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Akhayla
Guardiano
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MessaggioInviato: Dom Ago 22, 2010 1:11 pm Rispondi citandoTorna in cima

[Altrove, nel frattempo]

Passi lievi nell'erba, che interruppero il frinire degli insetti notturni. Quattro figure, due in tonaca, le altre due armate, si accostarono ai cadaveri scomposti che giacevano nel folto.
"Recente" mormorò il primo.
"Un altro recente fallimento." La voce del secondo era ruggine velenosa. Il suo sguardo spaziò sui giullari mascherati, sconfitti. "Sfuggono. Sempre."
"La resistenza non può essere eterna, fratello."
Il primo uomo in tonaca si chinò su uno dei Mietitori. Lo osservò attentamente, corrugando la fronte. "Mutazione."
"Che intendi?"
L'uomo fece un cenno al secondo, indicando il cadavere. Il Mietitore non era stato decapitato, ma era come se qualcosa ne avesse interrotto le funzioni vitali, alterandone perfino le capacità rigenerative. Lo sguardo dell'uomo si era posato sulla zampa. Riuscì a vedere delle punture... no, erano segni di morsi. Una coppia di zanne.
Lo sguardo risalì pian piano, lungo la muscolatura, fino alla spalla. La carne era andata sempre più imputridendosi, come se qualcosa presente nelle vene della bestia avesse cominciato a corroderla dall'interno, a ogni battito di cuore.
Qualcosa trasmesso col morso, rifletté l'Inquisitore, osservando il modo in cui quella specie di mutazione si era propagata.
Anche il muso del Mietitore era cambiato. Laddove avrebbe dovuto avere gli occhi, la pelle liscia si era butterata di bolle, come una violenta reazione allergica. Parte della carne del muso era andata scolorendosi, come carne marcia esposta al sole cocente. Era quasi come se il potere di refrattarietà alla magia del Mietitore avesse lottato contro un potente agente metamorfico. E avesse perso.
Il secondo Inquisitore si chinò, osservando il cadavere, e fece un cenno eloquente ai due accompagnatori. Uno dei due alzò la spada e decapitò immediatamente la bestia. L'altro si avvicinò al suo superiore.
"Prelevate i campioni" ordinò questi.
"Cosa pensi, fratello?" domandò l'altro.
"Troppe cose. Troppe per poter darne una formula completa." Continuava a fissare il muso del Mietitore. "E' in atto qualcosa che non ho mai visto."

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Piccolo angelo bellerrimo crudele sanguinario...

Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.

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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Mer Set 08, 2010 4:38 pm Rispondi citandoTorna in cima

Il gruppo procedeva in fila indiana verso Sud sotto un sole di piombo che riusciva a bucare anche il fitto soffitto di foglie della foresta. Poche ore prima erano saliti su una collina e avevano visto - per l'ultima volta? - la città di Atkhatla in lontananza illuminata dal sole, in contrasto con la cupa morsa dell'Inquisizione che a poco a poco la stringeva. Si fermarono solo verso mezzogiorno nei pressi di una fonte d'acqua ben riparata. Il continuo vociare di uccelli e animali attorno a loro indicava che non c'erano pericoli, almeno per il momento.
La sorgente formava una polla d'acqua larga e poco profonda, attorniata da una fitta vegetazione e sovrastata da uno sperone roccioso. L'aria era fresca e umida e sembrava invitare lo stanco viandante a sostare e riposarsi.
Tutt'attorno alla fonte si potevano scorgere tracce di animali, era evidente che quel luogo doveva essere una meta abituale della fauna del posto...d'altro canto dopo tanti confronti con Mietitori e degli Esecutori il gruppo non era particolarmente preoccupato dalla prospettiva di misurarsi con qualche belva feroce.
Carnival parve sollevata dalla prospettiva di una sosta: per tutto il tempo aveva borbottato a voce più o meno alta contro la “maledetta odiosa luce”. Non poteva comunque togliersi quel suo paludamento, troppo alto il rischio di esporsi alla luce diretta del sole, ma comunque il fatto di trovarsi in un luogo ombroso e nascosto assecondava in parte i suoi istinti.

Galdor si accostò per primo alla fonte e, dopo essersi bagnato i polsi e il collo prese ampi sorsi di quell’acqua fresca e limpida.
“Sembra che almeno per il momento siamo fuori pericolo. Ci siamo allontanati abbastanza dalla città, immagino ci metteranno un po’ di tempo a rintracciarci.”
Si sedette a godere del riposo e dell’ombra.
Lao si avvicinò alla polla d'acqua e vi immerse completamente la testa, restando in immersione per una ventina di secondi. Quando emerse ebbe un sorriso quasi di commiserazione per Galdor."Tu pensi davvero che siamo al sicuro? Voglio spiegarvi un paio di cose ragazzi miei" si sedette a gambe incrociate mostrando il palmo e il dorso della sinistra, completamente vuoti."L'ordine dell'Inquisizione si muove lentamente e con sicurezza e per gradi quando vuole...mmm....pacificare un regno." una luccicante moneta d'oro comparve nella sinistra del vecchio, che la appoggiò sull'erba."Fase uno: Infiltrazione. A gruppi, da soli, fingendosi mercanti, mercenari, mendicanti, viandanti arrivano nelle città principali delle spie. Mappano il regno, corrompono i funzionari, installano una base e cominciano a censire i soggetti da uccidere. Ci possono volere dai sei mesi ai due anni." una seconda moneta andò a fare compagnia alla prima."Seconda fase: corruzione. I reparti combattenti, quelli di ricerca e il consiglio degli Aurei arrivano e cominciano ad agire: con il ricatto, la corruzione, l'intimidazione prendono possesso silenziosamente della classe governante. Il borgomastro di Atkhatla che io e Aygarth abbiamo interrogato e si è suicidato con il veleno doveva essere stato comprato mesi fa." con un altro movimento da prestigiatore Lao posò una terza moneta sull'erba."Terza fase, ci siamo dentro noi. Gli Inquisitori hanno le spalle coperte e cominciano a catturare uccidere e torturare le cosiddette aberrazioni. E non si fermeranno finché non saranno morti tutti." Lao tirò una delle monete in acqua e raccolse le altre due, chiuse la mano a pugno e quando la riaprì di nuovo tre monete erano sul suo palmo."O saremo morti noi. Ho paura che andare verso Garmya sia un pericolo equivalente ad andare a Atkhatla. Gli inquisitori fanno le cose per bene...e avere i Mietitori che fanno da alfiere per il proprio esercito è un vantaggio tattico di tutto rispetto." concluse con un sorriso tirato

La vampira aveva seguito con interesse crescente il discorso di Lao, fissandolo con quell'attenzione monomaniaca che talvolta dedicava alle cose che per qualche motivo catturavano la sua attenzione.
“Bello” disse alla fine quando io vecchio ebbe terminato il suo discorso “Fallo ancora!”

Il vecchio si limitò a sorridere alle parole della vampira."Personalmente l'unico consiglio che posso darvi è quello di fare come ho fatto io: mollate tutto e scappate. Se riuscite a far perdere le vostre tracce e arrivare abbastanza lontano magari non sentirete mai più parlare di inquisitori." il tono leggero della voce tradiva una forte emozione.
Aygarth scosse la testa sbuffando alla stupida richiesta di Carnival ma prima che potesse aggiungere altro fu nuovamente Galdor a parlare.
“Ho passato anni della mia vita a scappare e l’ultimo a combattere, credo che non riprenderò il teatrino daccapo.” E guardò Lao. “Sei bravo a parlare ma non ho la minima intenzione di scapicollarmi in una fuga, al massimo tornerò a combattere, come è stato così sarà.” Prese una pausa “Preferisco morire combattendo che vivere fuggendo come un reietto. Per qualcosa di cui non ho nemmeno colpa tra l’altro.”
*"Per loro sei colpevole. Lo siamo tutti." disse rassegnato prima di alzarsi. Magistra intervenne nella discussione osservando la foresta a nord con il naso rivolto in alto."Lo sentite anche voi? Il vento sembra stia portando odore di bruciato." gli altri la osservarono e si concentrarono sull'informazione."Da queste parti ci dovrebbe essere un villaggio di boscaioli forse...." interloquì Astrea, sorpresa per l'associazione di idee che aveva avuto. Con pochi sguardi decisero il da farsi e ripresero il cammino. La foresta si faceva man mano più silenziosa e tranquilla, troppo tranquilla. Sbucarono dopo una mezz'ora di cammino in un ampia radura calpestando un fitto strato di cenere. Astrea aveva ragione: un villaggio c'era, ma era ridotto a pochi muri scheletrici anneriti dal fuoco. Un odore pungente che sembrava - possibile? - montone arrosto impregnava l'aria. Svoltarono un angolo ed entrarono nella piazza del paese. Capirono subito quale era la fonte dell'odore: un cumulo di cadaveri uno sull'altro formava un mucchio al centro della piazza, uomini donne di tutte le età. Erano stati bruciati vivi."Fase tre" disse Lao con voce aspra. Si sentiva pronto a vomitare.
La giovane ladra inorridì “Ma...un intero villaggio? Non dovrebbero uccidere solo le...aberrazioni...?” Astrea era sconvolta dalla strage che doveva essere avvenuta forse quella stessa mattina mentre loro erano in viaggio.

Carnival dal canto suo non pareva particolarmente turbata, si limitò a voltare la testa da un lato e dall'altro “Alla fine è sempre la stessa cosa, oh si, sempre la stessa. Uccidere o essere uccisi, questo è il mondo delle Cose Viventi.” concluse in tono sprezzante.
Si voltò verso il suo maestro “Loro sono tanti, non riusciremo a ucciderli tutti da soli. Dobbiamo andare a sud. Lì c'è....” inclinò la testa da una parte in un gesto perplesso “...qualcosa. Non so cosa. Ma è a sud.”

Galdor rimase allibito alla scena e dovette faticare non poco per domare l’impulso di rimettere anche l’anima.”Dei… ma questo è…” deglutì “E tu avresti il coraggio di scappare di fronte a tutto questo, vecchio? Lasceresti donne, vecchi e bambini a morire per ‘sperare di vivere in tranquillità’?” scosse la testa inorridito. “I doni che abbiamo ci caricano di responsabilità…” una breve pausa “ma per ora è meglio iniziare a scavare…”

"No, fermo" lo bloccò Aygarth, con voce atona. "Non possiamo permetterci di perdere il tempo per un funerale."

“Non possiamo nemmeno lasciarli così! Sono persone ed è giusto che abbiano una sepoltura dignitosa, sono dei popolani, non hanno fatto niente.”
Honoo alzò la mano bloccando sul nascere la discussione."Lo sentite? Qualcuno piange...c'è un sopravvissuto." disse scattando in direzione di quella che serbrava essere una stalla, semidistrutta dalle fiamme. Il mago aprì le porte annerite di fuliggine e l'interno venne inondato dalla luce del sole. Al centro una bambina, di forse dieci anni, con lunghi capelli neri impiastricciati di fango e vestita di stracci, piangeva disperata seduta per terra, le mani premute sul volto.

Aygarth azzardò un passo all’interno. La bambina lo vide e si ritrasse ancor di più. Per tutta risposta il ragazzo si slacciò l’alabarda dalla schiena e la depose a terra, per sembrare meno minaccioso. "Stai calma" mormorò, avvicinandosi di qualche passo. "Stai tranquilla. Non siamo loro. Non vogliamo farti niente." Le mostrò il palmo aperto come a rassicurarla. "Vieni."
La bambina guardò con occhi rossi di pianto il fabbro. Tirò su con il naso e per un attimo smise di singhiozzare."Avete ucciso voi la mia mamma?" chiese con voce tremula.

Il guerriero si voltò verso Astrea. “Ragazzina _ la chiamò lanciandole una borraccia con dell’acqua presa poco prima dalla pozza _ pensaci tu alla piccola, credo che di quelli che siamo qui sei la più adatta e quella che meno potrebbe spaventarla anche se Aygarth ha fatto una buona prova” Astrea fece una smorfia perché ben ricordava di aver detto a Galdor di non appellarsi a lei in quel modo ma lasciò correre visto il momento.
"Avete ucciso voi la mia mamma?" chiese di nuovo la bambina, ma la voce non tremava più di pianto, c'era una nota strana nell'ultima parola. Con uno scatto fulmineo la bambina saltò in braccio ad Astrea, i capelli che si muovevano come avessero vita propria e stringevano il collo e le spalle della ladra, che si trovò a fissare non un volto di bambina ma un orripilante ghigno di demone senza occhi."Bestie aberranti e schifose vi mangerò il cuore." berciò la creatura stringendo la ragazza in una morsa

“Ehi ma che cosa...mi fai male!” disse Astrea indietreggiando sotto l'impatto del peso della ragazzina, o dell'essere che ne aveva l'aspetto “Io non ho fatto nulla a tua madre...nemmeno so chi fosse!” protestò poi vedendo l'atteggiamento sempre più minaccioso di questa. Le ultime parole furono pronunciate in tono soffocato visto che i capelli la stavano lentamente strangolando.
Carnival digrignò i denti nel vedere che piega stavano prendendo gli eventi. Senza perdere tempo a cercare di ragionare con quella [i]cosa[/i la vampira avanzò e afferrò i capelli che stavano stringendo la gola della sua bloodsister con l'intenzione di spezzarli a forza.

