo della creatura lo aveva terrorizzato. Non sapeva cosa aspettarsi: dallo stretto spiraglio tra le pareti rocciose aveva visto i suoi due compagni sparire in un attimo correndo a sinistra. Probabilmente la creatura gli sarebbe passata accanto, e lui avrebbe potuto scorgerla soltanto in
___________________________________________________________

37

quell’occasione. Sarebbe dovuto scappare con gli altri, o rimanere nascosto lì? Se fosse rimasto lì, lo scafazzacristiani si sarebbe accorto della sua presenza? Se l’avesse notato, cosa sarebbe accaduto? Quelle domande scorrevano una dopo l’altra nella sua mente mentre in lontananza si cominciavano a sentire i passi lenti della creatura sulla sabbia. Il sordo suono del conficcarsi di quegli arti acuminati tra i granelli dorati del deserto si spandeva in modo appena percettibile nell’orrendo silenzio di quegli attimi agghiaccianti. Il ritmo forsennato di quell’apparente quiete era svelato solo dal frenetico battere del cuore di Cohd, unica, sincera testimonianza della gravosità dell’attesa.
La creatura verde che teneva sulla spalla, fiutato il pericolo, saltò giù sulla sabbia, e in silenzio zampettò fino a un piccolo anfratto: un riparo sicuro per un essere delle sue dimensioni.
‘Se solo fossi anch'io piccolo come lui…’ pensò Cohd.
Lo scafazzacristiani era ormai arrivato. Cohd trattenne il fiato. Poteva intravedere le sue lunghe e sottili zampe corazzate, e il suo addome brunastro, pendente fino quasi a strisciare sul terreno. La creatura continuò spedita: non si era accorta della fessura tra le rocce e di chi c’era nascosto dentro.
‘Non mi ha notato’ pensò Cohd, ‘sarà stato un caso? Se dovesse ripassare una seconda volta potrebbe vedermi, e a quel punto sarei spacciato: le sue chele sono abbastanza strette da passare per l’insenatura. E se mi arrampicassi su per queste rocce? No, peggiorerebbe solo le cose. Inoltre
___________________________________________________________

38

non penso che lo scaffazzacristiani abbia problemi a raggiungermi anche più in alto. Devo scappare da qui, altrimenti sono in trappola’.
Sporse la testa fuori per guardare a sinistra: la creatura si stava allontanando. Era il momento giusto per cambiare posizione.
Quatto quatto uscì allo scoperto: ogni due passi gettava uno sguardo alle spalle, per controllare che la creatura non lo stesse seguendo. Forse proprio a causa della tensione, o perché non guardava spesso davanti, urtò col piede una piccola pietra affiorante dal terreno. Inciampò, e per non cadere fu costretto a eseguire un movimento brusco, e ad appigliarsi a una roccia instabile. Questa si staccò subito dalla parete, insieme ad altri tre o quattro piccoli sassi, che causarono un rumore sufficiente a destare l’attenzione dello scaffazzacristiani. Questo, in men che non si dica si voltò, e avvistò Cohd. Il ragazzo fece appello a tutte le sue forze per muovere le gambe il più in fretta possibile nella fuga. Per un po’ riuscì a mantenere un minimo di distacco, ma ben presto fu raggiunto di nuovo. Se in quell’istante avesse mantenuto la capacità di articolare pensieri si sarebbe detto qualcosa del tipo ‘sono stato un c......e. Dovevo rimanere nascosto’, ma il terrore imperversava nella sua mente con violenza tale da sovrastare qualsiasi altra emozione. Mentre la mostruosa tenaglia aperta, tesa in aria, stava per abbattersi sul povero malcapitato, Arohn e Seth fecero irruzione nella scena, correndo con le armi sguainate in soccorso dello sfortunato compagno.
“Va via!” urlò Arohn, lanciandosi contro lo scaffazzacristiani.

___________________________________________________________

39


Fu proprio allora che l’immagine nello specchio si dissolse.
“Giusto adesso?”, Gangiorg espresse quelle parole in un soffio rapido.
“E’ morto anche lui?” gracchiò Giasu.
“Penso sia stato colpito”.
La grande sala circolare ritornò al suo fermento di domande formulate, di affannose ricerche, di ordini e di contrordini.
“Stavolta la faccenda è molto più complicata del previsto” cominciò Gangiorg, “e siamo già al totale di cinque individui visti nello specchio. Non sappiamo quanti di questi cinque siano davvero dei prescelti. Lo specchio li ha inquadrati tutti, ma alcuni potrebbero essere stati presi in considerazione soltanto perché vicini a un altro prescelto”.
“Le leggi dei grandi numeri vogliono che solo due di loro siano dei prescelti, visto che fin'ora abbiamo visto solo due scene differenti” disse Giasu, con la sua voce rantolante, “è molto difficile che più di un prescelto si trovasse nello stesso punto”.
“Due prescelti: sì, è l'alternativa più plausibile. Gli altri devono essere stati inquadrati in modo accidentale. Il problema sarà quindi capire chi sono i due veri prescelti tra i cinque ”.
“In ogni caso, dei cinque che abbiamo visto, ne dovrebbero essere rimasti in circolazione soltanto due o tre”.
___________________________________________________________

40

“Due o tre, sì, ma non è nemmeno detto: dipende da chi dei tre è sopravvissuto all’assalto di quella creatura. Voglio che sia raddoppiato il contingente che ho inviato nel deserto. In più, in Kikkàvuru voglio infiltrati i miei uomini migliori. Non dobbiamo lasciarci sfuggire queste occasioni” esclamò Gangiorg.
“Già, è vero. Inoltre, visto che l’ultima visione ha mostrato un luogo deserto del tutto anonimo, nemmeno le forze oscure sono riuscite a intervenire in modo tempestivo. Ma dobbiamo stare attenti: di certo anche loro sono dirette a Kikkàvuru” gracchiò Giasu.
“Lo so. Per questo ho deciso di intensificare le ricerche nel deserto: se qualcuno di quei tre sopravvive, dobbiamo tentare di intercettarlo prima che arrivi a Kikkàvuru, e quindi prima che possa cadere nelle grinfie delle forze oscure. Dobbiamo tentare quest’azzardo”.
“Questa faccenda diventa sempre più assurda”.
“Già. Io ancora non riesco a credere che il figlio di Walter, l’ametista notturno, sia apparso nello specchio. E’ una coincidenza troppo assurda”.
“E’ inoltre assurdo pensare che…”, il gracchiare di Giasu fu interrotto.
L’indice di Gangiorg era puntato contro lo specchio.
“C’è ancora qualcosa” esclamò.
Di nuovo il brusio si spense nella sala, e ancora una volta al tripudio di colori e forme seguitò l’immagine di un deserto. Si trattava però di un luogo diverso dal precedente: non era una distesa di sabbia macchiata di rocce, ma
___________________________________________________________

41

perlopiù un paesaggio inaridito, ricoperto da ciuffi di piante ingiallite e qualche arbusto spinoso a tratti; si avvistavano dei rilievi in prossimità dell’orizzonte, grandi masse squadrate, pareti rossastre, frastagliate.
L’inquadratura si spostò in alto, poi si mosse in laterale dondolando, fino a porre al centro dell’immagine un cavallo al galoppo. Da quel momento in poi la visuale cominciò a inseguirlo e ad avvicinarsi sempre di più. Si trattava di un purosangue dal manto dell’intenso colore del cielo: la criniera azzurra e la zampa possente erano tipiche caratteristiche riconducibili agli allevamenti equini dei territori dell’est. Forse era da lì che quell’animale proveniva. Non si potevano invece trarre simili conclusioni sulla derivazione di colei che lo stava cavalcando. Si trattava di una ragazza dai sottili capelli ramati, ricadenti in punte affilate sulla chiara pelle del collo e sulle spalle. La brillante chioma lasciava scoperto solo l’occhio destro, curvando poi verso l’esterno. Alla sua ombra, un naso dritto e poco appariscente sovrastava delle consistenti labbra rosee. La tale bellezza di quell’unico occhio scintillante meriterebbe un capitolo a parte: appariva lì, come uno smeraldo tra le fiamme, una perla divina, limpida e cristallina come l'acqua, screziata dalle ampie tonalità del cielo e dalle sinuose sfumature della terra. Per quanto potesse sembrare assurdo però, la peculiarità più appariscente della sua figura non era l’insolito e meraviglioso colore del suo occhio, e nemmeno la forma slanciata ed elegante del suo viso, ma riguardava il resto del corpo. Se lo si osservava da dietro, il suo fisico
___________________________________________________________

42

sembrava non avere nulla di particolare, e assomigliare molto a quello di mille altre giovani dalla corporatura snella, agile, e salutare. Ma se ci si fosse trovati faccia a faccia con lei, sarebbe stato impossibile non notare la sproporzionata taglia del suo seno. Possedeva una stabilità innaturale e spiccava in modo fin troppo evidente al di sotto dell'aderente casacca nera. Un paraseno protettivo da arciere, troppo piccolo per la sua taglia, comprimeva la parte destra del suo petto, facendolo debordare tutt’attorno.

Nella grande sala circolare non mancarono i commenti (ma nemmeno gli apprezzamenti, i complimenti, le critiche, le posizioni e i pareri discordanti sulla naturalezza del soggetto in questione. Si poté udire anche qualche fischio e qualche timido applauso, che però subito si acquietarono, per paura di una reazione di Gangiorg).

Per quel che riguarda il resto, la faretra portata alle spalle, le frecce che ne sbucavano da dentro, il guanto di cuoio della mano destra, erano tutte chiare tracce che riconducevano all’arco legato al suo fianco sinistro. Le rifiniture argentee conferivano


Ultima modifica di Bozz il Lun Mar 05, 2012 12:21 pm, modificato 8 volte in totale
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Ven Dic 09, 2011 7:02 pm Rispondi citandoTorna in cima

all’arco, alla faretra, e al paraseno, un’aria pregiata e professionale. Tuttavia gli stivali da viaggio, i consunti pantaloni beige, e il coltello legato alla coscia, rendevano dubbiosa la condizione sociale della ragazza.
“Forza Liberty, non manca molto: dovrebbe essere proprio dopo quel promontorio” disse la ragazza, rivolta al cavallo.
___________________________________________________________

43

Liberty continuò il suo galoppo, senza reagire in alcun modo a quelle parole.
“Devo essere impazzita per parlare con un cavallo” si disse la giovane, con l’occhio visibile rivolto al cielo.

Nella sala grande solo in pochi erano riusciti a distogliere lo sguardo dalla ragazza.
“Quali informazioni possediamo su di lei?” chiese Gangiorg, con fare distaccato.
“Ancora nessuna, ma stiamo controllando gli archivi” rispose uno dei ricercatori, intento a sfogliare tavolette di cera nella penombra della stanza.
“Strano, non pensavo fosse il tipo di ragazza capace di passare inosservata” ghignò Giasu.

La ragazza aveva fermato il cavallo ed estratto un sasso piatto dalla tasca dei suoi pantaloni: si trattava di una rudimentale mappa.
“Secondo quanto dice… è di là” disse, indicando la direzione.
Si avvicinò con il cavallo alla base del piccolo promontorio davanti a lei, poi ne percorse il perimetro fino ad arrivare al suo lato. Da lì era possibile osservare quello che stava cercando: la prigione Skrapapuzia. La visuale dello specchio si avvicinò alla struttura: la prigione consisteva in un edificio non molto alto, esteso perlopiù in lunghezza; aveva un’architettura molto semplice, una forma squadrata, priva di qualsiasi decorazione; dal colore, e dalla compattezza del materiale, si poteva pensare fosse
___________________________________________________________

44

stata scavata nella roccia quasi per intero; le piccole finestre, prive di sbarre, erano ridotte al rango di semplici aperture. Davanti alla costruzione appariva un patibolo. Delle guardie, avvolte in manti dai colori spenti e chiari, avevano preparato una base per l’impiccagione al di sopra di una piattaforma di roccia. Altri uomini, in abiti non dissimili, stavano conducendo un individuo verso la forca. La figura di costui spiccava nel pallido scenario di quella giornata di sole come una goccia di inchiostro su di una pergamena: possedeva un’aria cupa e molto malinconica, sottolineata da due scuri e sottili occhi neri, e da folte sopracciglia ombrose; aveva una faccia allungata, un naso dritto e un mento marcato.
Per qualche motivo, i suoi lineamenti, ricordarono a qualcuno nella sala circolare la ragazza vista poco prima (qualcun altro invece non si ricordava affatto il viso della ragazza: forse non l’aveva osservata bene).
I particolari più inquietanti della sua immagine erano però il mantello nero dai lembi frastagliati, legato al collo, e l’armatura, che avvolgeva di freddo metallo tutto il suo busto. Per ragioni ignote, la indossava anche in quel momento, nel quale veniva condotto alla morte. I ghirigori e le rifiniture argentee presenti su di essa ricordavano quelli dell’arco della ragazza inquadrata poco prima. Il resto delle parti visibili del suo corpo era foderato da un tessuto scuro e in apparenza molto pesante. Anche le mani erano coperte: due guanti neri offrivano ad esse protezione, e al tempo stesso concedevano una discreta mobilità alle dita. La sua figura, nell’interezza, ispirava, oltre inquietudine, anche un senso di ordine e rigidità.
___________________________________________________________

45

“Bene, mi congratulo ancora con i vostri uomini per la cattura” disse un uomo stempiato, vestito con un ampia tunica giallina.
L’uomo al quale si era rivolto, in piedi sulla piattaforma di roccia, avvolto per intero nel suo manto simile a quello di Seth, non rispose.
“Un criminale del suo calibro non poteva essere lasciato in circolazione” continuò l’uomo stempiato.
L’individuo di cui stava parlando, condotto dalle guardie sulla piattaforma, gli lanciò uno sguardo penetrante, torvo, orribile.
“Sir Sakiel di Tarantinia, anche detto «il cavaliere bionico»: e guarda un po’ adesso a cosa ti sei ridotto” disse l’uomo stempiato, rivolto al prigioniero.
Sakiel non rispose. Continuò a osservarlo con la sua aria impassibile, mentre le guardie lo facevano salire su di un cubo di roccia, e gli sistemavano il cappio intorno al collo.
“Quest'uomo è qui sulla forca solo perché ha fatto fuori alcuni dei nostri. Dopo la sua esecuzione, non vogliamo più avere a che fare con i vostri problemi” disse il capo delle guardie all’uomo stempiato, tentennando un po’ sulle parole, come se non fosse abituato a parlare quella lingua.
“Oh, sì, certo” rispose l’uomo stempiato, colto di sorpresa da quell’affermazione.

“E così quello sarebbe il famigerato cavaliere bionico” disse Gangiorg dall’alto della gradinata della sala circolare.
“Su di lui girano molte voci, e poche informazioni verosimili” gracchiò Giasu.
___________________________________________________________

46

“Si, lo so: c’è chi dice che sia uno spettro immortale, chi invece lo definisce un demone invincibile. Solo su di una cosa sembrano essere tutti d’accordo: non è un essere umano”.
“Eppure sembra essere nei guai: vediamo come va a finire”.

Il momento era ormai arrivato. A breve, uno degli uomini avrebbe spostato il cubo di roccia sul quale Sakiel poggiava i piedi, e lui sarebbe rimasto appeso per il collo fino al sopraggiungere dell’eterno oblio.
“Vuoi raccomandarti agli dei prima di morire? Oppure pensi che i fantocci adulati da voi infedeli basteranno a salvarti dalle pene degli inferi?” gli chiese l’uomo vestito di giallo.
Sakiel non rispose: la sua espressione rimase del tutto inalterata. Sembrava quasi trovarsi a suo agio con quella fune attorno al collo.
“Molto bene: procedete con l’esecuzione” disse l’uomo stempiato.
“Col c4%%0 che procederete!” esclamò una voce all’improvviso.
Il destriero azzurro e la ragazza, che già teneva l’arco teso e la freccia incoccata, erano apparsi alle loro spalle.
“Cosa?” urlò l’uomo vestito di giallo, impallidito.
“Ehileen!” disse Sakiel a voce alta, “che cosa ci fai qua?”.
___________________________________________________________

47

“Mi sembra logico fratellone” rispose la ragazza, “sono venuta a salvarti il deretano!” disse, mirando alla corda del cappio sopra la testa di Sakiel.
“Prendetela! Dovete prenderla!” ordinò senza esitazione l’uomo stempiato.
Sguainate le sciabole, le guardie si fiondarono su di Ehileen. Nel frattempo lei scoccò la sua freccia. Questa fendette l’aria sibilando e saettò dritta verso la corda della forca, ma non riuscì a tranciarla e a liberare Sakiel come secondo i piani: qualcosa andò storto.
“Che c4%%0 stai combinando? Me lo spieghi brutta stupida?” disse Sakiel, quando si accorse che la freccia aveva trafitto la sua armatura.
“Scusa, ma questi qua mi fanno deconcentrare!” esclamò Ehileen, mentre si allontanava al galoppo dalle guardie che la inseguivano, “e poi non ti lamentare: tanto lo sappiamo che è impossibile ferirti con un'arma”.
“Proprio per questo avresti dovuto lasciarmi qui, come avevamo accordato” disse Sakiel, senza scomporsi.
“Si, lo so, lo so, dovevi fare finta di morire, così avrebbero smesso di darti la caccia: ma io ho bisogno del tuo aiuto adesso, non posso aspettare che tu finisca di recitare la tua parte” disse, quindi prese la mira con un’altra freccia.
“Ma che fai? Ci riprovi? Allora sei proprio cretina!” disse Sakiel, cercando di liberarsi da solo dal cappio.
Il sopraggiungere di una guardia spaventò il cavallo Liberty, proprio nell’attimo in cui Ehileen stava scagliando la freccia: anche stavolta il colpo andò a segno sull’armatura di Sakiel.
___________________________________________________________

48

“Basta, brutta idiota! Stai riducendo la mia corazza a un colabrodo! Smettila di fare cavolate e dammi la mia spada a questo punto” disse Sakiel.
“Oh, e va bene! Ma è colpa di questi stronzi che non mi fanno prendere bene la mira!” disse Ehileen, conducendo Liberty verso la piattaforma di roccia.
“Spero che tu l’abbia portata”.
“Non mi sarei mai presentata qui a mani vuote: eccola qua la tua Isard!”, estrasse da uno dei portaoggetti legati alla sella di Liberty una guaina, da cui sbucava l’elsa di una spada.
Zigzagò tra le guardie, e presto riuscì ad arrivare abbastanza vicina al fratello: a quel punto lanciò la spada, e Sakiel la afferrò al volo. La sfoderò subito, con un movimento rapido e preciso: Isard, la fedele spada plasmata da un misterioso metallo nero, era di nuovo nelle sue mani. Tentennò un attimo, come se fosse rimasto affascinato dalla bellezza di quella lama scura, perfetta, poi, con uno scatto improvviso, tagliò la fune che lo teneva legato alla forca.
“Si è liberato! Ah! Prendetelo, prima che possa usare i suoi poteri!” urlò l’uomo stempiato, allontanatosi nel frattempo insieme al capo delle guardie e alcuni uomini.
Coloro che si erano poco prima dedicati all’inseguimento di Ehileen rivolsero la loro attenzione a Sakiel: si avvicinarono a lui con cautela, come se qualcosa di terribile potesse accadere da un momento all’altro. Lui era fermo, composto: da quando si era liberato aveva fatto solo due passi in avanti, e adesso scrutava minaccioso gli
___________________________________________________________

49

uomini attorno a lui. Nel frattempo la sorella si era allontanata dal centro dell’azione, e teneva sotto mira una delle guardie.
Sakiel puntò la spada contro il più vicino dei nemici.
“Ritiratevi, fatemi passare, e prometto non morirete” disse.
Quello osservò la tenebrosa lama incombente su di lui, e, dopo qualche secondo, senza guardare l’avversario negli occhi, si divincolò per sferrare un fendente. La sciabola della guardia rimbalzò però contro il fianco destro di Sakiel, emettendo un tonfo sordo.
“Lo prendo come un rifiuto” disse lui, ancora immobile nella sua posizione.
Lo sfortunato ebbe solo il tempo di osservare il corpo di Sakiel ancora intatto e di captare le sue parole prima che Isard lo attraversasse da parte a parte, per poi lasciarlo cadere al suolo, senza vita.
“Non amo sporcare di sangue questa spada, ma sapete: il rosso sul nero quasi non si vede” disse Sakiel, scoprendo, con un accenno al ghigno, un dente appuntito .
“Rinforzi! Ci vogliono altri rinforzi!” disse l’uomo stempiato mentre correva al riparo verso l’edificio centrale della prigione.
Sakiel lo vide scappare da lontano. All’improvviso intorno a lui la luce del deserto si fece più fioca, sempre di più, fino a diventare buio: la sua figura fu inghiottita del tutto da un sinistro e informe ammasso di «viticci d'ombra».
“E’ la tecnica segreta del cavaliere bionico!” urlò uno degli spadaccini.
___________________________________________________________

50

“Le tenebre ci ingoieranno tutti!” esclamò un altro, indietreggiando atterrito.
“Non scappate uomini” ordinò il loro capo.
Alcuni non gli diedero retta. L’area buia nel frattempo stava diventando sempre più grande. Nessuno degli avversari capiva cosa stesse accadendo, e di certo preferiva non avanzare per indagare. Dalla nube di oscurità si estese un prolungamento, che raggiunse con velocità il nascondiglio dell’uomo stempiato dagli abiti gialli.
“Ma che diamine!”, si sentì paralizzato dal terrore quando vide apparire Sakiel dalla propaggine d'ombra.
“Non sono solito portare rancore, ma, tu, oltre ad esserti reso complice dell’oppressione della nostra gente, hai anche deriso la nostra cultura, burlandoti dei nostri idoli. Capisci bene: non posso proprio risparmiarti” disse Sakiel, mentre squadrava, con gli occhi ridotti a fessure, il volto sgomento dell’uomo.
“Aiut…”, le urla gli si gelarono nella gola.
Un solo preciso colpo era bastato.
Sakiel si voltò, lasciando quel corpo nella penombra del suo nascondiglio. Ancora una volta era riuscito a difendere l’onore della sua terra. Ma c’era ancora molto da fare. Per prima cosa, lui e sua sorella sarebbero dovuti scappare da lì. Mentre tutti i progetti per il futuro sfrecciavano nella mente di Sakiel, le frecce di sua sorella Ehileen continuavano a saettare, e ad atterrare un nemico dopo l’altro. Dovevano andare via prima dell’arrivo dei rinforzi, così sarebbe stato più facile fare perdere le loro tracce.
___________________________________________________________

51

“Eccolo laggiù” disse una voce proveniente da uno degli ingressi dell’edificio.
‘Troppo tardi’ pensò Sakiel: un nuovo gruppo di soldati si stava avvicinando.
Si fiondò contro di loro: sferrò un attacco portentoso in mezzo alla mischia, e riuscì a mettere tre uomini al tappeto. Ricevette alcuni colpi di arma da taglio, ma questi servirono soltanto a frastagliare ancora di più le falde del suo mantello nero, e a rovinare le sue vesti. Quando decise di fare sul serio, cominciò con una serie di fendenti e affondi mirati. Iniziò inoltre a prevedere tutte le mosse nemiche, e si teletrasportò volta per volta dietro ai soldati che rischiavano di colpirlo. La sua capacità di sparire all’improvviso per subito riapparire in un altro punto lasciò sconcertate le guardie, e destò l'interesse di tutti gli spettatori nella grande sala circolare.

“Quel tipo possiede della abilità interessanti” gracchiò Giasu.
“Questo sì che è un prescelto bello tosto” mormorò Gangiorg.

Nel giro di qualche secondo non rimase più nessuno attorno a Sakiel: solo un mucchio di corpi inerti. Era evidente che servisse uno sforzo notevole per combattere come aveva fatto, ma lui non sembrava per nulla affaticato: rimaneva composto, e non mostrava alcuna traccia di affanno. Alcune guardie nel frattempo stavano cercando di bloccare Ehileen, ma lei, grazie alla sua destrezza, riuscì sempre a schivare le sciabolate e a non farsi agguantare.
___________________________________________________________

52

Per tutta risposta, ogni qualvolta si allontanava abbastanza da sentirsi al sicuro, incoccava una delle sue frecce e la lanciava a colpo sicuro sul nemico. Erano solo in due, ma erano già riusciti a respingere quasi una quarantina di uomini.
“Ehileen, andiamo via, guadagniamo tempo” disse Sakiel.
La sorella, senza nemmeno rispondere, cominciò a galoppare verso di lui. Quando furono abbastanza vicini tra loro, Sakiel spiccò un salto innaturalmente preciso, e atterrò sulla sella di Liberty. Ehileen direzionò quindi il cavallo verso le distese sconfinate del deserto.
“Meno male, cominciavano a farmi pena questi qua: non sanno come difendersi, non vogliono indietreggiare” disse.
“Non sono uomini di Molloch, sono soltanto dei vagabondi che preferivano entrare nelle sue grazie piuttosto che lasciarmi fuggire: gente povera, che, se non finisce così, muore di qualche malattia prima di avere conosciuto il piacere di una vita tranquilla” disse Sakiel, intento a scrutare l’orizzonte.
“E quel tipo vestito di giallo?” chiese Ehileen.
“Un sottoufficiale di Molloch tra i tanti: uno smidollato borioso, un mago da quattro rupie. Da quanto ho capito, controllava un piccolo feudo a sud dell’oasi di Seidirèe. Voleva prendersi il merito della mia cattura. Adesso, in ogni caso, non è più un problema”.
Dopo quelle parole l’unico suono udibile fu lo scalpicciare degli zoccoli che sbattevano contro la sabbia.
___________________________________________________________

53

Qualche attimo dopo, però, accadde qualcosa: Liberty avvertì il terreno mancargli sotto le zampe anteriori, e sprofondò, insieme ai due passeggeri, dentro a un largo fosso, prima invisibile.
“E’ una trappola!” disse subito Sakiel, ancora prima che atterrassero sul fondo.
Liberty cadde poggiando sulla zampa anteriore destra, e solo grazie all'aiuto della sinistra riuscì a mantenere l'equilibrio, e a non rovesciarsi sul terreno sabbioso. Ehileen, sbilanciata troppo in avanti, era ruzzolata a terra, ma si era subito rialzata. Sakiel invece aveva saltato, ed era sceso nel fosso di sua volontà.
Ehileen si guardò intorno con circospezione.
“Una trappola dici?” chiese.
“Sì, stai attenta. Una fossa poco profonda ma molto larga, poi ricoperta da un telo, camuffato con l’aggiunta di un sottile strato di sabbia: le usano per bloccare i cavalli, i lamu e gli echinosauri” cominciò Sakiel, “l’unica cosa che mi preoccupa sono i revìv”.
“I revìv? Cosa sono?” chiese Ehileen, con la mano già stretta sull'impugnatura dell'arco.
“Esseri abominevoli, che non appartengono né a questo mondo, né all’aldilà: la loro natura è un mistero. Alcuni alchimisti e negromanti riescono a mutare gli uomini in essi, per quanto ne so. Sono creature feroci, ma piuttosto lente, per questo vengono usate in questo genere di trappole: spaventano i malcapitati e li costringono a lasciare alla loro mercé gli animali da trasporto, incapaci di uscire dalla buca. Dobbiamo capire se ce ne sono anche qui”.
___________________________________________________________

54

“Non lo so, dimmi come sono fatti, visto che lo sai” disse Ehileen, turbata.
“Assomigliano a degli esseri umani molto magri, come degli scheletri, con arti più lunghi: quando stanno fermi, riversi sul terreno per confondere le prede, sono difficili da distinguere da dei cadaveri, ma, mentre si muovono, il loro corpo si ricopre di piccole fiamme azzurre. Inoltre i loro occhi sono tondi, vuoti, e luminosi. Mi raccomando, stai attenta: attaccano anche gli uomini. Quando lo fanno, urlano, e cercano di ucciderti con l’incidenza dello sgomento: ti fanno morire di paura, nel vero senso della parola. Possiedono comunque anche altre armi: pare infatti che il loro morso sia velenoso, e che possano prosciugare l'energia vitale tramite il solo contatto”.
Ehileen incoccò una freccia in modo preventivo.
“Molto rassicurante” disse.
“Dovevo dirtelo: conoscere il più possibile questo nemico è importante, poiché riduce la sua capacità di spaventare”.
“Hai notato quei solchi scavati sulle pareti? Ce ne sono almeno quattro qui dentro”.
“Sì, penso che i revìv si nascondano lì dentro. Dobbiamo cercare di proteggere Liberty: senza di lui non potremmo andare troppo lontano da qui”.
La luce del sole raggiungeva soltanto un piccolo spicchio dell’area della fossa: tutto il resto apparteneva all’ombra. Liberty avanzava e indietreggiava in modo nervoso, calpestando il telo sul quale erano caduti.
___________________________________________________________

55

Gli occhi di Ehileen e Sakiel erano rivolti a quegli incavi squadrati nelle pareti: da un momento all’altro si aspettavano di poter scorgere qualcosa nel buio che li riempiva.
“Possono stare anche mesi senza cibarsi, credo, quindi è molto probabile che li abbiano lasciati in quei solchi” aggiunse Sakiel.
Ehileen avvistò un piccolo bagliore proveniente da una delle cavità: senza pensarci due volte scoccò una freccia in quella direzione. Qualcosa scivolò a terra, alla penombra: era un revìv. Liberty nitrì, spazientito. Era proprio come lo aveva descritto Sakiel. Il cranio calvo e ossuto, ricoperto da una grinzosa pelle azzurrastra, era stato trafitto dalla freccia argentata di Ehileen. Gli occhi inespressivi, bianchi, splendenti, erano rimasti aperti, a fissare il vuoto che precedeva il terreno.
“Oh, che schifo! E per sbaglio ho anche usato una delle frecce buone!” esclamò Ehileen, già pronta con un’altra freccia, stavolta di ferro.
“Va bene, adesso provvedo io agli altri” disse Sakiel, lanciandosi verso i restanti nascondigli.
I revìv riuscirono però a effettuare un diversivo: uscirono tutti allo scoperto nello stesso momento. Un coro di urla terrificanti accompagnò la loro apparizione. Ehileen, che si ritrovò due enormi occhi bianchi a fissarla alla sua immediata sinistra, rimase paralizzata dalla paura per alcuni istanti. Per fortuna, prima che la creatura arrancasse verso di lei fino a una distanza pericolosa, riuscì a trovare il coraggio per colpirla con la sua freccia.
___________________________________________________________

56

Nel frattempo Liberty, imbizzarrito dalle acutissime urla dei revìv, aveva cominciato a correre alla cieca avanti e indietro tra le pareti.
“Fratellone! Stai attento a Liberty” esclamò Ehileen.
Sakiel, dopo aver steso il terzo revìv, si girò, appena in tempo per accorgersi che l’ultima creatura rimasta incombeva minacciosa su Liberty. Subito si frappose tra il revìv e il cavallo: si ritrovò faccia a faccia con quell’essere abominevole. La sua postura era simile a quella di un uomo molto alto chinato sulla gobba, ma la sua pelle aveva un colore troppo diverso da quello degli umani. Inoltre riluceva della fioca luce azzurrognola delle fiammelle gemmanti su tutto il corpo. All’improvviso fissò Sakiel dritto negli occhi, ed emise il suo urlo agghiacciante. Ciò non sortì alcun effetto su di lui, che, con uno scatto rapido del braccio, trafisse lo sventurato essere.
“Dovrebbero essere finiti” disse Ehileen, affannata.
“Ti hanno spaventata?” chiese Sakiel.
“Di sicuro non mi hanno fatto rilassare” rispose lei.
“E’ normale. Adesso dobbiamo tirare Liberty fuori di qua. Facciamolo presto: non riesco mai a capire quando questi cosi sono morti sul serio. Puoi farmi il piacere di salire sopra e bloccare le guardie in arrivo?”.
Ehileen distolse solo allora lo sguardo dagli occhi di uno dei revìv riversi a terra.
“Se vuoi recuperare la freccia d'argento fai pure: io non la tocco più. Vado” disse.

___________________________________________________________

57


A quel punto l’immagine nello specchio scomparve. Giasu guardò Gangiorg: aveva assunto un’espressione pensosa.
“Fine della terza parte” gracchiò.
“Esatto” disse Gangiorg, “non avevamo mai avuto tanto su cui riflettere”.
“Già, e stavolta ci sono invischiati anche personaggi come il cavaliere bionico”.
“E il figlio di Walter, l’ametista notturno”.
“E per la prima volta lo specchio ha inquadrato più di cinque persone”.
Gangiorg batté la mano sul leggio che aveva di fronte.
“Sento che stavolta scopriremo qualcosa” disse, colto da un impeto di entusiasmo, “anzi, ne sono sicuro! I presupposti ci sono: dobbiamo soltanto arrivare fino in fondo”.
Giasu rispose con una sinistra risata.
‘Bene, bene’ pensò un misterioso personaggio, rimasto nascosto in un angolino della sala durante tutte e tre le visioni, ‘pare che sia questo il motivo della segretezza di queste riunioni: sembrerebbe un affare importante, altrimenti Gangiorg non lo seguirebbe con tanta enfasi. Riepilogando: lo specchio ha proiettato scene accadute in luoghi distanti, in tempo reale; le persone inquadrate sono state definite «prescelti»: mi chiedo cosa significhi con esattezza. Inoltre, Gangiorg ha dato l'ordine ad alcune sue truppe di mettersi alla ricerca di questi individui. Non so proprio per quale motivo...A complicare la situazione, sono apparse quelle creature scheletriche, che sembravano intenzionate a rapire le due ragazze. Devo scoprire di più,
___________________________________________________________

58

e devo anche fare in modo che Gangiorg metta me sulle tracce di questi prescelti, così potrò tenere d’occhio la situazione’.
La sala si riempì del consueto brusio. Gangiorg rimase invano ad aspettare l’inizio di una quarta proiezione dello specchio.
‘Guarda un po’ quei tipi come lavorano sui registri’ pensò il figuro, intento ad osservarli dalla penombra del suo nascondiglio, ‘devo comprendere il motivo di tanto affanno. E’ un’occasione da non farsi sfuggire, e io non me la farò sfuggire: altrimenti non mi chiamerei Duhn’ (Duhn non ha pensato il suo nome solo per rivelare la sua identità ai lettori: lui è davvero un personaggio molto pieno di sé).
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Mar Dic 20, 2011 12:21 pm Rispondi citandoTorna in cima

2° Capitolo - Reviviscenza


Entrambi i soli splendevano alti nel cielo sopra la città di Cameminia, in quell’azzurro giorno del mese della luce. Era risaputo: nel mese della luce il dì durava quasi quanto due giorni normali, e si alternava a notti di consueta durata. Era il periodo più caldo dell’anno, anche se la differenza con quello più freddo non era mai stata eclatante. Di quei tempi, il tepore della luce e l’accoglienza del sonno erano due piaceri dai quali era difficile separarsi, soprattutto nel caso in cui venissero sperimentati al contempo. Juneh, spinta forse dalla brama di sapere cosa si trovava oltre le confuse porte dei suoi sogni, oppure incitata dalla forza ignota che la stava scuotendo per una spalla, decise di rinunciare a quell’armonia, e di aprire gli occhi al cospetto del mondo. Le ci volle un po’ prima di capire che l'atto di svegliarsi aveva posto in grave pericolo la sua felicità. La prima sensazione a raggiungere la sua coscienza fu il dolore alla schiena: provò a muoversi, ad alzarsi in piedi, ma una fitta glielo impedì. Solo allora si accorse di trovarsi dentro un piccolo magazzino, e che il tetto, costruito con materiali fragili, era sfondato. All’improvviso si ricordò della caduta, di quelle terribili creature, di Sophie, dell’attacco al tempio. Le sembrò di stare ancora dormendo, di trovarsi dentro un incubo: non riusciva ad afferrare il filo logico di tutti quegli eventi.
“Salve” disse una sconosciuta, china su di lei, forse la stessa che poco prima la stava strattonando.
Juneh si spaventò, ma nemmeno troppo: la visione di quella ragazza incappucciata al risveglio non era di certo terribile al cospetto dei suoi più recenti ricordi.
“Brutta caduta, davvero” disse la giovane incappucciata.
“Che ne sai tu? Chi sei?” chiese Juneh, in modo istintivo.
___________________________________________________________

1

“Sono domande lecite” rispose lei, “il mio nome è Tera, l’ambra della saggezza. Adesso non posso spiegarti i dettagli della mia identità: siamo nel bel mezzo di una situazione alquanto delicata. Per prima cosa, lasciati curare: penso tu abbia qualche osso fuori posto a causa del brusco atterraggio”.
“Curarmi? E come intendi…”.
Prima ancora che Juneh potesse finire la frase, le due piccole mani di Tera premettero sul suo busto, e una piacevole sensazione di calore le pervase il corpo. Girò la testa come meglio poteva, e con la coda dell’occhio osservò quanto la giovane donna stava facendo: notò uno strano bagliore nel punto in cui stava operando.
“Sei una maga?” le chiese subito Juneh.
“Un’alchimista per l’esattezza, ma come vedi possiedo una certa destrezza nelle tecniche di guarigione, e anche in altre. Per adesso non c’è molto tempo per farti riprendere dal trauma, quindi temo dovrai alzarti anche se ti fa male. Prima però ti immobilizzo la schiena con questo supporto e queste bende. Nel frattempo, se vuoi, mastica queste foglie: servono ad alleviare il dolore”, gliele porse.
“Aspetta, calma!”, Juneh respinse l'offerta, “perché dovrei alzarmi? Perché c’è poco tempo? Mi vuoi dire che cosa sta succedendo e che cosa vuoi tu da me?”.
“Capisco le tue perplessità”, Tera la osservò con attenzione, “cosa posso dire per convincerti? Allora, hai presente quelle orribili creature che vi hanno assalito?
___________________________________________________________

2

Hanno rapito la tua amica Sophie, e avrebbero fatto lo stesso con te se non fossi scivolata quaggiù, e non ti avessero creduta morta”.
“Cosa? Quindi Sophie è stata rapita? Perché? Dov’è ora? E come fai a conoscere il suo nome?”.
“Se è per questo, conosco anche il tuo nome, Juneh. Lasciami spiegare un attimo: per adesso in molti conoscono la vostra identità, e stanno cercando di catturarvi. Con Sophie ci sono riusciti, con te no. Ma non per questo sei fuori pericolo: quelli che hai visto non sono i soli a darti la caccia. Le stesse forze imperiali, in questo momento, stanno setacciando la città per trovarti”.
“L’impero? E perché tutto questo? Che abbiamo fatto?” chiese Juneh, frastornata.
“Adesso non fare domande troppo complicate: servirebbero soltanto a confonderti le idee. Per ora ti consiglio di fidarti di me, e vedrai che riuscirai a lasciare la città sana, salva e libera”.
Juneh, sveglia solo da poco, si ritrovò costretta a prendere alla svelta quella decisione: fidarsi o no della sconosciuta? In fondo non era più nemmeno una sconosciuta: si era presentata, si chiamava Tera, ed era gentile, quasi materna. Pensò che di certo avrebbe preferito seguire lei, piuttosto che correre il rischio di trovarsi di nuovo faccia a faccia con quel misterioso figuro incappucciato e la sua orda di mostri. Tra l'altro, c’era qualcosa in Tera che rendeva le sue parole più suadenti, più allettanti: forse era la sua ampia tunica bianca da alchimista, decorata con intarsi di colore verde scuro, a fare quest’effetto; oppure era forse la mantella di colore bruno-giallastro, e il relativo cappuccio, a conferirle quell’aria da esperta saggia.
___________________________________________________________

3

Se da una parte aveva un aspetto autorevole, dall’altra possedeva anche delle sembianze confortanti, rasserenanti: era di statura modesta, e la sua carnagione era un po’ più scura del normale; possedeva inoltre delle guance rotonde, quasi paffute, dei calorosi occhietti neri, e una fluente chioma di capelli bronzei. Ispirava fiducia.
Juneh rifletté sulla situazione: era a terra, con qualche frattura che non le permetteva, ancora, nemmeno di alzarsi; in più, la sua città era stata sconvolta dall’arrivo di esseri abominevoli che volevano catturarla, per un motivo a lei ancora ignoto; da quanto diceva Tera, anche l’impero era sulle sue tracce. Se le cose stavano davvero così, non sarebbe riuscita ad andare lontano, da sola. Comprese di trovarsi in serie difficoltà, e, quindi, decise di accettare l’aiuto offerto da Tera.
“Va bene, va bene: mica ho detto di volere rimanere qua a marcire. Ma, tanto per capire, tu perché sei qui e vuoi aiutarmi?” disse Juneh.
“Diciamo che faccio parte di un'organizzazione, e che nella fattispecie ho il compito di salvarti. Adesso però andiamo. Le vuoi o no queste foglie?”.
“Ma sì, le assaggio: se mi faranno soffrire meno, ne vale la pena”, Juneh ne prese un paio, poi ne infilò una intera in bocca, e la masticò: aveva un sapore amaro, “fa davvero schifo” disse, dopo averla sputata via, “la prenderò dopo, se ne sentirò il bisogno”.
___________________________________________________________

4

“Va bene. Adesso ti devo chiedere di alzarti, perché le pattuglie saranno qui a momenti, e sarà meglio non farsi trovare”, Tera le porse una mano.
Juneh la strinse, poi fece forza sul braccio per alzarsi.
“mé£$@!” esclamò.
Il movimento fu traumatico per la schiena, ma per fortuna, quando si ritrovò in piedi, non avvertì più molto dolore.
Tera la invitò a fare silenzio. Dopo l’avvento delle creature la città era diventata deserta.
“La gente si è rintanata nelle case: quegli esseri hanno proprio spaventato tutti” cominciò Tera, “in questo caso potremmo passare inosservate usando le tuniche dell’invisibilità” disse, per poi estrarre da una tasca interna del mantello delle vesti dall’aspetto sorprendente.
“Tuniche dell’invisibilità?” chiese Juneh, incuriosita.
Il tessuto di cui erano fatte aveva delle caratteristiche davvero peculiari: vi si poteva vedere attraverso, ma, quando Tera lo muoveva, esso rifulgeva d’azzurro, come se specchiasse la luce.
“Presto, mettila”, Tera gliela porse, “ti permette di essere quasi invisibile quando stai ferma, invece, quando ti muovi, sarai visibile solo da occhi esperti. Vedi? A seconda di come la inclini, emana dei bagliori. Visto che per adesso non c’è nessuno per le strade, è il caso di usarla, altrimenti potrebbero notarci. Ne ho una anche per me”.
Tera aiutò Juneh ad indossarla. Era ampia, e comoda, però avvolgeva tutto il corpo, rendeva goffi, e teneva un po’ troppo caldo.
___________________________________________________________

5

C’era uno spiraglio per gli occhi, utile, perché dall’interno della tunica il tessuto non appariva trasparente. Le maniche, per mimetizzare anche le mani, erano più lunghe e ampie del normale.
“E’ incredibile” disse Juneh, accorgendosi di non riuscire a vedere le proprie braccia.
“Una bella invenzione, questo è sicuro. Cominciamo a incamminarci” disse Tera, che già aveva indossato la sua.
Delle due erano rimasti solo due paia di occhi scuri, erranti per le desolate strade di Cameminia. Dopo i primi passi, Juneh decise di dare un altro assaggio alle foglie: il dolore alla schiena continuava a farsi sentire, nonostante le cure.
“Ti fa ancora male, vero?” sussurrò Tera.
“Un po’” ammise Juneh.
“D’ora in poi sarà meglio proseguire in silenzio, ma, se il dolore dovesse diventare eccessivo, avvertimi”.
“Va bene”.
Juneh non lo avrebbe fatto volentieri. Per il resto del tragitto preferì masticare le foglie che aveva ancora in mano, quando serviva. Il loro effetto non era immediato, ma a lungo andare offrivano una piacevole sensazione di sollievo.
‘La notizia dell’assalto al tempio dev’essersi diffusa in fretta’ pensò Juneh, osservando l’innaturale stasi dell’ampia strada sulla quale camminavano.
In passato Juneh aveva percorso spesso quel viale: era uno dei principali della città, e collegava tutte le altre strade minori. Una volta al mese scendeva laggiù insieme ad altri chierici per comprare l’acqua per tutto il convento.
___________________________________________________________

6

Tra loro era l’unica ragazza, perché, in genere, questi compiti erano riservati ai maschi. Lei però insisteva per andare, e sopportava di buongrado il peso delle casse d’acqua. Non avrebbe rinunciato a quell’uscita per nulla al mondo: le strade erano pericolose per una ragazza come lei, ma in pieno giorno, e con la compagnia degli altri ragazzi, non correva alcun rischio. Così si godeva quell’occasione per socializzare, per incontrare la gente, per curiosare al mercato. Non era certo l’unica uscita permessa, ma lei non perdeva mai l’occasione di fuggire dalle monotone stanze del tempio per tuffarsi tra le persone, nei gomitoli di strade di Cameminia. Di certo non era abituata alla vista di tutte quelle porte sbarrate, quelle finestre chiuse, dei balconi svuotati della loro allegria, del mercato e delle bancarelle prive di vita e di fermento. Juneh pensò stesse accadendo qualcosa di terribile: non sapeva da dove quei mostri provenissero, non sapeva perché fossero giunti fino a lì per loro, ma era sicura sarebbero tornati, prima o poi.
‘Mi basterebbe scendere nella seconda via a destra dietro di me per tornare al tempio, rintanarmi fra le sue mura, e fare finta che nulla di quanto è accaduto oggi sia mai successo. Forse, se dimenticassi tutto, potrei anche essere felice, e magari non succederebbe più nulla’ pensò Juneh mentre continuava a mettere un piede davanti all’altro, ‘ma non posso ignorare il fatto che Sophie non c’è più, e che, se è vero quanto dice Tera, in breve anch'io potrei sparire, per mano dell’impero, se non di quelle creature. Sophie, povera lei. Mi chiedo se sta bene.
___________________________________________________________

7

Perché l’hanno portata via? Non lo so proprio. Per ora, la cosa più sensata da fare è fidarsi di questa giovane donna. Devo fidarmi di Tera: lei è l’unica a offrirmi una via, e forse delle spiegazioni a quanto è successo. Lei sembra sapere, sembra a suo agio in questa situazione. Lei potrebbe farmi capire cosa sta accadendo. Di certo è tutto strano. Sarà forse per via di queste foglie, ma il mondo mi sembra impazzito. Non capisco’.
Così Juneh si rassegnò a non pensare più a quanto si stava lasciando alle spalle: aveva deciso di seguire la giovane appena conosciuta, di abbandonare il tempio, la sua unica casa, per tutto il tempo necessario, senza sapere nemmeno quando, e se, sarebbe potuta tornare. In fondo non era così dispiaciuta di ciò: il convento per lei non era mai stato una famiglia, ma solo una congregazione di persone pronte a sfruttarla, e ad essere sfruttate da lei, per alloggio, cibo, protezione. Non le erano mai piaciuti i sacerdoti: li riteneva individui più deboli degli altri, e dalla mentalità più chiusa. Secondo lei non erano messaggeri delle divinità, e nemmeno persone vogliose di aiutare il prossimo, o di diffondere i valori di pace e fratellanza della religione: erano solo individui che avevano trovato un modo comodo per abbindolare gli altri e loro stessi, che ricevevano i contributi dal governo senza dover fare nulla di più che spolverare qualche paramento e leggere ad alta voce qualche iscrizione di tanto in tanto. Lei era l’unica, dentro al tempio, a volere che le cose funzionassero come si prometteva ai fedeli, e anche per questo era considerata una stupida da chi le stava vicino, una diversa.
___________________________________________________________

8

Non si era mai adeguata a quell’ambiente. La sua buona volontà non era apprezzata neppure dagli altri chierici della sua età, che la degnavano di considerazione forse solo per il suo faccino pulito, e il suo bel corpo. Aveva trovato in Sophie una vera amica, ma non solo in lei. Erano comunque sempre troppo pochi quelli su cui poteva contare. Aveva sempre dato la colpa di tutte quelle inadeguatezze alla sua situazione, al suo convento, alla sua città: ma dentro di lei sapeva che quando si diceva “esisterà di certo nella terra un posto diverso da questo” mentiva a sé stessa. Eppure, nonostante il passare dei giorni, dei mesi, degli anni, la sua speranza e la sua curiosità non si affievolivano, e ancora allora passava le sere a leggere, a guardare il cielo dalla finestra, e a fantasticare sulle sue origini, sui genitori di cui non aveva memoria, su luoghi lontani, dove la gente vive in pace, e dove non ci sono guerre, né tragedie, né ingiustizie. Di ingiustizie ne aveva vissute poche, ma ne aveva comunque esperienza: tutti i fedeli che venivano a confessarsi da lei avevano sempre un motivo per cui pregare, una ragione per disperarsi, per piangere. C’era molta sofferenza. Senza Sophie sarebbe stato più arduo sopportare tutto quello, lo sapeva: anche per questo seguire Tera le era sembrata la soluzione migliore.
In quel momento però voleva delle spiegazioni, capire cos'era successo, e perché. Tera le aveva chiesto di proseguire in silenzio. In effetti sarebbe stato prudente evitare di farsi notare, ma in giro non si vedeva nessuno, e il vicolo appena imboccato sembrava un posto tranquillo per parlare, così Juneh fu tentata di fare qualche domanda.
___________________________________________________________

9

“Dove stiamo andando di preciso?” chiese a bassa voce.
Tera girò lo sguardo: sembrava infastidita.
“Usciamo dalla città” rispose secca.
“E perché?”.
“Dobbiamo allontanarci da qui: è tutto controllato dall’impero. Dobbiamo arrivare alla periferia, al deserto”.
‘Il deserto? Dobbiamo davvero arrivare fino a là? Ma per fare cosa poi?’ si chiese Juneh.
“Oh, no” disse Tera all’improvviso, dopo aver sbirciato dietro l’angolo.
“Che succede?” chiese Juneh.
Tera indovinò la posizione della sua bocca dietro la tunica dell’invisibilità, e gliela tappò. Juneh intuì la presenza di alcune guardie, ma non comprese fino in fondo il motivo di tanta agitazione. Dopo poco, sentì dei passi pesanti, sovrumani, avvicinarsi all’imboccatura della via.
Le due, nascoste, e appiattite contro il muro, aspettarono di vedere qualcosa dalla ristretta visuale che il vicolo offriva loro. Tera si strinse verso l’interno della stradina, muovendosi in modo impercettibile. A un tratto, la sagoma di una grande creatura apparve ai loro occhi. Juneh sussultò: mai nella sua vita si era ritrovata così vicina a una viverna imperiale. Si trattava di un enorme rettile di colore scuro, dalle zampe possenti, usato come cavalcatura da alcuni dei migliori soldati dell'impero. Juneh aveva sentito da alcune voci che l’impero ne possedeva soltanto trecento esemplari.
___________________________________________________________

10

'Questa viverna deve trovarsi qui per me' pensò.
Nella sua vita le era già capitato di vederne una, ma durante una sfilata, in condizioni ben diverse da quelle in cui si trovava. In principio ebbe l’istinto di scappare, ma poi si ricordò di quanto Tera aveva detto sul movimento delle tuniche dell’invisibilità, così, prese esempio da lei, e si sforzò di rimanere immobile.
“Qui non c’è anima viva” esclamò il cavaliere della viverna.
“Meglio: meno lavoro per noi, no?” rispose un altro soldato, a cavallo, dietro di lui.
Mentre discutevano, la viverna aveva voltato lo sguardo nella direzione di Juneh e Tera, ma non le aveva individuate. Juneh sentì il cuore sprofondarle nel petto quando i lucenti occhi della creatura, con pupille come fessure, si concentrarono su di lei.
‘Non devo muovermi! Non devo muovermi! Ma funziona questa tunica?’ pensò.
L’enorme rettile non accennava a distogliere lo sguardo da lei, così, con molta attenzione, Juneh azzardò un passo all’indietro.
Mentre i soldati continuavano a discutere in tranquillità, la creatura avvicinò la testa affusolata a Juneh. Le sembrò di essere stata ormai scoperta, quando invece notò la cresta sulla testa della viverna rizzarsi: la creatura era stata richiamata all’ordine dalle redini del suo cavaliere.
In breve arretrò, così i soldati poterono continuare per la loro strada. Quando i dintorni ritornarono sicuri, riapparvero gli occhietti scuri di Tera.
___________________________________________________________

11

“Ma sei pazza? Mi sembrava fosse scontato che per diventare invisibili in modo completo si dovessero coprire gli occhi! Abbiamo rischiato molto!” esclamò Tera, mantenendo però bassa la voce.
Juneh si sentì davvero stupida: aveva dimenticato di non essere del tutto invisibile. Si spiegò quindi perché la viverna la fissasse in quel modo. Rimase senza parole. Qualcosa, però, doveva dirla lo stesso.
“Va bene, è vero, lo avevo dimenticato, ma tanto la viverna non lo aveva notato”.
Tera le dedicò uno sguardo che intendeva dire “ma che stai dicendo? Hai fatto un’idiozia, e non lo vuoi nemmeno ammettere”.
Juneh arrossì, ma grazie alla tunica nessuno poté notarlo.
“Quelli erano lì per me?” chiese poi.
“Esatto. Pare proprio che l’impero abbia stanziato le sue truppe migliori su tutto il territorio. E’ evidente che temevano uno scontro con le creature che vi hanno aggredito stamattina, le cosiddette «forze oscure»” disse Tera.
“Forze oscure?”.
“Sì, è così denominata l’organizzazione che ha rapito Sophie”.
“E’ un’organizzazione?” chiese Juneh.
“Sì, ma ora non c’è tempo di parlare di questo. Continuiamo il tragitto in silenzio” disse Tera, prima di mettersi a sbirciare da dietro l’angolo.
Detto ciò, si allontanarono da quelle vie battute dalle guardie. Non sarebbe stato facile predire quali altri eventi le aspettavano, quali pericoli in agguato, quali ricompense alla fine: Juneh avrebbe continuato quel viaggio verso una meta ignota, nella speranza che Tera potesse condurla fino alla fine.

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Mar Dic 20, 2011 12:24 pm Rispondi citandoTorna in cima

Questo secondo capitolo è stato piuttosto corto. La settimana prossima arriverà il 3°, ma se volete, potete già leggerlo sul mio sito, in cui i capitoli escono in anticipo: basta cliccare sul link qui sotto nella mia firma

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Dic 26, 2011 2:04 pm Rispondi citandoTorna in cima

3° Capitolo - Sole, sabbia, Kikkàvuru

Cohd si svegliò. Non capì subito dove si trovava, né perché, ma la vista delle facce di Arohn e Seth lo aiutarono a ricordare.
“E’ sveglio” esclamò Seth.
Comprese di trovarsi in un posto chiuso, alquanto angusto, in movimento. Pensò subito a una carrozza, ma non si interrogò oltre al riguardo.
“Cohd! Allora ci sei davvero! Temevo che quel brutto colpo ti avesse mandato all’altro mondo” disse Arohn, avvicinandosi a lui.
“Come ti senti?” gli chiese Seth.
Cohd si accorse di avere la spalla e il braccio sinistro fasciati: il lembo di tessuto usato era stato strappato dal mantello viola di Seth.
“Bene, mi sento bene. Cosa è successo?” chiese.
“Quella bestiaccia ti ha colpito con la sua enorme falce” esclamò Arohn.
“Ma per fortuna, e grazie all’intervento di Arohn, non è riuscita a finirti” spiegò Seth.
“Sì, e di contro si è beccata una bella pugnalata, e poi con qualche altro colpo di Seth è stata fatta a fettine” disse Arohn, con un'espressione soddisfatta in volto.
Cohd esitò prima di proferir parola. Si guardò le mani, provò a muoverle, notò che a parte il dolore alla spalla tutto era a posto.
“Grazie di tutto” disse in tono sommesso.
“Di niente ragazzo! Pensavi davvero ti avremmo lasciato lì, in mezzo alla sabbia?” disse Arohn, accennando a una risata.
“Ci saremo rimasti tutti comunque, se non fosse stato per questo mercante, che ci ha trovati lì, e ci ha offerto un passaggio” aggiunse Seth.
___________________________________________________________

1

All’inizio Cohd si chiese dove si trovasse il mercante di cui parlava, ma in breve realizzò che doveva essere all’esterno dell’abitacolo per comandare la carrozza.
“Un vero colpo di fortuna. Ci sta portando all’area commerciale di Kikkàvuru” disse Arohn
“Sì, ai confini della città” specificò Seth, ‘è strano: non credevo che il ragazzo sarebbe riuscito a riprendersi così in fretta. All'inizio sembrava più di là che di qua...’.
Cohd gettò uno sguardo oltre le prese d’aria della carrozza, scorse il cielo azzurro e rifletté su come avrebbe dovuto configurarsi il loro viaggio.
“Bene, avevamo deciso di andare proprio lì” disse.
Anche Arohn in quel frangente assunse un fare pensoso.
‘Una sosta per i rifornimenti sarà comunque d'obbligo...’ si disse.
“Ah, quasi dimenticavo, questo è tuo: è stato molto fedele, ti è sempre rimasto accanto” disse Seth, protendendo entrambe le mani per porgere a Cohd il suo rettile verde.
Cohd gli permise di arrampicarsi sulla mano, e quindi sulla spalla non ferita. Era stupito dall’attenzione che quei due, da poco conosciuti, gli stavano riservando. Pensò che fosse così solo perché aveva rischiato di fare una fine orribile proprio davanti ai loro occhi, e poi perché sembrava saperne di più di loro su come sfuggire dal min’kiàdolore. In effetti, dal momento che quell’essere dava loro la caccia, i loro destini erano incrociati: l’apprensione per un compagno di sventure era comprensibile.
___________________________________________________________

2

“Ci chiedevamo che tipo di animaletto fosse: non ne abbiamo mai visti di simili” disse Arohn.
“Questo? E’ un camaleone” disse Cohd.
Arohn e Seth rimasero per qualche secondo a fissarlo, senza aprire bocca: sembrava non ne avessero mai sentito parlare.
“Ha l’aria di essere una creatura originaria di terre lontane: da dove proviene?” chiese Seth.
“Mi è stato regalato da alcuni viaggiatori di ritorno dalle terre dell’est. Dicono sia abbastanza comune da quelle parti. E’ un ottima compagnia, non ha bisogno di molta acqua, e mangia le pulci che provano a saltarmi addosso” spiegò Cohd.
“Allora per rimediare al mio problema ne dovrei avere almeno una dozzina” disse Arohn, grattandosi la testa.
“Se ti libera da questi piccoli insetti e anche da tutti gli altri insopportabili parassiti è una meraviglia” ammise Seth.
“Lo è. Grazie alla sua lunga lingua retrattile può catturare anche prede molto distanti, e questo qui, nella fattispecie, non se ne lascia sfuggire nessuna. E’ una creatura davvero particolare”.
Il camaleone era in effetti un rettile abbastanza differente dagli altri più comuni, tipici componenti della fauna del deserto: il suo corpo era tozzo e la lunga coda poteva arrotolarsi fino a formare una spirale; possedeva due arti posteriori possenti, provvisti di robuste zampe a tre dita, e due anteriori più snelli, terminanti con delle curiose estremità simili a pinze a tre punte; gli occhi, posti ai lati della testa, avevano la facoltà di girare in ogni direzione,
___________________________________________________________

3

ognuno in modo indipendente dall’altro; altra caratteristica peculiare dell’essere era un insieme di aculei che attorniavano il capo, formando una sorta di criniera, prolungata da una cresta, composta di piccole punte percorrenti il dorso fino alla base della coda; una più fitta fila di piccole punte occupava lo spazio sotto la testa, fino all’addome; nel complesso aveva una forma schiacciata ai lati, differente da quella delle piccole lucertole, o anche degli altri rettili molto più grandi, come le viverne, o lo stesso min’kiàdolore.
“Questo faceva parte del tuo mantello Seth?” chiese Cohd, tastando la fasciatura applicata alla spalla.
“Ah, sì. Perdevi del sangue, così ne ho usato un lembo per tamponare la ferita. Hai subito un brutto colpo. A proposito: sei sicuro di sentirti bene? Non pensavo ti saresti ripreso con tanta facilità”.
“Io mi sento bene, sì”.
Scostò la fasciatura per dare un’occhiata alla ferita, poi, dopo essersi reso conto dell’entità del danno, cominciò a rimirare il tessuto.
“Perché il tuo mantello da un lato è viola chiaro, mentre dall’altro viola scuro?” chiese.
In un primo momento Seth sembrò rimanere spiazzato dalla domanda, poi rispose “sei un acuto osservatore: i mantelli che noi soldati indossiamo possono essere capovolti e usati da un lato o dall’altro, a seconda delle situazioni. In modo tradizionale, il lato più chiaro si usa durante il giorno, per assorbire di meno i raggi solari e rimanere più freschi, mentre il lato scuro si usa la notte, per permettere un'efficace mimetizzazione”.
___________________________________________________________

4

“Interessante” disse Cohd, “avete delle usanze molto diverse da quelle imperiali”.
“Tutto è diverso, non solo le usanze. La nostra è una cultura antica: il nostro popolo è stanziato all’ombra di questi monti da secoli. Mentre invece, l’impero è solo una mescolanza di genti venute dagli angoli più remoti della terra per occupare la zona più fertile della costa nord-occidentale. E’ un calderone in cui tutte le tradizioni si sono fuse tra loro, annullandosi a vicenda” disse Seth.
“Da questo punto di vista, penso di doverti dare ragione: nell’impero non c’è molto spazio per le tradizioni” cominciò Cohd, “da un po' di tempo a questa parte sono anche state imposte delle gravi limitazioni alla libertà di culto. Però parte del popolo originario abita quelle terre da molto tempo, e anch’esso ha una storia secolare. Puoi togliermi una curiosità? Quando parli di angoli della terra, dici in senso figurato? Oppure…”.
“Senso figurato?” chiese Seth.
“Sì, cioè: lo dici per intendere qualcos’altro, oppure intendi che davvero la terra abbia degli angoli?”.
“Certo che la terra ha degli angoli: è quadrata” disse Seth, con aria perplessa.
“Ecco allora un esempio di quelle teorie che secondo la cultura imperiale sarebbero inaccettabili: secondo le nostre ricerche la terra è cilindrica, e noi ci troviamo sulla base superiore del cilindro, e nessun cittadino si azzarderebbe anche solo a pensare il contrario”.
___________________________________________________________

5

“Cilindrica? Non ha una forma sferica, leggermente schiacciata ai poli?” si intromise Arohn.
I due lo guardarono dubbiosi.
‘Che ignoranza sconvolgente’ pensò Cohd, “quella è una considerazione obsoleta, ormai superata da tantissimo tempo: dai, sarebbe impensabile una terra sferica, non credi?” disse, abbozzando un sorrisetto.
“In effetti, io non riesco proprio a immaginarmela” concordò Seth,‘è un‘idiozia assurda!’.
“E’ vero comunque: a pensarci è sempre sembrata strana anche a me quest'idea” si giustificò Arohn, “e poi, questo vorrebbe dire che camminando ai confini del mondo si dovrebbero trovare delle enormi discese, e che tutta l’acqua del mare dovrebbe scivolare giù nel cielo. Sarebbe impensabile”, ridacchiò.
I tre si resero conto di avere basi culturali molto differenti, e, in tal senso, poco da condividere: Cohd apparteneva all’impero, l’impero dei benestanti e degli studenti, molto diverso da quello in cui Arohn aveva vissuto, quello della sfortunata maggioranza della popolazione, relegata a un'esistenza di povertà, di perenne lavoro, e di stenti; infine, Seth era un soldato, e proveniva da Kikkàvuru, un paese lontano, del tutto estraneo allo stile di vita e ai costumi imperiali.
‘E’ strano pensare che tre persone così diverse si trovino a condividere la stessa carrozza. Se tutto fosse andato secondo i piani, questo non sarebbe mai accaduto: purtroppo però c’è stato il terribile inconveniente del min’kiàdolore. E’ un grande problema. Devo trovare il modo di risolverlo’ rifletté Cohd.
___________________________________________________________

6

‘Da quando ho incontrato questi due, i guai non sono mancati: spero che non continui così’ pensò Seth, ‘piuttosto, bisogna capire cosa fare adesso: sembrano tutti e due intenzionati a partire. Quindi io dovrei seguirli, abbandonare Kikkàvuru e tutto? Cohd sembra sapere quello che fa, ma Arohn mi da una strana impressione...In fondo, credo che quelle poche persone attaccate da un min’kiàdolore di cui ho sentito parlare abbiano tutte affrontato dei lunghi viaggi per sfuggirgli. Spero che alla gilda mi sappiano dire qualcosa di più. E spero anche che, in caso, mi diano il permesso di allontanarmi. In più, devo trovare il modo di farli entrare in città...Che brutta situazione’
‘Bene, per una volta sembra che le cose stiano andando a mio favore’ si disse Arohn, ‘adesso non mi resta che proporre di dirigerci in fretta ad est, e il gioco è fatto’
“Prima di arrivare volevo avvertirvi del fatto che, in genere, è riservato un trattamento specifico a tutti gli stranieri in ingresso nella città. I mercanti però hanno un permesso speciale per sostare nell’area commerciale” spiegò Seth, “se vi riconoscessero come immigrati, vi sottoporrebbero a dei controlli, a una lenta burocrazia, insomma: ci farebbero perdere del tempo prezioso. Per questo ho pensato che potremmo acquistare dei manti nell’area commerciale, e farvi travestire da comuni cittadini, per poi entrare nel vero e proprio centro di Kikkàvuru”.
___________________________________________________________

7

“Mi sembra una buona idea: potremmo rifornirci di quanto serve all’area commerciale, e poi riposare da qualche parte in città” propose Cohd.
“Riposare? E’ meglio acquistare dei lamu e partire subito, visto che abbiamo quella bestiaccia alle calcagna” contestò Arohn.
“Ma la città più vicina è Seidirèe, e non credo possa offrirci la dovuta protezione dal min’kiàdolore” obiettò Cohd, “invece, se riposiamo e acquistiamo provviste, potremmo impiegare il nostro tempo per arrivare fino a una città imperiale, dove ci sarà di sicuro dato l’ausilio necessario, dove un tetto e delle mura di dura pietra potranno preservarci dagli attacchi della creatura. Inoltre, una volta arrivati entro i confini imperiali, ci sarà facile risalire più a nord, fino a far perdere al min’kiàdolore le nostre tracce”.
“Non so, non mi convince molto: per arrivare alla città dell’impero più vicina ci vogliono anche più di tre giorni, mentre per arrivare a Seidirèe molto di meno” disse Arohn.
Seth li osservava e ascoltava entrambi.
‘Sono in disaccordo, quindi il mio parere sarà fondamentale’ pensò, già nervoso all'idea di dover decidere, ‘quella di entrare nei confini imperiali non è mai una bella prospettiva, ma forse è davvero la soluzione migliore. L'alternativa sarebbe proseguire ad est, come dice Arohn. Bisogna però ammettere che le sue argomentazioni sono obbiettivamente deboli in confronto a quelle di Cohd. Sarà meglio continuare ad ascoltarli’.
“In realtà, credo proprio che per arrivare a Seidirèe ci metteremo un paio di giorni con dei buoni lamu, visto che da qui a lì ci sono circa cinquanta leghe di deserto da
___________________________________________________________

8

attraversare: la differenza non è poi molta” cominciò Cohd, rivolto a Seth, “io penso che spendere una giornata in più per arrivare in una zona più sicura sia la cosa migliore da fare, anche perché una volta all’interno del territorio dell’impero ci sarà più facile reperire del cibo. Attorno a Seidirèe invece c’è solo deserto: anche se scegliessimo di andare là, non so proprio quale dovrebbe essere la meta successiva”.
Arohn sembrò desideroso di controbattere, ma si trovò spiazzato da quelle ultime supposizioni.
“Comunque ci sono delle altre città vicino a Seidirèe” aggiunse poi.
Era impossibile decifrare l’espressione di Seth a causa del manto che gli avvolgeva anche il volto, e quindi era difficile capire se fosse più propenso a seguire la via offerta da Cohd, oppure a dare adito alle teorie di Arohn.
“Partiamo anzitutto dal presupposto che sarà meglio spostarsi da qui…” cominciò Seth, incerto, sentendosi incalzato dallo sguardo di Cohd.
“Certo, è un rischio che è meglio correre: qui non siamo ancora abbastanza lontani, e, a mio parere, nemmeno abbastanza al sicuro” disse Cohd.
“Anche se Kikkàvuru sembra abbastanza grande: quella bestiaccia potrebbe confondersi e non trovarci più” disse Arohn.
“Impossibile: il suo fiuto non sbaglierebbe in un luogo così vicino a quello in cui è stato abbattuto” disse Cohd.
Ci fu un momento di pausa, durante il quale i tre si scambiarono diversi sguardi.
___________________________________________________________

9

‘Perché Arohn ha cambiato idea?’ si chiese Seth, ‘prima sembrava piuttosto deciso a partire subito per allontanarci: perché adesso sta valutando l'idea di rimanere qua? Che abbia scorto nel mio silenzio la riluttanza nel lasciare Kikkàvuru? Se così fosse, significherebbe che è meglio non fidarsi di lui. Ma forse stava soltanto soppesando le varie possibilità...’
“Immagino che ognuno di noi si sia fatto un’idea diversa sul come sfuggire al min’kiàdolore, ma fidatevi di me: io ho letto di questa creatura, e so quello che sto dicendo” cominciò Cohd, “comunque sia, penso che per il momento sarà meglio contare le nostre rupie, racimolare provviste, e riposare almeno un po’, per poi proseguire il nostro viaggio a mente fresca.”.
“E’ giusto” convenne Seth.
“Del cibo, dell’acqua, e dei mezzi di trasporto serviranno in ogni caso” disse Arohn, esibendo un’espressione accondiscendente.
Detto ciò, i tre si adoperarono per contare le rupie che si ritrovavano addosso (la rupia è la moneta di scambio utilizzata in tutto l’impero, e anche nelle nazioni limitrofe: le rupie consistono in piccoli cristalli di quarzo, levigati in forme geometriche esagonali, schiacciate e allungate. L’utilizzo del quarzo per tale scopo è dovuto alla sua reperibilità, e all’agevolezza dei metodi di estrazione).
Seth tirò fuori dal mantello un sacchetto di pelle.
“Vediamo un po’” disse.
___________________________________________________________

10

Arohn presentò sul palmo un cristallo rosa, due arancioni e sette trasparenti, “io ho sessantasette rupie qui con me” disse.
“Io ne ho centosessanta” disse Cohd, estraendo da una tasca tre gemme viola e due rosate.
“Io ne ho ottanta…” disse Seth, mentre contava la manciata di cristalli che si era riversato sul palmo “ottantacinque, novanta, novantuno, novantadue”.
Cohd diede un rapido sguardo alla somma così accumulata.
“Bene, allora ne abbiamo in totale trecentodiciannove” disse.
“Non male: già così abbiamo abbastanza per permetterci dei lamu” disse Seth.
“Già, quelli sono la cosa più importante” assentì Arohn.
“Arrivati al mercato vedremo come agire” concluse Cohd.
I tre allora conservarono le rupie, e continuarono ad attendere l'arrivo a destinazione.
Cohd notò dei contenitori di merci stipati in un angolo: vide alcune spezie e altre erbe sparse lì vicino, fuori dalle confezioni. Decise di prenderne alcune, e di conservarle in una delle tasche della lunga giacca marrone. Né Seth, né Arohn se ne accorsero.
Fu il mercante ad avvertirli quando arrivarono. Il viaggio era durato anche meno del previsto: sembrava che i quattro lamu usati per trainare la carrozza fossero in gran forma.
Quando si fermarono, Seth scese per primo.
“Molte grazie per il passaggio” disse, rivolto al mercante.
___________________________________________________________

11

“Non c’è di che” rispose, senza mollare le briglie, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Aveva l’aria di essere un tipo di poche parole.
Cohd, prima di scendere, sporse la testa fuori dall’apertura per l’aria del carro: l’area commerciale di Kikkàvuru gli apparve innanzi. Non gli fu possibile gettare lo sguardo su nessun angolo senza che la sua vista si saturasse delle variopinta opulenza delle innumerevoli bancarelle, dell’ocra dei tendoni eretti dai commercianti raminghi, e del coinvolgente ritmo dell’andirivieni della gente.
“E’ così questa è l’area commerciale: me la immaginavo un po’ diversa a dire il vero, più ordinata” ammise Arohn, scendendo con un balzo.
“Nulla di ordinato qui: questa zona cadrebbe in disuso se non fosse per i mercanti girovaghi che vi stabiliscono i loro accampamenti e le loro bancarelle” disse Seth, “in realtà è come se non facesse parte della città di Kikkàvuru, visto che si trova al di fuori delle sue mura”.
“Questo vuol dire meno guardie, e meno seccature per noi, giusto?”, Cohd li raggiunse.
“In pratica sì” rispose Seth, intento a carezzare la testa del lamu accanto a lui.
L’essere reagì dedicandogli una pigra occhiata indagatrice. I lamu erano da tempo immemore allevati in tutto il continente, e utilizzati come animali da trasporto: il loro impiego era dovuto alla particolare resistenza, evidente soprattutto nei lunghi spostamenti su terreno sabbioso; il lamu era infatti capace di percorrere più strada nel deserto di qualsiasi altro mezzo di trasporto conosciuto.
___________________________________________________________

12

I suoi zoccoli, forgiati per non affondare tra i granelli di sabbia, e i suoi quattro robusti arti allungati, erano la prova concreta dell’adattamento della creatura all’ambiente arido e ostile delle terre del sud. Le altre peculiarità utili a rendere questo essere un infaticabile vagabondo erano la possibilità di un suo organo interno di conservare grandi quantità d’acqua, e la sua capacità di ottenere energia dalla luce solare: ciò avveniva grazie a una pianta, in grado di crescere in un particolare antro sito sul dorso dell'animale, e di vivere in simbiosi con esso. La pianta e l’animale erano a tutti gli effetti due esseri distinti, ma l’uno non era mai stato rinvenuto separato dall’altro. Era difficile immaginarli divisi, visto che l’intero corpo della creatura, a eccezione della testa, era ricoperto da un verde manto di foglie, sovrastante il corto pelo brunastro, l’originale rivestimento della pelle del lamu.
“I lamu sono proprio assurdi: ogni volta che li vedo mi viene quasi da ridere. Com’è possibile che un animale abbia le foglie al posto del pelo? E’ proprio uno scherzo della natura” disse Arohn.
“In realtà, più che uno scherzo, è un colpo di genio della natura” appuntò Cohd.
“Perché dici così?” chiese Seth, incuriosito.
“Perché l’animale e la pianta che lo ricopre sono due entità separate, ma nessuno dei due potrebbe vivere senza l’altro: l’animale viene protetto dai raggi solari tramite le foglie della pianta, le quali inoltre convertono la luce in energia utilizzabile da entrambi; la pianta invece trae vantaggio dall’acqua procurata dall'animale grazie ai suoi spostamenti. Insieme cooperano a formare un essere funzionale, e perfetto per noi, che abbiamo bisogno di fuggire il più lontano possibile da qui”.
___________________________________________________________