“Cosa Diavolo?!” Galdor sfilò la lancia da dietro la schiena e la imbracciò con entrambe le mani. “Presto, liberate Astrea!” gridò mentre intanto girava intorno alla rissa per poter cogliere il mostro alle spalle.
"Ma non mi dire Galdor." disse Lao slanciandosi contro la creatura. Srotolò uno dei Kalari Urumi roteandolo per far aquisire velocità in quell' ambiente ristretto."Non fare stupidaggini vecchio." disse a sè stesso afferrando con la destra le lame per ridurne la lunghezza e le scaglio dall'alto in basso verso Astrea e la creatura. Un ruggito mostruoso gli disse che non aveva sbagliato: la ladra era tutta intera, mentre la bestia aveva il braccio sinistro mutilato.
Astrea tossì un paio di volte mentre Carnival stracciava i capelli che le impedivano di respirare. La vampira poi cacciò letteralmente la giovane ladra dietro di lei dopodichè spalancò la bocca ed emise un verso minaccioso, i canini bene in vista.
Nel frattempo la “bambina” si era rialzata e guatava ferocemente i membri del gruppo “Avete ucciso voi la mia mamma!” disse ancora mentre il braccio mutilato riscresceva con impressionante rapidità.
"Puoi smettere di fingere bestia!"disse duro Aygarth serrando Zadris tra le mani. Per tutta risposta la creatura spalancò le fauci sproporzionate ed emise una rauca risata."Noi siamo i Mietitori. Siamo la vostra morte invincibile, cosa potete voi patetiche aberrazzioni contro di noi?" disse con una voce che non aveva nulla di umano. "Tanti dei tuoi mostruosi fratelli giacciono nella polvere per averci sfidato. Perchè hai distrutto questo villaggio?" la voce di Lao era dura come acciaio mentre estraeva anche il secondo Kalari Urumi. "Proprio tu chiedi questo a me, Portatore di Morte? Oh sì i miei creatori sanno che sei qui e ne sono estasiati, presto riceverai la giusta punizione, come la gente di questo villaggio, che adorava gli spiriti della foresta e si è opposta ad un indagine degli Inquisitori. Chi tocca l'inquisizione deve morire uomo donna o bambino che sia." "Luirido mostro." il vecchio si lanciò alla cieca contro il mietitore arma in pugno, cedendo alla rabbia. La creatura saltò, o per meglio dire schizzò in alto come una freccia schivando Lao e colpendolo con un calcio dietro le spalle mandandolo faccia in terra."La mia variante può parlare e ti porta un messaggio, portatore di morte, dal tuo più vecchio e caro amico: Tu e i tuoi amici non mi verrete appresso!" la voce del mietitore era carica di sadico divertimento. Lao si rialzò di scatto a quelle parole, la rabbia era sparita lasciando sul suo volto un espressione di cupa preoccupazione.

Galdor non fece nemmeno caso al fatto che questo mietitore, a differenza degli altri, avesse anche la capacità di parlare e di esprimere il sadico piacere nel vedere l’altrui sofferenza e lo caricò una serie concatenata di colpi di lancia andarono a vuoto grazie all’incredibile destrezza del mietitore. Continuò ad incalzarlo sempre di più fino a costringerlo ad un balzo all’indietro. “Schiva questo feccia!” caricando il braccio destro dietro la testa e piantando per bene le gambe a terra lanciò la propria arma che colse il mietitore in balzo e, dato l’esiguo peso dovuto alle piccole dimensioni, lo fece arretrare fino al muro dove la punta si incastrò dopo averlo passato da parte a parte.
La creatura si dimenava ruggendo e sbavando stringendo l'asta della lancia in maniera rabbiosa. La mano di Lao strinse la gola della creatura come una morsa."Tu...e quelli come te...come me vi siete macchiati di crimini come questi per secoli. I tuoi creatori non vivranno a lungo per pentirsi di aver dato vita a mostri come te."la stretta si fece più forte, trasformando i ringhi della creatura in un gorgoglio soffocato."Dimostra un minimo di utilità e dimmi sotto quale sasso si nascondono quelle bestie...sei da sola contro tutti noi, il tuo collo è praticamente già tagliato." la bestia sorrise digrignando i denti ridendo soffocata."Soooooola?" disse semplicemente scoppiando in una risata sguaiata.
“Attenti” li mise in guardia Aygarth. Si guardava attorno. Quanto odiava che la Forgia non funzionasse contro quelle creature! Si sarebbe divertito a far tacere il Mietitore con un semplice tocco della mano e sarebbe stato altrettanto facile scoprire i suoi compagni. “Mentheler, di copertura. Astrea, stai vicina a Carnival.” Quell’ultima frase lo fece quasi disgustare, ma sopportò e si avvicinò alla creatura impalata. La stuzzicò con lo sperone di Zadris. “Questa fa più male di quella lancia” sibilò con fare truce. “Per uccidere un Mietitore basta tagliargli la testa, vero? Invece mi divertirei a tagliarti un arto per volta, e divertirmi a tagliarlo ogni volta che ti ricresce...”
Carnival da parte sua se ne rimase in disparte. Anche un piccolo strappo a quel suo paludamento di protezione sarebbe stato un problema serio per cui che se la vedessero pure Aygarth e Lao "Tagliare piano piano, in pezzettini piccoli piccoli. E poi dicono che io sono crudele..." mormorò in tono divertito accoppagnando le parole con una risatina.
Lao volgeva lo sguardo a destra e a sinistra con rabbia, senza togliere la mano dalla gola della creatura. Il rogo del villaggio che ancora non si era sopito avrebbe mascherato qualunque rumore."Quanti siete. PARLA?" disse digrignando i denti, ma l'unica risposta che ricevette fu una risata stridula e soffocata."Non possiamo perdere tempo. Dobbiamo andarcene subito." rivolse lo sguardo verso Galdor."Sepoltura collettiva rimandata, spiacente." disse con un sorriso di scuse. Mentheler osservava l'esterno appoggiato alla porta con l'arco tra le mani, una freccia già pronta. La sua attenzione fu catturata da qualcosa, qualcosa che sembrava muoversi tra le macerie."Credo che stiano arrivando." disse a mezza voce alle sue spalle. Come a rispondere alle sue parole un coro si levò dall'esterno:"Avete ucciso voi la mia mamma?" ed entrò nella stalla come un vento maligno. Il vecchio strinse l'impugnatura dei Kalari Urumi a quelle voci e si girò verso la creatura bloccata dalla lancia."Tu non mi verrai appresso." disse con maligna cattiveria prima di far roteare le fruste d'acciaio e decapitando il mietitore."Mentheler, spranga la porta, asserragliamoci qui dentro." urlò Galdor recuperando la sua lancia."Poniamoci spalla a spalla. Ho idea che non usino le porte." disse Magistra preoccupata mentre i suoi artigli cominciavano a crescere.
“No, per niente. Muri, tetti, quel che ti pare, ma le porte sono a loro sconosciute.” Aygarth storse la bocca in un’espressione sardonica ricordando l’assalto alla sua fucina. Come a conferma delle sue parole, ci fu un lieve rigonfiamento sulle assi del tetto, come se qualcosa fosse atterrato di peso sulla sua superficie. “E’ mio” mormorò a mezza voce sollevando l’alabarda verticalmente nell’esatto istante in cui l’asse cedette, lasciando cadere un Mietitore che si impalò direttamente sulla cuspide. “Magistra!” chiamò con voce rabbiosa, quasi porgendo la creatura che si dibatteva come un prezioso dono, che la donna non si lasciò sfuggire. I suoi artigli decapitarono la bestia con un solo, rapido colpo di mano.
Astrea si lasciò sfuggire un gemito quando in quattro altri diversi punti le assi del tetto iniziarono a scricchiolare e incurvarsi. Sembrava che i mietitori avessero deciso di attaccare in massa cercando di sopraffare il gruppo col semplice numero. Silenziosamente, Carnival si spostò sotto uno di questi punti e puntualmente quando le assi vennero sfondate un altro mietitore-bambina le cadde letteralmente in braccio. Subito i capelli della creatura corsero a stringere il collo della vampira ma sfortunatamente per lui aveva sbagliato bersaglio. Con un sorriso cattivo dietro il cappuccio e il velo Carnival afferrò la testa del mietitore con entrambe le manie cominciò a torcerla su sè stessa con l'ovvia intenzione di proseguire fino a staccargliela.
Il tetto cedette simultaneamente facendo cadere altre tre mietitori. Uno di essi atterrò di fronte a Lao e rimbalzò verso di lui ruggendo. Il vecchio incrociò le braccia e le dodici lame si incrociarono tagliando a metà del busto la creatura, che finì rotolando a terra. "Che tempo c'è in questa regione...che razza di pioggia." sbottò calando l'Urumi mancino sulla testa della bestia.
Galdor si riappropriò della lancia e tenne a banda una dei Mietitori-bambine il tempo necessario per permettere a Mentheler di armarsi per il corpo a corpo. D’improvviso, dal tetto venne proiettata una ciocca di capelli che andò a stringersi al collo di Astrea. Aygarth se ne avvide con la coda dell’occhio. “Dannazione!” urlò con foga e con un colpo ben preciso mozzò la chioma a qualche spanna dalla testa dell’amica, che poté così liberarsi. Ma il momento di vittoria durò poco. “Attento, Aygarth!” L’urlo di Mentheler giunse tardi e il ragazzo si sentì afferrare per la gola. Lo strattone che ricevette per poco non lo impiccò. Una forza immensa lo sollevò da terra, privandolo della sua alabarda e trascinandolo oltre il bordo del tetto.Fu il turno di Astrea di imprecare all'indirizzo dei Mietitori. Freneticamente la ragazza lanciò un pugnale e poi un altro in direzione della chioma che stava trascinando inesorabilmente Aygarth in direzione del tetto, verso il mietitore in famelica attesa. Le due lame saettarono verso la chioma tagliando precise ciocche di capelli."Maledizione, non abbastanza." la rabbia di Astrea rendeva la sua voce sorda."Astrea, Honoo. Lo faccio cadere"senza neanche aspettare che i due avessero recepito le sue parole Lao scagliò le lame verso il soffitto, mandando in pezzi le assi che sorreggevano il Mietitore. Con un sinistro scricchiolio il tetto cedette e la bestia precipitò con un ruggito rauco e rabbioso atterrando pesantemente di schiena. Aygarth avrebbe di sicuro subito lo stesso rovinoso impatto se sotto di lui Astrea e Honoo non si fossero precipitati per frenargli la caduta. I tre finirono in terra a mucchio."Lao tra il Lo faccio cadere e il FARLO cadere la prossima volta fai passare più di due secondi." sbottò Honoo mentre si sincerava delle condizioni della ladra e del fabbro. Il vecchio lasciò andare le lame e si avventò sul Mietitore, bombardandolo di pugni."Tu non mi verrai appresso EH? Pensi davvero che queste bestiacce possano fermarmi? Pensi che tutti gli eserciti del mondo possano fermarmi? LO PENSI DAVVERO?"
Aygarth tossì e si rimise in piedi. Zadris giaceva a terra a poca distanza, ma il suo posto era stato occupato da uno dei Mietitori-bambina che ora allungava i tentacoli della sua chioma a lambirne la superficie. "Bel giocattolo, bello! Possiamo giocare? Possiamo? Possiamo!" L’ultimo grido non era una domanda ma una sorta di decisione. I capelli si avvolsero attorno all’asta e l’alabarda venne sollevata senza sforzo. In un attimo l’enorme scure si abbatté sul gruppo e dovettero tutti buttarsi a terra per non essere decapitati a loro volta.
"Bastarda! Mollala!" gridò il giovane. Si rialzò in piedi e un colpo di lancia di Galdor evitò che il terzo Mietitore lo travolgesse. S’alzò ancora per poi essere costretto a tuffarsi nuovamente per evitare l’ennesima falciata. Sapere Zadris alla mercé di quella creatura gli fece salire una rabbia incontrollata. "MOLLALA!" Stavolta il grido fu un roco ringhio di furore, quasi non distinguibile, giunto dal profondo della sua gola. Si tuffò ancora in avanti lasciando che la lama strinasse il suolo a pochi palmi da lui, fino a guadagnare abbastanza distanza per poterla caricare. Si sollevò in maniera fulminea e prima che questa potesse menare un altro colpo si gettò su di lei a braccia aperte, travolgendola con il proprio impeto. L’alabarda fendette ancora l’aria più volte prima che i due finissero a terra, rotolandosi uno sull’altro.
Il mietitore che Lao stava colpendo approfittò della sua rabbia cieca per tirargli un forte morso all'avambraccio e svincolarsi. La creatura schivò gli attacchi di Mentheler e Galdor e accorse ad aiutare la compagna. Avvolgendo i propri capelli, danneggiati da Astrea ma ancora resistenti, attorno al busto di Aygarth.
"Dann..." la parola di Aygarth venne espulsa dalle sue labbra a metà, insieme al fiato dei suoi polmoni mentre la morsa gli contrasse il petto al punto da non farlo respirare. Il Mietitore aggredito mollò l'alabarda, inutile a quella distanza, e gli menò un cazzotto che lo colpì alle costole con una violenza inaudita. Il ragazzo sgranò gli occhi con un grido di dolore soffocato e tentò una debole difesa, ma i suoi sforzi erano fiochi. Il Mietitore che lo teneva stretto amplificò la morsa e si udì chiaramente una costola cedere. Aygarth sputò sangue e si abbandonò nella presa della creatura.
La chioma del mietitore si serrò attorno a Zadris e cominciò a mulinare come una frusta verso il gruppo, che si era lanciato in avanti per aiutare il fabbro. La prima sferzata scavò un lungo solco davanti a loro nel pavimento della stalla. Con un ruggito di rabbia Lao si lanciò in avanti contrapponendo i Kalari Urumi a Zadris. Ogni volta che le lame si toccavano producevano scintille e rimbalzavano sulle pareti ed in terra, ed ad ogni colpo il mietitore aumentava il ritmo. "Aiutatelo maledizione, le mie lame sono troppo sottili per resistere a lungo...e neanche Aygarth. rimbombò nella testa di tutti.
Magistra fu la prima a lanciarsi avanti. Menò un colpo d'artiglio cercando di decapitare il mostro, ma questi si scansò e anzi, cercò di usare il corpo dell'inerme Aygarth come scudo, ondeggiandolo fra lui e i suoi avversari. Le labbra del fabbro stavano diventando blu, le sue braccia penzolavano senza reazione alcuna. Nella mente di Lao echeggiò un urlo morente: era Zadris. Benché la Forgia non potesse nulla contro il Mietitore che la brandiva, il fatto di essere usata contro degli alleati la faceva bruciare in maniera inquietante. Anche i tatuaggi di Aygarth erano vividi e brillanti, ma la loro luce si stava spegnendo.
"Provate!" urlò la creatura, sventolando il corpo del ragazzo davanti a loro, offrendo la sua schiena come bersaglio. "Colpite me e colpite lui. Aggredite me e uccidete lui! Vediamo fin dove oserete spingervi! Finendo per ammazzarvi l'un..."
Non finì la frase. La testa di Aygarth si alzò di scatto e i due sembrarono guardarsi negli occhi, benché il Mietitore ne fosse sprovvisto. Nessuno vide il volto del ragazzo, ma il Mietitore sembrò percepire qualcosa, arrestandosi bruscamente. Poi le mani di Aygarth si sollevarono ghermendo la testa della creatura. Un movimento secco, un crac sordo, e il collo del mostro si spezzò come un fuscello. La chioma perse forza, facendo crollare il giovane a terra insieme all'avversario. Nessuno dei due si rialzò.
Lao sferzò i Kalari Urumi colpendo l'impugnatura dell'alabarda e recidendo i pochi capelli rimasti a trattenerla. Quando l'arma volò in aria piantandosi in tera la mente di tutti fu attraversata da una tale ondata di rabbia, la rabbia di Zadris, da lasciarli interdetti per un secondo. Abbastanza perchè il mietitore superstite saltasse su un asse del soffitto."Nemmeno la morte vi libererà di noi." urlò con una risata stridula come congedo. Lao ripose i Kalari - Urumi, le lame erano scalfite e scheggiate. "In realtà...ci conto molto bestia!"
Honoo e Magistra si erano già precipitati su Aygarth e il Mietitore con il collo spezzato, il primo per curare il fabbro, la seconda per decapitare la bestia. Dopo pochi secondi il mago sollevò il capo verso gli altri."Come nuovo." disse semplicemente. Ma la sua espressione era turbata. "Ma io non ho fatto niente."
Quasi a risposta, ci fu un gorgoglio che sfociò in un accesso di tosse. Aygarth sussultò per qualche secondo prima di risollevarsi sui gomiti e guardare gli altri con la faccia stralunata. "Zadris..." mormorò con voce roca. "Dov'è Zadris?"
"Qui." rispose semplicemente Carnival con un sorrisetto che il fabbro conosceva molto bene. "Maledizione mai un attimo di quiete..." sospirò stanco Lao osservando alternativamente il ragazzo e Zadris e meditando sulle parole di Honoo. Afferrò l'alabarda e la porse al fabbro dalla parte dell'impugnatura."Sicuro di stare bene?"
"Io sì! Lei no, maledizione." Esaminò l'asta: le rune sembravano ferite nel metallo, tanto erano luminose. "Nessun patto violato, amica mia! Non potevi muoverti. Sta' quieta." Anche i tatuaggi che aveva sulla pelle presero a illuminarsi debolmente, come brace. Via via che passava la mano sull'enorme scure, l'alabarda sembrava calmarsi sempre più fino a tornare normale. Aygarth guardò Lao e un'ombra di sconforto si dipinse sul suo volto. "Attaccando degli alleati, la Forgia violata ha richiesto sangue. E nel suo caso, dolore ed energie.""Sempre meglio del nostro sangue no?"commentò acido il vecchio scrutando il ragazzo."Quando riaprirai la tua bottega dovrai farmi un paio di Urumi nuovi, ancora trenta secondi e si sarebbero spezzati."Aygarth osservò le armi del vecchio e scrollò le spalle. "'Quando'? Vorrai dire 'se'. Non sono del tutto sicuro che riuscirò mai a riaprire una nuova fucina senza che in capo a poco tempo mi saltino nuovamente tutti addosso..."Si alzò rapidamente e fece un profondo sospiro, troppo profondo per qualcuno che fino a pochi istanti prima aveva le costole rotte. Ora, improvvisamente sane. "Galdor ha ragione. Diamo fuoco a questo posto. Non sono solo i cadaveri degli uomini che voglio bruciare, ma anche quelli di queste bestie. Non deve rimanere niente. Né di loro, né di noi."

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Maestro della Menata alla Paesana asd2

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Basta una giornata storta per trasformare il migliore degli uomini in un folle. Ecco quanto dista il mondo da me. Una giornata storta.
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Nether di Middenheim
Gladiatore
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MessaggioInviato: Lun Set 13, 2010 1:06 am Rispondi citandoTorna in cima

Ai Confini Dell’Impero

Mentre il carro ondeggiava seguendo il tracciato della strada, Nether aprì gli occhi per l’ennesima volta nell’arco di un paio d’ore. Dopo aver passato tutta la notte con occhi e orecchie spalancati, sentiva il disperato bisogno di dormire, ma il terreno sconnesso e la sua posizione alquanto precaria al fianco del cocchiere non aiutavano certo a prendere sonno.
Questa volta era andato a piazzarsi sulla carrozza di testa, o meglio, era stato il comandante dei kisleviti a piazzarlo in quel punto.
Dopo aver lasciato il rifugio relativamente sicuro offerto dalle Sentinelle, la grande carovana si era rimessa in marcia per proseguire l’attraversamento di quella terra arida e pericolosa chiamata, senza troppa fantasia, Terre Oscure a causa delle nubi provocate dai vulcani e dalle cittadelle del caos a nord e a sud della via Argentea.
Durante il tragitto erano stati assaliti prima da un gruppo di predoni a cavallo, che però vennero respinti dopo un primo attacco alquanto azzardato, limitandosi a seguirli per alcuni giorni costringendo le guardie a fare doppi turni mentre i cavalieri ungoli lanciavano frecce a chi si avvicinava troppo con i loro archi corti. Si decisero a lasciarli in pace solo quando raggiunsero il limite delle Distese Ululanti.
Il resto del tragitto si rivelò, con grande sorpresa di tutti i membri della spedizione, straordinariamente tranquillo, almeno fin quando non raggiunsero le pendici dei Confini del Mondo. Le montagne intorno alla Strada Argentea, un tempo custodite dai nani, erano da tempo passate di mano a belligeranti tribù di pelleverde che passavano il tempo combattendo tra loro o con qualsiasi altro essere vivente capitasse loro a tiro.
Non fu però solo la presenza di pelleverde in zona a far passare brutti momenti ai componenti della carovana; già mentre risalivano la strada che li avrebbe condotti al passo finirono con l’incappare nei primi mucchi di neve che annunciavano l’inizio della stagione invernale, e quindi quella delle tormente.
Fu proprio una di queste a coglierli impreparati mentre cercavano una via alternativa per aggirare un piccolo accampamento orchesco. Mentre percorrevano una stretta via secondaria che costeggiava il canyon, neve e vento presero a martoriare gli uomini della spedizione, i quali si rifugiarono al meglio delle loro possibilità all’interno delle carrozze finendo con lo stare stipati come sardine in un barile. Persino per i kisleviti, abituati alle tormente e al clima rigido delle loro terre, rimasero provati da quell’impresa. Con la visibilità così ridotta, Nether si era offerto di precedere la colonna per sondare il terreno, con l’assenso del comandante kislevita che preferiva perdere uno straniero piuttosto che uno dei suoi uomini. Anche per il middenlander però un tempo del genere rappresentò un ostacolo non indifferente persino per la sua vista acuta, riuscendo comunque a far attraversare il passaggio senza ulteriori perdite.
Oltrepassata la prima parte delle montagne, arrivarono ai piedi di Karaz-a-Karak. Qui fecero una sosta di un paio di giorni nel piccolo villaggio che sorgeva alcune centinaia di metri più in basso rispetto ai cancelli della grande città nanica, comprando nuove provviste, sostituendo alcuni pezzi danneggiati dei carri o delle attrezzature mentre la maggior parte dei soldati si godeva un quel breve riposo concessogli dalla relativa sicurezza della zona.
Nether fu l’unico a passare il tempo perennemente rinchiuso dentro uno dei carri, uscendo solo per mangiare e poco altro. Da tempo infatti i canini erano ricresciuti completamente, costringendolo a tenere perennemente una sciarpa avvolta intorno al volto, mangiando per gli affari suoi e allontanando gli altri membri della spedizione che venivano ad infastidirlo con intenzioni più o meno buone, tanto che ormai tutti lo evitavano considerandolo alla stregua di un barbaro pericoloso.
Successivamente erano ripartiti, scendendo lungo il lato occidentale della montagna per poi attraversare la foresta sottostante. Impiegarono quasi tre giorni a raggiungerla e una volta dentro fu una sorta di piccolo inferno.
Durante la notte la carovana fu attaccata da un branco di uomini bestia che piombarono su di loro da entrambi i lati della strada, mentre un gruppo minore di centigor, un incrocio tra le creature a quattro zampe e le bestie del caos, aveva tagliato loro la strada caricandoli frontalmente ululando selvaggiamente mentre agitavano le loro armi.
Gli uomini della carovana non erano del tutto impreparati; tutti loro sapevano che c’era la possibilità di un’imboscata durante l’attraversamento della foresta e il comandante dei kisleviti si era preoccupato di disporre le truppe in maniera adeguata. Nessuno però era veramente preparato ad uno scontro ravvicinato così improvviso. Nessuno ad eccezione di Nether almeno.
Il middenlander aveva sentito quasi subito il forte odore degli uomini bestia mentre questi cercavano di aggirare la carovana e aveva tentato subito di avvertire l’ufficiale dei mercenari imperiali per far sì che convincesse anche il kislevita a capo dei soldati, ma i suoi avvertimenti vennero scartati come paranoia, arrivando al punto di essere minacciato di morte se avesse parlato di nuovo minando così il morale dei soldati già abbastanza tesi.
La strategia di isolazionismo di Nether aveva funzionato anche troppo bene.
Lo scontro si concluse dopo parecchi minuti a favore dei carovanieri, che lasciarono però sulla strada più di cento morti e dovettero portarsi appresso il doppio dei feriti. Il mercante fece procedere a passo spedito carri e soldati senza fermarsi nemmeno per dormire; nessuno voleva mettere alla prova la sorte rischiando altri agguati da parte degli uomini bestia o peggio adesso che erano a conoscenza della loro presenza.
Il fatto però aveva portato una nuova ondata di sentimenti contrastanti nei suoi confronti, tra i pochi che lo credevano effettivamente in gamba, altri che lo ritenevano un portafortuna…e la maggior parte dei presenti che si teneva ben lontana temendo fosse un uccellaccio del malaugurio degno dei peggiori corvi di Morr.
E così Nether era lì, dopo tre giorni insonni passati ad annusare l’aria, a prestare attenzione ad ogni rumore vagamente accennato, ad ogni traccia sospetta. Si voltò verso destra per osservare chi stava dietro di lui ed era una visione pietosa; i soldati kisleviti si trascinavano stancamente lungo la strada, alcuni di loro utilizzando di tanto in tanto le lunghe asce da boscaiolo come bastoni di fortuna. Dietro ancora poteva scorgere le lunghe aste delle alabarde dei mercenari imperiali mentre la colonna di carri era preceduta da cavalieri alati e ungoli i quali ormai si lasciavano trascinare dai propri destrieri.
Il middenlander tornò ad appoggiarsi al carro, sospirando pesantente. Uomini bestia erano passati da lì recentemente, non aveva dubbi poiché ne sentiva chiaramente il puzzo, ma per il resto attorno a loro era tutto tranquillo. Forse li stavano solo osservando da molto lontano o stavano architettando qualche stregoneria, chi poteva dirlo?
Improvvisamente dalla cima della colonna arrivarono le esclamazioni in kislevita di uno dei cavalieri di testa. Nether non riuscì a capire una parola, se non che il cocchiere alla sua sinistra diede un colpo con le briglie dei cavalli chioccando un paio di volte con la lingua per far accelerare loro il passo e così fecero tutti gli altri che accelerarono mentre i volti dei kisleviti si illuminarono di rinnovato vigore mentre tenevano il passo.
Dopo un paio di minuti Nether capì cosa stava accadendo: avevano finalmente raggiunto la fine della foresta; davanti a loro ribollivano le acque del Fiume Teschio mentre la strada filava dritta fino a raggiungere il massiccio ponte di fattura nanica che avrebbe permesso loro di attraversare senza problema le acque tempestose giungendo così in quel territorio fatto di brulle praterie conosciuto come i Principati di Confine; serie di piccoli paesi fortificati alla bene e meglio che raccoglievano la più grande accozzaglia di nobili diseredati, cavalieri erranti, agitatori politici in fuga, briganti, disperati in fuga dall’oppressione dei propri governi e peggio ancora.