13

Detto ciò, lasciarono il mercante andare per la sua strada, e cominciarono ad addentrarsi nel vivo della folla di acquirenti. A destra e a manca la gente era indaffarata a trattare sui prezzi, a cercare l’articolo giusto, a scrutare con attenzione la mercanzia. Si vendevano soprattutto abiti, e in secondo luogo frutti esotici, e carni di vario tipo, ma anche armi, e molto altro ancora. Seth si dimostrò una guida esperta, anche se, arrivato il momento di discutere il prezzo dei manti che si erano ripromessi di comprare, non riuscì a ottenere un grande sconto.
“Siamo sicuri che sentirò davvero più fresco dopo averlo messo?” chiese Arohn, osservando con aria scettica il manto beige appena acquistato.
“Sì, fidati” cominciò Cohd, “serve a mantenere la temperatura corporea, che in questo caso è inferiore a quella esterna” disse, dopo essersi sistemato addosso la veste.
“Sarà, ma la cosa migliore in questi casi è stare vicino al mare, dove il caldo non è mai un problema. Ma dimmi un po’ Cohd, com’è che ci stanno tutte queste cose dentro la tua testolina? Non sarai uno di quegli studenti dell'accademia?” chiese Arohn.
“Sì, lo sono. Comunque queste nozioni sono più delle curiosità, sai, come quelle voci che girano: prima o poi ne vieni a conoscenza”.
___________________________________________________________

14

La seconda tappa fu al venditore di animali da trasporto. Seth propose di acquistare solo due lamu per risparmiare, nell'ottica di dover comunque ripartire il carico in modo equo. In questa occasione fu Arohn a parlare con il commerciante, e tutto filò liscio, a parte qualche incomprensione iniziale: riuscirono così a ottenere gli animali a un prezzo ragionevole.
“Abbiamo fatto un affare” si compiacque Arohn, trascinando con fierezza un lamu per le redini, “all’inizio lui ha provato a imbrogliarmi, ma poi sono riuscito a farlo ragionare”.
‘Ma cosa dice? E’ stato lui a fraintendere il prezzo, e alla fine abbiamo pagato poco solo perché uno dei lamu è quasi zoppo, e l'altro mezzo cieco’ pensò Cohd.
“Adesso dobbiamo occuparci delle provviste” disse Seth.
“Un po’ di carne salata farà al caso nostro, ma prima pensavo di passare da quella bancarella” disse Arohn, indicando quella che sembrava una piccola armeria.
“Armi? Pensavo ti trovassi bene con quell’arnese che hai attaccato alla mano” disse Cohd.
“Sì, è così, infatti pensavo di andare a comprare qualcosa per te” disse Arohn.
Cohd esibì un'espressione sorpresa.
“Per me?” chiese, come se non avesse ben capito.
“Sì! Non dirmi che la prossima volta che ti ritroverai faccia a faccia con una bestia selvatica vorrai essere di nuovo disarmato?”.
“In effetti…”.
“Bene, allora avviciniamoci!”.
___________________________________________________________

15

Arrivati sul posto, Arohn propose a Cohd una serie di opzioni, ma lui obiettò, e gli fece notare di non possedere la forza necessaria per brandire alcun tipo di ascia, o di altra arma a due mani. Rivelò di essere più propenso ad acquistare un pugnale, o qualcosa di altrettanto leggero, da usare soltanto in casi di stretta necessità. Arohn replicò dicendo che un coltello non fa paura a nessuno, e che per uno come lui c’era bisogno almeno di una spada. Cohd comprese che la sua insistenza era dovuta a una sorta di preoccupazione, quasi di affetto, e quindi decise di lasciarsi consigliare: scelsero insieme una spada in ferro, poco pesante, piuttosto sottile, avente delle proporzioni in qualche modo consonanti con la figura del giovane acquirente. Dopo aver pagato, Cohd infilò la spada nel fodero nuovo di zecca, e legò questo alla cintura. Arohn, inoltre, comprò per sé un'ascia di modeste dimensioni.
“Se questo min’kiàdolore è così terribile come dici, è meglio premunirsi, no?” disse, “e poi non posso affidarmi soltanto a questo congegno e le sue tre lame”, mostrò l'ordigno sul dorso della mano.
Raggiunto Seth, che nel frattempo aveva cominciato a procurarsi delle provviste, Cohd gli mostrò la spada, come se volesse chiedergli un parere.
“Non male” disse lui, più per non deludere una sorta di entusiasmo che credette di fiutare nel ragazzo, che per altro.
“Sì, ma che ne pensi? Non è stata forgiata qui, vero?” gli chiese Cohd.
___________________________________________________________

16

“Non si vedono spesso lame dritte e lunghe come questa dalle mie parti: dev’essere di fattura orientale. In effetti anche queste rifiniture sono differenti da quelle tipiche di qui. Comunque sia, sembra affilata, e la sua leggerezza la rende abbastanza facile da usare”, la osservò, la tenne in alto, poi la riposò nella custodia.
“Bene. In effetti avere un’arma sempre con sé non è una brutta idea”.
Gli ultimi preparativi si conclusero quando comprarono dell’altra carne salata, del pasticcio, una borraccia piena d’acqua, e una pratica ed economica lanterna realizzata in osso. In seguito, si avviarono verso il centro città per riposare, come Cohd aveva consigliato.
Seth disse di conoscere anche un luogo sicuro dove sistemare i lamu prima della partenza.
“Bene, siamo riusciti a fare bastare le rupie per tutto” disse Cohd.
“Il problema sarà quando raggiungeremo la prossima città: come faremo a comprare altre provviste? Queste non dureranno di certo per sempre” fece notare Arohn.
“Sì, è vero. E’ un problema che avevo già considerato, per questo pensavo di passare dalla mia gilda a prendere i miei ultimi risparmi” disse Seth, ‘e anche per capire se c'è qualcun altro che può consigliarmi su questa situazione del min’kiàdolore’.
“Sarebbe ottimo. Ovviamente, se hai intenzione di condividerli con noi, ti ringraziamo” disse Cohd.
“Certo, ma d’altronde, vista la situazione in cui ci troviamo, è il minimo che possa fare” rispose Seth, ‘adesso dovrei anche condividere i miei risparmi con loro. Assurdo pensare che, se non fosse stato per quella maledetta creatura, probabilmente li avrei ignorati, o consegnati alle autorità’.
___________________________________________________________

17

“Bene, allora, da che parte si trova la gilda?” chiese Cohd.
Seth si voltò, e lo osservò con uno sguardo indecifrabile.
‘Non crederà mica che li porterò lì? Devo andarci da solo: ho bisogno di un po' di calma per riflettere, e di parlare con le persone di cui mi fido davvero’ pensò, “in realtà, credo sarebbe meglio se mi aspettaste in un posto tranquillo: alla gilda fanno entrare soltanto i soldati, e la vostra presenza desterebbe troppi dubbi. Conosco una taverna piuttosto accogliente. Appena entreremo in città sistemeremo i lamu, poi vi condurrò lì, e dopo, quando tornerò, decideremo cosa fare. Che ne pensate?”.
“Certo, non farti problemi” disse Arohn.
“Va bene” rispose Cohd.
Stabilito quindi l’itinerario, i tre cominciarono a percorrere il lembo di sabbia tra l’area commerciale e il centro della città. Arohn e Cohd, indossando gli abiti tipici del luogo, si sentivano al sicuro da eventuali controlli indesiderati: in fondo, dallo scorcio di viso lasciato scoperto dai manti non era facile riconoscerli come stranieri. Infatti, arrivato il momento di valicare le porte della città, le sentinelle non notarono nulla di sospetto in loro.
“Le guardie erano quelle armate di sciabola ai lati del portale: ci hanno confuso in mezzo alla folla, come previsto” spiegò Seth, una volta raggiunto un punto sicuro.
___________________________________________________________

18

Arohn cominciò a ridacchiare, poi afferrò Seth per una spalla in modo amichevole.
“Sfido io: qui si vestono tutti così! Prova a indicarmi qualcuno che non indossi questi mantelli beige o viola chiari! E’ impossibile” disse.
‘Sembra piuttosto contento di non essere stato fermato dalle guardie’ osservò Seth.
Superato il largo corridoio ricavato tra le mura oltre l'entrata, la città di Kikkàvuru si palesò ai loro occhi in tutto il suo splendore: dal punto in cui si trovavano, fino alle pendici del monte di fronte a loro, ogni costruzione, dalle più basse case popolari, ai pinnacoli dei palazzi, alla facciata del tempio, assumeva tinte pallide come quelle di livree ormai sbiadite, memori di tempi più floridi. Le persone lungo i viali, dalla donna che trasportava la giara sulla testa, al negoziante intento a sistemare la merce sugli scaffali, ai bambini che giocavano in un cortile ombroso, indossavano tutte le stesse vesti, e avevano lo stesso tipo di carnagione scura, spesso denotabile soltanto dalle mani.
“In ogni caso, evitate di mostrare il colore della vostra pelle: l’opinione comune non è molto aperta nei confronti degli stranieri, in particolar modo degli imperiali” li avvertì Seth.
“Tranquillo, non c’è problema. Tu dicci solo dove dobbiamo andare, così ci metteremo lì buoni buoni ad aspettarti” disse Arohn.
“Va bene”.
Legarono i lamu a una staccionata in prossimità di una porta secondaria della città, poi, dopo aver incrociato qualche altra strada polverosa, e aver girato un paio di angoli, arrivarono alla taverna di cui Seth aveva parlato. L’ingresso consisteva in un varco aperto nel muro.
___________________________________________________________

19

“Venite. L’entrata qui è una porta sempre aperta, in segno di accoglienza: tipico dei luoghi pubblici come questo” li incitò Seth.
“Accogliente anche per i ladri, immagino” scherzò Arohn.
“Qui le leggi sono piuttosto severe: i pochi ladri di cui si è sentito parlare erano immigrati. La maggior parte di loro ha fatto una brutta fine” disse Seth, scostando la tendina dell’entrata.
La poca luce all'interno del locale proveniva dall'ingresso, e da una piccola finestra al suo fianco. Dietro a un bancone di semplice pietra, l’oste, un tipo barbuto con la faccia scoperta, stava pulendo dei boccali di ceramica. Il locale era ampio e accogliente, ma i clienti pochi.
Cohd notò subito l’assenza di sedie attorno ai vari tavoli di pietra: al loro posto c'erano dei consistenti cuscini.
‘A pensarci, avevo sentito dire che nei paesi del sud non si usano le sedie’ si disse.
I tre andarono al bancone per ordinare qualcosa: parlò solo Seth. L’oste gettò una strana occhiata al loro gruppetto, poi si mosse per procurarsi quanto richiesto. Gli consegnarono quindi qualche rupia e raggiunsero uno dei tavoli in fondo alla sala.
“Ho comprato del cibo perché è meglio consumare qualcosa come tutti gli altri se volete stare qui” cominciò Seth, invitandoli a sedere sui cuscini, “sono degli involtini piccanti tipici della nostra regione: in genere si usa mangiarli tra un pasto e l’altro. Adesso io vado. Cercherò di tornare il più in fretta possibile”, detto ciò, uscì dal locale.
___________________________________________________________

20

Cohd pensò sarebbe stato meglio parlare il meno possibile, e mangiare quel pasto senza dare nell’occhio. Era una buona idea, ma in quel suo progetto aveva dimenticato di considerare la presenza non indifferente di Arohn.
“Questa poltiglia è una schifezza!” esplose Arohn, dopo aver assaggiato l’involtino.
“Ci converrebbe non fare commenti negativi su questo cibo, e soprattutto non farli ad alta voce” sussurrò Cohd, per poi trangugiare il suo pasto con tranquillità.
“Sì, ma non ti preoccupare, tanto non può succedere nulla di male” disse Arohn.
“Io preferirei evitare ulteriori complicazioni: la nostra situazione è già abbastanza problematica così com’è”.
“Vedrai che ce la caveremo”.
“Come fai ad esserne così sicuro? Quella creatura ha annientato più avversari di quanti ne immagini, per non parlare di come ha sterminato i miei accompagnatori: tra di loro c’erano anche degli abili combattenti, forse anche più esperti di te”.
“Mi dispiace per tutto questo. C’era qualcuno a cui eri affezionato tra di loro?”.
Cohd esitò un attimo, si guardò intorno con circospezione, poi rispose: “in realtà no. Li conoscevo tutti da poco”.
“Capisco. Di certo però non si può rimanere indifferenti alla morte di chi ti è stato accanto”.
“Già”.
___________________________________________________________

21

“Che ne pensi di Seth? Sembra un tipo a posto, non è vero?” chiese Arohn.
“Sì. Spero solo che ritorni, e non ci denunci alle guardie” rispose Cohd.
“Perché dovrebbe fare una cosa del genere?”.
“Perché lui è un soldato, un protettore di questa città, proprio come gli altri, e non sa ancora quanto fidarsi di due imperiali come noi. E’ probabile che in questo momento stia chiedendo ai suoi compagni della gilda informazioni sul min’kiàdolore: vorrà avere conferma di quanto ho detto finora. Siccome penso provenga da un’altra città vicina, credo che le persone di cui si può fidare di più si trovino lì. D’altronde mi sembra normale cercare delle spiegazioni”.
“Tu dici che non si fida? Perché ci avrebbe portato fin qua allora?”.
“Non ho detto che non si fida: secondo me vuole solo capire qualcosa di più della faccenda”.
“Sarà...”.
‘Molto sospetto il modo in cui Arohn si è fidato dei miei pareri' pensò Cohd 'd’altronde so anche il perché: lui ha più di un buon motivo per fidarsi, per allontanarsi dall’impero. Mi chiedo se non sia il caso di assecondarlo, e dirigerci verso Seidirèe: se ci dirigessimo a nord, con molta probabilità si dissocerebbe dal nostro gruppo’.
“Non che io ci veda chiaro in questa storia del min’kiàdolore” disse Arohn, a un tratto.
‘Ecco: sta sulle difensive’ pensò Cohd.
Il tempo passò, e i clienti seduti ai tavoli cambiarono, ma Seth ancora non si faceva vivo.
___________________________________________________________

22

Quando anche Arohn smise di vantarsi sul come aveva ottenuto i lamu, e di parlare delle solite inezie, l'atmosfera diventò piuttosto statica.
A un tratto però, uno sconosciuto avvolto in un manto beige fece la sua apparizione dalla porta d’ingresso. Cohd ed Arohn lo osservarono di sottecchi per capire se poteva rappresentare una minaccia. Si stupirono nel vederlo avanzare nella loro direzione, quindi si prepararono a ogni evenienza.
“Cohd ed Arohn, devo supporre” disse il misterioso individuo.
“E tu uno sconosciuto che conosce i nostri nomi, devo supporre” ricambiò subito Arohn.
“Il mio nome è Marcor. Ascoltatemi bene, perché abbiamo poco tempo: faccio parte di un’organizzazione che ha il compito di proteggervi, per questo vi devo chiedere di seguirmi fuori dalla città. Se non ci sbrighiamo a fuggire, cadrete presto nelle mani di forze così terrificanti da fare apparire il vostro problema con il min’kiàdolore un semplice scherzetto al confronto”.
‘Come fa a sapere i nostri nomi e tutte queste cose? Chi è? Di cosa sta parlando?’ si chiese Cohd, sconvolto.
Non appena finì di parlare, Seth fece irruzione nella locanda.
“La città è stata attaccata!” esclamò.
“Attaccata?” esclamò Arohn, scambiando uno sguardo con Cohd.
___________________________________________________________

23

“Sono loro, sono le forze oscure, sono venute a prendervi! Dobbiamo fuggire” disse Marcor, mentre si alzava di scatto e li invitava a seguirlo.
I quattro uscirono dalla locanda. Il panico generale si era diffuso per le strade: la gente correva, urlava, gli anziani si affrettavano a rintanarsi nella abitazioni, i soldati erano usciti allo scoperto, e si chiedevano chi o che cosa avrebbero dovuto affrontare.
“Seth, che sta succedendo?” chiese Cohd.
“Dovete raggiungere i lamu e lasciare subito la città. Io devo rimanere: la patria ha bisogno di me” rispose, estraendo la sciabola, ‘temo dovrò accantonare il problema del min’kiàdolore per il momento: sta succedendo qualcosa di terribile, e l'esercito deve rimanere unito’ .
“No Seth, stanno cercando voi tre: dovete solo scappare se volete salvare la gente che vive qui” lo avvertì Marcor, nel tentativo di trattenerlo.
“E lui chi è?” chiese Seth, ponendo attenzione solo allora allo strano individuo.
“Non lo so! E' spuntato dentro un attimo fa, e ha detto che stanno cercando di catturarci!” esclamò Arohn.
“Dovete fidarvi, stanno cercando voi. Dovete scappare se volete salvare voi stessi e gli abitanti della città” disse Marcor.
Arohn, Seth e Cohd si guardarono negli occhi: stava accadendo qualcosa aldilà della loro comprensione.
‘Perché non capisco?’ si chiese Seth, ‘che c4%%0 è successo oggi al mondo? Sono impazziti tutti?’
“Andiamo verso i lamu?” propose Cohd.
All’improvviso si sentirono delle urla, poi dei passi pesanti: infine, un’orda di uomini-scheletro apparve da dietro un angolo e cominciò a percorrere la via sulla quale si trovavano.
___________________________________________________________

24

“Oh, poppe sante!” esclamò Arohn, atterrito da quella visione.
“Sono loro, fuggiamo!” esclamò Marcor.
“Via!” urlò Seth, cominciando a scappare, seguito dagli altri.
Gli uomini-scheletro sembrarono notare la loro presenza, infatti cominciarono a marciare con maggiore velocità.
“Mettete al riparo i bambini” urlò un soldato, prima di tendere la sua lancia contro l’avanzata nemica.
“Preparatevi allo scontro” sbraitò un altro.
Grazie all’intervento delle forze armate di Kikkàvuru sembrò che Arohn, Cohd, Seth e Marcor fossero riusciti a seminarli, ma ben presto alle loro calcagna apparvero degli agili lupi-scheletro, e la loro convinzione di avere superato il pericolo venne meno.
‘Ci seguono davvero! Allora vogliono davvero noi!’ pensò Seth, sgomento.
“Che cosa sono?” esclamò Arohn.
“Non ne ho idea!” rispose Cohd, terrorizzato.
Percorsero diverse altre stradine, e riuscirono a mantenere un minimo di distacco, ma presto Marcor comprese che non sarebbero riusciti a scappare, quindi decise di fermarsi per affrontarli.
“Dobbiamo combattere!” esclamò, fermandosi di scatto.
Marcor, il misterioso individuo da poco aggregatosi al gruppo, estrasse qualcosa dal suo manto, e quando uno dei lupi-scheletro si avvicinò per azzannarlo, gli scaraventò contro una palla infuocata, in modo da farlo indietreggiare.
___________________________________________________________

25

“E’ un mago!” esclamò Arohn, che aveva gettato uno sguardo alle spalle.
‘Un utente della arti mentali’ si disse Cohd.
“Aiutatemi a combatterli!” urlò Marcor.
Arohn e Seth rallentarono, ma Cohd li incitò a continuare verso i lamu, e ad ignorare la richiesta d'aiuto.
“Se la caverà anche da solo. Per ora la cosa importante è scappare!” esclamò.
I due non se lo fecero ripetere una seconda volta, così continuarono a correre. Per un po', sul luogo dello scontro si videro imperversare fiamme e turbini, ma poi Marcor venne sopraffatto, azzannato, e ucciso.
“E’ morto!” esclamò Seth, con voce tale da evocare al contempo terrore e compassione.
Cohd provò un’amara sensazione di colpevolezza nel voltarsi a guardare, ma questa fu subito seppellita dal cumulo di emozioni che soffocavano la sua mente, e che lo incitavano a non fermarsi per alcun motivo.
Svoltarono un angolo a destra, e si ritrovarono su una delle via principali, poi curvarono per una strada minore, e si diressero verso la porta est della città, dove avevano lasciato i lamu.
Alcuni lupi-scheletro erano rimasti indietro per infierire sul cadavere di Marcor, ma un paio erano ancora al loro inseguimento, e non accennavano a demordere.
“Ce li abbiamo dietro!” tenne a precisare Arohn.
___________________________________________________________

26

Uno di loro riuscì ad afferrarlo per il manto, e a toglierglielo di dosso. L’altro azzannò i suoi pantaloni, e lo bloccò.
“Bastardo!” urlò Arohn, voltandosi subito per trafiggerlo nel cranio con le tre lame del suo congegno.
Sembrò non essere riuscito a danneggiare la creatura, poiché questa continuò a muoversi e a tirarlo indietro. Seth corse in suo aiuto, ma l’altro lupo-scheletro lo intercettò: vide la creatura balzargli incontro, ma, grazie alla sua prontezza di riflessi, riuscì a precederla, e a conficcargli la sciabola tra le costole. Il nemico non sembrò subire le conseguenze del colpo, ma almeno fu sbalzato sul terreno, e perse del tempo prima di riprendersi.
“Sono degli ossi duri!” esclamò Arohn, intento a muoversi avanti e indietro per colpire e ritirarsi.
“E’ inutile combatterli!” decretò Seth.
Arohn, spezzando il lembo del pantalone addentato dalla creatura, riuscì a liberarsi, e a correre via. I due lupi-scheletro, colpiti più volte, sembrarono faticare a inseguirli, ma il resto della schiera stava per arrivare: se l'orda fosse riuscita a raggiungerli, non sarebbero stati capaci di opporre resistenza.
Cohd, che non aveva mai smesso di correre, era intanto riuscito a raggiungere i lamu. Notò che Arohn e Seth non erano molto distanti da lui, e che l’esercito scheletrico li marcava stretti. Subito si adoperò per sciogliere le funi dalla recinzione alla quale gli animali erano legati. La tensione aveva triplicato la velocità delle sue mani, ma dimezzato la loro precisione. Nonostante ciò, riuscì a liberare i lamu appena in tempo. Senza ulteriori cerimonie balzò in sella al suo, e Seth ed Arohn, non appena furono abbastanza vicini, fecero lo stesso con il loro.
___________________________________________________________

27

“Vai!” esclamò Seth, per incitare il lamu.
I tre partirono col giusto tempismo: se avessero esitato un attimo di più, sarebbero stati subito raggiunti. Invece, dal momento che potevano contare sulla velocità delle cavalcature, tutto versava a loro favore. Inoltre, raggiunti i confini della città, i lupi-scheletro cominciarono a incespicare sul terreno sabbioso: a quel punto il distacco tra i tre e gli inseguitori si fece più netto.
“Sembra che sul terreno del deserto noi abbiamo la meglio” disse Arohn, quando il lamu condiviso con Seth fu abbastanza vicino a quello di Cohd.
“Sono rimasti lì sotto: non penso riusciranno a raggiungerci di questo passo” affermò Seth, osservando il percorso già fatto.
Erano al sicuro, ma i loro cuori battevano ancora forte, più di quanto avessero mai fatto nelle loro vite: il terribile ricordo di ciò che avevano vissuto li avrebbe tormentati ancora a lungo.
“Incredibile. Sono sconvolto!” dichiarò Cohd, senza fiato, “ma avete idea di cosa fossero?”.
“Per nulla” rispose Seth, con voce così strozzata da sembrare un sibilo,‘speravo che fosse lui a dirmelo. Sta succedendo qualcosa di davvero troppo strano: di una cosa del genere non ho mai sentito parlare, nemmeno nei più cupi racconti di fantasia. Sembravano davvero degli scheletri! E‘ assurdo, assurdo!’ .
“Però sembrava davvero che cercassero noi: ci hanno inseguiti fin qua fuori” disse Arohn, anche lui tremante.
___________________________________________________________

28

Cohd mollò la presa alla briglia per liberarsi del suo manto.
‘Che cosa sta accadendo? Cos'erano? Cosa volevano?’ si chiese.
“Qualunque cosa stia succedendo, per adesso è meglio correre, correre via” concluse Arohn.

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Dic 26, 2011 2:06 pm Rispondi citandoTorna in cima

Se la lettura vi sta appassionando, vi consiglio di leggera anche gli extra e le ministorie sui personaggi: trovate tutto sul mio sito internet, basta cliccare sulla mia firma qui sotto Smile

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Gen 02, 2012 3:51 pm Rispondi citandoTorna in cima

4° capitolo - Fratello e sorella


L’ultimo dei due soli era ormai prossimo al tramonto, e la sua luce morente tingeva di un rosso bagliore l’orizzonte lontano del deserto. Le guglie e i pinnacoli rocciosi, sparsi qua e là tra le dune, proiettavano sulla sabbia circostante lunghe ombre ondulate. Tra queste scie di buio si muoveva la sagoma del cavallo Liberty, e dei suoi due passeggeri.
“Sono stanca: sono sveglia dalla notte scorsa. Fermati” disse Ehileen, rivolta a suo fratello davanti a lei, al comando del cavallo.
“Fermarci qua, in mezzo al nulla?” disse Sakiel.
“Certo, cosa pensi? Ho un sacco a pelo con me: mi basta mettermi in un posto riparato, come dietro quelle rocce!”, indicò il punto menzionato.
“Secondo me è meglio continuare: qui vicino c’è una vecchia città abbandonata”.
“Una città abbandonata? E per quale motivo dovremmo andare là? Sono certa che se è abbandonata c’è anche un motivo. Non ci voglio andare. Fermati qua, qua va benissimo”.
“Mi dispiace, ma hai già fatto abbastanza di testa tua per oggi”.
“Sei proprio una rottura! Bel ringraziamento! Dopo che ti ho liberato, mi ricompensi così?”.
“Liberato? Dovevo fare finta di essere morto e tutto sarebbe andato liscio come l’olio, invece tu hai rovinato tutto”.
“Almeno ti ho risparmiato una lunga e noiosa permanenza in quel posto”.
“Non dire cavolate”.
“Adesso sarei io che dico cavolate? Sei proprio un c......e, una testa di c4%%0, uno str&%$o inculato, egoista, e sfaticato: volevi riposare nella tua bella tomba per chissà quanto, e lasciare fare tutta la parte difficile a me”.
___________________________________________________________
1

Sakiel esitò, serrò lo sguardo, poi rispose: “smettila, non è vero”.
Ehileen rimase zitta.
Arrivarono ai confini della città abbandonata insieme alla notte: le uniche sagome visibili erano quelle dei resti di tetre costruzioni squadrate, rischiarate dalla luce lunare.
“Che strani” disse Ehileen.
“Che cosa?” chiese il fratello.
“Quelli. Sono dei palazzi?”.
“Penso proprio di sì, anche se non ti so dire chi li abbia costruiti: la gente è abituata a pensare a questo posto come a un cumulo di rovine disabitate da sempre. Si vocifera che potrebbero essere stati edificati da popoli vissuti in queste terre molto tempo fa”.
“Davvero? In effetti sono molto strani: sembrano fatti di blocchi di vetro, anche se la maggior parte delle vetrate sono infrante”.
I due scesero da cavallo. L’aria attorno a loro era ferma, tiepida, e gli unici suoni udibili erano i radi ululati delle volpi e il gracchiare di qualche uccello notturno.
“Pare che le volpi stiano andando a dormire” disse Sakiel, mentre osservava il buio attorno a lui.
“Sì. Cederanno il posto ai gatti neri” rispose Ehileen, gettando uno sguardo alla mezzaluna brillante nel cielo.
“Che ne pensi di dare un’occhiata nei paraggi prima di andare a dormire?”.
___________________________________________________________
2

“Penso che non riuscirò ad addormentarmi con facilità in un posto come questo, quindi tanto vale vedere cosa c’è in giro” rispose Ehileen, imprimendo una nota nervosa nella voce.
“Non perdere la pazienza, tanto questo posto non è abbastanza ospitale nemmeno per accogliere pericoli: la distanza da ogni fonte di sostentamento lo rende inabitabile, e questo vale per tutte le creature. Anche se, in realtà, tempo fa sono state costruite alcune capanne dai nomadi, ma non si ha traccia di abitanti da tanto tempo”.
“Smettila di sparare cavolate, e dammi una mano a controllare”.
Ehileen cominciò a frugare nella sacca attaccata alla sella di Liberty. Ne estrasse un insetto luminoso, grande quasi quanto un pugno, dotato di ali, dall’aspetto docile e dal temperamento tranquillo.
“Hai un solo lumino?” chiese Sakiel.
“Quanti volevi che ne portassi? Tenerne in vita uno è già abbastanza noioso” disse Ehileen, per poi porgere l'insetto al fratello.
La luce arancionastra dell’insetto si spanse per tutta l’area circostante, e mostrò nuovi dettagli agli occhi dei due: davanti a loro si stagliava una delle strutture rilucenti a forma di parallelepipedo. Sembrava essere più alta di quanto era apparsa in precedenza. Attorno alla sua base si era formato un sottile e disordinato strato di vegetazione, e alcune piante rampicanti si erano spinte più in su, percorrendo l’edificio diroccato in altezza.
“Ma dove mi hai portata?” si lamentò Ehileen.
___________________________________________________________
3

“Basta con i tuoi commenti: mi sono stufato” disse Sakiel, mentre avanzava con il lumino stretto nella mano sinistra.
La sorella lo seguiva, tenendo Liberty per la sella. Girarono l’angolo dell’alto edificio, e si ritrovarono a percorre una via più ampia e vuota, delimitata da altre grandi vetrate, riflettenti la fioca luce del lumino.
“Sembra non ci sia anima viva” disse Ehileen, con la mano comunque stretta sull'arco.
“Sembra” rispose Sakiel, continuando ad avanzare.
“Tanto, i capelli in testa non mi si rizzeranno mai più come stamattina, quando abbiamo incontrato quelle creature”.
“Sì, sono terribili quei revìv…”.
“Per favore, non me li ricordare!”.
Trovarono una delle rudimentali capanne di cui Sakiel aveva parlato. La luce ricadde sull'entrata, e su parte della facciata frontale: era tutto costruito con materiali facili da reperire, come pietre, ossa, e pelli di animali; quest'ultime erano così consunte da essere quasi irriconoscibili come tali. Anche quella costruzione era in parte ricoperta dalle piante.
“Entriamo” disse Sakiel.
“Se vuoi entri tu: io non metto piede là dentro” protestò Ehileen.
Sakiel oltrepassò la semplice apertura che fungeva da ingresso. La luce del lumino non evidenziò nulla di troppo interessante: c’era un primitivo tavolino di roccia, della paglia avvolta in pelle di animale su di un giaciglio, e qualche residuo di ossa sparso sul pavimento sconnesso.
___________________________________________________________
4

“Sembra un buon posto dove mettersi a dormire” disse Sakiel, uscendo.
“Te lo puoi scordare! Io ho il mio sacco a pelo, ti ho già detto” ribatté Ehileen.
“Come preferisci”, Sakiel proseguì nella perlustrazione.
“Ehi! Dove te ne vai?” chiese Ehileen, seguendolo.
Sakiel illuminò un paio di baracche non dissimili da quella poco prima ispezionata.
“Ce ne sono delle altre” disse.
“Grandioso” disse Ehileen, sbuffando.
“E ce ne sono anche alcune ridotte a macerie: forse non hanno resistito al vento”.
“Ecco, e tu mi volevi fare dormire dentro una di queste trappole cadenti?”.
“Aspetta. Hai sentito?”.
“Cosa?”.
I due si fermarono.
“Un rumore, lì” disse Sakiel, sguainando la fedele spada.
Si sentì un fruscio provenire da una delle baracche. Ehileen notò l’atteggiamento di Sakiel, più teso del solito, e decise di rimanere indietro. Con molta calma, ed evitando di far rumore, Sakiel si avvicinò a un lato della capanna, in modo da non far penetrare la luce attraverso l’apertura d’ingresso.
“Chi va là?” esclamò a gran voce.
Non udì risposta, quindi decise di calciare con violenza la parete irregolare della baracca. La fragile struttura barcollò, per poi crollare su se stessa.
___________________________________________________________
5

Sakiel ed Ehileen rimasero fermi ad osservare il cumulo polveroso di macerie, fin quando una voce non si levò dal suo interno: “ohi! Ohi!”.
“C’è qualcuno!” esclamò Ehileen.
Sakiel puntò la spada verso la fonte della voce, e rimase in posizione: scrutò la sagoma riemersa dai detriti, in attesa di comprenderne la natura.
“Hola!” esclamò la voce.
“Hola?” rispose Ehileen, dopo alcuni attimi di tentennamento.
“Hola!” confermò la voce, allegra.
“E che vuol dire?” chiese Ehileen, cercando nel buio lo sguardo scintillante del fratello.
Sakiel sembrava perplesso. Decise di avvicinarsi, in modo da potere illuminare l’individuo. La luce dell’insetto rivelò un corpo così sviluppato in altezza, e così snello, da non potere essere attribuito a un comune essere umano. Il colore della sua pelle appariva inoltre diverso dall’ordinario: a confronto con i due sembrava grigiastro. A causa di queste sue peculiarità, passava in secondo piano il fatto che non indossasse nulla al di fuori di un semplice paio di pantaloni, e degli stivali dalla fibbia lucente. Ehileen e Sakiel compresero di non trovarsi di fronte al tipico abitante di quelle regioni desertiche.
“Hola amigos!” esclamò lo strano individuo.
“Noi non capiamo quello che dici”, Ehileen unì dei gesti alle parole.
“Hola!” rispose lui.
“Chi sei? Come mai ti trovi qui?” chiese Sakiel.
“Hola!” rispose lui.
___________________________________________________________
6

Ehileen si voltò infastidita verso il fratello: “se non ha risposto a me, mi spieghi perché dovrebbe rispondere a te?”.
“Perché tu non hai posto alcuna domanda” rispose Sakiel, col solito tono di voce, oscillante tra l’indifferente e il severo.
“Perché tu non hai posto alcuna domanda”, Ehileen gli fece il verso.
L'estraneo assunse un'espressione confusa.
“Amigos?” disse.
Aveva un viso molto espressivo, e due grandi occhi.
“Gli ho fatto delle domande perché questo qui è un uomo dell’acqua, e, da quanto so, gli uomini dell’acqua sanno parlare anche la lingua comune” disse Sakiel.
“Bene, allora dovresti ricrederti sull’esattezza delle tue conoscenze, visto che questo qui non ha capito neanche una parola di quello che gli abbiamo detto!”.
L'uomo dell'acqua sembrò spaventato da quei discorsi.
“Amigos?” mugolò.
“Ecco, vedi? Lo stai intimorendo! Dimmi un po’: come ti chiami? Qual è il tuo n-o-m-e?” disse Ehileen.
“My nombre es Saleh!” esclamò lui.
“Mi sembra di avere capito che il suo nome è Saleh. Non è così difficile comunicare. Visto? Bastava solo partire dal principio” disse Ehileen.
“Forse stavolta hai ragione. Va bene, proviamo a capire qualcosa di più su di lui in questo modo, tanto è evidente che non sa parlare la nostra lingua” disse Sakiel, abbassando la spada.
___________________________________________________________
7

“Ma io so parlare la vostra lingua” esclamò Saleh.
“Davvero?” chiese Ehileen, stupita.
“E perché non lo hai detto prima?” gli chiese Sakiel.
“Voi non lo avete chiesto” rispose lui.
Ehileen e Sakiel rimasero colpiti dagli ultimi risvolti di quella conversazione: prima pensarono di avere a che fare con uno stupido, poi con un burlone, e si chiesero perché avesse infine rivelato di conoscere la lingua. Decisero comunque di non continuare il dialogo su quelle basi.
“Va bene «amico»: a che gioco stiamo giocando? Qualunque sia, non mi piace” disse Sakiel.
“Ma no, no, scusate” cominciò subito Saleh, “è solo che non parlo la lingua comune da tanto: in Panfilonia, dove vivo, in genere tutti comprendono anche il dialetto degli uomini dell’acqua”.
“Panfilonia? Ah, è la città che si trova sulla costa nord-ovest imperiale. Lì vivono gli uomini dell’acqua?” chiese Ehileen.
“Esattamente” rispose Saleh.
“Molto interessante: dici di venire da lì. Un abitante della Panfilonia cosa ci fa in un posto sperduto come questo?” chiese Sakiel, alzando di nuovo la spada.
“Ehi, amico, per favore, abbassa quella lama: io sono disarmato, non ho niente di valore con me, stavo solo dormendo”.
Sakiel non reagì a quelle parole, quindi lui continuò a spiegare: “allora, allora, stavo trasportando delle epistole, dovevo consegnarle a un villaggio nei pressi di Portoviola, sulla costa sud, ma poi ho perso l’orientamento, e ho vagato per un po’ alla cieca nel deserto, fino a quando ho trovato questo posto, e ho deciso di accamparmi per una notte. Tutto qua”.
___________________________________________________________
8