Dopo aver attraversato rapidamente il ponte, mettendo così tra loro ed eventuali inseguitori la relativa sicurezza del fiume, per poi fermare le carrozze in una formazione circolare, slegando i cavalli per permettere loro di pascolare con la poca erba dei dintorni mentre soldati e addetti alle salmerie si godevano un po’ di meritato riposo. Solo alcuni di loro stavano appostati nei dintorni tenendo d’occhio la foresta da cui erano appena usciti e la prateria che si estendeva davanti a loro, la cui monotonia era spezzata unicamente da qualche bassa collina e da alcuni alberi raggrinziti che spuntavano dal terreno. Oltre di essi erano però visibili i pinnacoli delle Montagne Nere, il cui nome derivava dalla cenere che veniva eruttata continuamente dai numerosi vulcani che si ergevano nei pressi del Passo della Fiamma Nera, unica via d’accesso sicura per entrare nei territori imperiali e loro successiva meta lungo la Strada Argentea.
Nether era appoggiato alla ruota di un carro mentre intorno a lui l’attività dell’accampamento improvvisato era quantomeno bassa; dopo quello che avevano passato nessuno aveva la voglia o la forza necessaria ad accendere i fuochi, preparare da mangiare, raggruppare i cavalli e via discorrendo. Ora che si erano fermati il morale era tornato a calare drasticamente; all’interno del “recinto” formato dai carri erano stati disposti i feriti che non erano riusciti a far entrare all’interno della carrozza utilizzata come infermeria ed un coro di lamenti riempiva l’aria mentre i due chirurghi ed i commilitoni cercavano di alleviare le sofferenze al meglio della loro possibilità. Notò alcuni uomini che si affrettavano verso il fiume armati di secchi, mentre un grido lancinante fece sobbalzare tutti quando uno dei medici cominciò ad utilizzare la sega da ossa per tagliare la gamba di un mercenario. Aveva contato in tutto almeno sei o sette soldati mutilati a gambe o braccia; gli altri che avevano subito lo stesso intervento erano morti ugualmente a causa di emorragie, infezioni o altre cause poco chiare. Non era quindi così strano che molti dei presenti rivolgessero occhiate astiose ai due medici.
Cercando di fare una stima approssimativa, Nether era arrivato alla conclusione che la spedizione era ormai dimezzata, anche se erano riusciti a salvare la maggior parte dei carri. Se si escludeva però l’agguato degli uomini bestia, la maggior parte delle morti erano state causate da altri fattori, freddo e malattie sopra tutti.
Dalla carrozza che il mercante utilizzava come propria dimora ambulante poteva sentire alcuni dei discorsi fatti tra gli ufficiali del loro piccolo esercito. Purtroppo per la maggior parte si trattava di frasi in kislevita, a lui incomprensibili *Considerando quanto stanno alzando la voce, dubito stiano volando complimenti…*
Intorno all’accampamento erano altri i discorsi che poteva sentire. Sentiva i balestrieri tileani lamentarsi della loro situazione, della paga troppo scarsa per i rischi che avevano corso…e altre cose che non riuscì a comprendere appieno *Il mio tileano è un po’ arrugginito…* pensò tra sé e sé.
Osservando le montagne in lontananza, unico loro ostacolo prima di giungere nei territori imperiali, Nether si trovò a chiedersi che giorno potesse essere. Avrebbe potuto chiederlo a qualcuno di più informato nella carovana, ma voleva continuare a mantenere un certo distacco. Volendo poteva tentare di comprenderlo osservando le stelle, ma l’astronomia non era mai stata una grande attrattiva per lui e non si era mai posto il problema di dover scandire i mesi per conto proprio visto che spesso viaggiava in compagnia di altre persone.
Almeno fino a Bohsenfels.
Un urlo lancinante fece sobbalzare Nether che ormai si era semi-addormentato. Un alabardiere imperiale poco distante stava urlando di dolore mentre i compagni lo tenevano fermo per permettere al dottore di amputargli il braccio. Nonostante la distanza, l’udito fine del middenlander potè cogliere il rumore delle cartilagini che venivano segate con furia; non potendo far a meno provare un profondo disgusto, si allontanò dalla carovana con un conato di vomito che gli montava in gola.
Non erano scene nuove per lui, ma questo non significava fossero più sopportabili.
Arrivato nei pressi del ponte si poggiò le mani sui fianchi ed inspirò a pieni polmoni l’aria portata dalle montagne; un misto di acqua limacciosa, terra umida, resina, erba, e un altro odore che non riuscì a identificare con chiarezza. Forse causato gli uomini bestia che se ne stavano nascosti nella foresta.
Il ponte, in pietra massiccia, era antico quanto l’Impero stesso, realizzato dai nani quando il loro regno non era ancora stato ridotto in briciole da secoli di guerre con gli elfi e, successivamente, dai tremendi terremoti che scossero il mondo.
Nether sorrise, concedendosi qualche attimo di autocompiacimento. Non erano in molti nell’Impero a conoscenza di quei dettagli, eccezion fatta per i soliti eruditi, qualche mago e via dicendo. Suo padre gli aveva insegnato a leggere e scrivere, cosa non da poco per un comune cittadino imperiale, mentre la sua curiosità e la biblioteca di Middenheim avevano fatto il resto.
Un’improvvisa ondata di odore rancido lo distolse repentinamente dai suoi pensieri, facendogli tornare in gola lo stesso conato di prima mentre si portava una mano al volto per coprirsi.
Era un fetore orrendo che avrebbe fatto scappare via una persona normale per il semplice disgusto, figurarsi quindi cosa poteva essere per uno con l’olfatto sviluppato come il suo. Indietreggiò di alcuni passi inspirando aria dalla bocca mentre controllava la zona intorno a sé, il martello stretto con entrambe le mani *Non può arrivare dal nulla.*
E all’ultimo secondo li vide, emergere dalle acque del fiume che si trovavano poco più in basso, proprio dove si stavano abbeverando i cavalli. Urlò inutilmente, tanto per far allontanare i cavalli quanto per richiamare l’attenzione su ciò che stava accadendo.
Il primo troll riversò un getto di vomito puzzolente sul cavallo più vicino colpendolo alla testa mentre questi si impennava. Un altro cavallo venne colpito alle gambe da una mazza delle dimensioni di un piccolo albero utilizzata dal secondo troll mentre il terzo mancò il bersaglio.
I loro nitriti eccheggiarono nella pianura mentre gli altri cavalli fuggivano in tutte le direzioni.
Nether rimase attonito osservando quel piccolo disastro che li aveva appena colpiti. Solo recuperare i cavalli in fuga sarebbe stato alquanto problematico…uccidere tre troll poi…
Dietro di lui poteva sentire le urla degli uomini che cominciavano a dare ordini concitati mentre lui continuava ad assistere all’orrenda dipartita del povero cavallo che nitriva disperato mentre il proprio volto veniva letteralmente liquefatto dal vomito del troll.
Indietreggiò di alcuni passi, il martello ben stretto tra le mani mentre uno dei troll si voltava verso di lui lanciando un verso rauco. Diversamente dai troll che aveva già visto nei pressi delle montagne o nelle foreste, questi erano più gobbi, con lunghe orecchie a punta che sporgevano verso l’esterno della testa, mentre la pelle verde scuro era coperta da pustole e altre escrescenze di cui non voleva nemmeno conoscere il nome. La bocca, irta di piccoli denti acuminati, andava da un orecchio all’altro mentre sulla testa poteva intravedere ciuffi di capelli neri che scendevano fin alle loro larghe spalle.
Si abbassò di colpo non appena sentì un sibilo alle proprie spalle; le frecce scoccate dagli arcieri passarono sopra la sua testa andando a conficcarsi per lo più nel terreno fangoso della riva mentre quelle poche che riuscirono a centrare i troll rimbalzarono inutilmente sulla loro pelle coriacea.
Mentre alcuni soldati correvano dietro i cavalli cercando di richiamarli, gli altri soldati formarono un fronte tanto compatto quanto improvvisato; non appena si erano fermati per riposare molti soldati si erano liberati del peso delle protezioni e di tutti l’equipaggiamento che non era loro strettamente indispensabile mentre se ne stavano a bivaccare intorno ai fuochi, così alcuni uomini avevano finito per schierarsi senza alcuna calzatura o anche senza parte dei vestiti. Qualcuno però era stato abbastanza furbo da accendere alcune torce con i fuochi da campo da utilizzare contro i troll.
Nether si scansò definitivamente dalla linea di tiro quando anche i balestrieri tileani imbracciarono le loro armi rilasciando una precisa salva di quadrella che sortirono qualche effetto in più rispetto alle frecce scoccate dagli archi kisleviti.
Di fatto però, nonostante ferita superficiale, quella pioggia di dardi non fece altro che far infuriare ancor di più i troll che lanciarono contro gli umani una serie di versi gutturali incomprensibili. Nether potè sentire il fetore del loro alito fin lì, rendendosi definitivamente contro che erano proprio i troll la causa di quell’orrendo tanfo.
Le bestie cominciarono ad avanzare goffamente verso di loro risalendo il bordo del fiume mentre agitavano le loro armi improvvisate.
I balestrieri tileani scoccarono un’altra salva prima di indietreggiare rapidamente, lasciando il posto alla quarantina di alabardieri mercenari e ai kisleviti che si disposero per coprire entrambi i fianchi degli imperiali; questi ad un ordine del loro ufficiale allargarono le gambe e puntarono le alabarde avanti a sé formando un muro di lance corte mentre i kisleviti si preparavano a colpire con le loro asce a due mani.
Nether, che si era spostato di parecchio sulla destra rispetto agli altri soldati, osservò la scena senza sapere di preciso cosa fare. Non era la prima volta che vedeva quelle creature all’opera e, indipendentemente dalla loro provenienza, il problema era sempre lo stesso: arrestare la loro rigenerazione. Aveva visto un troll il cui corpo era stato in parte spazzato via da un colpo di cannone rigenerarsi sotto i suoi occhi mentre sangue e succhi gastrici sgorgavano da quell’orrenda apertura, per poi rialzarsi poco dopo, stordito, ma ancora in grado di mietere vittime.