Sakiel rimase per un po’ rigido nella sua posizione, poi disse: “abbastanza patetico da essere credibile”, e puntò la lama di Isard verso la sabbia.
Saleh tirò un sospiro di sollievo.
“Che spavento! Per un po’ ho pensato che foste dei predoni, e, capirete, dopo un pensiero del genere non è bello vedersi una spada come quella puntata alla gola” disse.
“Predoni, noi? Davvero l’hai pensato? Forse non sai con chi hai a che fare!” disse Ehileen.
“Ehileen, non è il caso di farci pubblicità” la ammonì Sakiel.
“Il tuo mantello nero e il tuo sguardo da deficiente sono una pubblicità già abbastanza esplicita, se è per questo”.
“Parli proprio tu, che passi sempre inosservata”.
L’unico occhio scoperto di Ehileen scintillò di rabbia.
“Brutto c......e pezzo di mé£$@, quante volte devo dirti che non devi fare allusioni al mio corpo!” gli urlò contro Ehileen.
Saleh notò solo allora, grazie a un riverbero della luce, ciò a cui Sakiel alludeva: quella inattesa visione bastò a farlo trasalire.
“Va bene, cambiamo argomento” disse Sakiel, tornando a Saleh, “se trasportavi davvero delle epistole, dov’è il tuo lamu?”.
___________________________________________________________
9

“L’ho legato proprio là dietro…ehi! Aspetta un attimo: tu non sei quel cavaliere bionico, quello spadaccino dall’abilità leggendaria di cui si sente dire in giro?” disse Saleh, con gli occhi spalancati.
“Esatto, proprio lui, quello di cui tutti parlano” rispose Ehileen per il fratello.
“Sulla tua testa c’è una taglia altissima” disse Saleh.
“Cos’è? Vuoi per caso provare a riscuoterla?” gli chiese Sakiel.
“No, per carità: ci sarà un motivo per cui è così alta” disse Saleh, in tono amichevole.
“Finalmente sento qualcosa di intelligente uscire dalla tua bocca” disse Sakiel, per poi cominciare a ispezionare i dintorni.
“Scusalo Saleh, è sempre così scortese con tutti: è il suo carattere” disse Ehileen.
“Fa niente, in fondo ha ragione: balzando giù dal letto così di soprassalto non ho avuto il tempo di svegliarmi del tutto, e per questo sono un po’ confuso” disse Saleh, con la sua voce calma e gentile.
“Ah, già, perdonaci se ti abbiamo scaraventato la capanna addosso” si scusò lei, “per fortuna però non ti sei fatto niente”.
“Già, per fortuna”.
“Ma voi uomini dell’acqua siete tutti così alti?” chiese Ehileen, affascinata.
“Più o meno, fatta eccezione per le donne, che sono tutte più basse. Certo, nessuno supererebbe la stazza di mio zio Pesos: lui è alto quasi due piedi più di me”.
___________________________________________________________
10

“Sul serio? Incredibile. E’ la prima volta che vedo uno di voi, ma devo dire che non siete poi così diversi dagli umani come dicono”.
“Per me è la prima volta che mi capita di vedere una ragazza umana così bella”.
“Ah, davvero? Mi trovi bella? Grazie per il complimento”.
Saleh starnutì.
“Salute” disse Ehileen.
“Salute?”.
“Sì, salute”.
“Che cosa fa la salute?” chiese Saleh.
“Tu hai starnutito, e io ti ho risposto: salute”.
“Ah, quello voi lo chiamate starnuto? E’ solo il nostro modo di dimostrare approvazione!”.
“Ah, capisco. Però sembra proprio uno starnuto, vabé”.
Sakiel si riavvicinò a loro.
“Il nostro amico qui dice il vero: ha un lamu legato lì dietro, e trasporta davvero delle epistole. In più sembra essere il solo in questo posto”.
“Che cosa c’è?” gli chiese Ehileen, irritata, “dubitavi ancora di lui? E’ un essere gentile e premuroso, non sgraziato e fastidioso come te”.
“Se io sono sgraziato e fastidioso, allora tu sei una bambina viziata, che vuole soltanto non essere mai contraddetta”.
“Se non voglio essere contraddetta è solo perché ho quasi sempre ragione. Comunque, pensavo che, visto che anche noi dobbiamo andare verso sud-est, dovremmo scortare Saleh fino a Portoviola”.
___________________________________________________________
11

“Scortarlo? Io non sono la sua guardia del corpo. Ci rallenterebbe soltanto: un lamu non può correre veloce quanto Liberty”.
“Sulla sabbia può e come! E poi dobbiamo fare la stessa strada: non possiamo di certo ignorarlo per tutto il tragitto”.
“Non preoccupatevi per me, me la caverò anche da solo da qui in poi: so la strada, e in più ho anche comprato una bussola da un venditore errante”.
“Sciocchezze: verrai con noi, è meglio per tutti”.
“Ehileen, no” disse suo fratello, “per una volta almeno potresti ascoltarmi? Siamo già abbastanza disorganizzati così come siamo: non è il caso di correre rischi inutili”.
“Ma, portarlo con noi ti sembra un rischio? Di certo non possiamo lasciarlo qua: il deserto è pericoloso, specialmente per chi è disarmato”.
La discussione fu interrotta da una serie di suoni provenienti da lontano.
“Cos’è?” chiese Ehileen.
“Dei lamu, dei cavalli, forse anche delle viverne, delle armature…” cominciò Sakiel, concentrato, “e delle armi”.
“Andiamo a vedere?” chiese Ehileen, estraendo una freccia dalla faretra.
“Sì” rispose Sakiel, affrettandosi con il suo passo inquietante e monotono.
I due, seguiti da Saleh, ripercorsero la strada dalla quale erano venuti.
“Dobbiamo evitare di farci vedere” disse Sakiel, quindi usò il suo potere per oscurare la luce del lumino.
Saleh rimase stupito nel vedere quella singolare nube d’ombra fuoriuscire dal corpo di Sakiel, e avvolgere l'insetto con i suoi scuri viticci: ripensò alle voci sentite sul cavaliere bionico, e comprese che non dovevano essere tutte fandonie.
___________________________________________________________
12

“Sono di là, li vedi? Hanno delle torce” disse Ehileen, appostata a lato di una delle strutture diroccate.
Da quella visuale era possibile vedere delle luci muoversi sullo sfondo del deserto.
“Sono soldati, no? Saranno una cinquantina” disse Ehileen.
“Di più. Saranno almeno ottanta” disse Sakiel.
“Soldati dell’impero? Ma dove stanno andando?” chiese Ehileen.
“Sì, soldati dell’impero, spero proprio. Non so dove stanno andando: non mi risulta ci siano zone di conflitto nelle vicinanze”.
“Forse sono dei rinforzi militari destinati ad arrivare altrove”.
“Vanno verso sud, chissà dove...forse verso Seidirèe”.
“In ogni caso è un po’ strano” concluse Ehileen.
La luna risplendeva alta nel cielo, e le stelle attorno ad essa sembravano quasi il riflesso delle torce che avanzavano ordinate sull’orizzonte del deserto. Una tiepida brezza notturna si levò da distanze remote, e portò con sé odori inconsueti e dimenticati. Il mantello nero di Sakiel si mosse in modo impercettibile.
“Ehileen, vai a dormire: ci aspetta un lungo viaggio” disse lui.
“Sì, è giunto il momento. Vado a prendere il sacco a pelo. Tu cosa farai?” gli chiese.
Sakiel si voltò, e restituì la luce al lumino.
“Starò nei paraggi, tranquilla” disse.
[/b]

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Gen 09, 2012 2:32 pm Rispondi citandoTorna in cima

5° capitolo - Ali nere


La notte, nel deserto, non si potevano osservare né carovane, né viaggiatori. Nel deserto, la notte apparteneva ad altre creature, nascoste, sempre in agguato, padrone indiscusse di quel mondo silente, abbandonato dai colori luminosi del giorno. Quella notte era poco diversa dalle altre, e solo il più attento degli osservatori avrebbe potuto scorgere i celati contorni di una particolare figura oscura che solcava indisturbata i cieli.
“Quanto manca Elweng?” chiese Duhn.
“Poco” rispose Elweng, uno dei due suoi più fedeli sottoposti.
“Preparati a prendere quota, Melko: quando avvisteremo il castello dovremo essere del tutto invisibili” disse Duhn.
“Perfetto” rispose Melko, al comando della creatura alata.
Il trio Duhn, Melko ed Elweng, era conosciuto tra i soldati dell’impero come «le ali nere». Era una delle squadre speciali al servizio di Gangiorg, alla quale venivano affidate tutte le missioni più pericolose. Il comandante del gruppo, Duhn, era stato nominato da qualche anno generale delle truppe imperiali, ed era famoso più per la sua attitudine a prendere iniziative senza il consenso dei superiori, che per la fedeltà al suo ruolo. Era infatti risaputo come lasciasse svolgere la maggior parte dei compiti più noiosi ai suoi due più fedeli assistenti: Melko ed Elweng, per l’appunto. I due si erano conquistati il rispetto e il consenso dei pezzi grossi grazie alle loro peculiari abilità, e alle loro innumerevoli risorse in combattimento. Con il passare del tempo, e il susseguirsi delle loro imprese, le ali nere erano diventate un'icona, un punto di riferimento per chiunque si servisse di assassini, spie, e individui capaci di agire nell’ombra per soddisfare
___________________________________________________________

1

le proprie mire. All’interno della corte di Gangiorg erano abbastanza conosciuti: lì nessuno poteva ignorare i capelli lunghi e selvaggi di Duhn, i suoi occhi verdi, il suo atteggiamento irriverente; non passava di certo in secondo piano la figura di Melko: il lungo vestito nero, il codino, il ciuffo cadente sul volto, il corvo da caccia sempre appollaiato sulla spalla, e l'inseparabile violino, lo rendevano un personaggio piuttosto appariscente; di Elweng si sapeva poco: lo sguardo gelido, la stazza statuaria e l'imponente spada che portava con sé, riuscivano sempre a tenere lontane le domande dei curiosi.
Quella notte Duhn aveva per l’ennesima volta disubbidito agli ordini, ed era partito all’avventura insieme ai suoi fedeli compagni, nel tentativo di far luce sulla misteriosa faccenda dei prescelti.
“Siamo sicuri che il castello in cui l’hanno portata sia questo?” chiese Melko.
“Conosci meglio di me la risposta: si sa che quelle creature hanno a che fare con questo luogo” cominciò Duhn, “e poi le nostre fonti sono sempre state attendibili: se dovessero sbagliarsi proprio questa volta, non ci resterà che tornare indietro”.
“Prima di farlo dovremo comunque riuscire ad arrivare alle prigioni, e non ci vorrà poco: secondo la planimetria che ho recuperato, si trovano nel punto più distante da ogni finestra, o, comunque, da ogni possibile via d’uscita” aggiunse Elweng.
“Se solo il vecchio taccagno mi avesse affidato la missione, avremmo potuto avere più informazioni, e invece no: lo fa di proposito a tenermi sempre all’oscuro di tutto, mi mette alla prova” disse Duhn.
___________________________________________________________

2

“Non ti avrebbe mai tenuto fuori da una questione così importante senza un valido motivo” disse Melko.
“Infatti penso che questa situazione non sia poi così delicata come sembra” disse Duhn, “anche se, non l’avevo mai visto così teso e interessato come davanti a quello specchio”.
“Forse aveva solo paura che tu mettessi in qualche modo in pericolo i suoi piani, visti i precedenti…” disse Elweng, accennando a una risata.
“Certo, ho pensato anche a questo. Bisognerà trovare più indizi prima di parlare. Comunque, Melko, fai salire l’arròs’pigghiàto di quota: stiamo per arrivare” disse Duhn, accortosi delle piccole luci del castello in lontananza.
L’arròs’pigghiàto era uno dei gioiellini del trio ali nere: un’imponente creatura alata, utilissima per gli spostamenti, potente in combattimento, impossibile da individuare nel cielo notturno, indispensabile per la riuscita di ogni loro assalto e attacco a sorpresa. Aveva l’aspetto simile a quello di un enorme corvo, ma con alcune significative e inquietanti differenze: i suoi occhi erano tondi e gialli, semitrasparenti, capaci di infondere angoscia anche negli animi più coraggiosi; le zampe erano lunghe, disponevano di molte articolazioni, e di una buona capacità prensile; il becco era in proporzione più grosso, e affilato oltre la norma; la parte superiore del corpo era ricoperta da un’armatura composta da ossa di svariati animali, raccolte
___________________________________________________________

3

e saldate insieme dalla creatura stessa. In particolare, sul capo troneggiava un grosso teschio cornuto, trofeo guadagnato in seguito a una sanguinosa battaglia, o, forse, l’avanzo di un consistente pasto. La creatura disponeva inoltre di una forte volontà, e c’era chi diceva avesse anche dei poteri ipnotici; i tre non sapevano se fossero solo dicerie, oppure no, ma di una cosa erano certi: non era facile fare ubbidire l'arròs’pigghiàto ai loro ordini. Nel primo periodo in cui provarono a domare la creatura, non ottennero molti risultati, per questo Melko inventò un metodo che si rivelò poi molto efficace: somministrò alla creatura diversi filtri, e altri intrugli da lui creati, per farle provare lancinanti dolori; nei momenti di sofferenza estrema conseguenti all’assunzione di queste droghe, lui suonò il violino, molte volte, finché non riuscì a ottenere le azioni richieste. Così abbinò una diversa melodia a ogni comando impartito, e da allora, ogni volta che la creatura sentiva le note di quelle melodie, non poteva fare a meno di rivivere quei momenti di dolore, e in modo istintivo, per evitarli, ubbidire all’ordine.
Così, mettendo ancora una volta in pratica il suo metodo, Melko imbracciò il violino e cominciò a suonare: l'arròs’pigghiàto, udendo le familiari note, emise un gemito sommesso, quindi cominciò a sbattere le grandi ali nere in modo più veloce. Nel giro di pochi secondi si sollevarono di più di quaranta piedi. Da terra, della creatura era visibile solo un’ombra indefinita, capace di eclissare poche stelle alla volta.
___________________________________________________________

4

“Va bene ragazzi, ricordatevi: dobbiamo essere di nuovo fuori in venti giri di clessidra. Non so bene cosa potremo incontrare là dentro: voi tenetevi pronti a tutto” disse Duhn.
“Come sempre, d’altronde” aggiunse Melko.
“Perfetto” disse Elweng.
Dopo poco, Melko usò un'altra volta il violino, e la creatura cominciò a planare in discesa, per poi aggrapparsi con i suoi artigli a una delle finestre, poco sotto quelle dell’alta torre del castello.
Duhn scese per primo: balzò con agilità attraverso l’apertura nel muro, atterrò con una capriola sul pavimento, all’interno della camera, quindi scattò in piedi, estrasse i coltelli, e si mise in guardia. Osservò i dintorni, ma non notò nulla di pericoloso, né di interessante.
“Forza” disse, facendo un cenno ai suoi compagni.
I due scavalcarono la finestra, poi Melko suonò un’altra melodia, e l’arròs’pigghiàto si rialzò in volo, per presto scomparire nel cielo notturno.
“Bene, fine della parte rumorosa: d’ora in poi si fa sul serio” disse Duhn, portando l’indice vicino alla bocca.
Il grosso corvo appollaiato sulla spalla di Melko gracchiò, come in segno di protesta.
“Vale anche per te” gli disse Duhn, “Elweng, fai strada”.
Elweng estrasse da una tasca della sua tracolla una vecchia mappa cartacea, la esaminò per un po’, poi diede uno sguardo alla stanza, illuminata a stento da delle torce appese alle pareti, quindi fece un cenno col capo, riposò la mappa, e cominciò a camminare a passo spedito. Lo seguirono, e si ritrovarono davanti a una porta di metallo. Duhn provò ad aprirla girando la maniglia: chiusa. Non rappresentò comunque un valido ostacolo: lo stesso Duhn
___________________________________________________________

5

estrasse dalla tasca del suo pantalone una chiave dalla forma molto particolare, la infilò nella serratura, con delicatezza girò, e la porta si aprì. Si ritrovarono quindi in un ampio corridoio, che proseguiva sia dritto che su due diverse rampe di scale: una verso l’altro, una verso il basso. Elweng scese, e gli altri insieme a lui.
L’ambiente era piuttosto disadorno: soltanto mura di grigia pietra, e un lastricato polveroso. Nell’aria era distinguibile l’odore dell’olio bruciato, usato per mantenere le torce accese.
Ad attenderli, al piano di sotto, c’era un altro corridoio: diverse porte occupavano entrambe le pareti, e si udivano delle voci risuonare in lontananza; c’erano anche altre scale, che continuavano verso il basso. Elweng imboccò con decisione quest'ultime. Scesero ancora, e si ritrovarono in un ambiente più ampio, illuminato, da cui si diramavano ulteriori passaggi: sul pavimento si trovavano alcune borse e dei vasi, mentre appesi alle pareti vi erano dei mantelli e delle tuniche dai colori scuri. Melko cercò lo sguardo di Duhn, ma lui era troppo concentrato sui movimenti e sui rumori per potergli concedere attenzione. Elweng sembrò per un attimo indeciso sulla strada da prendere, ma poi, come ricordandosi, continuò dritto. Attraversarono il locale e si ritrovarono davanti a un’altra porta chiusa. Duhn guardò con rapidità dal buco della serratura, poi infilò la sua chiave universale, girò con cautela, e anche stavolta la porta si aprì. Erano arrivati a una sala speculare alla precedente.
___________________________________________________________

6

Senza indugi continuarono ad avanzare, fin quando non sentirono il rumore di un’altra porta aprirsi, e di passi che si muovevano nella loro direzione. In fretta indietreggiarono, e si nascosero in uno degli stretti corridoi secondari. Due uomini incappucciati, avvolti da ampie tuniche, percorsero al contrario i loro passi: non notarono nulla di strano, e scomparvero dall’ultima porta che i tre avevano aperto. Duhn, Elweng e Melko ne approfittarono per sgattaiolare fuori e proseguire.
Mentre avanzavano con cautela sentirono le voci dei due rimbombare da dietro: “ma non era chiusa questa porta?”, poi di nuovo silenzio. Elweng si voltò un attimo e guardò Duhn inarcando il sopracciglio. Lui rispose con una faccia indifferente, e lo incitò ad andare avanti.
Arrivarono ad altre scale, e anche stavolta proseguirono verso il basso. Al termine dei gradini, Duhn si mise in guardia, Elweng sollevò la spada, Melko imbracciò il violino: decine e decine di uomini-scheletro colmavano la vastità della sala. I tre rimasero immobili ad osservarli, e con stupore si accorsero che anche loro rimanevano immobili.
“Che?” disse Duhn, stupito da quell’insolita visione.
“Sono quelle creature scheletriche” sussurrò Melko.
“Ma sono ferme” disse Elweng.
Avevano un aspetto ancora più inquietante del solito: erano come delle statue, in piedi, chini su loro stessi, con le colonne vertebrali incurvate, le spade rugginose e gli scudi stretti in pugno. I loro occhi vuoti e spenti facevano pensare che la vita li avesse abbandonati per sempre.
“Sembrano addormentati” sussurrò Melko.
___________________________________________________________

7

“O morti, come d’altronde dovrebbero essere” commentò Elweng.
Gli uomini-scheletro occupavano la sala formando due gruppi composti, ognuno addossato a una parete. Lasciavano libera la parte centrale della stanza, in modo da consentire il passaggio.
“Non importa” disse Duhn, incoraggiandoli a proseguire in mezzo a loro.
Trovarono altre scale, poi altre stanze, e altri uomini-scheletro.
“E’ una specie di magazzino” sussurrò Elweng, “belle cose...”.
Scesero di altri due piani: nelle due sale corrispondenti trovarono diverse armi appese alle pareti, e lupi-scheletro, in condizioni non dissimili dagli uomini-scheletro già incontrati.
“Quanto manca, Elweng?” chiese Melko, con malcelata ansia.
“Dovremmo esserci quasi”.
Erano scesi abbastanza in basso: Elweng sapeva che le segrete si nascondevano lì da qualche parte.
Si trovarono davanti a un bivio, così si sporsero dagli angoli per scorgere quel che li avrebbe attesi nelle differenti direzioni: a sinistra Duhn vide diverse ceste e grandi contenitori, e una porta in fondo; sulla destra si poteva notare solo che il corridoio continuava in lunghezza. Decisero di proseguire a sinistra. Dietro la porta trovarono un’anticamera, che conduceva, tramite un’ampia rampa di scale, a una zona più luminosa. I tre si guardarono, e capirono di starsi allontanando dal luogo che cercavano. Duhn invitò gli altri due a tornare indietro.
___________________________________________________________

8

“Ehi, voi! Chi siete?”, una guardia incappucciata in cima alle scale li aveva scoperti, e aveva cominciato a sbraitare.
I tre riattraversarono la porta con estrema rapidità.
“Fermi” disse Duhn, rivolto ai suoi compagni, già pronti a correre via.
“Che vuoi fare?” gli chiese Melko.
“Le scatole” sussurrò Duhn, indicando i grossi contenitori notati poco prima.
Nel frattempo altre guardie erano accorse all’allarme, e già si affrettavano a trovare la chiave giusta per riaprire la porta, chiusa da Duhn. Quando riuscirono a passare, dei tre non c'era più traccia.
“Saranno saliti di là” urlò una delle guardie, e cominciò a correre verso i magazzini, seguita dalle altre.
Lasciarono il corridoio.
A un tratto, una delle scatole sul pavimento si mosse, per poi sollevarsi da terra: nascosto al suo interno c’era Duhn, che, dopo essersi ravviato i lunghi capelli, fece segno agli altri due di uscire allo scoperto.
“Che c......i: ci cascano sempre” sussurrò.
“La prossima volta devo prepararmi in anticipo: ho rischiato di graffiare tutto il violino” disse Melko.
“Va bene, allora che facciamo? Ce la svigniamo?” sussurrò Elweng.
“Nemmeno per idea, andiamo di là” disse Duhn, proseguendo dall’altra parte del corridoio.
“Ma ci hanno scoperto!” sussurrò con veemenza Elweng.
“Siamo arrivati troppo vicini per potere rinunciare ora” rispose Duhn.
___________________________________________________________

9

Continuarono ad avanzare a passo spedito, girarono qualche altro angolo, e aprendo l'ennesima porta, arrivarono alle segrete. Tre guardie incappucciate li accolsero brandendo spade e ascia. Duhn conficcò uno dei suoi pugnali nello stomaco del primo, senza lasciargli il tempo di reagire. Elweng bloccò gli altri due con la sua spada, e diede così a Melko il tempo di eseguire una melodia: non appena ebbe finito, il suo corvo si alzò in volo, e sferrò due colpi in picchiata contro i volti dei due assalitori. Uno di questi fu solo ferito dall’attacco, e, stordito, non riuscì a contrastare i fendenti di Elweng, a causa dei quali cadde a terra senza vita. L’altro era rimasto vittima del robusto becco del corvo, e della coltellata che Duhn gli aveva con prontezza inferto tra le scapole.
“Penso proprio che, se continua così, dovrai pagarci gli straordinari” disse Melko, rivolgendo a Duhn un ghigno trionfante, mentre il grosso corvo ritornava sulla sua spalla.
Duhn non proferì parola. Scavalcò il cadavere ai suoi piedi, e cominciò a setacciare i dintorni con lo sguardo. Notò la presenza di diverse celle. Superò a passo lento la prima, poi la seconda, e infine, arrivato alla terza, si fermò.
“Finalmente ti abbiamo trovata” disse, tirando fuori la chiave universale.
All’interno della sudicia prigione, raggomitolata in un angolo, e avvolta in abiti ormai laceri, c’era la principessa Sophie. I suoi occhi verdi sembrarono tremare mentre guardava meravigliata la porta aperta della sua cella.
___________________________________________________________

10

‘Chi sono questi?’ si chiese, ‘hanno ucciso le guardie, hanno detto che mi stavano cercando, hanno aperto la cella: sono venuti a salvarmi!’
“Sophie, lo smeraldo d’onore: temo dovremmo rimandare a dopo i chiarimenti, perché adesso dobbiamo scappare” disse Duhn.
Le porse la mano e la tirò in piedi.
“Di qua via libera”, Elweng fece segno di raggiungerlo all’entrata delle segrete.
Sophie, accompagnata da Duhn, procedeva con passo malfermo: aveva perso le scarpe durante il rapimento in Cameminia, e da quando era stata rinchiusa si era sempre dovuta arrangiare a piedi nudi.
‘Il pavimento è freddo’ pensò, ‘spero che in giro non ci siano cocci di vetro o altro. In ogni caso, per ora la cosa importante è andare avanti’.
“Da questa parte, senza paura” disse Duhn, aiutandola a procedere.
Sophie si trovava lì da nemmeno un giorno, ma alla paura si era già abituata. Provò una certa sensazione di disgusto quando il suo piede venne a contatto con il sangue sparso sulla pietra del pavimento, ma quella percezione scivolò presto giù dalla sua mente, e non le pesò nemmeno per un istante.
“Dove andiamo ora?” chiese Melko.
“Sulla via fin qui fatta non ho visto finestre, e per chiamare il nostro amico pennuto ce ne servirà almeno una: dobbiamo tornare alle scale, lì, dove ci hanno scoperto” disse Duhn.
___________________________________________________________

11

In breve ritornarono alla biforcazione, dove in precedenza si erano nascosti. Riaprirono la porta per accedere all’atrio, e, non appena l’ebbero varcata, con disappunto notarono che qualcosa era cambiato: ad attenderli sulle scale c’erano cinque uomini, tutti incappucciati, per lo più armati. Uno di loro, un po’ più avanti degli altri, vestito di nero, indossava un bavaglio, e reggeva una massiccia spada dalla forma molto particolare. Sophie sussultò nel riconoscere l’uomo che aveva guidato l’assalto al tempio.
“Lasciate la ragazza. Se la lasciate subito, saremo indulgenti” sentenziò.
“No. Voi lasciateci passare” cominciò Duhn, puntandogli contro uno dei suoi pugnali, “se lo fate, noi saremo indulgenti”.
L'uomo poggiò la spada sullo scalino sotto di lui.
“Quanta arroganza. Quanta vanità. Sai con chi stai parlando?” disse.
“Se sei il capo di questo manipolo d’idioti, non mi importa” rispose Duhn.
“Basta, non mi va di sciupare fiato per tre stolti sul punto di morire. Questa discussione finisce qui” disse, facendo segnale ai suoi uomini di avanzare.
“La prossima volta parlo io” disse Melko, già pronto con il violino.
“Risparmia la diplomazia per quando saremo a casa, e preparati” disse Duhn, attento alle mosse nemiche.
___________________________________________________________

12

???
Comandante delle Forze Oscure
Il misterioso individuo aveva preferito non rivelare la sua identità. Qualunque fosse la natura del suo ruolo, era comunque facile intuire rivestisse una carica privilegiata all’interno del misterioso gruppo. Due dei suoi soldati, armati di spada, si fiondarono giù per le scale. Elweng avanzò per tenerli lontani, ma si rese conto che lo stare qualche gradino più in basso di loro lo svantaggiava nel combattimento. Per sua fortuna Duhn fu subito pronto a dargli man forte: lanciò dei coltelli da una postazione favorevole, e ferì lo stesso uomo, prima a una gamba e poi alla spalla. Sophie, in disparte, osservava la scena con disappunto.
‘Oh dei! Che devo fare?’ si chiese, ‘spero che se la sappiano cavare, perché io non posso fare nulla’.
I due uomini più in alto, avvolti in ampie tuniche scure, rimasti immobili fin dall’inizio, destarono l’attenzione di Melko, che scorse in loro dei movimenti sospetti.
“Attenzione! Quelli lassù sono maghi del fuoco!” avvertì Melko, sul punto di completare una melodia.
I due maghi erano infatti pronti a sferrare un attacco: in contemporanea lanciarono delle palle infuocate contro Duhn, il quale riuscì però a schivarle con prontezza. Il corvo di Melko intervenne, e mise i due maghi in fuga. Poi si scagliò contro il soldato già ferito, per dargli il colpo di grazia.
“Ora basta, avete scherzato fin troppo!” disse il comandante, e scagliò una palla infuocata contro Melko.
___________________________________________________________

13

Sophie impallidì quando vide quelle fiamme investirlo e avvolgerlo.
‘Oh dei! L'ha colpito!’ si disse, sentendosi venir meno.
“E adesso tocca a voi!” minacciò il comandante, rivolto a Duhn ed Elweng.
“E quando tocca di nuovo a me?” chiese Melko, riemergendo dal fuoco.
Il comandante incappucciato lo guardò sconvolto. Anche Sophie si sorprese di vederlo tornare in piedi, vivo, e senza più le fiamme addosso.
“La mia veste è realizzata con materiali ignifughi all’avanguardia: il tuo fuoco non potrà torcermi un capello” disse Melko, scostandosi il lungo ciuffo nero dal volto.
‘Come sempre fa lo sbruffone’ pensò Duhn, ‘deve stare attento a provocare così il nemico, anche perché si sa che il suo rimedio contro il fuoco non è efficace come dice. Perlomeno è riuscito a proteggere il violino dalle fiamme’.
“Stupidi!” esclamò il comandante, pronto a scagliarsi contro Elweng, “pensate davvero che riuscirete a uscire vivi da qui? Illusi”.
Elweng dovette fare appello a tutte le sue forze per contrastare l’impeto devastante della spada avversaria. Duhn lanciò un coltello al comandante, lo costrinse a scansarsi, e quindi a indietreggiare. In questo modo Elweng ebbe la possibilità di scattare a destra, e attaccare uno dei due maghi. Nel frattempo, il soldato armato di spada si era avvicinato in modo pericoloso a Melko, il quale attendeva però con calma il suo avvento: quando la distanza tra i due raggiunse il limite critico, il corvo apparve da dietro al
___________________________________________________________

14

soldato, e lo colpì, sbalzandolo in avanti. Melko ne approfittò per conficcargli nel ventre il suo appuntito e tagliente archetto. Sophie rimase stupita nello scoprire che lo stesso strumento che usava per suonare fosse anche un’arma. Melko lo estrasse dal corpo dell’uomo riverso sul pavimento, e, ancora insanguinato, lo usò per eseguire un’altra melodia, e impartire nuovi ordini al corvo.
“Tu, con le tue canzoncine mi hai fatto davvero alterare lo stato psicologico!” disse il comandante, usando la spada per contrastare il corvo, e quindi avvicinarsi a lui.
“Occupati dell’altro mago” disse Duhn a Elweng, per poi avventarsi contro il comandante.
La grossa e pesante spada dalla forma triangolare stridette quando si trovò a stretto contatto con i due pugnali di Duhn.
“Fin troppo prevedibile” disse il comandante, fissando negli occhi il suo avversario.
Duhn si trovò sul punto di tendere tutti i muscoli del corpo nello sforzo di bloccare quel rapido fendente.
“Proviamo con qualcosa di più fantasioso allora” disse Duhn.
Senza pensarci su troppo, disimpegnò il pugnale stretto nella mano destra per tentare un affondo sul braccio fasciato del comandante. Egli riuscì a schivare il colpo, ma per farlo dovette arretrare, e scendere di qualche gradino. Melko allora gli si avvicinò con cautela, ma decise di tornare indietro quando lui cominciò a roteare la grossa spada in tutte le direzioni.
___________________________________________________________

15

“Voi tre potrete anche essere in gamba, ma non riuscirete in nessun modo a ostacolare i nostri progetti”, il comandante era circondato.
“Mi dispiace, ma tu non saprai mai se ci riusciremo o meno” disse Duhn, avvicinandosi con attenzione.
“Eh eh. Voi non sapete, ma presto gli scheletri si risveglieranno, e vi verranno a sbranare qui, senza indugio” disse il comandante.
Il fuoco ardente delle torce sulla parete stagliava le sagome dei quattro come ombre negli occhi di Sophie, la cui mente era offuscata dal vorticare di miriadi di pensieri funesti.
‘Quel tizio è troppo forte per loro!’ pensò, ‘è disumano!’.
“Arrivano altri soldati” annunciò Elweng.
Un gruppetto di quattro guardie armate di spada aveva aperto la grande porta in cima alle scale.
“Occupiamocene noi” rispose Melko.
Come un fulmine il comandante si lanciò su Duhn: tentò un fendente, fallì, allora girò su se stesso e provò un colpo basso, facendo saettare la lama rasente al pavimento. Grazie ai suoi riflessi, Duhn fu pronto a evitare l’attacco con una capriola all’indietro. Riatterrò qualche gradino più in basso, sfoderò la sua spada dalla punta ricurva, e fu subito in grado di parare un altro colpo (in un altro contesto, questo tipo di arma flessibile, a taglio singolo, lavorata con argilla, verrebbe chiamato «katana»).
“Speravo di non doverla usare” disse Duhn.
I due incrociarono le spade più volte: dopo un primo scambio, il comandante si rese conto che la velocità dell’avversario lo avrebbe presto messo in difficoltà.
___________________________________________________________

16

Infatti, in poco tempo, quando anche le ultime guardie furono messe al tappeto, si ritrovò spalle al muro. Fu la spada di Duhn a trafiggerlo. Il braccio avvolto dalle fasce svolazzanti perse le sue forze, e lasciò cadere sul pavimento la grossa arma.
Il tonfo stridente del metallo coprì i suoi ultimi gemiti.
“Adesso filiamo via” disse Duhn, riponendo la spada.
Sophie li raggiunse sulle scale, gettò uno sguardo al corpo del comandante, poi insieme continuarono a salire.
“Per te quello che ha detto quel tizio è vero?” chiese Melko.
“Dici degli scheletri? Spero di no” rispose Duhn, trascinando Sophie per una mano.
Oltre la porta c’era una sala con dentro due lunghi tavoli di metallo, forse una mensa. C’erano due uscite. I quattro scelsero la più vicina: oltre questa si trovava un altro lungo corridoio, senza nemmeno una finestra.
“Ancora non ci siamo. Stiamo seguendo la direzione giusta Elweng?” chiese Duhn, senza smettere di correre.
“Secondo quello che ricordo della mappa, dovremmo quasi essere arrivati all’ala sud-est del castello” rispose.
“E lì ci sono vie di uscita?” chiese Duhn.
“Forse delle finestre”.
Si ritrovarono a un altro crocevia: c’erano rampe di scale verso l’alto, verso il basso, e un corridoio di fronte a loro.
___________________________________________________________

17

“Abbiamo compagnia!” disse Melko, indicando alla loro destra.
Degli uomini-scheletro stavano scendendo le scale, e ad accompagnarli c’erano due maghi.
“Presto!”, Duhn incitò gli altri a fare più in fretta.
Da sopra le scale i maghi attaccarono con diverse sfere infuocate, ma non mirarono su Duhn, bensì su Melko ed Elweng: il primo riuscì a evitare il colpo, il secondo invece sbagliò tempismo, ma riuscì a pararsi all’ultimo secondo con la spada.
“Me la sono vista brutta!” esclamò Elweng, con in mano la spada ancora avvolta dalle fiamme.
Attraversarono il corridoio, e si ritrovarono in un locale attiguo alle mura esterne: c’erano delle finestre. Senza indugiare oltre, Melko cominciò a suonare, e in breve l’arròs’pigghiàto fu a loro disposizione, aggrappato con gli artigli a una delle finestre.
“Vai per primo, Melko” esclamò Duhn.
Melko scavalcò quindi la finestra, atterrò sul dorso dell’enorme volatile, ne prese le redini, e si tenne pronto.
Nella stanza fecero irruzione dei lupi-scheletro. Duhn sguainò la spada, aspettò che il primo si avvicinasse, poi gli trafisse il cranio con un affondo. La creatura però non sembrò indebolita in modo significativo dal colpo.
“Dobbiamo mettere al sicuro la principessa!” esclamò Elweng.
“No, a lei non torceranno un capello, vai prima tu!” disse Duhn, fermo davanti a Sophie per farle da scudo.
___________________________________________________________

18

“Tutti tuoi!” disse Elweng, e dopo avere sbaragliato uno dei lupi-scheletro con un portentoso colpo di spada, saltò giù dalla finestra.
Le creature all’interno della stanza erano intanto diventate più numerose. Sophie, spaventata, si era già arrampicata sul cornicione della finestra, e sembrava pronta a saltare.
‘Dobbiamo scappare subito! Dobbiamo saltare subito giù! E’ l’unica speranza!’ pensò.
Uno degli esseri tentò di azzannare Duhn, ma lui si difese con la spada.
“Andiamo! Che aspettiamo?” lo incitò Sophie.
“Un attimo solo”, Duhn tirò fuori dalla veste un oggetto rotondo, dalla consistenza legnosa, “morite creature del demonio!” esclamò, poi premette una sporgenza sulla superficie dell’oggetto e lo lasciò cadere sul pavimento.
Si gettarono giù insieme, e atterrarono sull’arròs’pigghiàto.
“Schizziamo via di qui!” disse Duhn a Melko.
“Non avrai mica…” cominciò Elweng.
L’arròs’pigghiàto si allontanò in planata dal castello di una quarantina di iarde, e a quel punto il fragoroso rombo di un’esplosione li travolse: l’oggetto che Duhn aveva lasciato all’interno della fortezza era una bomba chimica, frutto delle ricerche di un gruppo di alchimisti imperiali. Sophie si voltò a guardare, e notò, quando i bagliori glielo permisero, che la parete esterna era ridotta a un cumulo di macerie fumanti.
‘E‘ esploso tutto!’ osservò, incredula.
“Questo dovrebbe bastare a fermare quei cosi” disse Duhn.
___________________________________________________________

19

“Sei un pazzo!” gli disse Melko, compiaciuto.
“Siamo stati grandiosi: tutto alla fine è andato a meraviglia” riconobbe Elweng.
“Sì, devo ammettere che sono contento che tutto sia filato liscio, anche se abbiamo corso dei rischi inutili più di una volta” disse Duhn, reggendosi con forza alle maniglie della grossa sella posta sul dorso del volatile.
“Se ti riferisci a quella palla di fuoco, ti posso assicurare che tutto era sotto controllo” chiarì Melko.
“Ragazzi, vi sono infinitamente grata per ciò che avete fatto” disse Sophie, con una voce tra il commosso e lo sconvolto, ‘questi coraggiosi giovani hanno rischiato la vita per portarmi al sicuro! Devo loro la vita’.
“Di nulla Sophie, è solo il nostro lavoro” rispose Duhn.
“No, sul serio: siete stati fantastici. Io non so quanto altro tempo sarei resistita là dentro: era pieno di quelle creature orribili, nessuno parlava, mi hanno trascinata fino lì con la forza, imbavagliata, bendata, e non avevo idea di cos’altro mi avrebbero dovuto fare”.
“L’importante è che adesso è tutto finito. Prima che venga l’alba saremo di nuovo entro i confini imperiali” disse Duhn.
Sophie, aggrappata con forza alla sella, con il vento che le scarmigliava i capelli e le strappava dagli occhi qualche lacrima, rimase ad osservare affascinata la sagoma appena visibile al chiaro di luna del suo salvatore: Duhn. Non sapeva nulla di quel giovane uomo, e non lo aveva mai visto prima, ma in quel momento era certa che le parole non sarebbero mai bastate a esprimere la gratitudine nei suoi confronti.
___________________________________________________________

20

‘Quel Duhn è il migliore! Quando torneremo a casa, chiederò a mio padre di investirlo della nomina di cavaliere onorario’ si disse.
Anche gli altri due avevano quasi i suoi stessi meriti, ma non erano stati loro a tenerla per mano durante il tragitto, a parlarle, a proteggerla, a gettarsi nel vuoto insieme a lei. Pensò che non avrebbe mai dimenticato quei momenti, quella notte.
“C’è qualcosa di strano” intuì Melko all’improvviso, guardandosi intorno.
“Cosa?” chiese Duhn.
“Abbiamo luci, Elweng?” chiese Melko.
“No, solo una lanterna, ma non ci servirà a niente quassù”.
Prima che qualcun altro potesse parlare, qualcosa urtò con violenza l’arròs’pigghiàto. Sophie gridò, Elweng imprecò. Il volatile cadde nel vuoto per qualche decina di piedi prima di ricominciare a planare.
“Che cos’era?” chiese Melko, sgomento.
“Non lo so, con il buio non si è visto nulla!” ammise Duhn.
“Qualunque cosa fosse, ha colpito qua, sul lato destro” fece notare Elweng.
Tutti si guardarono intorno senza riuscire a scorgere nulla. Il silenzio della notte era però stato sostituito da un rumore di ali.
“Si vede nulla?” chiese Melko.
___________________________________________________________

21

“No, niente. Anzi, aspetta! C’è qualcosa sopra di noi” esclamò Elweng.
Prima che gli altri avessero il tempo di notarlo, degli artigli afferrarono l’arròs’pigghiàto sul lato destro. La creatura, sfuggita al comando di Melko, emise un gemito di dolore, subito seguito da un verso gracchiante, poi cominciò a sbattere le ali e a dimenarsi per liberarsi dalla presa del misterioso assalitore. I quattro, osservatori impotenti, non poterono far altro che assistere all’avvento di un altro paio di artigli, che afferrarono il lato sinistro del volatile, e contribuirono a rallentare la loro caduta. Sophie provò a stringersi con tutte le forze all’appiglio della sella, ma, a un certo punto, a causa dei movimenti violenti e imprevedibili ai quali erano soggetti, fu costretta a mollare la presa con le gambe. Duhn la vide in pericolo, e si sporse per trattenerla. Nel frattempo sembrava che altri due artigli avessero stretto la loro morsa sulla carne dell’arròs’pigghiàto, impedendone sempre più la capacità di movimento. Precipitarono, sempre più in giù, poi, a un tratto, il grande volatile riuscì a liberarsi da una delle prese, e a tendere l’ala per sfruttare la resistenza dell’aria. Il cambio improvviso di direzione sbalzò Sophie fuori, e con lei anche Duhn. Quando Elweng si accorse che stavano cadendo, era già troppo tardi per fare qualsiasi cosa.