L’unica opportunità che avevano era staccare loro la testa o farli letteralmente a pezzi, e rapidamente.
Istintivamente, si decise a lanciarsi nella mischia, senza avere un’idea precisa su come avrebbe potuto abbattere una di quelle belve con solo un martello da guerra a disposizione.
Queste, che ormai avevano percorso tutta la strada che li separava dagli uomini si divisero per poi andare ad impattare ognuna su un proprio gruppo di uomini. Il semplice impatto di una creatura così massiccia, fu sufficiente a sbattere a terra alcuni soldati che rimasero calpestati, mentre gli altri si allargavano per tenersi fuori dalla portata delle braccia della bestia. Una di queste vomitò di nuovo un fiotto di succhi gastrici che investirono un paio di soldati, facendoli crollare a terra urlanti a causa delle ustioni. Un altro ancora spazzò via un trio di kisleviti che si erano avvicinati troppo con un colpo della propria mazza. Gli alabardieri, facilitati dalla lunghezza delle loro armi contrattaccarono infilzando più volte il troll che indietreggiò di qualche passo continuando a menar colpi a destra e a manca.
Nether intanto era ormai arrivato addosso al troll più vicino che stava malmenando i kossari. Solo l’impresa di avvicinarsi gli richiese un certo sforzo di volontà; il tanfo che emanavano quelle creature era qualcosa di orrendo e su di lui l’effetto era almeno centuplicato. Roteò la testa del martello per poterla usare dalla parte della punta e saltò con tutta la forza che aveva nelle gambe addosso alla schiena del troll, menando un colpo poderoso che fece conficcare la parte acuminata proprio nei pressi della spina dorsale della creatura che urlò di dolore. Tentò di sfilare l’arma per allontanarsi e sferrare un secondo colpo quando grosse dita callose lo afferrarono e lo sollevarono sopra la testa del troll per poi sbatterlo a terra come fosse un sacco di farina. Stordito, aprii gli occhi appena in tempo per vedere il pugno del troll calare su di lui. Rotolò per terra schivando il colpo di pochi centimetri per poi rialzarsi rapidamente con un colpo di reni. Nel rialzarsi roteò su sé stesso con l’intento di sferrare un colpo al braccio del troll che avrebbe sicuramente cercato di colpirlo, solo per rendersi conto in quello stesso momento che la propria arma era ancora conficcata nella schiena di quell’abominio.
Tuttavia il colpo non partì mai; la sua breve azione aveva permesso al resto dei kisleviti di aggirare il troll che fece volare in aria alcuni dei propri assalitori mentre questi lo colpivano con le grandi asce a due mani.
Completamente disarmato, Nether non potè far altro che allontanarsi tentando di rimanere fuori dalla portata delle lunghe braccia del loro aggressore. Riuscì a scorgere il resto dello scontro, che non procedeva molto meglio. Larghe ferite venivano aperte nella carne delle creature, ferite che però si rimarginavano in pochi istanti. Un paio di balestrieri tileani erano saliti in cima ad una delle carrozze per poi caricare rapidamente le loro armi; entrambe le quadrella sibilarono per un brevissimo attimo nell’aria prima di impattare contro il cranio del troll. Questi barcollò appena per poi guardarsi intorno con aria intontita, ricominciando a menar fendenti con la propria mazza, sebbene i colpi fossero decisamente più lenti e goffi di prima.
Un rapido movimento ai limiti della sua visuale attirò la sua attenzione; uno degli alabardieri aveva abbandonato la propria arma e adesso stava tentando di aggirare il troll impugnando una bottiglia piena di un liquido giallognolo in una mano mentre nell’altra reggeva una torcia improvvisata. Nether lo vide lanciare la bottiglia con tutta la forza che aveva contro la schiena del troll, mandandola in frantumi, per poi lanciare subito dopo la torcia nello stesso punto.
Le fiamme si svilupparono in un attimo sulla schiena del troll che prese ad urlare mentre si dava alcuni colpi con le mani nel tentativo di spegnerle. In quello stesso momento il troll precedentemente colpito alla testa perse l’equilibrio in seguito ad un colpo d’ascia piazzato in corrispondenza dei tendini dietro il ginocchio e crollò al suolo con un tonfo che scosse il terreno mentre alcuni kisleviti si affrettavano a menar fendenti con le proprie armi con l’intento di farlo a brandelli.
L’ultimo, quello che aveva affrontato poco prima, decise probabilmente di averne abbastanza e cominciò ad allontanarsi verso il fiume. Stanchi e provati dai giorni precedenti, nessuno si degnò di inseguire il troll fuggitivo. Nessuno tranne Nether almeno.
Dopo aver tirato un sospiro di sollievo si era ricordato del martello che ancora pendeva dalla schiena del troll mentre questi si allontanava. Corse verso la creatura con tutta la forza che aveva nelle gambe. Dietro di lui sentì un sonoro schianto, oltre ad alcune urla, ma non vi badò. Raggiunto il proprio bersaglio afferrò il martello e piantò i piedi a terra con forza. Questi però, conficcato in profondità nella cartilagine, oppose resistenza. Il troll, avvertendo una fitta di dolore alla schiena, si girò per affrontare quella nuova minaccia mentre Nether, stringendo il manico con tutte le proprie forze, finì col girare insieme ad esso continuando così a star dietro di lui.
Stavolta riuscì ad estrarre il martello, che si staccò con un rumore orrendo mentre il troll urlava di dolore e si girava nuovamente verso il middenlander rivolgendogli un’occhiata furente. Prima ancora che il getto di vomito potesse colpire il terreno, Nether si era già spostato di lato evitando di farsi ridurre ad un ammasso di carne semi digerita. Il troll adesso però sembrava essersela definitivamente presa con lui.
La creatura tentò di colpirlo più volte, ma lui riuscì ad evitare i colpi cercando allo stesso tempo di fiancheggiarlo per metterlo in difficoltà. Sporadicamente riusciva a sferrare colpi col martello che lo ricompensavano col rumore di ossa infrante. Dopo un altro breve scambio di colpi il troll si ritirò, trovando quel piccolo umano decidendo probabilmente che un così misero pasto non valeva tutte le botte prese.
Dal canto suo, Nether ansimava per la fatica e sentiva anche più di prima la pesantezza dei propri occhi mentre ogni fibra del proprio corpo implorava per un po’ di riposo e un letto comodo.
Mentre risaliva lungo la riva del fiume, notò che alcuni carri erano stati ribaltati e un denso fumo nero saliva verso il cielo. Corse fino a raggiungere l’accampamento, trovando un trio di carri ribaltati, e il cadavere del troll in fiamme nel mezzo delle brande in cui erano stati lasciati i feriti poco prima. Questi si erano allontanati od erano stati fatti spostare mentre gli alabardieri infilzavano con la punta delle loro armi il corpo del troll per essere sicuri che fosse morto. Poco più in là potè scorgere alcuni uomini riportare i cavalli che erano riusciti a recuperare per poi tornare ad allontanarsi rapidamente in cerca di quelli mancanti. Alcuni kisleviti invece stavano cospargendo il corpo del troll rimasto con quella che il middenlander riconobbe come vodka mentre uno di essi attendeva in un angolo che finissero reggendo una torcia in mano.
Dopo essersi guardato un attimo intorno individuò un gruppo di cinque alabardieri in un angolo dell’accampamento che adagiavano i nuovi feriti alla bene e meglio e li raggiunse “Che diavolo è successo?” chiese indicando il troll in fiamme al centro dell’accampamento.
Solo un paio degli alabardieri si degnarono di guardarlo, rivolgendogli un’occhiata arcigna e ostile “Come sarebbe *che diavolo è successo*?” sbottò uno di loro “Dove diavolo ti eri andato a nascondere mentre i troll ci attaccavano?”
Nether li ripagò con lo stesso sguardo “Ho inseguito il terzo fino al fiume e ho tentato di abbatterlo, non so quel che è successo qui subito dopo. Ho solo sentito un gran trambusto e nient’altro.”
“Eh” rise il secondo alabardiere stringendo la steccatura di un compagno. Dall’accento marcato lo riconobbe come originario dell’Averland “Quel bestione si è imbizzarrito e ci ha caricato ribaltando un paio di carri già che c’era e passando sui corpi dei feriti che non sono riusciti a spostarsi in tempo per evitare di essere travolti. Ecco il tuo *nient’altro*” commentò in tono acido indicando con un gesto della mano l’accampamento intorno a sé.
Senza dire altro, si allontanò da quegli uomini che lo avevano già fatto irritare più del dovuto. Si unì così agli altri uomini che tentavano di rimettere in piedi i carri, uno dei quali aveva entrambe le ruote seriamente danneggiate, mentre i cavalieri kisleviti che ancora disponevano dei propri cavalli andavano a cercare gli ultimi dispersi, una decina in tutto.
Verso sera inoltrata, i corpi carbonizzati dei troll emanavano un fetore nauseabondo per tutto l’accampamento, tanto che tutti avevano spostato i propri giacigli all’esterno, per quanto fosse poco sicuro. Il carro danneggiato era stato riparato alla bene e meglio, mentre i cavalli rimanenti erano stati legati alle rispettive carrozze; a causa del mancato ritrovamento degli ultimi mancanti alcuni lancieri alati avrebbero dovuto viaggiare a piedi in futuro.
La mattina seguente la carovana si rimise in marcia su esortazione del mercante che non ne voleva più sapere di starsene in quel luogo pericoloso.
Sorridendo tra sé e sé mentre seguiva a piedi quella lenta e malmessa colonna ora arricchita da nuovi morti e feriti, Nether si chiese, per l’ennesima volta nel corso della sua vita, se esistesse da qualche parte un luogo tranquillo.

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MessaggioInviato: Mer Set 15, 2010 2:34 pm Rispondi citandoTorna in cima

Ci volle almeno un'ora per raggruppare i cadaveri in due mucchi separati - uomini e Mietitori - e per appiccarvi il fuoco. Ammonticchiare un covone di resti al calore di un incendio che andava estinguendosi non era il massimo per lenire la stanchezza, ma ce la fecero. Astrea, grazie al misto di intuito e fortuna che tutti i ladri hanno, trovò una casa non toccata dalle fiamme e delle provviste ancora commestibili, così che i viaggiatori poterono rinfrancarsi e riposare. Era ormai sceso il crepuscolo e, a parte Carnival che era sparita nella foresta in caccia appena calato il sole, si prepararono a passare la notte nel villaggio distrutto. Arrischiandosi anche ad accendere un fuoco nel piccolo camino.
Aygarth era seduto a ridosso del muro e con uno straccio trovato nell'abitazione stava mondando il sangue rappreso sull'enorme scure e sullo sperone. Ogni tanto canticchiava qualcosa a bassa voce e a labbra chiuse: una melodia tenue e rilassante, quasi fosse una ninna nanna. Il suo sguardo non si staccava dall'arma e la sua mano non si fermava mai, toccandone la superficie con vigore ma anche con rispetto.
"Si direbbe quasi che tu stia coccolando un neonato." sussurrò una voce nella semioscurità della stanza. Lao era di spalle e osservava all'esterno. Anche il vecchio era stanco, mortalmente stanco come tutti gli altri, ma la tensione nervosa di essere in fuga, e di combattere antichi nemici, riusciva a dargli energia. Almeno per il momento.
Aygarth gli lanciò un'occhiata. "Non ci sei andato molto lontano. Volendo ben guardare, Zadris ha solo due anni di vita." Gli fece un cenno per invitarlo a sedersi accanto a lui e proseguì a bassa voce, quasi come se non volesse che gli altri udissero le sue parole: "Ha paura."
Il vecchio si accomodò accanto al fabbro."Paura eh? Molto umana come emozione." i suoi occhi si posarono sui compagni, addormentati o seduti in silenzio in cerca di riposo."Qui abbiamo tutti paura Aygarth. Ed è un bene che nessuno di noi faccia eccezione."
"Zadris affonda le radici nella mia anima. E' parte di essa, a dire il vero. Per questo pensa e si comporta come un umano." Il ragazzo continuò a lucidare l'arma; il sangue dei Mietitori faticava ad andare via. "E la sua paura è più che giustificabile. Senza il suo potere, è inerme, a meno che non venga brandita da qualcuno. E se quel qualcuno non sono io..." Non finì la frase, abbastanza intuibile. "Aveva paura la usassero contro di me." Mentre lui parlava, Lao notò che la mano del ragazzo tremava. E anche il braccio; tutta la pelle era segnata dalle vene in rilievo. Il giovane si accorse del suo sguardo e scrollò le spalle. "Passerà appena si calmerà. Le sue percezioni si riflettono su di me, e il dolore della Forgia che ha provato è stata una brutta esperienza per lei."
"Non è mai consigliabile dare tutto se stessi per qualcun'altro."mormorò tra sè Lao stringendo il pugno."In quanto a brutte esperienze se conosco i miei ex commilitoni...questo è solo l'antipasto." Lao si alzò come per uno scatto nervoso, che sembrò durare meno di un secondo. Si avvicinò a Honoo e lo svegliò delicatamente."La tua magia è migliore dei miei occhi e delle mie orecchie. Sostituiscimi di guardia per favore, ho bisogno di dormire." Il mago si alzò e annuì."Farò di meglio. Avremo un corpo di sorveglianza molto discreto." disse avvicinandosi alla porta e liberando alcuni Soth che sgambettarono fuori e si immersero velocemente nel terreno. Il vecchio annuì ammirato e tornò a sedersi vicino al fabbro.
"Non l'ho voluto io. E' successo" replicò Aygarth in risposta all'osservazione del guerriero, prima di fissarlo intensamente. Alla luce del fuoco, lo spicchio vermiglio che aveva nell'iride destra sembrava davvero una goccia di sangue. "Lao... non credo che faremo molta strada se ti tieni dentro i segreti. Non abbiamo mai incontrato un avversario del genere. Nessuno, qui, ti ha spellato vivo quando hai ammesso di avere fatto parte di quella marmaglia. Ma se sai qualcosa che non sappiamo, devi dircelo. Qui rischiamo di morire." Una pausa, mentre guardava Astrea, con un'espressione triste sul volto, prima di riportare lo sguardo sul vecchio. "Tutti."
"Mi stai chiedendo di rompere una promessa fatta tanti anni fà ragazzino...prima ancora che tu nascessi." la voce di Lao si fece dura e volse lo sguardo alla finestra, a quello spicchio di cielo notturno che era possibile vedere."E' passato mezzo secolo Aygarth. Che cosa vuoi sapere?"
Aygarth guardò il vecchio. "Una promessa? Hai promesso di non parlarne mai più?" Guardò il proprio riflesso nella lama dell'alabarda. "Tu conoscevi le loro tattiche. Il loro modo di agire. E io sono stufo di scappare... voglio cercare di controbattere a ogni loro attacco." Scrollò le spalle. "Lao, io non ti costringo. A te scegliere se rivelare qualcosa o meno. A questo punto, lascio al tuo giudizio."
"Ho promesso che mai più avrei parlato dell'Inquisizione, del mio passato e di quello che ho fatto. E se vuoi contrattaccare da solo un esercito sei fuori di testa Aygarth. Non è la prima volta che qualcuno contrasta i loro progetti. Molti hanno provato a formare gruppi di resistenza. Presto, o tardi se siamo fortunati, uno o più di noi crollerà e tradirà gli altri. E ci guadagnerà quella che noi Esecutori chiamavamo scherzosamente Una borsa da trenta denari: un mese per scappare e mettere più strada possibile tra lui e gli Esecutori, prima che questi comincino a dargli la caccia per sport." lo sguardo del vecchio si posò inquietante sul ragazzo."C'è un premio per chi riporta la testa di un delatore: il suo peso in oro."
"E allora cosa vorresti fare? Scappare in eterno?" Aygarth scosse la testa con un sorriso amaro. "Ah, sì, possiamo farlo. Correre, correre, fino ad arrivare alla fine del mondo e trovarsi sul precipizio, coi segugi che ti ringhiano dietro. E scegliere se saltare o lasciarsi sbranare. Un'ottima scelta!" Lo fissò con occhi duri. "Non ho mai detto che arriverò in una radura sfidando un esercito. Ho detto che voglio contrattaccare. Dalle mie parti, questo si chiama scherzosamente 'reagire'."
"Reagire eh? Se conosci il nemico e conosci te stesso non dovrai mai temere sconfitta."il vecchio si concentrò per qualche secondo, riportando alla memoria il suo passato."Il braccio armato dell'Inquisizione sono gli Esecutori: le formazioni sono in base dieci e possono essere comandate da Terzo Esecutore o da Secondo Esecutore, dipende dall'entità delle truppe. E poi ci sono quelli come me: i Primi Esecutori Combattenti, al comando di gruppi speciali e meglio addestrati."il vecchio abbassò la voce fino ad un sussurro."Chi credi che mi abbia insegnato la psicocinesi e le arti marziali?"
"Non mi faccio mai molte domande sui poteri degli altri" scrollò le spalle il ragazzo. "Quindi, ricapitoliamo: abbiamo diverse entità di fanteria, per così dire. Più i combattenti d'elite. Senza contare il parco Mietitori che sembra abbastanza fornito." Una pausa. "Sai dov'è la sede principale dell'Inquisizione?"
Lao scoppiò semplicemente a ridere."Sai la mia agenda è rimasta nella capanna vicino alla cascata...Solo gli Aurei e i Primi Esecutori sanno dove si trova. Le truppe di basso rango ne conoscono solo la conformazione interna, almeno del quartiere loro assegnato. Oltre alla fanteria come la chiami tu hanno anche altri reparti..."
Furono interrotti da Honoo che si mosse di scatto."I soth dicono che sono qui" disse semplicemente aprendo lentamente la porta."Andiamo a vedere. Con cautela." Lao si alzò e seguì il mago all'esterno."Che fai? Non vieni?" chiese con una punta di derisione ad Aygarth, che subito si alzò e li seguì nel buio della notte. I tre strisciarono tra le macerie in fila indiana fino a ritrovarsi nei pressi della stalla. All'esterno vi erano quattro figure che portavano lanterne e sembravano esaminare il rogo che aveva consumato i cadaveri dei Mietitori."Stiamo giù. Maledizione darei la gamba destra per sentire che dicono." La voce di Lao era un sussurro appena percettibile."I miei Soth stanno ascoltando sottoterra. Mi riferiranno presto." rispose Honoo ad voce ancor più bassa.
Aygarth teneva Zadris nelle mani, stringendola forte. A una prima occhiata sembrava che fosse sul punto di scattare, ma il vecchio si accorse che in realtà stava accadendo il contrario: il giovane stava trattenendo l'alabarda, come se fosse l'arma quella desiderosa di uscire allo scoperto e combattere. "Non ci sentono?" mormorò. "Allora sono semplici uomini. Non Mietitori."
"Sono Osservatori probabilmente, spie e ricognitori dell'Inquisizione. Ma ora stai zitto, sembrano nervosi." le quattro figure infatti sembravano discutere animatamente tra loro, e a tratti ai tre arrivavano stralci di conversazione."Sembra che siano scontenti. Dicono che se non possono portare i reperti ai fratelli cercatori verranno puniti." mormorò Honoo "Spero che i miei Soth abbiano inteso bene, non posso farli avvicinare più di tanto se hanno un mietitore
"E se non li facessimo tornare del tutto?" propose Aygarth. Aveva una voce strana. Lao non fu del tutto sicuro che a parlare fosse stato lui.
"Vivi oggi. Combatti Domani. Abbiamo bisogno di almeno un giorno di tranquillità prima che la caccia ricominci. E una pattuglia che manca all'appello non rende questo un posto tranquillo."
Aygarth li fissò a lungo. Ai suoi sensi speciali, quei corpi erano rossi come il sangue. Un pensiero lo sfiorò, impalpabile come un'ombra. Scrollò la testa, senza rendersi effettivamente conto di cosa fosse successo. "Reperti? Per fare cosa? A che servono i cadaveri dei Mietitori, se li hanno creati loro?"
Honoo interruppe la conversazione e fece cenno di muoversi. Strisciando di anfratto in anfratto e sfruttando le ombre, i tre tornarono sani e salvi alla casa. Il mago ritornò al suo posto vicino alla finestra."Ordinerò ai miei Soth di farsi inseguire se dovessero avvicinarsi troppo a noi. Riposate tranquilli."disse a Lao e ad Aygarth."Per rispondere alla tua domanda: non lo so. Forse gli serve materiale per crearne altri, o forse vogliono studiarne i punti deboli per potenziarli, chi lo sa quali esperimenti hanno in testa."
Esperimenti... bastò quella parola per far tornare ad Aygarth vecchi ricordi sepolti. "Non voglio altre copie di Damarios in giro" sbottò sedendosi nuovamente accanto al camino.
"Copie di Damarios...improbabile. Copie di me e di Qàin, forse." La seconda parte della frase Lao la disse con tono quasi impercettibile prima di crollare seduto contro la parete.
"Magari fossero uguali a te. Almeno non ci riserverebbero sorprese nell'affrontarli" scherzò il ragazzo, pur con evidente humor nero.
"Spera di non vedermi mai davvero arrabbiato allora" rispose acido il vecchio.
Aygarth si strinse nelle spalle. "Mi fascerò la testa quando sarà rotta. Bisogna anche vedere chi dei due la spunterà."
"Troppa sicurezza può uccidere un uomo. E tu hai due teste a cui pensare." l'indice di Lao passò sopra il filo di Zadris. La lama tremò in maniera visibile. Aygarth corrugò la fronte come se stesse ascoltando un fiume di parole e non ne capisse il significato. "Lasciala tranquilla" mormorò poi in direzione del vecchio. "E' agitata. Fin troppo. E non ne capisco il motivo, a dire il vero. Non vuole parlarne."
"Guai in famiglia? Farai bene a risolverli...prima che ci attacchino di nuovo" disse Lao con un sorrisetto complice prima di stendersi più comodo e chiudere gli occhi."E per favore fallo in silenzio. Detesto i litigi."
Ayagrth guardò Lao come se avesse appena detto una stupidata. "Dovresti prendere le cose con più serietà..." Si interruppe come se ascoltasse ancora. Aggrottò di nuovo la fronte. "Eh?" sussurrò appena. Si guardò nel riflesso della lama e assottigliò gli occhi. Guardò l'asta come se con quel contatto visivo fosse sufficiente per comunicare. "Zadris, non ti capisco" mormorò appena.
Il vecchio non rispose, seduto ad occhi chiusi e braccia incrociate, apparentemente dormendo. Solo una parte della sua mente dormiva però.
Aygarth rimase un attimo inebetito, poi si riscosse e si appoggiò al muro per rilassarsi. Dopo qualche istante, però, s'agitò di nuovo. "Dèi, ho la gola secca." Agitò la borraccia e la trovò vuota. "Vado al pozzo, spero ci sia ancora un goccio da bere..." Con l'alabarda in mano, uscì dalla capanna, dirigendosi verso il centro del villaggio.
"Troppe sensazioni" mormorò nel sonno il vecchio quando il ragazzo uscì. Sentì un ondata di paura al passaggio di Aygarth.