Fine del capitolo. Ci si rivede il prossimo lunedì. Ma se volete, potete visitare il sito nel link proprio qui sotto, nella mia firma, e scoprire molti contenuti extra, e nuove storie sui personaggi che già conoscete.

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Gen 16, 2012 3:38 pm Rispondi citandoTorna in cima

6° capitolo- Degenerazione


Il primo dei due soli stava per sorgere da dietro gli sparuti monti al confine est del territorio imperiale. L’incerta luce del mattino cominciò pian piano ad irradiare il paesaggio: la sabbia, le sterpaglie, i sentieri, le baracche e le case circostanti, si tinsero ancora una volta dei loro usuali colori.
Juneh, in fuga dai pericoli della sua città, aveva continuato a camminare insieme a Tera per tutta la notte, sempre con addosso la tunica dell’invisibilità.
Quando il primo raggio di sole la colpì, portò un braccio sopra gli occhi per ripararsi.
“L’alba” cominciò Tera, con voce bassa e distaccata, “spesso associata a eventi positivi”.
Juneh si fermò.
“Cosa c’è?” le chiese Tera.
“Niente: volevo solo sapere quanto manca ancora. Sto cominciando a stufarmi” disse Juneh, in segreto ancora afflitta dal dolore alla schiena.
“Ci credo: abbiamo camminato per molto. Comunque siamo quasi arrivate: ciò che stiamo cercando si trova in una di queste casupole”.
“E cosa sarebbe ciò che stiamo cercando?”.
“Il mezzo che ci porterà alla fortezza dei custodi, dove potremo proteggerti”.
“Custodi? Sarebbe la vostra organizzazione?”.
“Sì”.
“Che ha il compito di proteggere me e Sophie?”.
“Tu e Sophie non siete le uniche: ci sono altri prescelti, sparsi nel mondo. Noi veniamo a conoscenza solo a volte delle vostre identità. Il problema è che, quando succede, anche l’impero e le forze oscure possono individuarvi, e cercare di catturarvi”.
“E perché voi volete difenderci?”.
___________________________________________________________

1

“Perché, se cadeste nelle mani dell’impero, potrebbero accadere cose terribili: non mi addentro nei particolari perché è una faccenda davvero complicata. Posso solo dirti che la collaborazione di voi prescelti con l’impero potrebbe addirittura causare la fine del mondo”.
“La fine del mondo dici?”, Juneh si tolse la tunica dell’invisibilità di dosso, “questa è la storia più insensata che abbia mai sentito, anche più illogica di certe parabole religiose. E la cosa più assurda è che io dovrei essere una delle protagoniste di tutto questo gran casino!”.
“Perché ti sei tolta la tunica?” la ammonì Tera.
“Caldo” rispose secca lei, “tanto non c’è anima viva nei paraggi”.
“Non dire così: quelle fattorie potrebbero essere abitate. Ho capito: vieni, mettiamoci un attimo dietro quel colle”.
Si appostarono all’interno di un piccolo avvallamento, ancora in ombra a causa dell’inclinazione solare. Tera estrasse dalla sua tunica una borraccia, e la porse a Juneh. Lei accettò, e, senza dire una parola, bevve un sorso d’acqua, poi si asciugò con un lembo della veste bianca, e trasse un sospiro.
“Sai? Pensavo di darti una cosa, ma devi stare attenta a non perderla” disse Tera.
“Promesso. Dai, cos’è?”.
“Questo”, le porse un ciondolo.
Juneh lo prese in mano, e cominciò a esaminarlo: legato a un semplice filo di canapa c’era un cristallo trasparente, dalla forma appuntita e allungata.
“Wow! E’ un cristallo come quello che hai usato stanotte per illuminare la via” disse Juneh.
___________________________________________________________

2

“Esatto. A prima impressione potrebbe sembrare un semplice gingillo, ma in realtà possiede il potere di immagazzinare la luce”.
“Ma, scusa, sono capace di usarlo anch'io?”.
“Perché no? D'altronde sei una chierica: in genere la gente dedita alle pratiche spirituali è portata per questo genere di cose. Vedrai che attraverso la concentrazione e l’esercizio della volontà potrai padroneggiare le sue virtù. In fondo non è difficile da usare”.
Juneh chiuse gli occhi, provò a concentrarsi, ma non riuscì a ottenere alcun risultato, a parte quello di scoprire di essersi morsa la lingua.
“Concentrazione ed esercizio. Vedrai, prima o poi…” disse Tera.
“Come mai hai deciso di regalarmelo?”.
“Ho pensato potrebbe tornarti utile. Se lo carichi abbastanza, puoi anche rilasciare un raggio di luce così potente da accecare. Se dovessi trovarti in difficoltà, in guai dai quali non potrò tirati fuori…”.
“Ti ringrazio”.
Juneh legò il ciondolo al collo, e la comunicazione tra le due si interruppe. Sapeva che non avrebbero ricominciato a parlare presto, ma le andava bene così.
Indossarono ancora una volta le tuniche dell’invisibilità, poi si incamminarono verso una direzione precisa. Durante il tragitto notarono che la maggior parte delle case nei paraggi erano disabitate, e solo in due o tre di quelle che incontrarono poterono osservare segni di vita: bestiame di vario genere radunato in recinti di pietra grezza, attrezzi da
lavoro appoggiati alle pareti delle abitazioni, lamu da
soma. ___________________________________________________________

3

Quando arrivarono in prossimità del luogo, Tera fece un cenno. Juneh alzò lo sguardo, e notò sulla sommità di un colle un qualcosa di scuro. Fin da quel primo avvistamento, Tera si rese conto che qualcosa non andava. Quando si avvicinarono abbastanza, infatti, scoprirono che dell’edificio che cercavano erano rimaste solo delle macerie bruciacchiate.
“Non pensavi di trovarlo in questo stato, o sbaglio?” disse Juneh.
“Non pensavo, ma dovevo aspettarmelo: dentro questa costruzione doveva esserci un mio socio. Ho cominciato a preoccuparmi ieri quando non sono riuscita a contattarlo per via telepatica”.
“Per via telepatica?”.
“Sì, possiamo comunicare a distanza: poi in caso ti spiego. Per adesso ho bisogno di pensare: voglio proprio capire come dovremo cavarcela ora”.
“Perché? Il tuo socio teneva il mezzo di trasporto lì dentro?”.
“Esatto. Lì dentro, dove ora ci sono solo detriti e cenere, doveva esserci una fenice”.
“Che cosa sarebbe?”.
“Un grande rettile piumato, molto simile a un imponente uccello. Avremmo dovuto usarlo per volare via da qui”.
Entrambe rimasero senza parole, ferme. Dopo poco, Tera si tolse la tunica dell’invisibilità, e cominciò a frugare tra la sporcizia sparsa lì intorno. Juneh fece lo stesso, ma si stancò presto, e si sedette sopra una rudimentale panchina di roccia.
___________________________________________________________

4

“Cosa dovrebbe essere successo?” chiese.
“Potrebbero essere successe tante cose. Sembra che, in ogni caso, abbiano dato fuoco alla costruzione, e l’abbiano demolita. Forse è opera dei banditi” disse Tera, affannata, “questa proprio non ci voleva”.
“Potremmo chiedere spiegazioni a qualcuno del luogo. Oppure dovremmo rassegnarci al pensiero di non avere più questa fenice, e trovare un modo alternativo per raggiungere il vostro covo”.
“L’impero ti da sempre la caccia, però, in fondo, ci troviamo in un luogo di periferia, in cui le notizie non arrivano con molta velocità…Non so, potrebbe comunque essere rischioso chiedere informazioni. D’altro canto, la fortezza è troppo distante perché possiamo raggiungerla con mezzi convenzionali”, Tera si tolse il cappuccio, liberando i fluenti capelli castani, “esistono delle altre postazioni nel deserto, dove altri miei soci tengono in serbo delle fenici: potremmo provare a raggiungere una di quelle. Rimane comunque da capire come, visto che la più vicina dovrebbe trovarsi a circa quattro giorni di viaggio da qui, e intendo quattro giorni di marcia con i lamu, non a piedi”.
“Bene. Mi pare non ci siano molte alternative”.
Rimasero ferme per un po’ a pensare, fin quando l’inconfondibile scalpitare di zoccoli in lontananza destò la loro attenzione. Si alzarono in piedi sulla sommità della collina sabbiosa, e notarono un carro in viaggio su di un sentiero in fondo al pendio.
“Va nella direzione giusta?” chiese Juneh.
___________________________________________________________

5

“Giusta? Se intendi la direzione che dovremmo seguire, sì, è quella giusta, ma non sappiamo…” cominciò Tera.
“Dai” la interruppe Juneh, “penso sia un’occasione da cogliere al volo!” disse, e cominciò a scendere.
“Può darsi” mormorò Tera, tentennando solo un attimo prima di seguirla.
Le ruote del carro, dentate, e dalla dura consistenza legnosa, lasciavano sulla sabbia le tipiche impronte discontinue, affiancate da quelle degli zoccoli dei due lamu. Questi, guidati dal conducente, rappresentavano la forza trainante dell’intero complesso.
Nella struttura, la zona posteriore era riservata ai passeggeri: offriva protezione dal sole grazie a un telo di pelle grezza, di colore viola, molto chiaro, sorretto da delle strutture ricavate da ossa animali, poco flessibili, conferenti al padiglione un aspetto spigoloso.
“Scusi!” esclamò Juneh, affrettandosi incontro al carro.
Il carovaniere, baffuto, e avvolto dalla testa ai piedi in un manto beige, alzò lo sguardo, quindi tirò le redini per fermare i lamu.
“Grazie, molto gentile” disse Juneh, dopo essersi avvicinata.
“Non così tanto come sembra. Ma ditemi: come può un corriere errante come me essere utile a due giovani come voi? Volete un passaggio?”.
“Sì, se possibile. Voi dove siete diretto?” chiese Tera.
“Datemi pure del tu! Comunque sia, farò tappa al villaggio Archiloco, per poi arrivare alla città di Serafari: vi interessa?” chiese.
___________________________________________________________

6

“Sì, in realtà noi siamo dirette al villaggio Pyrasa, però accettiamo volentieri anche di fermarci a Serafari: servirà ad avvicinarci” disse Tera.
“Dovete raggiungere Pyrasa quindi? Devo ricontrollare i dispacci, perché forse dovrò passarci anch'io” disse il conducente.
“Davvero? Perfetto, allora” disse Juneh.
“Sì, vedremo cosa si potrà fare. Voi nel frattempo salite: non è il caso di indugiare oltre visto il viaggio che ci attende” disse il carovaniere.
“Grazie ancora”, Juneh salì sul retro del carro.
“E’ stato fin troppo cortese: penso ci farà pagare se vogliamo arrivare fino a Pyrasa” sussurrò Tera, subito dietro Juneh.
Una volta a bordo, si resero conto che avrebbero trascorso il viaggio in compagnia: all’interno dell’abitacolo trovarono infatti due uomini, un giovane, e una ragazza.
Lo schiocco sordo delle redini segnò la loro partenza. Le due ragazze, fin dal primo momento, avvertirono un certo imbarazzo, e cominciarono a chiedersi se quelle persone conoscevano le loro identità, e se sapevano dell’impero che dava loro la caccia.
A interrompere lo sgradevole silenzio, fu il giovane dal lungo ciuffo di capelli castani.
“Anche voi dirette a Serafari?” chiese.
“No, a dire il vero no” rispose Juneh.
“Ah, pensavo che anche voi voleste iscrivervi all’accademia”.
“L’accademia di Serafari? Ne ho sentito parlare diverse volte: pare sia un bel posto” disse Juneh.
“Sì, per quanto ne so, lo è davvero. Sono qui appunto per accompagnare mia cugina, che ha deciso di iscriversi” disse, indicando la bella ragazza bionda seduta accanto a lui.
___________________________________________________________

7

La ragazza fece un timido cenno con una mano, e abbozzò un sorriso. La sua figura emanava quella che si sarebbe potuta definire «un'aurea di fresca dolcezza», o di «splendente armonia», dovuta soprattutto alla finezza dei suoi lineamenti, alla lucentezza della pelle e dello sguardo. Per comprendere le sensazioni che la sua immagine era in grado di suscitare, ogni osservatore avrebbe comunque dovuto soffermarsi con attenzione sulle sue fattezze: aveva dei lunghi capelli chiari, brillanti, mossi in modo da formare onde di svariate sfumature dorate; sul suo volto, sempre rilassato, trovavano posto due candide guanciotte, sopra le quali splendevano due occhietti dal colore incerto; quest'ultimi potevano tingersi dell'azzurro dei cieli più tersi in alcuni momenti, del verde speziato di rari pascoli in altri, o del grigio freddo della pietra, a seconda di ciò su cui si posavano e di ciò che riflettevano. Indossava una maglia color sabbia, dalle maniche molto ampie, serrata sotto il petto da una lunga gonna ariosa, verde scuro, tendente al grigio: un colore incerto almeno quanto quello dei suoi occhi. Questa era stretta da una soffice fascia bronzata, e decorata con una fantasia a ghirigori squadrati e alcuni simboli runici dello stesso colore. Stringeva tra le mani quello che aveva l’aria di essere un copricapo: era di stoffa, dello stesso verde spento della tunica, e aveva due estremità a punta, con appesi due piccoli oggetti tondeggianti di metallo, simili a sonagli.
“Comunque, ho dimenticato di presentarmi: il mio nome è Dan, l'acquamarina brillante” disse, “e lei è Helis, l’acquamarina del sole”.
___________________________________________________________

8

Juneh rammentò a se stessa di mentire per quanto riguardava la sua identità.
“Io sono Futura, l’opale di armonia” disse.
“E io sono Tera, l’opale di armonia: siamo sorelle” disse Tera, 'così sarà più facile ricordare i nomi' pensò.
“Davvero? Non l’avrei mai detto: non vi somigliate molto. Forse io e mia cugina Helis siamo più simili” disse Dan.
“Insomma, mica tanto” disse Juneh, sorridendo.
“Ma dai! Abbiamo lo stesso taglio degli occhi: fiero e orgoglioso” disse Dan, scherzoso.
Helis gli rivolse uno sguardo infastidito.
“Non credo proprio: tu hai pure gli occhi scuri, mentre lei azzurri” disse Juneh.
“E poi lei ha le guance più rotonde” aggiunse Tera.
“Più o meno come te, Tera” disse Juneh.
“In effetti sembrate tu e Helis le sorelle!” scherzò Dan.
“Io? Ma, davvero?” rispose lei, tastandosi il volto.
La conversazione continuò con la stessa lena per un po’. Presto si presentarono anche gli altri due uomini, rimasti zitti in un primo momento. Sembrava si stessero recando al villaggio Archiloco per barattare del latte.
“E’ una vita che non bevo un bel bicchiere di latte di caprecora! In città dove stavo non se ne vedeva spesso” disse Juneh.
“E’ colpa delle tasse di importazione. Tieni, prendine un sorso” disse uno dei due uomini, porgendole un’ampolla.
“Davvero? Grazie!”.
___________________________________________________________

9

Si erano addentrati da poco nell’immensità del deserto quando, a un tratto, delle urla di battaglia, accompagnate dallo scalpitare di zoccoli in lontananza, interruppero la loro tranquillità.
“Che cos’è?” chiese Tera.
Dan si sporse a guardare dal retro del carro.
“Banditi” disse.
“Davvero?” chiese Helis, spaventata.
Juneh sbiancò.
“Ci mancava solo questa” disse Tera, irritata.
Dan andò avanti per avvertire il conducente, il quale si era comunque già accorto della minaccia.
Tera si alzò per andare a osservare la situazione: diversi uomini, alcuni a cavallo, alcuni sui lamu, seguivano il carro da entrambi i lati. Brandivano asce e spade, e urlavano in modo primitivo.
“Vogliono assalire il carro” disse Tera, quasi con distacco.
“Che cosa facciamo quindi?” chiese Juneh, in agitazione.
“Bastardi, sudici bastardi! noi sgobbiamo una vita per procurarci questa merce: non possono portarcela via” disse uno dei due uomini.
Tera si tolse il cappuccio.
“Sarà meglio passare al contrattacco” disse.
“Helis!” esclamò Dan tornando tra loro, “tu stai ferma qui, io cercherò di contrattare con loro” disse, mentre stringeva l’elsa della lunga e sottile spada arcuata che portava legata alla cinta (anche questa, come la spada di Duhn, verrebbe classificata come «katana» in un altro contesto).
___________________________________________________________

10

“No, Dan, cosa fai? E’ pericoloso: meglio rimanere qui” disse Helis, allarmata.
“No Helis, scusa, ma mi ero ripromesso che sarei riuscito a portarti a Serafari. Ci arriveremo sani e salvi” disse, per poi ritornare sulla parte anteriore del carro.
“Dan!” lo richiamò invano Helis.
“Non ho ben capito cosa vuole fare, ma tranquilla: lo coprirò io” le disse Tera, estraendo dalla veste delle sfere grigie, fatte di un materiale soffice e lanoso.
“Tera può aiutarci” disse Juneh, forse nel tentativo di rassicurare anzitutto se stessa.
Dan, nel frattempo, era balzato su uno dei due lamu che trainavano il carro, ne aveva preso le redini, e aveva virato verso i banditi. Il conducente, per non fare sbilanciare il carro, era stato costretto a spostare al centro l’unico lamu rimanente sotto il suo controllo.
“Tuo cugino sta andando incontro ai banditi” affermò Tera in tono meravigliato.
“Perché…” si lamentò Helis, coprendosi il volto con le mani.
“Dai, dai, tutto si risolverà”, Juneh le si avvicinò.
Dan con un abile manovra riuscì ad affiancare uno dei banditi.
“Prendete le mie rupie, ma lasciate stare loro! Ne ho molte!” esclamò Dan, rivolto all’uomo alla sua sinistra.
Il bandito, indossante una bandana di stoffa, e un sudicio panciotto ridotto in brandelli, gli lanciò un’occhiata torva, poi cercò di colpirlo con l'ascia. Ma Dan fu pronto a schivare, e ad estrarre la sua spada d’acciaio.
___________________________________________________________

11

“Se è questo che vuoi, questo avrai” disse, lanciandosi contro di lui.
Tera, quando vide come tergiversavano le trattative, lanciò contro l’orda le sue sfere lanuginose: sembrava che grazie ai suoi poteri riuscisse a controllare la loro traiettoria e velocità.
‘Che cosa sta facendo?’ si chiese Juneh.
La risposta non tardò ad arrivare. Le sfere, una volta liberate nell’aria, presero fuoco, e divennero delle vere e proprie fiamme fluttuanti. Tera le usò per colpire gli aggressori e le loro cavalcature: una colpì un lamu, e in poco lo incendiò del tutto, costringendo colui che lo cavalcava a saltare giù; un’altra colpì uno dei banditi, che si gettò a rotolare sulla sabbia.
La maggior parte delle palle infuocate andò a segno.
Nel frattempo, Dan stava eseguendo una serie di rapidi attacchi in velocità, grazie all’agilità della sua cavalcatura, e della sua spada.
Juneh, spettatrice impotente della cruenta battaglia, fu sorpresa da un improvviso tremore.
“Tera è una maga! Allora abbiamo delle possibilità di farcela!” disse uno dei due uomini sul carro.
Helis, dopo essersi asciugata una lacrima, si scostò i capelli dalla faccia per poter vedere ciò che la giovane donna stava facendo.
“Adesso che il fuoco li ha spaventati posso inventarmi qualcosa di più interessante” disse Tera.
___________________________________________________________

12

Sembrò concentrarsi, e non staccò lo sguardo dai banditi nemmeno per un attimo. Juneh cominciò a osservare il particolare uomo che secondo lei Tera stava fissando: nel giro di pochi attimi la spada di quest'ultimo si arrugginì del tutto, per poi sgretolarsi e diventare polvere nel vento.
“Incredibile! La spada di quell'uomo si è polverizzata” esclamò Juneh, notando l'espressione sgomenta del bandito.
“Ma questa è stregoneria!” disse uno dei due uomini.
“Alchimia, arti mentali, non stregoneria. Questa è scienza: l'ossidazione del ferro è un processo naturale del tutto spontaneo” spiegò Tera, “io ho soltanto catalizzato la reazione: mi è bastato scagliare a gran velocità le particelle d'ossigeno presenti nell'aria contro l'arma per trasformarla in polvere di ruggine”.
“Fantastico, è una tecnica invincibile allora!” esclamò Juneh.
“No, non funziona sempre” rispose Tera, continuando a polverizzare le armi degli aggressori, “il ferro è facile da ossidare, ma ci sono metalli molto più resistenti. Il caso estremo è quello dell'oro, invulnerabile a questa tecnica”.
Continuò a distruggere una ad una le spade e le asce dei banditi, ma questi tirarono fuori dalle tasche coltelli e altre armi di riserva, senza dar segno di voler demordere.
Tera si mise di nuovo a frugare nella sua veste.
“Sono tanti, e non hanno intenzione di ritirarsi. Userò questo” disse, estraendo una boccetta ripiena di un fluido verdastro.
___________________________________________________________

13

La stappo’, e con la mano sinistra fece uno strano gesto, in seguito al quale, il contenuto dell’ampolla si alzò in volo, e prese la forma di un nugolo di gocce verdi.
“Cos’è?” chiese uno dei due uomini.
Tera non rispose: era troppo impegnata a dirigere il nembo di gocce contro gli assalitori.
“Le basta usare il pensiero per comandare le gocce” disse l’altro uomo.
La miriade di gocce si abbatté contro i banditi: le loro urla di sorpresa e di dolore certificarono l'efficacia della tecnica.
“E’ una pioggia acida!” disse uno dei due uomini sul carro.
“Esatto, è un potente acido, capace anche di perforare la pelle” spiegò Tera, mentre osservava gli effetti del suo attacco.
“Terribile” disse Juneh, esterrefatta.
Dan fu stupito nel vedere gli avversari cadere a terra in preda a spasmi di dolore senza che, in apparenza, nulla li avesse colpiti.
'Chissà che sta succedendo' si chiese, 'nell'aria ci sono delle minuscole goccioline: forse sono quelle...Dev'essere un altro trucchetto di Tera, non c'è dubbio. Immagino che abbia fatto attenzione a non colpire me, visto che sono ancora tutto intero'.
Nonostante tutti gli sforzi di Tera e Dan, i banditi continuarono a sopraggiungere numerosi.
“Sono troppi!” esclamò Dan, tornato in prossimità del carro.
___________________________________________________________

14

Alcuni banditi, muniti di arco, cominciarono a scagliare frecce infuocate contro di loro: una di queste colpì la tenda che ricopriva il carro.
“Ci hanno colpito, Tera!” esclamò Juneh, indicando il punto in cui il tetto stava bruciando.
Tera usò quindi i suoi poteri per scatenare un piccolo vortice sopra di loro.
“Un po’ di vento dovrebbe sistemare tutto” disse.
Le raffiche da lei create riuscirono a disperdere le fiamme, e ad evitare l’incendio.
Intanto Dan si era riavvicinato, seguito da decine di uomini che lo minacciavano con le armi in pugno.
“Presto ci saranno addosso” disse.
Tera esibì un’espressione pensosa, poi disse: “proviamo con questo: Dan avrò bisogno del tuo aiuto”.
“Cosa dovrei fare?” chiese lui, avvicinandosi all’apertura sul retro del carro.
“Prendi queste bottigliette, e stappale, poi versa il loro contenuto sulla sabbia in modo da formare una linea che ci divida da loro” esclamò Tera, lanciandogli le ampolle.
“Va bene” disse Dan, pronto a mettersi all'opera.
Percorse una traiettoria rettilinea, che separava il carro dagli uomini in avvicinamento.
Prima ancora che avesse finito di cospargere tutto il liquido trasparente sulla sabbia, Tera decise di entrare in azione: per mezzo dei suoi poteri accese il liquido infiammabile, e innalzò una vera e propria barriera di fuoco. Dan fu costretto a gettare la bottiglietta, prima che esplodesse tra le sue mani.
I banditi sembrarono disorientati da quella manovra, e si fermarono, costretti anche dalle cavalcature, spaventate dalle fiamme.
___________________________________________________________

15

“Così guadagneremo del tempo prezioso” disse Tera.
“Ottima idea!” disse Juneh.
Tre uomini erano comunque riusciti ad evitare il muro di fiamme, e stavano continuando ad avanzare, sempre più vicini a loro. Una freccia raggiunse il lamu di Dan, lo atterrò, e fece ruzzolare lui sul terreno.
“Dan!” esclamò Helis.
“Hanno colpito il suo lamu” commentò uno degli uomini sul carro.
“Avete delle armi? Ha bisogno di aiuto!” esclamò Juneh, rivolta a tutti gli occupanti dell’abitacolo.
“No, Futura, è pericoloso intervenire!” la ammonì Tera.
“Non ne abbiamo in ogni caso: ci dispiace” disse uno degli uomini.
“Io ho un coltello!” disse poi il conducente, voltandosi verso di loro, porgendo l’arma.
Nel frattempo, un’altra freccia infuocata colpì il padiglione.
“Cosa vuoi fare Futura?” chiese Tera, vedendola correre con il coltello verso di lei.
“Dan ha fatto di tutto per proteggerci: dobbiamo aiutarlo!” esclamò Juneh, gettandosi, senza pensarci due volte, giù dal carro.
“Ma che cos’ha in mente?” esclamò Tera, furiosa.
“Ha ragione: dobbiamo aiutarlo. Fermate il carro!” disse uno dei due uomini.
“Tanto sta andando a fuoco. Io la seguo” disse Tera, gettandosi anche lei giù dal carro.
___________________________________________________________

16

La barriera infuocata aveva spaventato la maggior parte dei banditi, ormai in ritirata: solo tre di loro osteggiavano ancora Dan, rimasto a piedi, con la spada sguainata, e la guardia alta.
“Tenete le mie rupie e andate!” disse, gettando la sua sacca verso i tre.
“Non ci servono le tue rupie: vogliamo solo il tuo sangue” rispose uno di loro.
“Hai fatto a pezzi i nostri compagni, e ora devi pagare, brutto bastardo” disse un altro.
Dan esitò. Li guardò negli occhi: uno di loro stava già tendendo l’arco, e lo teneva sotto mira con una freccia; un altro, piuttosto nerboruto, era sceso da cavallo, e si stava avvicinando a lui con un’ascia in mano; il terzo era rimasto sul suo lamu, ed esibiva, insieme a uno sguardo fiero, una spada, stretta in pugno.
“Sono tutto vostro” disse Dan, sprezzante del pericolo.
Il bandito scagliò la freccia, ma Dan riuscì a evitarla con prontezza, poi parò il colpo d'ascia del secondo uomo, e contrattaccò, ferendogli la spalla. Il terzo bandito scese dal lamu, e si avventò anch’egli contro di lui: incrociarono le spade, e, dopo un duro confronto di forze, Dan fu costretto a indietreggiare. Juneh, seguita da lontano da Tera, aveva corso fino ad allora, ed era quasi riuscita a raggiungerli. Dan fu stupito di vederle arrivare, ma non lo fu per più di un attimo, poiché tutta la sua concentrazione era impegnata nel combattimento. Proprio in quel frangente, una freccia lo colpì allo stomaco.
___________________________________________________________

17

“Dan!” urlò Juneh, sconvolta.
Nonostante il danno subito, Dan riuscì a racimolare le energie necessarie per pararsi da un altro colpo d'ascia: l'impatto tra le due armi gli fece però perdere la presa sulla spada, che cadde a qualche piede di distanza da lui. Tera usò una palla infuocata per colpire l’uomo con l’ascia che stava per sferrargli il colpo di grazia. Il bandito, in preda al panico, cominciò a rotolare in mezzo alla sabbia. Nel frattempo sopraggiunse Juneh, che raccolse la lama di Dan, e si scagliò con furia contro il bandito armato di spada.
“Cosa vuoi fare ragazzina? Non scherzare con queste cose” disse l’uomo, parando un suo fendente.
“Allora tu stai indietro!” urlò lei, muovendogli la spada contro.
Il bandito si fermò, e si interrogò su come gestire la situazione: la ragazza lo minacciava, il giovane era chinato su di sé, con la freccia nello stomaco, e la maga stava sopraggiungendo. Decise di ritirarsi: indietreggiò, risalì in fretta sul lamu e iniziò ad allontanarsi. Il suo compagno scagliò un’altra freccia, che colpì Dan nella schiena, poi scappo’ via anche lui.
“No! Bastardi!” urlò Juneh, correndo in soccorso di Dan, “Dan! Dannazione!”.
“Calma, calma!” disse Tera, arrivata vicino a loro.
“Tera, curalo! Curalo! Dannazione!” urlò Juneh, con il viso contorto in una smorfia di dolore.
“Calmati, adesso vedo cosa si può fare!”.
Gli altri erano appena scesi dal carro ormai in fiamme quando Tera si accorse che Dan era morto.
___________________________________________________________

18

“Non c’è più nulla da fare” disse, china sul suo corpo.
“E’ morto?” chiese Juneh, in ginocchio, sconvolta, pronunciando ogni sillaba con incredulità.

Il vento caldo continuò a soffiare lieve per tutto il resto della giornata. I banditi, nella fretta della fuga, avevano lasciato indietro alcune delle loro cavalcature. Tera curò le ferite di un cavallo, e di un paio di lamu: insieme a quello rimanente al carovaniere, li usarono per spostarsi lontano da lì, ma solo dopo avere sepolto le spoglie di Dan.
Usarono una roccia, trovata lì, in mezzo alla sabbia, come lapide. Helis, raggomitolata su sé stessa, pianse davanti ad essa per molto tempo.
'Dan, mi dispiace. Nulla di questo sarebbe mai accaduto se fossi rimasta al mio posto' pensò Helis, 'ti sarò grata in eterno per tutto quello che hai fatto, e mi dispiace che aiutarmi ti sia costato così tanto. Se fossi rimasta al mio posto, forse avrei causato meno dolore'.
Quando Juneh si avvicinò per conficcare la spada di Dan accanto alla lapide, Helis la fermò. All’iniziò non riuscì a proferire alcuna parola, e si limitò solo a tirarla per la veste. Dai caldi occhi scuri di Juneh sgorgarono altre lacrime. Si chiese perché le stesse impedendo di deporre lì la spada.
“Non lasciarla qui: andrebbe perduta” cominciò Helis, parlando con difficoltà, “tu sei stata coraggiosa, Futura: devi tenerla”.
Juneh non riuscì a risponderle. Si rialzò in piedi, e andò via, con la spada stretta in mano.
___________________________________________________________

19

‘E’ successo tutto troppo in fretta, e nemmeno stavolta sono riuscita a evitare che le cose andassero per il peggio’ pensò, ‘ma cosa può fare un misero essere umano come me per fermare tutto questo?’.
Ancora una volta la sabbia si era tinta di rosso, e una nuova pietra si era aggiunta al cumulo: quella lapide, come molte altre, sarebbe stata presto dimenticata.