Dopo aver deposto l'alabarda accanto al pozzo, il ragazzo gettò il secchio nel buco e manovrò la carrucola per riportarlo in cima, col suo carico d'acqua. Si servì direttamente sull'orlo e bevve d'un fiato, per poi tirare un sospiro dopo qualche secondo, leccandosi le labbra. Sentiva in bocca una strana sensazione, che gli rendeva arida la lingua.
Bevve ancora.
I sorsi si moltiplicavano, ma la sensazione non scemava. Anzi, sembrava che si fosse arpionata al suo stomaco. Come se fossero i suoi organi interni a voler gettarsi nell'acqua, pur di non morire disidratati.
Aygarth bevve metà secchio prima di fermarsi. Si chinò tossendo sul bordo del pozzo, il gomito appoggiato sul contenitore, il capo chino. Ansimava, col fiatone.
Ancora sete. Non era possibile...
Quando alzò lo sguardo, incrociò per puro caso il suo riflesso nell'acqua.
Rosso. Occhi rossi.
E zanne.
Senza volerlo, indietreggiò con tale rapidità da finire per terra. La sua reazione fece precipitare nuovamente il secchio nel pozzo, con uno scroscio fin troppo acuto per le sue orecchie. Il ragazzo si guardò intorno, cercando immediatamente coi suoi sensi speciali, temendo di aver svegliato l'attenzione degli Inquisitori che avevano visto prima; ma la Forgia non gli rivelò niente di anormale nei paraggi. Solo dopo qualche secondo riuscì a rialzarsi in piedi. Tastò i denti con la lingua, e li trovò normali, o almeno, della consueta dimensione. Con movimenti calcolati, issò nuovamente il secchio e si guardò nel riflesso. Lo specchio d'acqua gli restituì l'immagine di sempre.
"E' una sensazione strana vero? Oh sì proprio strana. Un arsura incredibile." sentì il ragazzo alle proprie spalle. La caccia notturna era stata fruttuosa per Carnival, che ora se ne stava appoggiata ad un muro guardando sorridente il giovane, i canini ancora sporchi di sangue.
Aygarth si voltò di scatto e l'ostilità fece breccia sul suo volto. "Stai lontana da me, Carnival" mormorò, mentre i due giravano in tondo come due lupi che si studiavano. "Ti ho già avvisato una volta, di lasciarmi in pace, di non provocarmi. Qui non c'è Astrea a guardarci, e nemmeno Lao. E la mia Forgia, come quella di Zadris, con te funziona ancora."
"Pensi che abbia bisogno di qualcuno che mi protegga da te, Aygarth?" ringhiò la vampira digrignando le zanne."Se vuoi farti sotto fai pure, ma dovrai morire in silenzio....futuro fratellino."disse con indicibile sarcasmo
Il giovane incassò quel commento cercando di non darlo a vedere. Considerarsi alla stregua di Carnival era qualcosa che non poteva sopportare. "Sei tu che capisci male, Carnival. Non è questione di protezione. Ma ho giurato di non ucciderti davanti ad Astrea. E non intendo coinvolgere Lao in qualcosa che riguarda solo noi due. Abbiamo un debito di sangue. E nel sangue andrà lavato."
"Ti aspetterò fratellino. Io e la notte ti aspettiamo gia da un po'." La vampira indietreggiò tornando nell'ombra finchè Aygarth non vide spegnersi quegli occhi di fuoco nell'oscurità.

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Io sono una creatura del Caos. Ma dal Caos nasce la saggezza, e dalla saggezza il potere.

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MessaggioInviato: Sab Set 25, 2010 5:42 pm Rispondi citandoTorna in cima

Nelle ultime notti Carnival aveva preso l'abitudine di allenarsi per qualche tempo da sola, dopo la caccia. Quella sera aveva scelto un grosso albero, non lontano dalla casa dove gli altri riposavano, ed era impegnata nella silenziosa quanto letale danza che i guerrieri esperti nello stile della gru intessono attorno ai loro avversari: un salto, una piroetta, un colpo ora col pugno ora col taglio della mano, un balzo all'indietro, un calcio e così via, ogni attacco sempre seguito da una schivata o da un ripiegamento.
La vampira non si era comunque limitata ad imparare a menadito lo stile della gru: come Lao avrebbe certamente notato se fosse stato presente nei suoi assalti c'era una ferocia sconosciuta alla maggior parte dei combattenti che praticava quello stile, segno del fatto che la vampira aveva reso quello stile proprio e personale, ma anche del fatto che Carnival sembrava più propensa ad adattare le cose alla sua natura piuttosto che il contrario.
Terminato che ebbe di martoriare il povero vegetale Carnival rimase immobile per qualche tempo ad esaminarsi le mani: mani bianche e morbide, che certo non parevano le mani di una guerriera, ma del resto il detto riguardo all'apparenza che inganna era vero molte volte se rapportato alla negromante.

Ad un tratto la vampira alzò la testa di scatto, come se avesse percepito un rumore o un odore, insoliti nel silenzio della notte.
“Ancora alzato, Aygarth della Forgia?” disse piano senza voltarsi “Ti è passato il sonno? O forse hai ancora sete?” chiese col suo solito sarcasmo.
"Tengo d'occhio i paraggi." La voce dal tono laconico s'elevò da sopra la sua testa. Una figura stava appollaiata sulla cima di un albero, con in mano un'arma gigantesca; c'era da chiedersi come diavolo si fosse arrampicata fin lassù con un simile intralcio. Quando la testa si chinò per guardare la vampira, due occhi a specchio risplendettero nell'oscurità. "Qualcuno deve farlo."
“Non c'è nessuno in giro questa notte, oh no, nessuno, soltanto io e te.” la vampira alzò verso la sommità dell'albero lo sguardo dei suoi occhi gelidi “Ma già, suppongo che per te io faccio parte del paesaggio, dei paraggi da controllare, nevvero?” concluse con una risatina la vampira.
"Oh, su quello non c'è bisogno." Il giovane mosse appena la mano armata e le rune di Zadris sembrò baluginare nelle tenebre. "A sorvegliarti ci pensa lei, anche quando dormo. Sai, non vede l'ora."
“Oh anche io, anche io” disse la vampira con intensa brama nella voce “Sangue, bel sangue rosso e...sì, due anime e non una soltanto.”
Per qualche istante i due si fissarono in silenzio, poi la vampira riprese “Gli inquisitori, i vecchi amici del mio maestro, vanno uccisi, sì, tutti loro. Io sono stanca di scappare Aygarth della Forgia: quando scappi, una direzione vale l'altra, alla fine cadrai nella rete.”
"Direi che su una cosa, almeno, siamo d'accordo: neanche io voglio scappare" mormorò il fabbro. Gli occhi a specchio non smettevano di fissarla. "Bisogna sconfiggerli. Bisogna eliminarli. Farli fuori, uno a uno; scoprire i loro punti deboli e colpirli lì, senza alcuna pietà." Una pausa. "Sangue? Chissà se tu ne hai ancora nelle vene, Carnival. Mi piacerebbe vederne il colore" aggiunse, cupo.
“Non basta, non basta. Noi, abbiamo bisogno di Potere, più di quanto ne abbiamo ora.. Loro hanno i Mietitori, noi dobbiamo avere qualcosa di nostro. Dobbiamo andare a sud, Aygarth della Forgia, a sud qualcosa aspetta me.” per un momento la vampira sembrò confusa “Non so precisamente cosa. Ma qualcosa.”
La vampira rise apertamente nell'udire la seconda parte del discorso del fabbro “Tutto qui? Tutto qui? E' facile. Così facile!”
La vampira piegò le ginocchia e balzò quel tanto che bastava ad afferrare il ramo direttamente sopra di lei, poi si dondolò fino ad avere lo slancio necessario a fare un piccolo salto all'indietro per issarsi sul ramo stesso. Da lì in poi abbandonò le raffinatezze, limitandosi ad arrampicarsi sul tronco usando la sua forza innaturale, fermandosi solo su un ramo appena più in basso della posizione di Aygarth, al quale rivolse un inquietante sorriso sbilenco.
Lentamente, come un prestigiatore intento a un gioco di abilità la vampira gli mostrò la mano destra, prima il dorso poi il palmo. Poi con un gesto rapido si incise il polso con le unghie della mano sinistra fino a farne sgorgare il sangue, scuro e denso.
“Rosso, rosso, rosso” cantilenò la vampira protendendo la mano verso il ragazzo “Sicuro di non avere sete?”
Aygarth guardò la vampira, poi il lieve fiotto che sgorgava dal suo polso; il taglio si stava già rimarginando in brevissimo tempo, ma in quel minimo istante i suoi occhi ebbero un bagliore vermiglio e il respiro si fece più affannoso. Poi, le iridi a specchio puntarono nuovamente Carnival. "Niente scherzi, ti avverto" ringhiò sordamente. "So benissimo che tu possiedi ancora il Liber Mortis, Carnival. Scommetto quanto vuoi che Lao non te l'ha tolto. E scommetto l'anima che ciò che ti aspetta è legato a quello." Digrignò i denti e i canini, benché non sviluppati, stridettero appena. "Non sono una bestia che si nutre dei morti, vampira. E non hai speranze di tentarmi, di farmi cadere nella tua trappola. Io non sono come te, te l'ho detto. E non cederò al vampirismo soltanto perché mi sventoli il sangue davanti agli occhi. L'unico momento per cui voglio vedere il tuo sangue zampillare è quando ti staccherò quella testa malata dal collo." Stese appena il braccio e lo sperone di Zadris ondeggiò a pochi centimetri dal viso della donna. "Fino ad allora, ti terrò d'occhio. Come tu tieni d'occhio me, oh, non credere che non me ne sia accorto. Aspetti solo il momento in cui cederò, vero? Il momento in cui diventerò un vampiro? Felice di darti una delusione, Carnival: che io diventi un Figlio della Notte o meno, non sarò mai tuo fratello. L'unico a potersi fregiare di questo nome è Cronista. Mai e poi mai considererò te un mio simile. Mai."
Carnival si limitò a ridere in faccia al fabbro “Parole orgogliose, oh sì, orgogliose e vuote. Io ti ho visto” disse allegramente puntando un dito contro di lui, come un ragazzino che abbia smascherato il bluff di un suo amichetto. “Io ti ho visto, e ciò che ho visto è Zannelunghe Occhirossi. “ La vampira si portò il polso alla bocca e leccò in maniera teatrale quel po' di sangue che ancora ne sgorgava prima che la ferita si richiudesse completamente.
“Il Libro, Le Ombre, tutti loro mi parlano, ma non sempre le loro parole sono chiare” proseguì “ma quando arriveremo al Suo tempio allora io saprò. Gli uomini adorano molti dei Aygarth della Forgia, ma Una sola è Colei che attende.”
Se possibile, Aygarth digrignò i denti in maniera ancora più serrata. "Di chi parli, Carnival?"
"Tu sai a chi mi riferisco" rispose la vampira con un sorriso storto "Oh sì, tu lo sai."
Aygarth si lasciò cadere su un ramo più in basso in modo da essere allo stesso livello di Carnival. In quel movimento così elegante e calcolato la vampira ci riconobbe la stessa agilità del Cronista. "Sono stufo dei tuoi indovinelli" sibilò. "Ti ho già detto di non giocare con me." L'alabarda baluginava fioca nella notte, i suoi tatuaggi mandavano lievissimi bagliori di brace.
“Altrimenti? Mi ucciderai?” alitò la voce della vampira in tono vieppiù irridente mentre Carnival fissava negli occhi il fabbro con quel suo inquietante sorriso tutto zanne.
Aygarth la fissò con l'odio contenuto che gli faceva tremare i muscoli. Poi, stranamente, le sorrise. "No, farò qualcosa di molto, molto migliore." S'accovacciò sul ramo e posò un palmo sulla corteccia. I suoi tendini si contrassero appena mentre invocava il potere della Forgia. Inquietante il fatto che quella sorta di 'trucchetto' l'avesse imparata dalle conoscenze del suo più acerrimo nemico...
La Forgia si propagò nella pianta, per un breve attimo. Come fosse una scarica elettrica.
Carnival sussultò nel subire la scossa della Forgia lasciandosi sfuggire un sibilo di dolore e di rabbia. “Così, ti piace giocare Aygarth della Forgia?” sibilò “Bene, è un gioco che si può fare in due, questo.”
Un istante dopo il ragazzo sentì le proprie forze abbandonarlo sotto l'effetto dell'incantesimo negromantico di risucchio dell'energia vitale che aveva già sperimentato al loro primo incontro, solo molto più intenso di quella volta. Come per un tacito accordo tuttavia anche Carnival interruppe il suo attacco dopo un breve attimo, giusto un assaggio del suo potere così come poco prima il ragazzo le aveva propinato un assaggio di Forgia.
Aygarth ansimò, ma il sorriso non abbandonò le sue labbra. "Potremmo andare avanti, Carnival" mormorò sordamente. "Potremmo vedere se il tuo dannato potere è in grado di prosciugarmi prima che io finisca per farti bruciare come un falò. E' un gioco divertente, non trovi?"
“Oh sì, molto divertente” rispose Carnival sorridendo a sua volta “E chissà, potremmo forse andare avanti fino a morire entrambi, vero Aygarth della Forgia?” proseguì in tono insinuante, come se la prospettiva la allettasse, in un qualche modo contorto. Poi inclinò la testa da un lato come per osservare meglio il ragazzo “E tu lo faresti, oh sì” non era una domanda.
Aygarth non disse nulla. Si limitò a fissarla, assottigliando appena gli occhi, come se lo sguardo fosse sufficiente per offrire una risposta. Le rune sull'alabarda palpitavano come un cuore, illuminandosi e spegnendosi al ritmo di quello del ragazzo.
*Il sorriso della vampira si allargò “Sì, è così divertente, sì!” si protese in avanti fino a sfiorare le orecchie del fabbro, pur sapendo bene che questi avrebbe provato ribrezzo e odio, o forse proprio per questo “Io ti odio e tu mi odi. Eppure questo ci lega, oh si, più di quanto tu creda.” si scostò “Ti farò una proposta, Aygarth della Forgia. Uccidiamo insieme queste Cose Viventi, questi Inquisitori che minacciano me, noi, Astrea. Poi avremo tutto il tempo di giocare., io e te, per tutto il tempo che vorremo. Sì?”
Lui la guardò con gli occhi ridotti a due fessure. Quando strinse i denti, Carnival fu più che sicura di aver visto le zanne accrescersi, ma quando la luna sbucò dalle nuvole e illuminò appena l'albero su cui erano appollaiati, la dentatura era tornata normale. "Forse." Con quella laconica risposta ancora tra le labbra, Aygarth si lasciò cadere giù, lasciando Carnival sola nelle tenebre.