Fine capitolo. Cari lettori, se volete leggere la storia di Helis e Dan prima che succedesse tutto questo, allora cliccate sul link qua sotto (nella mia firma), e cercare il terzo dei "FRAMMENTI DALLA VITA DEI PERSONAGGI". Al prossimo lunedì Wink

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Gen 23, 2012 11:48 am Rispondi citandoTorna in cima

7°capitolo - Fuoco, fulmini, Seidirèe


Arohn, Seth e Cohd erano riusciti a scappare da un assalto di creature abominevoli nella città di Kikkàvuru. In seguito, forzati dall’imperversare di una tempesta di sabbia, avevano intrapreso il cammino per la vicina Seidirèe, tappa sconsigliata da Cohd, punto di riferimento per la maggior parte dei viaggiatori del deserto. Sconvolti e affaticati dalle più recenti vicissitudini, erano arrivati a mettere in dubbio il senso di ogni loro singolo passo. Nelle loro menti si facevano inoltre strada le domande più disparate: sarebbero riusciti a scappare dalle grinfie del min’kiàdolore? Avrebbero trovato una spiegazione al misterioso attacco delle truppe scheletriche? Perché quelle creature stavano cercando loro? Perché volevano catturarli? Quale ruolo aveva Marcor in tutto questo? Arohn era davvero pieno di pulci come diceva, oppure stava solo scherzando?
“Quindi nessuno sa cos'erano quegli esseri?” chiese Seth, con lo sguardo rivolto all'orizzonte.
“Non ne ho idea” ammise Cohd, mentre intingeva un sacchettino di stoffa in un ampolla, nella quale aveva prima versato dell'acqua.
Si trovavano all'ombra di una duna di sabbia. Avevano deciso di fermarsi lì e rifocillarsi un po', per poi riprendere il viaggio verso Seidirèe senza interruzioni.
“Forse erano anime di soldati morti...” ipotizzò Arohn, tirando della carne salata fuori dalla casacca appesa al suo lamu.
“Partendo dai tuoi presupposti”, Cohd fece una pausa per bere dall'ampolla, “potrebbero essere qualsiasi cosa”.
“Ma che cosa stai facendo?” gli chiese Arohn.
“Sto bevendo l'infuso che ho preparato” rispose lui, con aria indifferente.
___________________________________________________________
1

“Non sarai mica uno di quelli che mischiano le erbe fra loro, le bevono, e poi dicono di vedere nuovi mondi, o di poter predire il futuro?”.
“No, non sono uno di quelli. Questa serve soltanto a calmarmi un po'. Ne volete?” chiese Cohd.
“No, grazie” rispose Seth.
“No, ne faccio a meno. Ma tu ci credi a questa cosa dei mondi alternativi? Cioè, secondo me è impensabile che si possano vedere dei luoghi bevendo un qualcosa, eppure molti dicono che è così, e poi raccontano di cieli con un sole soltanto, di viaggi tra le stelle, di carri che si muovono senza essere trainati. Dico io: com'è possibile?” disse Arohn, per poi dare un morso alla fetta di carne che teneva in mano.
“In effetti sono cose un po’ assurde: pare difficile che siano vere, no?” rispose Seth, ‘e se Cohd non la pensasse così?’.
“Le sostanze di cui parli servono solo a offuscare la mente” confermò Cohd, sorseggiando il suo infuso con mano incerta, “sarebbe bello pensare che anche quanto abbiamo visto noi a Kikkàvuru sia solo un frutto della nostra immaginazione”.
Arohn si grattò la barba con vigore.
“Puoi dirlo forte. E' davvero molto strano. Non avevo mai sentito parlare di cose del genere” ammise.
‘Nessuno sembra sapere niente di quelle creature’ rifletté Seth, ‘e se invece si trattasse di una qualche stregoneria imperiale, e stessero evitando di parlarmene per qualche motivo preciso? Tutto è possibile, ma come faccio io a capirne qualcosa? Per adesso però devo fidarmi di loro...’.
___________________________________________________________
2

“Io direi che dovremmo ricominciare a camminare: non vorrei ci avessero seguito fin qui” cominciò Cohd, alzandosi in piedi, “in ogni caso, prima arriveremo a Seidirèe, meglio sarà. Abbiamo già perso abbastanza tempo stanotte, a vagare alla cieca per il deserto”.
Il Camaleone, che si stava arrampicando sulla sua spalla, arrotolò la coda a strisce verde chiaro e verde scuro, e si strinse con tenacia alla sua giacca.
“Hai ragione, meglio non indugiare oltre” assentì Seth.
Così si rimisero in marcia. Impiegarono molto tempo per girare attorno al monte, ai piedi del quale sorgeva la rigogliosa Seidirèe. Piano piano cominciarono a scorgere i vari tratti della città: i primi ad apparire ai loro occhi furono le ruote dei mulini ad acqua, e lo scintillare del fiume Lele, poi seguirono il verde dei campi coltivati, le varie case, e le altre strutture più consistenti. Seidirèe era da sempre stata annoverata tra i luoghi più accoglienti del deserto: l'ombra del monte e la vicinanza dell'acqua erano tra i fattori determinanti del clima mite, capace di giovare in modo considerevole alla vita di persone, animali e piante. Inoltre, l'abbondante presenza di quarzo nel sottosuolo, alle pendici del monte, aveva reso la città un importante sito di estrazione per l'intero continente: consistenti quantità di minerale venivano ricavate dalle profondità della roccia per poi essere trasportate alla vicina zecca della città di Morado, e trasformate in rupie. Da lì, un sistema di trasporti di proprietà imperiale provvedeva a metterle in circolazione in ogni angolo del deserto.
___________________________________________________________
3

“Finalmente. In vita mia non avevo mai visto questo posto” disse Arohn, affascinato dal panorama cittadino.
“Mai? Io sono già stato qui nel mese della luce di tre anni fa” disse Cohd.
“Io sono venuto qua qualche volta in passato per delle commissioni” disse Seth, attento a tendere le redini ad ogni deviazione del lamu.
“La gente viene qui per tanti motivi diversi” cominciò Cohd, “intanto si può mangiare dell'ottima frutta fresca, prelevata dalle piantagioni che sorgono tutt'intorno al fiume. Poi i mercanti possono comprare degli arbusti di papiro a buon mercato, per rivenderli alle copisterie, che li usano per fabbricare la carta. Inoltre è una grande città, capace di offrire molti servizi, e si trova al centro dei tragitti di molti viaggiatori: per questo è sempre così affollata”.
“La carta dici? Per questo è così prosperosa” dedusse Arohn.
Arrivati alle porte della città, si resero conto che le forme di strutture e palazzi non si discostavano molto da quelle viste in precedenza a Kikkàvuru: soltanto i colori erano più accessi e vividi, come a sottolineare l'atmosfera florida ed energica che caratterizzava l'intera grande oasi. Inoltre, non tutti lì giravano coperti da capo a piedi dai mantelli: era evidente che ci fossero usanze piuttosto diverse.
Appena entrati, decisero di dirigersi verso la prima taverna sulla via, per mettere qualcosa sotto i denti.
“E se il min’kiàdolore arrivasse mentre siamo ancora qui?” chiese Seth, mentre legava il suo lamu a una recinzione di pietra.
___________________________________________________________
4

“Potrebbe accadere” cominciò Cohd, intento a stringersi la fibbia dello stivale, “ma abbiamo poco da fare al momento. E poi penso che anche voi abbiate voglia di qualcosa di fresco e nutriente da mangiare”.
“Puoi dirlo forte! Forza, andiamo verso quella tavola calda” li incalzò Arohn, indicando l'edificio di pietra rossiccia alla loro immediata sinistra.
Entrarono. La sovrabbondanza di clienti faceva apparire il locale molto più piccolo di come doveva essere in realtà. I tre si sedettero su dei sacchi di stoffa ripieni, e condivisero la tavolata con due anziani individui che si trovavano già lì.
“Non sono abituato a sedermi su questi «cuscini»” confessò Cohd, dondolando sul suo sacco.
“Noi dell’impero siamo abituati con sedie e sgabelli” spiegò Arohn a Seth.
“Io non mi sono mai seduto su sedie o sgabelli. Devo dire che però ho sempre trovato questi sacchi molto comodi” rispose lui.
“Corpo di mille fgagfuieshauh! Qualcuno ha forse parlato di sedie e sgabelli?” gridò in mezzo alla confusione generale uno degli uomini anziani con cui Arohn, Seth e Cohd condividevano il tavolo.
Seth guardò l’anziano uomo con occhio indagatore, e si chiese: ‘chi è? Parla con noi? Cos’è uno fgagfuieshauh?’.
“Sì, ne parlavamo noi” rispose poi Arohn.
“Per i venti del Kasuariiiiii! State parlando con due vecchi avventurieri che la sanno lunga su sedie e sgabelli!” esclamò il vecchio barbuto, spalancando l'occhio destro, e mostrando i denti storti e giallastri dietro un sorriso compiaciuto.
___________________________________________________________
5

“Proprio così!” ribadì l’altro uomo anziano, seduto accanto al suo compare.
‘Va bene, ho capito: sarà meglio mangiare in fretta e andarcene’ pensò Seth.
“Ahahah! Ma non vi voglio annoiare con le nostre storie di sedie e sgabelli, ahahah! Parliamo piuttosto: avete l’aria di essere stranieri affamati, o mi sbaglio?” chiese il vecchio barbuto.
“Sì, lo siamo: è da diversi giorni che vaghiamo per il deserto” rispose Arohn.
“Un viaggio nel deserto dite? Per la coda di tutti i min’kiàdolore, si vede! Sembrate proprio esausti” cominciò il vecchio dalla barba bianca.
“Scusi, cos'ha detto?” lo interruppe Cohd.
“Che sembrate esausti! Avete certe facce...” disse il vecchio.
“No, intendevo dire: sapete cos’è un min’kiàdolore?” chiese Cohd.
“Per la barba di mia nonna, Kiven! Ci chiedono se sappiamo cos’è un min’kiàdolore, ahahah!”, il vecchio barbuto scoppiò a ridere, subito seguito dal suo canuto compare.
“Voi chiedete a noi se sappiamo cos’è un min’kiàdolore, quando siamo stati noi ad avvistare il primo min’kiàdolore!”, il vecchio barbuto continuò a sghignazzare.
“Ma il primo è stato avvistato molti anni fa” osservò Cohd.
___________________________________________________________
6

“Eravamo molto giovani a quei tempi, sì sì! Ma, per la perversione del gatto di mia zia, me lo ricordo come fosse ieri: osservavamo i cieli, sdraiati all’ombra di un colle, in compagnia di alcune fanciulle, quando all’improvviso, avvistammo quella creatura alata dai fuggevoli tratti” cominciò il vecchio barbuto, in tono incalzante, “in quel momento non sapevamo ancora quali danni avrebbe causato in futuro alla nostra città, e non potevamo nemmeno immaginare che avremmo dovuto affrontarla di persona”.
“Io, lui, e un nostro amico, uno sciamano molto esperto, affrontammo il min’kiàdolore a tu per tu!” intervenne l’anziano compare.
“Esatto! E penso che senza l'aiuto del nostro saggio amico per noi non ci sarebbe stato scampo, poiché quella creatura combatté come un vero demone! Era potentissima, agilissima: pressoché invincibile! Possedeva una sola debolezza: il ghiaccio!” affermò il vecchio barbuto, chiudendo un occhio, e increspando le labbra ruvide in una smorfia.
“E le mie unghie!” esclamò Arohn, ridacchiando.
Cohd e Seth si scambiarono un’occhiata dubbiosa.
‘Qui il discorso sta davvero degenerando’ pensò Seth, ‘ma stanno solo raccontando idiozie, o c'è qualcosa di vero in quello che dicono?’.
“In che senso il ghiaccio?” chiese Cohd.
___________________________________________________________
7

“Sapete, no? Esistono due tipi di maghi: quelli che sono portati per il comando di fuoco, vento, elettricità, che sono capaci di spostare oggetti con la forza del pensiero, e di curare le ferite, e gli altri, aventi doti più rare, che sono in grado di padroneggiare le evocazioni, il teletrasporto, l'oscurità, e il ghiaccio” rispose il vecchio, “il nostro compagno faceva parte della seconda categoria, ma aveva una naturale predisposizione solo per il teletrasporto e il dominio del ghiaccio: dicono che ogni mago riesce a praticare un numero limitato di incantesimi”.
“E' fu così, che grazie alla sua magia, riuscimmo a sopraffare la creatura. Ma, vi assicuro, la potenza del min’kiàdolore è nulla in confronto a quella del daskagon” cominciò il suo canuto compare.
“daskagon? Intendi uno dei tre draghi leggendari?” chiese Seth, ‘non sono in molti a conoscere questa creatura: è citata pochissime volte nella mitologia antica’.
“Proprio così!” rispose il vecchio, “molti lo ritengono solo una leggenda, o il frutto dell'immaginazione sovreccitata di qualche svitato, ma io posso assicurarvi che esiste! L'ho visto con i miei occhi! Giuro sulla vita del mio amico Kiven!”.
“Mi fido della tua parola, vecchio cagnaccio” disse l'anziano compare, in tono affettuoso.
“Mi dovete credere amici: nulla è più impressionante di quell'essere! Un enorme rettile alato, del colore della notte, dal corpo macchiettato di fiamme azzurre. C'è chi dice che nei suoi occhi si possa scorgere la morte ancora prima che essa arrivi, e alcuni sostengono che sia lo spettro di un
___________________________________________________________
8

drago esistito molti anni fa. Molti sono convinti che esso non esista, ma io so la verità: esiste eccome! Esce allo scoperto nelle notti di luna crescente, nel mese dei sogni. Quando l'avvistai, mi trovavo nei pressi del villaggio abbandonato di Nabell. Ricordo ancora che mi avvicinai al vecchio cimitero locale, poco prima di ripartire, e lì, dopo aver accesso la mia pipa, alzai gli occhi al cielo, e lo vidi: solcava i cieli, muovendosi con terribile eleganza tra le stelle. Rimasi sconvolto. Mi sembrò come di essere entrato in contatto con una divinità: quella creatura aveva qualcosa di divino”.
Cohd, Seth ed Arohn erano rimasti ad osservarlo con sguardi intrisi di scetticismo, molto simili fra loro.
‘Daskagon’ pensò Cohd, ‘Che ignoranza sconvolgente’.
“Sì, ma di divino rimarrà poco nel mondo se Gangiorg continua così” aggiunse Kiven, il vecchio dalla barba bianca.
“Già, quel Gangiorg! Vorrebbe unificare tutto il mondo sotto la sua bandiera, e si sa: unica bandiera, unica religione. Io non credo negli dei, ma penso che Gangiorg dovrebbe lasciare a ognuno il proprio: non può imporre la religione della luce a tutti i paesi che finiscono sotto il suo protettorato solo perché è la «religione ufficiale imperiale», ovvero, in realtà, l'unica consentita” protestò il vecchio.
“Già, è proprio vero. Mia nipote è sacerdotessa al tempio del fuoco di Barbekiù, ed è testimone del fatto che rimane sempre meno spazio per loro nel mondo. Non è giusto, mettere in pericolo così la fede della gente” disse Kiven.
“Già, Gangiorg...” cominciò Arohn, per presto interrompersi.
___________________________________________________________
9

“Gradite delle leonore?” chiese una cameriere riccioluta, apparsa all'improvviso.
“Sì, gradisco eccome!” rispose Arohn, prendendo dal vassoio che reggeva in mano uno dei frutti rotondeggianti, di colore rosa-arancio.
“Puoi passarne una anche a me?” chiese Cohd, ‘ho un certo languorino...’.
Arohn gliele porse, e anche Seth ne arraffò alcune.
“Leonore, eh? Certo che per voi stranieri sembrerà meraviglioso il loro sapore dolce e delicato. Anche noi che ci siamo abituati le gustiamo con piacere. Mio fratello possiede qualche albero di leonore in un terreno qui vicino” raccontò il vecchio barbuto.
“Sono ottime” decretò Arohn, dopo averne divorata una.
“Comunque, il dominio di Gangiorg sull'impero rappresenta un pericolo per l'intero continente” disse Seth.
“Sì, e il suo regno si estenderà ancora, temo, forse finché non morirà, o finché il leggendario Sohria non lo distruggerà per intero” continuò il vecchio barbuto.
“Sohria?” chiese Seth.
“Il leggendario Sohria!” lo corressero in coro i due vecchi.
“Credo di avere già sentito questo nome da qualche parte, ma non mi dice nulla di preciso” disse Seth, come per scusarsi.
“Non mi stupisco” cominciò il vecchio, “non sono in molti a conoscere questo tipo di leggende”.
“Noi però le conosciamo: avete avuto proprio fortuna a incontrare due come noi, vero Phelpas?” disse Kiven.
___________________________________________________________
10

“Parli bene Kiven, parli bene!” rispose Phelpas, il vecchio barbuto.
“Proprio una vera fortuna” sussurrò con ironia Cohd, ormai stanco di ascoltarli.
“Vedete, alcuni antichi testi sostengono che, un tempo, un potente e malvagio demone distrusse il mondo, per ricostruirlo e dare origine alla vita così come la conosciamo oggi” spiegò Kiven.
“Quel demone di cui narrano questi racconti non è altri che il leggendario Sohria” lo interruppe Phelpas.
“Si dice sia stato intrappolato da sette grandi eroi in un antico tempio, eretto in un angolo sperduto del deserto, al fine di tenerlo prigioniero per l'eternità” aggiunse Kiven.
“Alcuni pensano che, ancora oggi, dal buio del suo nascondiglio, adeschi gli esseri umani più valorosi, per poi cibarsi delle loro anime” disse Phelpas.
“Ho anche sentito che qualcuno è convinto ci siano delle forze che si stanno radunando per liberarlo dalla sua prigionia” disse Kiven.
“A me sono giunte voci riguardanti una congrega, una setta: pensano che, se il demone tornasse in libertà, la fine del mondo si ripeterebbe una seconda volta” aggiunse Phelpas.
“Inquietante prospettiva” li interruppe Cohd, “spero davvero che nulla di questo accada” disse, con malcelato sarcasmo.
“Per tutti i lumini, ragazzo, c’è forse qualcosa che non va?” chiese Phelpas.
Cohd esitò un attimo prima di rispondere, e diede uno sguardo alla leonora che teneva in mano.
___________________________________________________________
11

“Lei dice di non credere agli dei: non è una cosa così comune da queste parti, specialmente per un uomo della sua età” cominciò, “ciò porterebbe a pensare a lei come una persona dalla mente aperta, capace di porsi delle domande, di rifiutare ciò che assurge a «legge» per semplice «sentito dire». Considerato quanto ho appena detto, mi chiedo se lei crede davvero a quanto racconta, cioè: lei crede davvero a queste storie di spettri, draghi, demoni?” chiese, occultando qualche nota di scherno dietro il tono educato.
“Figliolo” cominciò Phelpas, con voce bassa e calma, “le nostre culture si basano tutte su miti e leggende dai contorni incerti: l’uomo ha sempre avuto bisogno di cercare oltre la realtà tangibile, ha sempre gettato uno sguardo al di là, nella terra del mistero e dello sconosciuto. Se le persone si riducessero a osservare il semplice scorrere degli eventi, senza provare a immaginarne le cause, molte scoperte non sarebbero state fatte, e la vita sarebbe di certo meno interessante. In un certo senso, si potrebbe dire che noi uomini siamo stati creati per cercare, per immaginare, sperare e credere: se così è stato, un motivo ci sarà, non pensi?”.
Cohd si stampo’ in faccia un sorrisetto amaro e cominciò a scuotere la testa.
“Le sue argomentazioni sono molto povere di senso. Tanto per cominciare, penso proprio che non si scopra nulla di nuovo se si crede di avere già tutte le risposte: per
___________________________________________________________
12

questo, la ricerca e la critica della realtà che ci circonda è cosa ben diversa dal cieco abbandono a un concetto preconfezionato, quale può essere il credere che i fulmini provengano dagli dei, o che gli dei aiutino e puniscano gli uomini nella loro vita quotidiana. Credere a qualcosa che non è dimostrabile con la ragione serve solo a illudersi, e di conseguenza a rimanere delusi” disse, “accade però spesso che si continui a credere fino alla morte, per sempre, e in questi casi possiamo quasi dare una valenza positiva al credere, all'illudersi. Prendiamo, per esempio, chi crede nei paradisi ultraterreni: è probabile che un individuo che presta fede a queste idee condurrà una vita più felice, considerando che pensa lo aspetti una vita di beatitudine dopo la morte; in questo modo, la sua esistenza sarà priva del fardello di dare un senso al presente, all’attimo corrente, con i conseguenti benefici. Ma è così solo per quelli che hanno la fortuna di non imbattersi in situazioni che dimostrino l'assurdità delle proprie convinzioni. In tali circostanze, il mondo rischia di pioverti addosso, perché si è costretti a rendersi conto di quanto stupidi si è stati. Si pensi per esempio a una donna innamorata di un bruto, che, dopo anni di cieca devozione, scopre all’improvviso di essere incastrata in un matrimonio infelice. Ma in effetti, come dice lei, l'essere umano è piuttosto bravo nel rifuggire da queste situazioni: spesso preferisce brancolare nell'ombra, aggrapparsi con forza al primo scarabocchio mentale concepito, ed evita con accuratezza la luce della ragione. La donna, per esempio, potrebbe «scegliere di non vedere» i difetti del marito, e continuare a credere che tutto
___________________________________________________________
13

vada bene. Sì, penso si potrebbe concludere che la maggior parte degli esseri umani ami credere, e che in effetti solo in pochi possano riconoscere questo tipo di stupidità. In definitiva, possiamo desumere che l'irrazionale attività del credere sia una caratteristica degli stupidi”.
Dopo quelle ultime battute la conversazione ebbe difficoltà a ripartire per com'era iniziata, ma riuscì comunque a riprendere vita prima della fine del pasto. Decisero di uscire dal locale proprio quando i due vecchi cominciarono a raccontare le loro storie di sedie e sgabelli. Cohd era rimasto in silenzio fino ad allora.
“Cosa c'è Cohd?” chiese Arohn, quando si ritrovarono in prossimità delle porte di Seidirèe.
“Niente, mi hanno solo dato fastidio quei due” rispose.
“Le tue ragioni mi sembrano giuste, ma bisogna ammettere che, dopo aver visto quegli scheletri a Kikkàvuru, c'è davvero da chiedersi a cosa credere, e a cosa no” disse Seth.
“Il fatto che avessero l'aspetto di scheletri non ci autorizza a dare per vere tutte le idiozie che sentiamo in giro” puntualizzò Cohd, “sono sicuro che c'è una spiegazione logica a tutto”.
“Va bene, in fin dei conti hai ragione: non dobbiamo di certo farci prendere dal panico. Piuttosto, adesso cosa facciamo?” chiese Seth.
Cohd cominciò a pensare.
“Di certo non possiamo metterci in marcia ora per raggiungere un'altra città: sia noi che i nostri lamu abbiamo bisogno di recuperare le energie” disse, “in più, quella
___________________________________________________________
14

creatura potrebbe apparire da un momento all'altro. Il mio consiglio è quello di spendere tutte le rupie che ci rimangono per affittare una camera nell'ostello più protetto della città: dobbiamo sperare che il min’kiàdolore non ci trovi, o che venga respinto dalle forze dell'ordine locali mentre noi siamo al sicuro. Nel caso non si presenti, fra mezza giornata potremo riprendere il viaggio verso una città vicina, della quale, comunque, ignoriamo ancora l'esistenza. Oppure potremmo percorrere il fiume in direzione sud-est”.
“Vorresti dormire per mezza giornata quindi?” chiese Arohn.
“In effetti è un po' troppo, forse” ammise Seth.
“Possiamo fare anche di meno, ma non so quanto ci conviene: in fondo quello in cui dovremo dormire potrebbe essere il posto più sicuro nel quale ci troveremo nei prossimi tre giorni” disse Cohd, aggiustandosi il fazzoletto rosso che teneva stretto al collo.
Presero le scorte, le attrezzature e le armi che avevano lasciato sui lamu e iniziarono a percorrere il viale principale, verso il centro della città. Le strade di Seidirèe si dipanavano formando degli ottagoni pressappoco concentrici, racchiusi gli uni dentro gli altri, e collegati per mezzo di strade che ne congiungevano gli angoli. La piazza più celebre si trovava in corrispondenza del centro degli ottagoni: lì sorgeva la maggior parte degli ostelli, delle taverne, delle osterie, e dei negozi di curiosità e prodotti locali. I tre avanzarono con circospezione tra i palazzi dai vivaci colori e dalle balconate in ferro adorne di fiori e piante di vario genere.
___________________________________________________________
15

Cohd avvertì qualcosa di sospetto nell'atmosfera.
'Perché ho un brutto presentimento?' si chiese.
“Sarà pure una città famosa, ma all'ora di punta per le strade non si vede nessuno” fece notare Arohn.
“E' vero: non c'è anima viva. Non trovate sia strano?” chiese Seth.
“Sì” rispose Cohd, non appena arrivarono alla piazza centrale, del tutto deserta.
All'improvviso si innalzò un'alta barriera di fuoco, che sbarrò la strada dalla quale provenivano.
'Ma certo! Quello che sentivo era l'odore del liquido infiammabile. E' una trappola!' pensò Cohd, voltandosi allarmato.
“Ma che diamine succede?” esclamò Arohn, scattato subito in guardia.
‘Fiamme che appaiono all'improvviso!’ osservò Seth, ‘una stregoneria!’.
Altri tre muri di fuoco apparvero, bloccando tre delle strade che procedevano dalla piazza verso l'esterno. Poco dopo giunsero decine di soldati imperiali, armati di lance e spade, a impedire le rimanenti quattro vie di fuga.
“Sono soldati dell'impero! Ma perché ci hanno intrappolato qui?” si chiese Seth, pronto a sfoderare la sciabola.
“Di certo è molto strano, ma credo stessero aspettando proprio noi” aggiunse Cohd.
“Che cosa facciamo? Non possiamo rimanere impalati!” esclamò Arohn, gettando sul lastricato i bagagli che stava trasportando per impugnare l'ascia acquistata a Kikkàvuru.
___________________________________________________________
16

Furono sorpresi nel notare che nessuno dei soldati stava avanzando verso di loro: si limitavano a mantenere la posizione.
A un tratto, dal tetto del palazzo che più di ogni altro sporgeva all'interno della piazza, emerse una figura incappucciata, indossante un'ampia tunica rosso scuro, decorata da svariati ghirigori color arancio.
“Bene bene bene, che bella situazione!” disse a gran voce la ragazza appena entrata in scena, togliendosi il cappuccio, e rivelando dei corvini capelli ondulati e ricci.
'Ma quella è Deferkik, il berillio amaranto! Cosa ci fa qui?' si chiese Cohd, sconvolto.
“Guarda un po' chi si è messo a vagabondare per il deserto, ditemi voi se non è Cohd” esclamò Deferkik, dall'alto dell'edificio.
Seth ed Arohn si voltarono verso di lui.
“La conosci?” gli chiese Seth.
“Eravamo compagni all'accademia” cominciò subito Cohd, senza nascondere la sua preoccupazione, “al mio segnale seguitemi: ho un'idea per scappare, però dovrete fidarvi” sussurrò.
“Mi è stato dato l'ordine di catturarvi dall'imperatore in persona” continuò Deferkik, con le mani ai fianchi, “come ben capirete, vi trovate in trappola, quindi arrendetevi senza fare storie, e tutto andrà per il meglio”.
‘Qui c'è qualcosa che non va’ pensò Seth, ‘perché Cohd conosce quella maga? Perché questi soldati ci vogliono catturare? Cohd ci sta senz'ombra di dubbio nascondendo qualcosa!’.
___________________________________________________________
17

‘Oh, mé£$@, che brutta situazione!’ si disse Arohn.
“Seguitemi!” esclamò quindi Cohd, iniziando a correre con la spada stretta tra le mani.
Fuggirono verso la prima strada sbarrata dalle fiamme alla loro destra. I soldati più vicini si mossero, pronti a fermarli.
“Ma che state facendo? Non mi avete ascoltato? Siete in trappola!” esclamò Deferkik, contrariata.
“Seguitemi oltre le fiamme!”, Cohd si voltò solo un attimo verso i compagni, poi si lanciò, e scomparve dietro il muro di fuoco.
Titubanti, Seth ed Arohn rallentarono, ma quando i soldati armati li incalzarono, decisero di attraversare anche loro la barriera infuocata: seppur con una certa riluttanza, vinsero il loro istinto, e spiccarono un salto verso le fiamme. Con grande sorpresa e sollievo, si ritrovarono ad atterrare sani e salvi sul polveroso lastricato dall'altra parte del muro.
‘Perché non ci siamo bruciati?’ si chiese Seth, osservandosi le vesti.
“Il fuoco si sviluppa su di uno strato sottile di infiammabile cosparso sul terreno” spiegò Cohd, aiutando Arohn a rialzarsi, “se si attraversa in fretta la barriera, le fiamme non hanno il tempo di attecchire sulle vesti”.
“Sei proprio pieno di sorprese!” esclamò Arohn.
“Altri guai in vista: ci sono dei soldati anche qui!” avvertì Seth, indicando un manipolo di fanti capitanato da un cavaliere di viverna, in movimento verso di loro.
___________________________________________________________
18

“Circondano tutta la zona! Bastardi!” esclamò Arohn.
“Allora, Seth, ho bisogno del tuo aiuto: dovrai prendere il controllo della viverna” cominciò Cohd, intento a studiare la situazione.
“Ma Cohd, che sta succedendo? Perché ci inseguono? Cosa vogliono da noi?” gli chiese lui.
“Giuro che non lo so, non riesco a immaginarlo! Ma per adesso dobbiamo comunque scappare, quindi, per favore, ascoltami: ce la fai a salire su quella viverna?”.
“Si trova al centro della formazione, non posso raggiungerla senza essere attaccato!” contestò.
“Tranquillo: penserò io a distrarre i soldati. Tu occupati della viverna” tagliò corto Cohd, avanzando di qualche passo verso i soldati.
“Come intendi fare?” chiese Arohn.
Cohd non rispose. Alzò fin sopra al naso il fazzoletto legato dietro al collo, e puntò una mano contro la schiera: pian piano i granelli di sabbia sul terreno cominciarono a muoversi, con velocità sempre maggiore, fino a formare un vortice opaco, vasto quanto l'ampiezza della strada stessa.
“Sei un mago?” esclamò Arohn, sorpreso.
“Un utente delle arti mentali” rispose Cohd.
‘Poteva anche dircelo prima!’ pensò Seth, irritato e incerto sul da farsi, ‘mi chiedo quanto sia prudente assecondarlo...’
“Ecco come hai fatto a guarire così in fretta dalla ferita dello scafazzacristiani” disse Arohn.
“Esatto”, usò la tempesta di sabbia da lui creata per accecare i soldati.
___________________________________________________________
19

Seth colse al volo il senso di quell'azione, e in un istante decise di continuare a fidarsi, almeno per il momento. Doveva sfruttare l'occasione: cominciò subito a correre verso il muro, poi si servì della scalinata e del corrimano di un ingresso per guadagnare altezza, e sfruttò l'attrito degli stivali per correre in orizzontale sul muro, come solo i soldati addestrati nel suo paese sapevano fare. Arrivato in corrispondenza del suo obbiettivo, approfittò della parete stessa per darsi lo slancio, e balzare fin sulla schiena della viverna al centro della strada. Il soldato corazzato che la comandava, prima ancora di capire quanto stava accadendo, venne colpito da una palla di fuoco lanciata da Cohd: a Seth non restò che spingerlo giù con un calcio per prendere il controllo della creatura.
“Spero che Seth sappia come domare quel lucertolone!” esclamò Arohn, facendo saettare le lame fuori dal marchingegno sulla sua mano.
La viverna, infastidita dal turbinare della sabbia, cominciò a dimenarsi, e a travolgere le truppe che si trovavano attorno. In un primo momento, Seth si limitò a rimanere aggrappato alla consistente cresta della creatura per non essere sbalzato via dalla sella, poi afferrò le redini, e tentò di conferire un ritmo più ordinato all'andatura.
“Da questa parte!” gli disse Cohd, avvicinandosi insieme ad Arohn.
Senza troppi sforzi, Seth riuscì a dirigere la viverna verso di loro. Prima di salirci sopra, Arohn dovette usare l'ascia un paio di volte per tenere lontani i soldati. Nel
___________________________________________________________
20

frattempo, Cohd, che aveva già cominciato ad arrampicarsi sul grande rettile, scatenò ancora una volta il vento per coprire la ritirata del compagno. Infine, quando anche Arohn montò sul dorso della creatura, Seth le diede un colpo con le redini, per ordinarle di ripartire. La viverna ricominciò quindi a muoversi con rapidità tra i soldati, in direzione dell'uscita della strada.
“Incompetenti! Stanno scappando!” strillò Deferkik, entrata in scena da dietro la barriera di fuoco, “meno male che ho pensato anche a questo”.
Un nuovo muro di fuoco apparve, sbarrando la via dalla quale i tre stavano fuggendo. A causa di una coincidenza di tempi, la viverna si ritrovò tra le fiamme, con metà del corpo da una parte del passaggio, e metà dell'altra. L'istinto le ordinò di fuggire, così affrettò il passo, e il tentativo di Deferkik di ostacolarla finì per essere vanificato.
“E' scappata!” esclamò lei, delusa, “stavolta l'errore è mio” sussurrò, “datemi un cavallo, presto!”.
I tre erano intanto riusciti a districarsi fra le vie della città, e a colmare buona parte della distanza che li separava dal deserto. In breve sarebbero forse anche riusciti a raggiungere la meta se non fosse stato per l'ennesimo muro di fuoco che si innalzò all'improvviso davanti a loro.
Cohd, si guardò alle spalle: alcuni cavalieri, tra i quali la stessa Deferkik li stavano inseguendo.
“Maledizione!” esclamò.
“Presto, cambiamo direzione!” urlò Arohn, indicando la via alla loro destra.
Seth ordinò allora alla creatura di svoltare.
___________________________________________________________
21

“Non andrete lontano!” disse Deferkik, scagliando contro di loro tre palle infuocate.
Cohd provvide a deviarle con la sola forza della mente, in modo che non li colpissero.
“Non è giusto! Allora prendete questo!” esclamò Deferkik, tirando fuori dalla tunica una sfera lucida per lanciarla subito nella loro direzione.
“Cohd, ne arriva un'altra!” esclamò Arohn.
“Non è una palla infuocata” constatò lui.
“E che cos'è?”.
“Non lo capisco, è troppo lontana ancora” ammise.
Prima che potessero organizzare le dovute contromisure, la sfera esplose, e liberò nell'aria davanti a loro una polvere argentea.
“E' magnesio! Chiudete gli occhi!” esclamò Cohd, controllando il vento attorno a loro per spazzarlo subito via.
Prima che Cohd potesse concludere l'operazione, Deferkik usò i suo poteri per accendere la polvere: miriadi di accecanti scintille bianche esplosero attorno ai tre. La viverna ruggì per lo spavento e per il dolore: nonostante gli accorgimenti di Cohd, gran parte del suo corpo era stato ustionato. Tra i tre, però, nessuno sembrava aver subito particolari danni.
“Cos'è successo?” esclamò Arohn, che aveva tenuto gli occhi chiusi durante le esplosioni.
“Potete ritornare a vedere: se non aveste seguito il mio consiglio, non avreste potuto” rispose Cohd.
“Dobbiamo curvare a sinistra: è apparsa un'altra parete di fiamme davanti a noi!” affermò Seth, tendendo la briglia.
___________________________________________________________
22

“Non mi piace: non sono più alle nostre calcagna” notò Arohn.
“Avranno girato a sinistra prima di noi per tenderci un agguato” ipotizzò Cohd.
“E allora che si fa?” chiese Seth.
“Inversione di marcia” rispose Cohd.
Seth tirò le redini, e si sorprese della rapidità con cui riuscì a eseguire la manovra.
‘All'inizio la viverna non sembrava così bendisposta a collaborare’ pensò, ‘è come se una qualche forza mi stesse aiutando a calmarla e comandarla. Che si tratti di Cohd?’
“Ripercorriamo i nostri passi, e poi svoltiamo nella strada che dovrebbero avere imboccato loro” propose Cohd, attento a reggere il camaleone, ancora aggrappato alla sua giacca.
Seth eseguì le istruzioni: si ritrovarono a percorrere una via sgombra da minacce, occupata solo da qualche spaurito passante. Come previsto, al primo incrocio intravidero gli inseguitori a cavallo alla loro destra.
“Ma come sarebbe a dire?” esclamò Deferkik, notando il loro passaggio, “ci hanno aggirato! Inseguiamoli!”.
Seth fece molta attenzione a mantenere il centro della strada, in modo da non essere intralciato dalla gente e dalle bancarelle.
All'improvviso un cerchio di fuoco apparve sulle mura di un edificio alla loro sinistra, e si flesse come un rovente sospiro verso l'alto e verso il centro della via.
___________________________________________________________
23

“Destra!” esclamò Arohn.
Seth ordinò alla viverna di evitare l'ostacolo: ci riuscì.
“Incredibile: hanno cosparso di liquido infiammabile tutta la città” commentò Cohd, sorpreso.
“Sono ancora dietro di noi” riferì Arohn, osservando il gruppetto di cavalieri.
All'improvviso, diversi altri cerchi e triangoli infuocati apparvero sulle pareti che delimitavano la destra della strada.
“Sinistra!” urlò Arohn.
Seth si adoperò ancora una volta per schivare le fiamme.
“Dei maghi sui tetti!” esclamò Arohn, dopo aver notato la presenza di individui incappucciati sui palazzi intorno a loro.
Questi liberarono nel cielo una pioggia di palle infuocate. A complicare la situazione, contribuirono le fiamme scagliate dalla stessa Deferkik.
“Destra!” esclamarono in coro Arohn e Cohd.
Grazie allo spostamento, e al vento scatenato da Cohd, riuscirono a evitare la prima raffica.
“Sinistra! Destra! Più veloce!”.
La viverna fu colpita da alcuni degli attacchi, ma nonostante ciò continuò ad avanzare alla stessa velocità.
“Siamo quasi all'uscita!” fece notare Seth, ‘possiamo farcela!’.
La porta sud-est della città, e il fiume Lele oltre di essa, si trovavano proprio davanti a loro.
“Non devono scappare! Ah, finalmente sono arrivati gli altri due cavalieri di viverna!” disse Deferkik, mentre le due grosse creature sopraggiungevano alle sue spalle, e la superavano da entrambi i lati.
___________________________________________________________
24

I tre erano nel frattempo riusciti a oltrepassare le porte, e ad arrivare alla sponda del corso d'acqua.
“Questo coso sa nuotare?” chiese Arohn, allarmato.
“Dovrebbe, e poi qui non è molto profondo” affermò Cohd, osservando le pale di un mulino ad acqua sullo sfondo alla loro sinistra.
“Allora andiamo” disse Seth, ordinando alla creatura di gettarsi nell'azzurro del Lele.
Al tuffo corrispose un abbondante spruzzo, che bagnò quasi del tutto Seth, e in parte Cohd.
“I cavalli dovranno rallentare a causa del guado” disse Cohd, asciugandosi la faccia con la manica.
“Però ci sono altri due lucertoloni che ci inseguono!” affermò Arohn, indicandoli.
“Abbiamo un discreto vantaggio su di loro” disse Cohd, osservando il modo in cui la loro cavalcatura si muoveva tra le piante di papiro, le canne e le ninfee.
Riuscirono a raggiungere la riva opposta quando i loro inseguitori entrarono in acqua.
“Bene, adesso dobbiamo correre e non fermarci mai più” disse Seth, lasciando alla viverna libertà d'azione.
“Esatto. Se tutto va bene, dovremmo avercela fatta” si incoraggiò Cohd.
“Non vorrei essere portatore di brutte notizie, ma, cos'è quella cosa lassù?” chiese Arohn.
I tre si misero a scrutare il cielo.
“Grandi ali frastagliate...” cominciò Seth, nervoso.
“Una coda lunga e sinuosa...” aggiunse Cohd, sentendo un brivido attraversargli la schiena.
___________________________________________________________
25

“Viene verso di noi! Non sarà mica...” esclamò Arohn, cercando lo sguardo dei suoi due compagni.
“Il min’kiàdolore” disse Cohd, bianco in volto.
La sagoma dell'azzurra creatura si faceva sempre più grande, sempre più vicina.
“Che facciamo?” chiese Seth, con voce alterata.
“Non possiamo tornare in fretta verso la città: il fiume ce lo impedisce” pensò a voce alta Cohd.
“Non ci resta che affrontarlo, allora” concluse Arohn, non troppo entusiasta.
“Sì, penso che finirà così, ma finché siamo in tempo andiamo verso quel mulino, forza!” esclamò Cohd.
‘Mulino? Cosa avrà in mente?’, Seth ordinò alla viverna di ripiegare verso la costruzione alla loro sinistra.
I soldati che li stavano inseguendo furono stupiti nel notare il loro improvviso cambio di direzione.
“Capitano, cos'è lì in cielo? Forse stanno scappando da quello” disse uno dei soldati a cavallo, rivolto a Deferkik.
“Quello? Ah, hai fatto bene a farmelo notare, credo di avere capito: sarà meglio ritirarci per il momento. Ritirata!” ordinò Deferkik.
Nello stesso momento, Seth, Cohd ed Arohn furono costretti a porre fine alla loro avanzata: la creatura stava atterrando proprio davanti a loro.
“E' un essere potente e letale, quindi non dobbiamo per nessun motivo sottovalutarlo!” disse Cohd, rivolto perlopiù ad Arohn.
“Eccolo!” esclamò Seth.
___________________________________________________________
26

“Tutti pronti!” disse Cohd, reggendosi alla spalla di Seth per ergersi più in alto.
Il min’kiàdolore balzò con agilità di fronte a loro: attutì il rapido atterraggio con una piccola inflessione delle robuste zampe, poi spalancò le fauci e ruggì.
Quel verso acuto penetrò nell'animo dei tre sventurati, e distrusse ogni traccia della loro sicurezza, per lasciare spazio al terrore più totale.
MIN 'KIA'DOLORE
Rettile Tempesta dell'Azzurro
Tra i nembi di polvere alzatisi dalla sabbia, la creatura riapparve agli occhi di Arohn, Cohd e Seth, con il suo corpo aggraziato e terrificante: due grandi occhi verdi, con pupille nere, sottili e acuminate come oscure fessure, imperavano su di una testa liscia, azzurra, affusolata; da ciascun lato del cranio si dipartiva un'enorme e lunga punta ossea, ritorta verso l’interno, verso la bocca; questa, spalancata in un'inquietante smorfia, mostrava il rossore della gola, e una serie di denti bianchi e aguzzi, tra i quali spiccavano gli sviluppati canini. Su quel capo, al contempo nobile e spaventoso, si sviluppava una cresta formata da sporgenze azzurre, triangolari e appuntite, che si susseguivano fino a raggiungere la punta estrema della coda, terminante con due stretti aculei. Il resto del suo corpo era snello, slanciato, e velato da una livrea di un azzurro intenso, intervallata a tratti da nere strisce verticali, che si risolvevano in forma di punte affilate sui fianchi. Le due possenti zampe posteriori lo piantavano con fermezza
___________________________________________________________
27

sul terreno sabbioso, mentre le altre due, più flessibili e meno robuste, erano dotate di dita semi-prensili, utili per afferrare le prede. Inoltre, le ali membranose e retrattili, che sbucavano da sopra l'attaccatura degli arti anteriori, gli conferivano la capacità di ergersi verso le sommità dei cieli, e di domare anche i venti più impetuosi. Infine, la coda lunga e serpeggiante contribuiva a donare a quell’essere tigrato, azzurro e nero, l'eleganza da sempre legata alla sua immagine, e ai racconti di terrore che aleggiavano intorno ad essa.
‘E‘ la resa dei conti’ pensò Seth, ‘ieri Arohn ha avuto solo un assaggio della forza di questa creatura, e, com'è evidente, è riuscito solo a ferirla. Non so se riusciremo a farcela’.
“Aggiriamolo!” esclamò Cohd.
Seth cercò di convincere la viverna impaurita ad eseguire il comando. Mentre cominciarono a spostarsi intorno al min’kiàdolore, Cohd usò i suoi poteri per comandare il vento, e accerchiare la creatura con una cortina di sabbia, in modo da impedirle la visione dei loro movimenti. La manovra non si rivelò efficace, poiché il min’kiàdolore cambiava posizione con rapidità: quando la copertura di sabbia si esaurì, i tre si resero conto di essere comunque tenuti sott'occhio.
“Tutto inutile” disse Cohd in un soffio, deluso.
Il min’kiàdolore, grande all'incirca quanto tre viverne messe insieme, caricò i tre, e tentò di incornarli, insieme alla loro cavalcatura.
“Scatta verso di noi!” esclamò Cohd, puntando la spada contro la creatura.
___________________________________________________________
28

Una delle zanne ossee dell'essere colpì la viverna, e la ferì. I tre furono costretti a ruzzolare sul suo fianco, e a cadere sulla sabbia. Arohn, rialzatosi subito, approfittò della vicinanza del min’kiàdolore per sferrare un attacco con l'ascia: perse però troppo tempo per girare attorno alla viverna abbattuta, e riuscì a colpire solo una delle zanne della creatura.
“Temo servirà solo a farla infuriare” lo avvertì Seth, che insieme a Cohd aveva seguito la dinamica.
“Non perdiamo tempo! Usiamo il corpo della viverna per ripararci” disse Cohd, incitando Arohn ad avvicinarsi.
“Non possiamo difenderci soltanto!” esclamò lui.
“Potrei provare a colpirla di soppiatto” propose Seth.
“Ottima idea. Tu, invece, devi mantenere la posizione, e proteggere me” stabilì Cohd, senza distogliere lo sguardo dai movimenti incerti del nemico.
Seth, attento a non esporsi troppo, corse lontano da loro. Arohn e Cohd rimasero insieme, a spiare l'essere dal loro improvvisato nascondiglio.
“Ma che sta facendo?” chiese Arohn, notando la sfera luminosa che si era formata a mezz'aria, tra le zanne della creatura.
“Sta caricando energia! Presto, da quella parte!” esclamò Cohd.
Riuscirono a spostarsi appena in tempo: dietro di loro, una potente scarica elettrica colpì il terreno, fondendo la sabbia circostante. I due rimasero atterriti da quella visione.
Nel frattempo, Seth era riuscito ad arrivare al fianco
___________________________________________________________
29

della creatura, senza essere visto. Si chiese in che modo sarebbe convenuto attaccarla, vista la sua consistente mole: in breve decise che sarebbe stato meglio provare ad arrampicarsi sulle zampe posteriori, per raggiungere la testa, o un altro punto vitale.
Cohd intuì l'idea di Seth, e decise di lanciare una palla di fuoco per distrarre il min’kiàdolore. La creatura, colpita, e perciò irritata, scagliò un altro fulmine verso i due, meno potente, ma più veloce del primo. Riuscirono a spostarsi dal punto dell'impatto, ma, durante la fuga, Arohn subì una ripercussione dell'onda d'urto della scarica, e cadde a terra.
“Ah! Che succede?” urlò, raggomitolato sul terreno, con in volto un'espressione dolorante.
“Arohn!” esclamò Cohd, preoccupato.
“Non riesco a muovere le gambe!” esclamò lui, graffiando il terreno.
Cohd lanciò uno sguardo al min’kiàdolore, e notò che la sua attenzione era già tutta su Seth. Decise quindi di andare in soccorso del compagno ferito.
“L'elettricità deve averle bloccate. Fammi dare un'occhiata, presto” disse, sollevando uno dei lembi dei pantaloni logori per tastargli il ginocchio.
Intanto, Seth era riuscito ad arrampicarsi sulla zampa artigliata della creatura. Questa si era però accorta della sua presenza, e aveva cominciato ad agitare l'arto, nel tentativo di cacciarlo via. Seth tentò con tutte le sue forze di rimanere attaccato alla pelle squamata della creatura, ma non ci riuscì per molto: presto fu scaraventato nel vuoto, e cadde con violenza sul terreno. Il min’kiàdolore lo fissò
___________________________________________________________
30

con i suoi occhi disumani, e cominciò a caricare la sfera di energia. Seth, impotente di fronte a quell'infausto spettacolo, si rialzò, e iniziò a correre, cosciente comunque del fatto che a breve l'essere avrebbe usato il suo attacco elettrico per polverizzarlo.
‘E‘ la fine’ pensò, rassegnato.
“Seth!” urlò Cohd, in corsa verso di lui.
Non capì perché lo stesse facendo, e non seppe nemmeno ben comprendere quanto accadde dopo, quando Cohd gli si parò davanti. Si accorse però che la scossa elettrica non li stava colpendo, ma stava deviando verso il terreno. Era come se attorno ai due vi fosse una barriera invisibile, di forma sferica, e le scariche di elettricità scivolassero su di essa, evitandoli. Seth pensò si trattasse di un incantesimo di Cohd: notò che, in effetti, lui, che si trovava al suo fianco, sembrava concentrato, sotto sforzo, e teneva le braccia in tensione. La scarica elettrica non durò a lungo, ma quando finì, Cohd si ritrovò esausto.
“Tutto bene?” gli chiese Seth.
Lo vide barcollare, per poi cadere a terra, svenuto.
“Cohd? Cohd! Che hai?”, lo scosse, ‘oh, no! Per fare quella magia ha perso le forze!’ .
Il min’kiàdolore si avvicinò, lento, ma minaccioso. Seth si trovò in difficoltà nel gestire quella situazione: per fortuna Arohn arrivò a dargli manforte.
“Che succede?” chiese Arohn.
“E' svenuto, penso!” riferì Seth.
“Mi occupo io di lui”.
Arohn sollevò di peso il suo corpo.
___________________________________________________________
31

“Allora io cercherò di distrarre quella bestia” si ripromise Seth, con lo sguardo rivolto alla creatura che li sovrastava.
Prese una pietra dal terreno, e gliela scaraventò contro: riuscì a colpirgli il muso. Il min’kiàdolore non gradì la provocazione, e cominciò a inseguirlo. Era grande e veloce, ma Seth poteva contare sulla sua agilità, e sulle sue dimensioni ridotte. Riuscì a schivare diverse zampate, e a vanificare i tentativi dell'essere di incornarlo.
Arohn, che stava tornando sul campo di battaglia dopo aver messo Cohd al sicuro dietro la carcassa della viverna, si ritrovò davanti il dorso del min’kiàdolore: decise che era arrivato il momento di entrare in azione. Corse fino alla coda della creatura, strisciante sul terreno, e, arrivato alla distanza giusta, assestò su di essa un poderoso colpo d'ascia. Il min’kiàdolore ruggì, e cominciò a dimenare la coda, trasportando con sé l'ascia ancora infilzata, ed Arohn ancora attaccato ad essa.
Seth comprese la dinamica di quanto era accaduto soltanto quando vide il min’kiàdolore roteare su se stesso, ed Arohn attaccato all'estremità della sua coda. Decise di non avvicinarsi, ma di arrampicarsi sul mulino ad acqua che si trovava proprio accanto a lui, per guadagnare una posizione migliore: sfruttò il movimento delle ruote a contatto con il fiume per arrivare fin sopra il tetto spiovente.
Intanto il min’kiàdolore aveva deciso di cambiare strategia, e di spiccare il volo: spiegò le ali da pipistrello, e cominciò a sbatterle, alzando un immenso polverone. Arohn, costretto a mollare subito la presa, precipitò a terra: per fortuna l'altezza non era tale da potergli procurare danni.
___________________________________________________________
32

Seth vide la creatura passargli proprio sopra la testa: in un primo momento si allontanò verso l'alto, poi cambiò direzione, e tornò in picchiata, lanciando fulmini contro di loro con poca accuratezza, in modo disordinato. Nessuno di questi riuscì infatti a colpirli. La creatura atterrò allora una seconda volta, probabilmente dopo aver individuato Arohn, poiché si posizionò proprio davanti a lui.
Seth, dopo aver misurato ad occhio le distanze, spiccò un balzo dal tetto del mulino, e riuscì ad arrivare fin sopra la testa del min’kiàdolore. Impugnò la sciabola per colpirla, ma, prima di riuscirvi, la creatura lo sbalzò via, scrollandoselo di dosso. A Seth toccò l'ennesimo brusco atterraggio.
“Amico! Tutto bene?” gli chiese Arohn, vicino al punto in cui venne scaraventato.
“Diciamo...” rispose Seth, affannato.
Il min’kiàdolore alzò il capo e preparò ancora una volta il suo attacco elettrico. Seth ed Arohn si trovavano in una pessima situazione.
Ma proprio quando tutto sembrava perduto, i due videro una spada nera roteare nel cielo, sopra le loro teste. Una nube d'ombra avvolse il campo di battaglia. All'improvviso, un uomo in armatura, dal mantello scuro come la notte, si materializzò in prossimità della spada roteante, la afferrò, e la usò per colpire il min’kiàdolore nell'occhio sinistro.
La creatura, ruggente per il dolore, spiegò le ali, scaricò
___________________________________________________________
33

l'energia elettrica verso il cielo, e cominciò a sbattere sul terreno le zampe posteriori. In seguito iniziò, senza smettere di dimenarsi, ad aleggiare, e si allontanò in volo verso l'orizzonte, con ancora l'ascia di Arohn conficcata nella coda.
“E'...andato” disse Arohn, incredulo.
Sbatté le palpebre e sorrise.
“E’ andato, e noi siamo ancora vivi! Ah! Ah ah ah!”.
Seth si sollevò, e si guardò intorno: notò che l'uomo al quale dovevano la vita, semivisibile tra le ombre, sostava in piedi, dando loro le spalle.
‘Qualcuno è intervenuto...’ si disse, disorientato.
“Ci hai salvato! Che gli dei ti benedicano! Ci hai salvato! Grazie” esclamò Arohn, scorgendolo in mezzo alla nube di tenebre, che piano piano cominciava a diradarsi.
L'uomo si voltò, rivelando uno sguardo torvo e un volto severo.
“Di niente. Quella bestia può dare un po' di scocciature...se non la si colpisce nel punto giusto” disse Sakiel, con l'elsa della spada Isard stretta in mano.
“Ma tu...” bisbigliò Seth, squadrandolo, “sei il cavaliere bionico!”.
“Alcuni mi chiamano così” disse Sakiel, cominciando a incedere col suo passo meccanico.
“Il cavaliere di cui si vocifera tanto nelle osterie. Adesso abbiamo anche noi una storia da raccontare!” disse Arohn, entusiasta, “no, sul serio, se non fossi arrivato in tempo, quel mostro ci avrebbe fatti fuori: sei stato davvero forte!”, si avvicinò verso di lui.
___________________________________________________________
34

Sakiel si girò di scatto, facendolo trasalire.
“Mi è sembrato il minimo. Ora penso fareste meglio a sparire da qui, prima che quei soldati imperiali si rimettano sulle vostre tracce” disse.
“Come fai a sapere dei soldati? Cosa ne sai?” chiese Seth, avido di spiegazioni.
“Non ne so molto di più di una qualsiasi persona capace di fare questa domanda. Ho solo controllato i loro movimenti da prima che arrivassero a Seidirèe. Non so in che situazione vi troviate, ma sembra un bel guaio a giudicare dalla quantità di uomini che vi inseguono” disse Sakiel, senza smettere di camminare.
“Davvero hai controllato i loro movimenti?” chiese Seth, tentennante.
“Fratellone! Ah, sei qui! Perciò, messo al tappeto quel drago?” chiese Ehileen, sopraggiunta a cavallo di Liberty, e seguita da Saleh con il suo lamu.
“Ti ho già detto che non era un drago” rispose Sakiel, con la sua voce fredda e monotona.
“Come no? Dimmi tu come fa un lucertolone alato a non essere un drago?” disse Ehileen, ravviandosi il ciuffo di capelli che le eclissava l'occhio.
Arohn notò subito la bellezza provocante della ragazza.
“La stessa cosa che dico sempre anch'io!” esclamò scherzoso.
“Maybe era un amigo!” disse Saleh, con un sorriso largo e smagliante stampato in volto.
Seth rimase turbato dall'apparizione di quel curioso individuo: era alto, e la sua pelle era grigia, lucente; non
___________________________________________________________
35

aveva capelli, e la sua testa terminava con una punta all'indietro, che contribuiva a donargli un aspetto idrodinamico; aveva inoltre mani palmate, e delle protuberanze a forma di falce attaccate agli avambracci, simili per qualche ragione a delle pinne.
“Ah, voi sareste i poveretti che hanno avuto a che fare con quel drago, non è vero? Noi siamo...” cominciò Ehileen.
“La smetti di rivelare la nostra identità a tutti quelli che incontri?” la interruppe Sakiel.
“Ah, stai zitto! E' colpa del tuo atteggiamento asociale se siamo a vagare soli in mezzo al deserto! E poi questa è gente di cui possiamo fidarci: di certo una spia di Molloch non si sarebbe fatta inseguire in quel modo da un drago!” esclamò Ehileen, scendendo con un balzo dalla sella di Liberty.
“Non era un drago” precisò Sakiel.
“A chi importa che cos'era? Tanto ormai non c'è più! Comunque, come stavo dicendo, il mio nome è Ehileen, questo è mio fratello Sakiel, meglio conosciuto con il nome di «cavaliere bionico», e dietro di noi c'è Saleh, un uomo dell'acqua, abitante della Panfilonia. Ma che hai alla mano?” disse, nel momento in cui strinse la mano artigliata di Arohn.
“Ah, niente, è un congegno...” rispose lui, mostrandole il meccanismo che faceva scattare le lame, “comunque il mio nome è Arohn, mentre questo giovane ammantato da capo a piedi alla mia destra è Seth”.
“Sì, è il mio nome” confermò lui, ‘potevo anche presentarmi da solo...’.
___________________________________________________________
36

“Ah ah, certo che siete proprio una bella coppia” ridacchiò Ehileen, “ma con voi non c'era una terza persona?”.
Arohn e Seth sembrarono ricordarsi solo allora del loro compagno Cohd.
“Sì! Era svenuto: dobbiamo andare a vedere come sta” disse Arohn.
Non ci fu bisogno di percorrere molta strada, perché Cohd stava già venendo loro incontro: aveva un passo incerto, un'aria non troppo sveglia, e teneva tra le mani il suo camaleone, in apparenza privo di vita.
“Cohd, come stai? Già ripreso? Cos'è successo al tuo animaletto?” chiese Arohn, vista la sua espressione confusa.
“Il mio camaleone si riprenderà, e anch'io sto bene, ma...cos'è successo qui?”.
“Che tu ci creda o no, il leggendario cavaliere bionico è venuto a salvarci!” disse Arohn, con entrambe le mani rivolte verso Sakiel.
“Il cavaliere bionico?” chiese Cohd, sempre più perplesso.
“Non mi dire che non hai mai sentito parlare di lui? Persino nella città di Carrapìpi sanno chi è! Comunque sia, io sono sua sorella Ehileen, piacere di conoscerti Cohd”.
“Et me is Saleh!” disse Saleh, avvicinandosi.
Cohd trattenne il respiro per qualche secondo, poi espirò, e continuò a guardare i tre nuovi arrivati.
“Avete ucciso il min’kiàdolore?” chiese, rivolto a Sakiel.
___________________________________________________________
37

“Chi può dire quando quella bestiaccia è davvero morta!” si intromise Arohn.
“L'ha infilzato nell'occhio con la spada” aggiunse Seth.
“Per esperienza personale vi posso dire che poche cose sopravvivono a uno scontro con mio fratello” si intromise Ehileen, curiosando a destra e a manca con l'unico occhio visibile.
Cohd rimase in silenzio per qualche attimo, poi disse “bene”, e annuì con la testa.
“Comunque, come vi ho già detto, è meglio se vi affrettate” disse Sakiel, salito sul cavallo.
“Certo, quei soldati potrebbero essere qui a momenti” ricordò Cohd, destandosi all'improvviso.
“Ma la viverna è morta” fece notare Seth.
Cohd guardò Seth, Seth guardò Arohn, quindi Ehileen guardò Sakiel, e infine anche Saleh rivolse uno sguardo a Cohd.
“Io non condivido il mio cavallo con nessuno” disse Sakiel, allontanandosi in groppa a Liberty.
“Ma se lo condividi già con me!” protestò Ehileen.
“Non voglio altri intoppi: mi sembra di avere già fatto abbastanza salvandoli da quella creatura”.
“Ma sono in difficoltà!”.
“E siamo disposti a pagarvi per un passaggio” aggiunse Cohd.
“Davvero?” chiese Seth, guardando Cohd con fare dubbioso, ‘ma con quali rupie?’.
“Davvero?” chiese Ehileen.
“Non ci servono le rupie. Adesso andiamo, forza Ehileen” disse Sakiel.
___________________________________________________________
38

“Vi faremo da guardie del corpo” insisté Cohd.
Sakiel ammutolì, serrò gli occhi, lo guardò, poi disse: “ti sembro il tipo che ha bisogno del tuo aiuto?”.
“Devi perdonarlo: lui non ha visto quello che hai fatto a quel drago” cercò di giustificarlo Arohn.
“Drago?” chiese Cohd.
“Poi te lo spiego” gli sussurrò Arohn.
“Va bene, allora saremo al tuo servizio a tempo indeterminato” propose Cohd, con lo sguardo fisso sui gelidi occhi scuri del cavaliere.
“Tempo indeterminato...” ripeté lui.
“Dai Sakiel! I soldati saranno qui a momenti!” disse Ehileen con insistenza.
Sakiel li fissò tutti e tre per un momento.
“Un energumeno con gli artigli, un mantello che sa usare la sciabola, e un mago da quattro rupie...deciderò se potete venire con noi strada facendo. Nel frattempo andiamo: abbiamo giusto un lamu in più al momento” disse Sakiel, per poi invitare la sorella a salire dietro di lui.
Cohd, Arohn e Seth si scambiarono ancora una volta gli sguardi.
“Direi che è meglio cogliere al volo l'occasione!” ridacchiò Arohn.
“Siamo sicuri di stare facendo la cosa giusta?” chiese Seth.
“Penso di sì, visto che quei soldati sono ancora lì da qualche parte” affermò Cohd, “c'è qualcuno così gentile da spiegarmi durante il viaggio come abbiamo fatto a sopravvivere al min’kiàdolore?”.
[/b]

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Mer Feb 29, 2012 4:44 pm Rispondi citandoTorna in cima

8° capitolo - Potere sopito


Quel giorno, molte terre furono scosse dal cupo fragore di spade incrociate: si trattava degli ennesimi attacchi sferrati dall'impero ai paesi limitrofi. Le vittime, la devastazione, e il malcontento procurati sia ai vincitori che ai vinti non erano stati sufficienti a impedire il ripetersi di quei massacri: case bruciate, innocenti massacrati, e famiglie distrutte, erano il terribile bilancio appuntato sui rapporti dei comandanti. E quelle guerre non sarebbero finite, non avrebbero avuto un termine finché ci sarebbe stato ancora un territorio da conquistare, una miniera di cui impadronirsi, una sorgente da controllare, poiché i fautori di tali scempi, coloro che reggevano i fili di tali macchinazioni, non conoscevano il caro prezzo del sangue, non sapevano cosa volesse dire camminare attraverso i cadaveri, e non vedevano con gli occhi dei loro soldati le atrocità delle quali erano responsabili. Solo un uomo, conscio di tanta sofferenza, era incapace di provare il benché minimo rimorso: si trattava ancora una volta di Gangiorg.
Qualunque fossero i suoni capaci di destare interi villaggi in quel tiepido pomeriggio, era certo che dalla torre più remota del suo castello, ove il silenzio regnava eterno, non se ne potesse avere neppure il minimo sentore. dall’alto della sua finestra, egli scrutava, con la fronte increspata dalla maestosità dei suoi pensieri, le immense lande desertiche che gli si presentavano dinnanzi.
'Un mondo immenso, sconfinato, tutto per noi, e questi stupidi che infestano le nostre città non si chiedono neanche che cosa ci sia aldilà del loro naso…' pensò Gangiorg, osservando le tracce del vento nelle forme delle dune, 'da nord a sud, in questo deserto sono tutti assopiti nella loro presunta libertà: chiusi, incapaci di immaginare
___________________________________________________________

1

che la vita si spinga oltre la monotonia di un misero villaggio, di un recinto o di una casa. Io stesso, che so di conoscere molto di più di un comune altro uomo, un giorno morirò col rimpianto di non essere riuscito a scoprire tutto di questo mondo. Ma quest’anno si farà un passo avanti: scoprirò finalmente ciò di cui parlano i profeti nei loro scritti, ci riuscirò' si disse, 'quegli scritti...la loro veridicità sta alla base di tutta la nostra storia: parlano dell’inizio, del principio, del perché esistiamo e ci ritroviamo tutti insieme qui a calpestare la sabbia di queste lande desolate. Dicono che in passato una forza, una calamità incredibile, un potere sovrannaturale colpì la nostra terra distruggendo tutto ciò che la occupava: da allora cominciò la nostra storia. Ad allora risalgono le prime, rudimentali testimonianze della nostra civiltà. E il segreto di questo potere incredibile è nascosto lì, proprio davanti alle nostre mani, nello specchio, lo specchio rivelatore. Troppi giorni e troppe notti passate a esaminarlo, a tentare di sviscerarne gli arcani meccanismi. Troppo tardi mi sono accorto quanto le profezie avessero ragione anche su questo: solo i prescelti sono in grado di svelare il passaggio nascosto nello specchio. So già cosa accade quando vi si avvicina un prescelto: sette anni fa, nonostante i fastidiosi intoppi creati da quei maledetti custodi, siamo riusciti a catturare due prescelti. Una volta presentati al cospetto dello specchio, scomparvero, avvolti da quella misteriosa luce azzurra...scomparvero per non tornare mai più. Ancora oggi mi chiedo quale sia stato il loro destino: cosa si cela dall'altro lato dello specchio?
___________________________________________________________

2

Altre terre? Mondi diversi? Una nuova dimensione? Oppure la distruzione, l’oblio al suo stato elementare, come lasciano intuire alcune antiche fonti? O forse qualcos'altro…Spero di scoprirlo presto', Gangiorg si voltò, e diede le spalle alla finestra, 'spero che quei ridicoli custodi capiscano quanto possa essere pericoloso andare contro il mio impero. Se non dovessero arrivarci da soli, ci penseranno i miei uomini a rendere loro il concetto più chiaro…I custodi: che buffonata! Pretendono di avere interpretato gli antichi scritti meglio di ogni altri, e di averne estratto la verità: sono convinti che il segreto della forza suprema che ha dato origine al nostro mondo debba rimanere custodito, altrimenti, una terribile catastrofe si abbatterà sulla nostra terra, e, come al principio, sarà di nuovo la fine. Almeno, questo è quanto asserirono nella loro ultima trattativa di diciotto anni fa. Stupidi, pensano davvero di potersi ribellare così all’impero? Sono davvero ligi al loro credo fino a questo punto? Sacrificherebbero davvero il progresso della nostra civiltà a causa di qualche diceria infondata? Io non ci rinuncerei per nulla al mondo. Non mi importa di quanto sangue sarò costretto a spargere per raggiungere questo obbiettivo: scambierò l’inutile e accidiosa vita di molti per la conoscenza della verità, per qualcosa per cui vale davvero la pena lottare, per un solo uomo: me, Gangiorg!', sogghignò fra sé e sé, e in un impeto d’enfasi strinse il voluminoso manico dello spadone legato alla sua cinta.
A un tratto si udì l’eco di dei passi rimbombare fra le mura di pietra di uno dei corridoi del castello.
___________________________________________________________

3

Un servo, dopo avere bussato, e aver atteso il permesso di entrare, spalancò la spessa porta in metallo della stanza, e si inchinò dinnanzi alla minacciosa figura del suo padrone.
“Il venerabile senatore Giasu chiede il permesso di essere accolto, mio signore” disse.
“Fallo entrare” tuonò la voce di Gangiorg.
Il servo, fulminato dallo scuro sguardo del suo signore, si congedò, e lasciò la via sgombra all'ospite, che fece la sua entrata con passo malfermo.
“Qualche notizia?” chiese Gangiorg, fremente.
“Ancora non molto” dichiarò Giasu, con la sua voce rantolante, “ma sta tranquillo: Cohd, Arohn e Seth sono in buone mani”.
“Questo lo so anche io: ho mandato cinque dei miei cavalieri di viverna con le tue unità a Seidirèe, e l'ho fatto proprio per assicurarmi che quei tre non avessero scampo” disse Gangiorg.
“Le probabilità sono a nostro favore: sono tra i nostri uomini più preparati, e sono comandati da una delle mie migliore allieve. Il berillio amaranto non mi ha mai deluso” gracchiò Giasu, mentre avanzava oltre l'ingresso.
“Quella Deferkik non mi ha mai ispirato troppa simpatia. Inoltre ho visto palle di fuoco lanciate con maggiore destrezza...”.
“Ma non da gente ancora viva: nessuno tra noi è migliore di Deferkik quando si tratta di rispondere al fuoco con il fuoco” disse Giasu, roteando il suo unico occhio in giro per la stanza.
___________________________________________________________

4

“Questo è vero. Però, penso comunque ci siano comandanti migliori di lei: Duhn, ad esempio”.
“Non lo metto in dubbio. Perché non è stata chiesta la sua partecipazione?”.
“A Seidirèe? No, non era il caso: voglio immischiarlo in questa faccenda il meno possibile. Inoltre non lo vedo più in giro: vorrà dire che sta già indagando sulla «questione prescelti» per conto suo. E' fatto così lui”.
“In effetti si dà sempre molto da fare”.
“Troppo” affermò con secchezza Gangiorg.
“Comunque ho dato ordine a Vital di seguire gli spostamenti di Deferkik a sua insaputa: sarà pure un'allieva affidabile, ma è pur sempre poco più di una ragazzina” gracchiò Giasu.
“Hai fatto bene. Almeno, la riuscita o il fallimento della missione non dipenderanno solo da quella smorfiosetta. Con Vital mi sento più al sicuro: lui è uno che sa il fatto suo”.
“Già, è vero. Ma, tornando a noi: avrei in serbo qualcosina che potrebbe contribuire ad alleviare quest'attesa, e a risollevare il nostro morale. Tra l'altro abbiamo con noi un prigioniero: un custode”.
“Interessante” disse Gangiorg, osservando lo scintillio dell'occhio smeraldino del senatore.
Giasu lo condusse per le segrete del castello, fino a una sala buia, distante da tutte le altre.
“Queste sono le antiche sale delle torture” disse Gangiorg, cercando di intravedere qualcosa intorno a lui.
“Esatto. Questa qui, in particolare, era la stanza reclusione ostaggi. Attenzione, perché davanti a noi c'è una grande inferriata, e non dobbiamo camminarci sopra. Ciò che volevo mostrarti si trova sotto di essa”.
___________________________________________________________

5

Tirò una corda che fece roteare un lunotto di vetro sulla parete. Attraverso l'apertura, della luce cominciò a filtrare all'interno della stanza.
“In realtà non avrei dovuto condividere i risultati di questa nostra «ricerca» con nessuno prima del prossimo capitolo, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione di arrivare subito al dunque” disse Giasu.
“Prossimo capitolo? Ma perché devi sempre parlare in modo figurato?” gli chiese Gangiorg.
“Cosa posso dire? Mi piace. Comunque, bisogna osservare ciò che si trova aldilà delle sbarre: lì c'è il nostro ostaggio, mentre, dall'altra parte...” cominciò Giasu, iniziando a roteare una pesante manovella, “c'è quello che volevo mostrare”.
Gangiorg notò un movimento nella penombra sotto di loro.
“Di che si tratta?” chiese.
“E' un revìv”.
“Non sembra affatto”.
“E' proprio questo il bello: basandoci sui resoconti dei nostri infiltrati nei quartieri generali dei custodi abbiamo apportato delle modifiche ad alcuni esemplari catturati nei cimiteri abbandonati di Doona, Nabell, e reperiti nelle fosse di Harlei”.
“Che tipo di modifiche?” lo incalzò Gangiorg, mentre tentava di scorgere la creatura.
___________________________________________________________

6

“Abbiamo applicato loro delle maschere in osso di limulo, decorate secondo le usanze dei custodi, per amplificare il potere terrorizzante del loro sguardo. Inoltre li abbiamo forniti di tuniche bordeaux, complete di cappuccio, per renderli più resistenti alla luce”.
“Il bordeaux consona in modo delizioso con il colore della nostra bandiera: ottima scelta” ammise Gangiorg.
L'ostaggio urlò quando si accorse che il revìv gli si avvicinava in modo minaccioso.
“Spaventoso al punto giusto: la sola vista può procurare molte notti insonni anche agli uomini più valorosi. Durante il periodo di sperimentazione ho dovuto sacrificare la sanità mentale di molti dei miei ricercatori: anche per questo spero che il gioco sia valso la candela” gracchiò Giasu.
“Questo vuol dire che non avete ancora pensato a un possibile utilizzo in ambito bellico, giusto?”.
“E' una creatura difficile da controllare: attaccherebbe tanto i nemici quanto gli alleati. Inoltre, lo sai: i nostri evocatori non hanno mai dimostrato grandi doti, fatta eccezione per Vital, si intende. Penso comunque che pochi tra i nostri uomini sarebbero in grado di gestire una creatura come questa”.
“Quindi a cosa dovrebbe servire?” chiese Gangiorg.
“Per riempire trappole, fosse di confine, infestare villaggi, torturare i prigionieri. In guerra potrebbero costituire la prima linea, ma solo durante attacchi notturni”.
Il prigioniero ritornò a urlare, terrorizzato.
“E' interessante. Avete già interrogato il custode?”.
___________________________________________________________

7

“Non in modo integrale”.
“Allora blocca il revìv, prima che lo finisca” lo ammonì Gangiorg.
Giasu, prima ancora di rispondere, tirò la fune per illuminare ancora di più la stanza, poi si diresse verso una sorta di grande lente, e la frappose tra la cella e il lunotto: il risultato fu la proiezione di un raggio concentrato contro il revìv. La creatura, colpita dalla radiazione luminosa, mugugnò in modo inquietante, e rivolse il volto mascherato al soffitto, apparendo stordita. Il custode prigioniero ne approfittò subito per lanciarle contro una palla infuocata: la tanto ammirata tunica bordeaux fu in breve ricoperta dalle fiamme.
“No, così non va: non puoi dargli fuoco!” protestò Giasu.
Corse all'angolo della stanza per reperire un secchio pieno d'acqua, e rovesciarlo sopra la creatura.
“Stammi bene a sentire: qui non si scherza, qui si risponde alle domande” cominciò Gangiorg, rivolto all'ostaggio, “le interrogazioni precedenti erano solo delle prove per testare la tua predisposizione a collaborare. Adesso, se non ci darai delle spiegazioni soddisfacenti, lasceremo che quell'essere prosciughi a poco a poco la vita che ancora alberga nel tuo corpo: capirai che ti conviene fare il bravo”.
Il custode si fermò a un angolo della cella, si calò il cappuccio bruno sulla fronte, e cominciò a stropicciarsi la veste con la mano destra.
“Non so niente” disse.
___________________________________________________________

8

“Menzogne!” sentenziò Gangiorg, “sappiamo che la maggior parte di voi custodi è sempre in contatto telepatico con gli altri, e al corrente di ogni operazione”.
“Non è del tutto esatto” rispose il prigioniero dopo un'iniziale esitazione, “se così fosse, sarebbe troppo facile localizzarci, oppure ottenere informazioni...”.
“Noi conosciamo il genere di informazioni che un misero sottoposto come te potrebbe conoscere: non ci aspettiamo di certo che tu ci riveli i segreti più compromettenti dell'organizzazione, stupido” esclamò Gangiorg.
“Non so molto, non saprei cosa potrebbe interessarvi...” rispose lui.
“Perché ti trovavi nascosto in quella fattoria ad Ahran?” chiese Giasu.
Il prigioniero cominciò a piagnucolare.
“Aspettavo un contatto, come tanti altri di noi” rispose.
“Libera il revìv” ordinò Gangiorg.
Giasu gli rivolse uno sguardo, nel tentativo di decifrare le sue intenzioni.
“No, aspettate! Aspettate! Posso dirvi dell'altro” esclamò il prigioniero.
“Cioè?” chiese Gangiorg, impaziente.
“La prescelta, la chierica di Cameminia...Juneh! Lei è ancora viva! E' con una dei nostri”.
“Juneh, il quarzo ialino?” gracchiò Giasu, sorpreso.
“E' con una dei vostri? Dove sono diretti?” chiese Gangiorg,
“Sono diretti verso una fenice, la più vicina a loro. Non so dove si trovi”.
___________________________________________________________

9

“Una fenice tenuta nascosta da qualche parte...” rifletté ad alta voce Gangiorg.
“Ormai dovrebbero averla già raggiunta” aggiunse il prigioniero.
Gangiorg si rivolse a Giasu: “vale la pena occuparsi della faccenda: localizza i possibili nascondigli delle fenici intorno a Cameminia. Hai a disposizione cinque dei miei cavalieri di viverna. Inoltre cerca di entrare in contatto con quei tre sfaccendati e il loro uccellaccio: quando servono non ci sono mai!”.
Giasu si mobilitò subito per ottemperare alle richieste.
Gangiorg, invece, rimase a interrogare il custode, ma, quando si accorse di non riuscire a cavargli fuori altre utili notizie, decise di liberare la creatura dalla sua prigione di luce, spostando il supporto al quale era collegata la grande lente.
“Aspetta! Ma cosa fai? Io ti ho risposto! Ti ho aiutato! Ti ho detto tutto...tutto quello che so!” protestò il prigioniero, in preda al panico.
“Tranquillo, lo so che sei stato sincero con me. Vedi, il fatto è che quest'essere non si ciba da un po' di giorni, e inoltre il bestiame si acquista a caro prezzo negli ultimi tempi, quindi, dimmi tu: come faccio a negargli un pasto bello e pronto proprio adesso?”.
“Ma come? Ho tenuto fede ai patti! Ti ho detto tutto! Liberami! Liberami! Ti supplico, liberami! Ti imploro!”.
Il revìv cominciò ad avvicinarsi con passo incerto e ondeggiante.
___________________________________________________________

10

“Dai, non ti preoccupare: scommetto che la tua è stata una vita piena e che adesso non hai alcun rimpianto. Se invece è la sofferenza della morte che ti spaventa, considera che il revìv non farà altro che succhiarti tutta l'energia vitale dall'esterno, senza torcere nemmeno un capello al tuo prezioso corpo: sarà come un meraviglioso incubo a occhi aperti”.
“Lurido bastardo! La tua parola vale meno di niente! Che gli dei possano farti patire i dolori di mille dardi infuocati! Che il vuoto cosmico possa risucchiarti!”.
Gangiorg tirò la fune che controllava il lunotto di vetro. La luce si fece sempre più fioca all'interno della stanza, fino a svanire del tutto. I versi agghiaccianti della creatura, insieme alle urla disumane del prigioniero, risuonarono per le buie segrete del castello. Qualcuna delle guardie sentì, ma subito si impose di cancellare tutto dalla propria mente, nella speranza di non udire mai più nulla di simile.

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Bozz
Apprendista
Apprendista


Registrato: 08/12/11 13:40
Messaggi: 15
Località: Palermo

MessaggioInviato: Lun Mar 05, 2012 12:22 pm Rispondi citandoTorna in cima

9° capitolo - Deviazione

Era mattina presto, e il silenzio imperava ancora indisturbato nel villaggio Archiloco. Nemmeno gli uccelli diurni del deserto avevano ripreso la loro attività, e solo un orecchio avvezzo ai suoni più fini si sarebbe potuto accorgere di un incerto sciabordare, provenire dal bagno dell’unica locanda del paese.
Juneh, con il volto imperlato d’acqua, rimase per un po’ a fissare il ciondolo di cristallo pendere dal suo collo, e fendere con la punta il contenuto della ciotola. Dopo qualche istante di esitazione, accantonò i pensieri, e rimmerse le mani per continuare a rinfrescarsi il viso.
Era arrivata lì la sera prima insieme a Tera, che continuava a controllare e programmare i suoi movimenti, e a Helis, che aveva deciso di viaggiare con loro finché avrebbero proseguito verso la città di Serafari.
Era stata proprio Juneh a invitarla a restare con loro. Tera si era invece dimostrata in qualche modo contraria nei confronti di quest'iniziativa, anche se non aveva protestato in modo esplicito. Ma Juneh lo aveva capito subito: era abituata a cogliere i segni della riluttanza.
Quando ritirò le mani, l'acqua nella bacinella cominciò a riflettere la sua immagine: la luminosità dei suoi scuri occhi non lasciava in alcun modo trasparire le sofferenze dell'anima accumulate in quei vent'anni di vita (nota chiarificante: è da considerare che in ogni anno ci sono otto mesi, e ogni mese comprende circa quarantotto giorni, e che ogni tre anni vi è un anno bisestile, e, allo stesso tempo, ogni due ve n'è uno trisestile. E' inoltre da notare che ogni tre mesi si aggiunge lo scarto quadratico medio del tempo impiegato dalla luna a compiere il suo ciclo di
___________________________________________________________

1

rivoluzione apparente, ovviamente per correggere l'esatta durata dell'arco di tempo che il pianeta impiega nel suo movimento rotazionale. Il periodo qui citato sarà comunque chiaro in termini spazio-temporali qualora si calcoli la media ponderata del numero di giorni in un mese, e la si sommi alla radice cubica di n, moltiplicata per il numero di Don Piero, ove n indica il numero di meteore entrare nell'orbita gravitazionale del pianeta, diviso per il numero di caprecore munte in un anno, elevato a x, considerando che la x indica il punto in cui è stato seppellito il tesoro).
Nella sua mente scorrevano ancora le immagini truci della morte di Dan, e di tutti gli altri eventi del giorno precedente. Il pensiero di essere accorsa in suo aiuto troppo tardi e di non essere riuscita a evitare la sua morte continuava a tormentarla, senza lasciarle tregua. Si voltò, e iniziò a incamminarsi verso la stanza adiacente, quando, all'improvviso, scorse un silenzioso movimento aldilà della finestra priva di vetro. Si recò quindi sul terrazzo, e scese la rampa di scale di pietra visibile dal bagno.
A quel punto avvertì un suono indistinto provenire da dietro un angolo. Il primo dei due soli era sorto da poco, e in giro per le strade non si vedeva nessuno. Trovò quindi strano che qualcuno si aggirasse in quel modo furtivo per l'ostello, e per alcuni istanti rimpianse di non aver sceso dalla camera la spada del defunto Dan.
Prima che potesse decidere quale azione intraprendere, la fonte dei rumori imprecisati rivelò la sua natura: una volpe apparve alla base delle scale. Juneh ebbe poco tempo
___________________________________________________________

2

per ammirare la sua fulgida pelliccia color sabbia, poiché l'animale si trattene solo il tempo sufficiente per rivolgerle un profondo sguardo con i suoi occhi neri, poi fuggì via.
“Strano vedere una volpe spingersi fin qui in città: avrà trovato del cibo” disse Tera, apparsa in cima alle scale.
“Tera! Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò Juneh.
“Io ti ho fatto prendere un colpo? Non sono io quella che all'improvviso è scomparsa dal letto su cui stava dormendo”.
“Cosa vuoi? Ho avuto un brutto sogno. E poi sono soltanto scesa: non penso sia un'azione così avventata” protestò.
“Lo so, ma devi capire: abbiamo dovuto affrontare già anche troppe complicazioni, preferirei non dare al destino occasione di crearne delle nuove”.
“Stai tranquilla, ché l'Autore le occasioni le trova. E poi, se non avesse avuto in serbo per me delle «complicazioni», non mi avrebbe neanche invischiato in quest'assurda storia!”.
“L'Autore? Cosa intendi?” chiese Tera, perplessa.
“Ah...scusa! A volte dimentico che non tutti conoscono il lessico religioso: secondo il nostro credo, l'Autore è il creatore dell'intero universo, ed è in un certo senso accomunato al destino, per com'è inteso nell'immaginario comune”.
“Ah, avrei dovuto aspettarmelo. In realtà non mi sono mai interessata molto alla cultura imperiale”.
“Capisco. Tu non vivevi nell'impero, vero?” chiese Juneh.
___________________________________________________________

3

“No, anche se in realtà quest'ultimo anno ho vissuto lì, nei pressi di Cameminia: sai, a ognuno di noi custodi è stata affidata un'area ben precisa da controllare” spiegò Tera, scrutando l'ozioso paesaggio cittadino.
“Wow, allora ci tenete davvero molto a questa faccenda dei prescelti”.
“Lo sai già il perché: la posta in gioco è molto alta”.
“Se lo dici tu...”.
Juneh era ancora scettica nei confronti di quanto affermava Tera. Tuttavia non poteva negare di essere stata aggredita dalle misteriose creature scheletriche, né di avere visto i cavalieri di viverna imperiali setacciare le strade di Cameminia. Ma stavano davvero cercando lei? Davvero era una delle prescelte che avrebbero potuto causare la distruzione del mondo? Da che cosa dipendeva tutta quella situazione? Da chi o da che cosa erano selezionati i prescelti, e per quale ragione?
Nella mente di Juneh, simili dubbi erano ancora in attesa di risposta: per questo decise di fare a Tera alcune domande.
“Tera, ci sono delle cose che non mi riesco a spiegare: so di comprendere ancora poco a fondo tutto questo, ma se mi fornissi alcune spiegazioni mi sentirei più...come dire? Confortata? Insomma: finora ti ho seguito, e ti ho dato fiducia, ma adesso ho bisogno di sapere qualcosa di più”.
“Ti avrei spiegato tutto fin dall'inizio se ci fosse stata l'occasione, ma siamo dovute scappare, in silenzio, e per questo non ho potuto essere più chiara. Tutt'ora ci troviamo in una situazione pericolosa: l'impero o le forze oscure potrebbero individuarci da un momento all'altro e tenderci un agguato. Nonostante ciò, se hai bisogno di altri chiarimenti, oltre a quelli che ti ho già dato, sono pronta a risponderti come meglio posso”.
___________________________________________________________

4

“Bene” cominciò Juneh, “volevo sapere come fate, sia voi, che l'impero, che le forze oscure, a conoscere l'identità di noi prescelti, e inoltre volevo capire...insomma...da che fonti proviene questa notizia della possibile distruzione del mondo? Cioè, che significato ha? Come dovrebbe funzionare? Cosa c'entriamo noi con tutto questo? Come possono persone come me o Sophie scatenare un simile evento?” .
“Comprendo le tue perplessità: le persone che non sono abituate a questi concetti possono provare grande confusione nel doverli interpretare. Cercherò di spiegarti: esistono degli specchi, che con una precisa periodicità proiettano le immagini dei prescelti: sono come degli occhi, che individuano determinate persone, e mostrano le loro azioni in tempo reale, proiettandole sulla loro superficie. Si pensa che esistano tre di questi specchi, e che siano in possesso di noi custodi, dell'impero, e delle forze oscure. I prescelti vengono inquadrati una sola volta, ed è su quelle poche immagini che si basano le nostre ricerche: nel tuo caso, sono state le forze oscure ad arrivare per prime”.
“E hanno catturato Sophie” la interruppe Juneh.
“Esatto. Non hanno preso te perché ti hanno creduta morta. Tuttavia, sia noi custodi, che l'impero, abbiamo preferito controllare che fosse davvero così, e, per fortuna, a quel punto ti ho trovata io”.
___________________________________________________________

5

“Interessante. In un certo senso avevo immaginato si trattasse di qualcosa del genere. Per quanto riguarda quello che dicevi sulla fine del mondo, invece? Qual è il fatto?”.
“Tutto ciò che sappiamo deriva da delle antiche scritture, che sostengono che gli specchi siano in realtà delle porte comunicanti con un altro mondo, e che, se aperte, potrebbero causare la distruzione di ogni forma di vita. L'unico modo per aprire questi varchi sarebbe portare uno dei prescelti al loro cospetto”.
“Ah, ecco spiegato il perché della nostra importanza. Ma allora per quale motivo l'impero e le forze oscure vogliono catturarci? Intendono distruggere tutto?”.
“No. La lingua in cui la profezia della distruzione è scritta non è stata ancora decifrata con precisione, e, per questo, di essa esistono differenti interpretazioni. Pare che i ricercatori imperiali sostengano che dietro lo specchio si celi un qualche tipo di potere assoluto. Non sappiamo invece quali siano gli obiettivi delle forze oscure: in realtà, su di loro, nessuno sa molto”.
“Che situazione complicata. Quindi, a quanto pare, nessuno sa con esattezza cosa si trovi aldilà degli specchi, o sbaglio?”.
“Noi custodi sosteniamo che l'interpretazione degli scritti sia univoca, e crediamo che aprire i portali sigillati negli specchi possa in ogni caso essere molto pericoloso”.
“A giudicare dal modo in cui ci danno la caccia, però, anche gli altri sembrano convinti della veridicità delle loro interpretazioni”.
___________________________________________________________

6

“E' evidente che non hanno la nostra stessa competenza nel campo, e che le loro conoscenze non sono al nostro livello”.
“Potrebbe anche darsi. Certo che è così strano: io ancora non riesco a credere a tutto quello che sta accadendo”.
“Juneh, lo comprendo: ti stai confrontando con forze ed eventi che sarebbero capaci di sopraffare qualsiasi essere umano. Tu continua a fidarti di me: è l'unico consiglio che in questo momento riesco a darti”.
“Lo so, tranquilla” tagliò corto lei.
“Bene, adesso, visto che ci siamo, svegliamo quella ragazza, e iniziamo a incamminarci: la strada è ancora lunga” disse Tera, per poi rientrare nell'edificio.
Juneh salì le scale fino ad arrivare alla camera che aveva condiviso con Tera e Helis: quand'era scesa, lei stava ancora dormendo, ma era già passato un po' di tempo, e si aspettò di trovarla sveglia. Bussò, ma non ottenne risposta. Aspettò, ma non successe nulla, quindi bussò ancora. Niente. Decise allora di accostare l'orecchio alla porta, e quasi rabbrividì nell'udire un pianto sommesso.
'Oh, dei' si disse, indecisa sul da farsi, 'Tera mi ha chiesto di farla sbrigare, ma non posso di certo ignorare questa situazione. Ha perso suo cugino. E' una cosa orribile'.
Mise una mano sulla maniglia, e si accorse che la porta era aperta. La dischiuse appena, e scorse subito Helis. Il visino della ragazza era umido di lacrime, e infiammato di dolore.
“Ciao” la salutò Juneh, accompagnando alle parole un timido gesto.
___________________________________________________________

7

Si sentì terribilmente a disagio.
“Fu...Futura” biascicò a stento Helis, continuando a singhiozzare.
Juneh, titubante, fece qualche passo verso il suo letto, poi vi si sedette sopra.
Passò del tempo prima che Helis riuscisse a pronunciare delle parole comprensibili.
“Futura, grazie per avere provato a salvarlo”.
Juneh si rabbuiò, quindi rispose “non è il caso di ringraziarmi: non sono riuscita a fare molto”.
Senza preavviso Helis l'abbracciò, stringendola forte a sé. Lei, imbarazzata e impietosita, non poté fare a meno che contraccambiare il gesto.
“Dan era una brava persona. Ha fatto molto per me. Lui, voleva soltanto che vivessi una vita migliore” continuò Helis, per subito scoppiare a piangere.
“Certo” mormorò Juneh, reggendole la testa nel tentativo di consolarla.
“Adesso potrei tornare a casa, e avvertire mia madre di quello che è successo, ma sarei di nuovo sola. No, Dan voleva portarmi a destinazione all'accademia. Io ci devo andare, per rispettare i suoi sforzi. Ma mi sento così confusa. Adesso non ho più nessuno”.
“Perché non vuoi tornare da tua madre?”.
“Perché” cominciò, tirando su col naso, “lei non mi vede di buon occhio, da quando è stato arrestato mio padre. E poi, Dan avrebbe voluto che vivessi all'accademia. Andare a Serafari è la cosa giusta da fare”.
___________________________________________________________

8

“E allora ci andremo. Non so per quanto potremmo accompagnarti io e Tera, ma per ora siamo qui, e puoi contare su di noi. Ti accompagneremo, non ti preoccupare”.
“E, arrivati lì, mi aiuterai a scrivere una lettera a mia madre, per spiegargli quello che è successo?” detto ciò, ricominciò a piagnucolare.
“Sì” rispose Juneh, incerta, nervosa, “lo faremo, stai tranquilla. Sai, anch'io sto attraversando un periodo piuttosto pesante, e lo so: è brutto quando le poche persone su cui puoi contare vengono meno”.
“Anche tu hai perso qualcuno?”.
“Sì. Ma è stato tempo fa. Adesso sto cercando la mia amica scomparsa, l'unica amica che mi è rimasta”.
“Spero tu possa trovarla”.
Juneh le rivolse uno sguardo, come per ringraziarla per l'augurio, ma non disse niente. Rimasero ancora un po' a parlare, poi, quando Helis si sentì meglio, prepararono le loro cose e scesero.
In breve furono pronte per partire: si ritrovarono alle porte del villaggio, insieme ai due lamu che Tera aveva acquistato il giorno prima, e alle provviste che erano riuscite a racimolare.
“Spero tu sappia come cavalcare un lamu” disse Tera, rivolta alla giovane Helis.
“Sì, so farlo” rispose la ragazza bionda.
“Bene. La pianta che cresce sul dorso del tuo lamu è diversa dalla nostra: se dovessi trovarti scomoda, metti sotto di te una borsa vuota” le consigliò Tera, salendo in groppa alla sua cavalcatura.
___________________________________________________________

9

Helis osservò il dorso dell'animale che avrebbe dovuto condurre per i caldi sentieri del deserto: le foglie della pianta che vi cresceva sopra erano oblunghe, appuntite, e ruvide al tatto.
'Quelle foglie non sembrano per nulla accoglienti' pensò Juneh, seduta dietro Tera, 'sono sicura che Tera abbia preferito preoccuparsi del prezzo dell'animale, piuttosto che della sua comodità. Però avrebbe almeno potuto comprarle una sella. Povera ragazza: dovrà farsi tutta la strada stando seduta su quelle cose'.
Il viaggio cominciò senza che nessuno facesse particolari obiezioni. Decisero di proseguire lungo il sentiero che attraversava il deserto verso sud-est, e che in alcuni punti era delimitato da grosse pietre conficcate nella sabbia. Raggiunta una certa distanza avrebbero abbandonato la strada battuta, e proseguito tra le dune, per essere meno visibili. A Helis dissero che l'avrebbero fatto per risparmiare tempo.
“Questo sentiero è molto antico, e non tiene conto delle città sorte da poco come Serafari” spiegò Tera.
'E' vero, oppure lo dice solo per non far sorgere dubbi a Helis?’ si chiese Juneh, ‘in ogni modo lei sembra darle fiducia: in realtà chiunque gliela darebbe non conoscendo la zona'.
“Allora, Helis, come mai vai all'accademia di Serafari?” chiese Tera.
“Per imparare le arti mentali” rispose secca lei.
“Fantastico! E sai già fare qualcosa?” chiese Juneh, incuriosita.
___________________________________________________________

10

“Diciamo...ho una certa predisposizione per le evocazioni”.
“Davvero? A quanto so, non sono molti i maghi capaci di evocare” disse Juneh.
“Sono pochi, è vero” cominciò Tera, “l'evocazione è una tecnica impossibile da apprendere se non si ha un'innata propensione: è un dono di natura”.
“Wow, interessante. E cosa evochi?” chiese Juneh.
“Per adesso solo gatti neri, ma non sempre ci riesco...” rispose Helis, senza distogliere lo sguardo dalle redini del suo lamu.
“Bisogna esercitarsi per migliorare questa capacità: il gatto nero è una delle evocazioni base, ma con l'esperienza si possono riuscire a evocare le creature o gli oggetti più disparati” disse Tera.
“Ti auguro di riuscire a diventare brava! Comunque, almeno, ora so a chi rivolgermi quando vorrò un cuccioletto” scherzò Juneh.
Helis accennò a una risata, poi continuò a badare alla strada.
'Anche se le sue battute sono pessime, Futura sembra davvero una persona gentile' pensò, 'è stata una fortuna averla incontrata'.
Quand’ebbero percorso un paio di leghe, arrivarono in prossimità di un picco roccioso circondato da folta e rigogliosa vegetazione. Alle sue pendici sorgevano delle rudimentali costruzioni.
“Quella dev'essere la fonte di Carmal: la leggenda racconta che il vecchio pastore Carmal, peregrinando per queste terre, scoprì per primo la sorgente d'acqua nascosta ai piedi del monte, e la usò per dissetare il suo bestiame. Adesso la sorgente è di proprietà imperiale, e per attingervi bisogna pagare una tassa. Per fortuna abbiamo riempito le borracce prima di partire, quindi non abbiamo bisogno di avvicinarci” disse Tera.
___________________________________________________________

11

“Peccato: non capita spesso di vedere un posto così” disse Juneh.
Tempo dopo, quando entrambi i soli si trovavano ormai alti nel cielo, incontrarono sul sentiero un uomo a cavallo di un echinosauro.
“Salve, gentili e graziose viandanti” disse, con in volto un sorriso smagliante.
Era piuttosto giovane, indossava un paio di occhiali spessi, un completo color sabbia, e sembrava sopportare di buon grado il peso del grosso zaino che teneva sulle spalle.
“Salve anche a lei. Scusi, ma andiamo di fretta, non abbiamo tempo per gli acquisti” rispose subito Tera, senza fermarsi.
“Oh, che perspicacia...ha capito subito che volevo venderle qualcosa: per questo sembra proprio il tipo di persona capace di utilizzare al meglio la mia pratica «guida alla fauna di Barinarmogomothuliebnekraptzschyuphèberker» (è il nome del continente)” iniziò l'uomo.
“Guardi, non ci interessa” lo interruppe Tera.
Juneh rimase colpita dalla cavalcatura dell'uomo: l'echinosauro. Era certa fosse l'essere più sgraziato che avesse mai visto: si trattava di un grosso rettile, di colore verde spento, dal corpo tozzo, e possedente quattro robuste e corte zampe; in basso, ai lati del capo ossuto, si potevano individuare i due piccoli occhi rossi, mentre sul dorso disponeva di un lucido carapace, un guscio che comprendeva tutta la metà superiore del corpo, e all'occasione fungeva anche da sella.
___________________________________________________________

12

“Ascoltatemi almeno un attimo: non ve ne pentirete!” cominciò l'uomo, istigando l'echinosauro a tenere il loro passo, “quella che vi offro è una guida completa e dettagliata, provvista di disegni molto accurati di tutte le specie più pericolose di queste terre: non posso permettere che tre belle ragazze come voi attraversino il deserto senza una di queste” disse, sventolando un piccolo tomo cartaceo.
“Ah, è per giunta di carta? Non abbiamo abbastanza rupie per pagare un libro” disse Tera, con lo sguardo già rivolto altrove.
“Ma questo è economico: è papiro grezzo, rilegato, non si tratta di materiali pregiati. Il prezzo è di sole ventotto rupie!” disse l'uomo.
“Ventotto rupie sono troppe, mi dispiace” tagliò corto Tera.
“Solo per voi, in questa situazione, sono disposto ad abbassare il prezzo fino a venti rupie tonde tonde: è un vero affare”.
Juneh gettò uno sguardo all'uomo: se avesse avuto delle proprie rupie con sé, avrebbe anche potuto acquistare il libro, ma, visto che era Tera l'unica a possederne, stava a lei decidere.
“E' pieno di informazioni utili, per riconoscere anche le creature più infide” ricominciò l'uomo, “sapevate per esempio che gli scafazzacristiani dispongono di muscoli portentosi? Per sollevare il peso del loro duro esoscheletro hanno bisogno di enormi quantità di energia, infatti non smettono mai di cacciare. Inoltre, per risparmiare le fatiche cercano di muoversi il meno possibile: è per questo che preferiscono mimetizzarsi tra le rocce e catturare soltanto le prede che vi si avvicinano. Ovviamente il loro colore, così simile a quello della sabbia, li aiuta a dare meno nell'occhio. Bisogna stare molto attenti alle grandi rocce di forma conica: potrebbero non essere quello che sembrano!”.
___________________________________________________________

13

Tera non rispose: sembrava avesse deciso di ignorarlo.
“Oppure” continuò l'uomo, “sapevate che la vita dei metauri si divide in tre fasi, durante le quali la creatura assume forme del tutto differenti? Si parte dallo stadio larvale, durante il quale l'essere è onnivoro, e non rappresenta una grave minaccia per l'uomo; in seguito, quando la creatura si rende conto di avere ingerito abbastanza cibo, e di essere cresciuta a sufficienza, cerca un posto riparato, in genere una grotta, dove imbozzolarsi, e trasformarsi in pupa; in questa fase l'essere vive del tutto immobile per circa un mese, fin quando la crisalide si schiude, e da essa esce il metauro adulto, carnivoro e imponente. Questa creatura potrebbe sembrare un devastante predatore, ma, in realtà non lo è: la sua mole serve soltanto a proteggere le uova, e non a cacciare grandi animali. E' comunque sconsigliato avvicinare una di queste creature, poiché un solo loro attacco potrebbe risultare fatale. E sapete inoltre che il corpo degli antichi echinosauri era in principio ricoperto di aculei? Sembra che gli echinosauri col dorso arrotondato siano nati soltanto quando l'uomo ha cominciato a utilizzarli come mezzi di trasporto”.
“La ringraziamo davvero per queste informazioni” lo interruppe Juneh, in tono pacato, “ma non abbiamo intenzione di comprare il suo libro. Può provare ad andare alla fonte di Carmal: basta proseguire sul sentiero, non è distante da qui. Lì ci sono sempre molte persone, ed è probabile che qualcuno voglia acquistare la sua guida”.
L'uomo sembrò interdetto: si passò una mano tra i capelli, sbuffò, diede un'occhiata dietro di sé, poi disse “va bene. E' stato comunque un piacere”, e andò via.
Tera si voltò, scrutò l'orizzonte frastagliato da alcuni picchi rocciosi, poi rivolse a Juneh uno sguardo indecifrabile.
___________________________________________________________

14

“Venti rupie non sono poi così tante” disse Juneh.
“Forse, ma non ci serve una guida” disse Tera.
“D'accordo”.
Non passò molto tempo da allora a quando curvarono fuori dal sentiero. La zona nella quale si ritrovarono continuava ad essere sabbiosa, ma intervallata da sporadiche macchie di vegetazione, e formazioni rocciose, talvolta piuttosto alte.
“Quella è una crisomea” pensò a voce alta Tera, quando notò una pianta sottile, dal fusto molto alto, coronata all'apice da un fiore spigoloso di colore rosso e giallo.
“Bella” disse Juneh.
“Utile anche: dalla sua linfa si possono ricavare delle efficaci sostanze curative” disse Tera, scesa dal lamu per raccogliere la pianta e chiuderla in un ampolla.
“Certo che voi alchimisti dovete saperla lunga su queste cose...” commentò Juneh.
Tera le rivolse uno sguardo che poteva voler dire “smettila di rivelare informazioni in presenza di Helis”, poi si rimise in sella, e il viaggio poté continuare come se nulla fosse successo.
Superato un certo punto, il terreno cominciò a diventare più scuro, come se fosse stato smosso.
“Come facciamo a sapere se stiamo andando nella direzione giusta?” chiese Juneh, a un tratto.
___________________________________________________________

15

“Tranquilla, non ti preoccupare: sono abituata a orientarmi da queste parti. Vedi quella roccia? E' il segno che manca poco a Serafari” disse Tera.
Juneh osservò la conformazione rocciosa indicata da Tera: non le sembrò affatto un utile punto di riferimento, piuttosto una roccia come tante altre.
“Se lo dici tu...”.
All'improvviso il terreno attorno a loro cominciò a incresparsi, come animato da forze celate al di sotto della sabbia.
“Che succede?” chiese subito Juneh, impallidita.
“Temo che abbiamo invaso il territorio di alcuni tarmarok” disse Tera.
“Cos'è un tarmarok?” chiese Juneh, allarmata.
Appena finì la frase, un essere vermiforme, dal corpo segmentato e corazzato, sbucò fuori dalla sabbia per mordere una delle zampe anteriori del loro lamu. Juneh e Tera caddero a terra, ma fecero il possibile per rialzarsi subito. Helis, disorientata, ordinò alla sua cavalcatura di avvicinarsi a loro.
“Va bene: fai finta che non te l'abbia chiesto” esclamò Juneh, trattenendo il fiato tra una frase e l'altra.
“Dobbiamo difenderci con le nostre forze ora che siamo qui! Se non lo facciamo, questi esseri ci fanno a brandelli!” esclamò Tera, sfoderando dalla tunica due sfere infiammabili.
___________________________________________________________

16

“Mai un viaggio tranquillo, non è vero? E tu che mi dicevi di stare attenta alla volpe...” disse Juneh, afferrando il manico della sua spada.
Nel frattempo altri tarmarok erano usciti allo scoperto, e avevano cominciato a smembrare lo sfortunato lamu con le loro mandibole simili a grosse tenaglie.
“Dobbiamo stare attente soprattutto a non farci attaccare da sotto” disse Tera, e lanciò le due palle infuocate contro il cadavere del lamu, ormai attorniato da una decina di creature.
L'esplosione di fiamme danneggiò il branco di tarmarok: tre morirono scottati, altri quattro si ritirarono sottoterra. I rimanenti avanzarono verso Tera.
Juneh si fiondò a spada tratta contro di loro.
“Non ti preoccupare: ci penso io!” esclamò.
Con il primo fendente riuscì a dividere a metà uno dei tarmarok. Il secondo colpo, invece, andò a vuoto, e con il successivo scalfì soltanto la dura corazza di una delle creature.
Nel frattempo, Tera estrasse dalla sua veste una boccetta stracolma di un liquido rosato, e la stappo’.
“Meglio se torni indietro: ho un'idea!” le disse Tera.
Tramite la forza del pensiero, cosparse con il contenuto dell'ampolla gran parte del terreno circostante al gruppo di creature più numeroso, quindi usò i suoi poteri per dar fuoco a quello che si rivelò essere un infiammabile. Un'esplosione di lingue ardenti investì le creature, e le carbonizzò. Juneh fu costretta a indietreggiare di molti passi per non essere scottata.
___________________________________________________________

17

Intanto, altri esseri erano emersi, e avevano attaccato il lamu di Helis. Lei, che era riuscita a scendere in tempo, cominciò subito a preparare il contrattacco: arretrò fino a un posto più sicuro, poi chiuse gli occhi, chinò il capo, e incrociò le dita in una particolare posizione. Pochi attimi dopo, l'aria davanti a lei si confuse in un frenetico vorticare di colori, per concentrarsi infine in uno specifico punto, dal quale, poco dopo, emerse una sinuosa creatura dal pelo nero: era alta più della metà di un uomo in piedi, possedeva micidiali zampe artigliate, grandi occhi verdi con pupille come fessure, e costole molto evidenti al di sotto della pelle scura, che contribuivano a conferirle un'aria spettrale. Senza perdersi in indugi, il gatto nero evocato da Helis attaccò le creature: i suoi agili colpi d'artigli riuscirono a penetrare le difese dei tarmarok.
Juneh si avvicinò per darle man forte: trafisse due delle creature con l'affilatissima lama, poi arretrò verso Helis, per proteggerla mentre comandava il gatto.
“Queste creature cominciano a diventare fastidiose” esclamò Tera, correndo in aiuto delle due, “penso sia il caso di finirla qui!”.
Poggiò le mani a terra, nello spazio tra Juneh e Helis. Entrambe si chiesero cosa stesse tentando di fare, ma presto notarono qualcosa di strano nella sabbia attorno a loro, e capirono che doveva trattarsi del suo asso nella manica: i granelli avevano cominciato a rimescolarsi, per poi fondersi tra di loro, e diventare liquidi.
___________________________________________________________

18

“Se muovo a gran velocità le minuscole particelle di silice che compongono la sabbia posso alzarne la temperatura fino a raggiungere il punto di fusione. Non solo le creature sottoterra risentono dell'elevatissimo calore, ma, se poi smetto di somministrare energia cinetica, ottengo come risultato una prigione di vetro, in cui i tarmarok rimarranno intrappolati per sempre” spiegò Tera, rialzandosi in piedi per osservare le creature contorcersi nel vetro fuso.
Il gatto nero balzò via dall'area interdetta, e fuggì lontano dal controllo di Helis. Poco dopo il vetro si raffreddò, e anche l'ultimo tarmarok rimase senza via di scampo.
'Ma certo: il vetro si ricava dalla fusione del silicio' pensò Helis.
“Complimenti” disse Juneh, compiaciuta, ma al tempo stesso spaventata.
Quando sembrava ormai che la tranquillità fosse tornata a regnare su quel tratto di deserto, altri tarmarok uscirono a frotte dalla sabbia lontana, e cominciarono a strisciare sul vetro in superficie per raggiungerle.
“E ora?” chiese Juneh.
“Non saprei” rispose Tera.
Helis, senza dire una parola, si preparò per un'altra evocazione. Riapparì il vortice di colori, ma, stavolta, da esso non sbucò fuori un gatto nero, bensì una creatura di colore scuro, violaceo, dalla testa liscia e bombata, e dalla consistenza gommosa, dotata di otto tentacoli sinuosi ricoperti di ventose.
___________________________________________________________

19

“Opsss” esclamò Helis, “ho sbagliato l'evocazione: è un polpo”.
Sia Tera che Juneh osservarono il piccolo essere fuori dal suo naturale contesto dimenarsi sul vetro per qualche secondo, poi rivolsero di nuovo lo sguardo all'orda di tarmarok che li aveva ormai accerchiati.
“Dobbiamo fare qualcosa” esclamò Juneh, pronta a usare la spada.
“Non possono essere infiniti!” disse Tera, preparando altre palle di fuoco.
“Nemmeno noi possiamo resistere all'infinito” rispose Juneh.
“Qualcosa dal cielo ci sta venendo incontro” osservò Helis, che rivolgeva loro le spalle.
Le due si girarono e videro ciò che stava accadendo.
“Una fenice!” esclamò Tera, “infatti, l'avevo capito che stavano per arrivare i rinforzi”.
L'enorme rettile alato dalle piume rosse e gialle cominciò a volare attorno a loro. I due custodi che si stavano occupando di cavalcarlo cominciarono a lanciare sfere infuocate contro i tarmarok. Allo stesso modo fecero altre due coppie, che entrarono in scena a cavallo di altre due fenici. La forza congiunta degli attacchi dei custodi e della spada di Juneh riuscì a sfoltire il campo dalle creature. Grazie a ciò, le tre fenici poterono ben presto atterrare sulla sabbia, ammortizzando l'impatto con le loro possenti zampe artigliate.
___________________________________________________________

20

“Dobbiamo subito salire sulle fenici, per dirigerci alla fortezza” disse Tera.
“Cosa? Salire su quei cosi? Ora?” disse Juneh, sconvolta, “e Helis? Dovevamo condurla fino a Serafari”.
“Temo non ci sia tempo” le incalzò Tera, “rimanderemo a dopo, quando saremo in condizioni più sicure. Adesso, per favore, salite: a dopo le spiegazioni”.
Helis, turbata, rivolse a Juneh uno sguardo perplesso.
“Che sta succedendo?” le chiese.
“Non pensare che io ne sappia molto più di te” rispose lei, “visto che i lamu sono morti, ti conviene in ogni caso venire con noi: non puoi rimanere in mezzo al deserto da sola”.
“Presto!” le incitò Tera, che aveva afferrato la scaletta di legno e corda lanciatale dalla sommità di una delle fenici.
“Credimi: anch'io mi ritrovo in una strana situazione, ma, finora mi sono fidata di Tera, ed è andato tutto bene” disse Juneh.
“Sì, ma...Futura, non capisco...che cosa sono quelle creature, e dove dovrebbero portarci?” chiese Helis, nel tentativo di dare al caos della sua mente la forma di parole.
“In realtà” cominciò Juneh, “ci sono un po' di cose che dovresti sapere...”.

_________________
https://sites.google.com/site/bozzroom/la-leggenda-di-sohria
ProfiloMessaggio privatoInvia emailHomePage
Mostra prima i messaggi di:      
Nuovo TopicRispondi


 Vai a:   



Successivo
Precedente
Non puoi inserire nuovi Topic in questo forum
Non puoi rispondere ai Topic in questo forum
Non puoi modificare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi cancellare i tuoi messaggi in questo forum
Non puoi votare nei sondaggi in questo forum
Non puoi allegare files in questo forum
Puoi downloadare gli allegati in questo forum



Leggi informativa estesa sull'uso dei cookies

Tutti i fusi orari sono GMT + 2 ore
Copyright © 2003-2015 by Fantasy Italia