La vampira sogghignò "Zannelunghe Occhirossi. Così divertente!" mormorò ancora fra sè, prima di scendere a sua volta dall'albero e tuffarsi nel profondo della notte.

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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Ven Ott 01, 2010 1:03 am Rispondi citandoTorna in cima

La luna si abbassava lentamete verso l'orizzonte: più di metà della notte era ormai trascorsa e fra poche ore il cielo avrebbe cominciato a rischiararsi a oriente segnando l'inizio di un nuovo giorno. La vampira rivolse uno sguardo seccato al satellite quasi che lo incolpasse del fatto che presto sarebbe stato di nuovo giorno.
“Odiosa luce” mormorò fra sé mentre tornava verso il punto in cui gli altri riposavano, i canini ancora stillanti il sangue della sua ultima preda, un giovane coniglio che aveva cacciato non tanto per sete, si era nutrita già a sufficienza, quanto per portarlo ad Astrea. Carnival prendeva molto sul serio quel suo “mi prenderò cura di te” che soleva dire alla ragazza.
La ladra dal canto suo dormiva profondamente in un angolo e la vampira rimase silenziosamente ad osservarla con un vago sorriso sulle labbra.

Un altra persona non dormiva. Steso con la schiena appoggiata ad un angolo gli occhi di Lao, scintillanti nell'oscurità, osservavano i compagni dormire. Non produsse nessun movimento quando la sua allieva entrò. Era ormai abituato a vederla arrivare in maniera completamente silenziosa."Come un adorabile gattino...confuso con una sanguisuga e dal carattere di un cinghiale."pensò sarcastico.

Carnival si inginocchiò per terra, protendendo cautamente una mano verso il viso della ladra addormentata, fin quasi a sfiorarlo. Le sue dita seguirono lentamente i contorni del volto e del collo della ragazza fermandosi esattamente all'altezza del morso che le aveva inferto un anno prima. Dopo aver indugiato per qualche istante Carnival ritirò la mano, nello stesso modo cauto e silenzioso, bene attenta a non disturbare il sonno della sua protetta.
“Dovresti dormire, Maestro” mormorò poi mentre si rialzava in tono divertito.

"Dovrei ma non ci riesco."mormorò allo stesso modo Lao."Sai...sarò io che divento sospettoso con l'età, ma sbaglio o l'ultima parola aveva una connotazione scherzosa?" chiese sempre immobile come una statua.

La vampira esibì un sorriso sbilenco “Sei tu a dirlo” osservò maliziosamente poi inclinò la testa da un lato e sembrò riflettere per qualche istante “Forse” concesse.

Lao mugugnò come unica risposta, chiudendosi in un ostinato silenzio per parecchi minuti, tanto che la vampira ebbe l'impressione che si fosse addormentato. "Tu ti stai divertendo un mondo in questa situazione vero? Il pensiero di poter lasciare la mia capanna, e dissanguare di nuovo della gente. Ti danno i brividi."

Ora fu la negromante a rimanere in silenzio per parecchi istanti prima di parlare: il vecchio poteva quasi sentire su di sé il peso dello sguardo di quegli occhi grigi e freddi.
“Tu non capisci” disse infine “Io sono Carnival”
Lao storse la bocca...era stanco di quella risposta: l'aveva sentita fin troppe volte nel corso di quell'ultimo anno e ogni volta aveva la sensazione di sbattere contro un muro. Eppure doveva ben esserci un modo di scavalcare quel mur, o almeno di aggirarlo.
“Non mi dirai che hai pietà di quelle Cose Viventi, di quegli Inquisitori. Loro sono solo sacchi di sangue, che devono essere vuotati, oh si, sangue rosso, rosso, rosso, sangue ed anime per me da prosciugare”

"Non ne ho pietà...ma il mio caso è differente dal tuo Carnival."si alzò quasi di scatto e si diresse alla porta."Continuiamo il discorso fuori, e prendi il mantello." disse in maniera imperiosa. Un tono che la vampira conosceva bene. Il suo maestro era riaffiorato. Si piantò a gambe larghe qualche centinaio di metri fuori dalla casa."Ogni volta che uccidi, ogni volta che ti lasci trasportare dalla foga di spargere sangue, diventi un pò meno Carnival. La bestia rosicchia un pezzo di te. E arriverà un momento in cui non sarai più Carnival." incrociò le braccia e fissò la vampira."E ora...colpiscimi se ci riesci."

Obbediente, la vampira seguì il vecchio fuori dalla casa diroccata “Tu non sai quante persone ho ucciso, Maestro” obiettò con quel suo tono lievemente sarcastico “Io li ricordo, tutti loro. Il loro sangue, è mio, è in me. Sono stata Cambiata. Non diventerò mai più Zannelunghe Occhirossi” sorrise “Vuoi insegnarmi, oh si, io voglio imparare, voglio essere forte.”
Rapida come un serpente Carnival assunse la posizione di difesa, poi si lanciò all'attacco fintando un pugno sulla sinistra e sferrando invece un calcio col piede destro, il tutto a velocità sovraumana.

Lao inarcò indietro la schiena schivando il calcio. I colpi successivi della vampira non sortirono effetto migliore, Lao semplicemente spostava il busto evitando tutti i suoi colpi."La Gru non è come la Tigre o il Dragone, le sue fondamenta si basano sulla serenità, non sulla rabbia o sulla forza." disse intrecciando le mani dietro la schiena."Tu non riesci a colpire me, un semplice essere umano, come pretendi di poter proteggere Astrea, come pretendi di sconfiggere i tuoi nemici, come pretendi di sopravvivere!"disse mentre continuava a evitare i colpi di carnival con sguardo annoiato.

La vampira emise un sibilo innervosito, come un gatto che soffi in faccia a qualcuno che lo infastidisca “Con il Potere” ribattè piccata “E comunque, tu non sei un semplice essere umano, Maestro, oh no, per niente.” smise di attaccare e rimase immobile a fissare Lao “ Serenità” ripetè come se fosse una parola dal significato sconosciuto.

*"Esatto. Non permettere a te stessa di prendere il sopravvento. Sii fredda mentre combatti..."gli rispose mentre l'alba cominciava a fare capolino alle sue spalle."Il potere dici."mormorò tra sè scoppiando in una risata di scherno."O sarà il potere a usare te. Mio piccolo burattino." a quella presa in giro Carnival si scagliò contro Lao sferrando un terribile pugno. Il vecchio finalmente mosse le braccia e bloccò il polso della vampira con la sinistra."Riuscirai a usare il potere, o a non cedere alla rabbia anche se dovesse succedere questo?" la mano callosa del vecchio scivolò sulla manica esponendo l'avambraccio ai deboli raggi dell'Aurora.

Carnival gemette per la sorpresa e il dolore “Luce, orribile luce! Perchè mi fai questo?”

Lao lasciò il braccio della vampira e la trasse a se, schermandola dal sole."Perchè Carnival devi fare in modo di essere Carnival e non la bestia che è dentro di te. Se cedi alla tua natura, diventerai un mostro che io ho contribuito a creare." le sussurrò ad un orecchio."Vuoi davvero che Astrea ti guardi con orrore e non più con affetto?"

La vampira si sfregò il braccio ustionato , senza reale necessità poiché pochi istanti erano stati sufficienti perchè guarisse.
“No che non voglio!” rispose con rabbia “Lei è....mia amica” concluse abbassando repentinamente il tono di voce “Lei è gentile. Non capisce, oh no, ma ascolta e prova, sempre.” alzò gli occhi sul vecchio “E non voglio usare il Potere, con te” aggiunse con aria di rimprovero “Astrea dice di non farlo con coloro che ti aiutano. Anche se hanno uno strano modo di aiutare, io credo.”

"Aiutare? Io voglio fare di meglio...voglio insegnarti. Ma tu sembri ascoltare solo tre parole su cinque di quelle che io pronuncio." fissò i suoi occhi in quelli della vampira, dandogli una carezza sulla guancia, un gesto anomalo per lui."Per esempio...vediamo se ci arrivi a capire cosa ho tentato di insegnarti adesso."

La vampira rimase interdetta dal gesto del vecchio e più ancora dalle sue parole. Sbattè le palpebre, confusa e poi rimase in silenzio esattamente come una bambina davanti a un compito difficile “Vuoi che io impari tutto ciò che vuoi insegnarmi e non solo quello che io voglio imparare. Vuoi che io impari a non odiare.” disse poi esitante, con riluttanza.

"Voglio insegnarti a non cedere a quello che sei." annuì Lao con un asciutto sorriso."E per arrivare a questo risultato dovrai avere pazienza. Io non posso insegnarti se tu non vuoi imparare."

La vampira inclinò la testa come per osservare meglio il vecchio e, una volta tanto, non fece commenti sarcastici.
“Lei ti sarebbe piaciuta” disse piano “Ma lei è perduta, perduta. Io sono qui. Io.”

"Lei?"ripetè meccanicamente Lao."La Carnival di prima che fossi morsa? Ma io la conosco. L'ho vista nella tua mente. E la vedo nel tuo volto. E' ancora una parte di te, ma l'hai nascosta nel profondo di te

“Lei è perduta” disse scuotendo la testa “Io mi ricordo di lei: le altre Cose Viventi non avevano paura di lei, le volevano bene. A lei piaceva la luce del Sole, odioso, maledetto sole. Lei non sarebbe mai stata capace di fare quello che ho fatto io. Lei era debole, lei è morta. Io, Io esisto, Io sono sopravvissuta. Io non sento quello che lei sentiva, io non vedo quello che lei vedeva. Ma io vedo cose che lei non poteva vedere.”

"Proprio tu parli di una parte di te che può morire?" il vecchio alzò teatralmente le sopracciglia prima di volgerle le spalle e allontanarsi di qualche passo."Dovresti riposare Carnival." disse semplicemente con tono gentile.

Carnival ridacchiò “Le mie parole, oh si, le stesse” rise ancora, piano “C'è una stanza sul retro, si, lontano dalla luce. Sarò li” aggiunse allontanandosi. Ad un tratto la negromante si voltò a mezzo verso Lao “Nessuno verserà lacrime, per Carnival.” mormorò prima di sparire all'interno della casa.

"Forse che sì forse che no, diciamo che abbiamo due opinioni al riguardo..." disse con un sorriso storto il vecchio quando la vampira fu rientrata.

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MessaggioInviato: Dom Ott 10, 2010 1:07 am Rispondi citandoTorna in cima

Astrea aprì un occhio, guardò Lao per un manciata di secondi e lo richiuse fingendo di dormire ancora, nella speranza che l’uomo non la svegliasse per gli allenamenti giornalieri. Nella sua mente l’immagine improvvisa di un cumulo di cadaveri le fece ricordare che non si trovavano affatto nella capanna di Lao. Si alzò di scatto quasi infastidita, mormorò un buongiorno ai sui compagni di sventura e uscì fuori a prendere una boccata d’aria. L’aria fresca dell’alba le fece venire la pelle d’oca , prima ancora di bere e lavarsi il viso con l’acqua del pozzo era ormai completamente sveglia.
La ragazza non aveva visto Carnival all’interno del casolare, la trovò in una stanza nel retro. Non aveva avuto modo di parlare con lei da sola in quei giorni e ne aveva voglia, aprì la porta e la chiamò per nome sussurrando, quasi avesse paura di disturbarla o svegliarla.
Nella piccola stanza regnava il buio più assoluto e la ladra dovette procedere con cautela per non ruzzolare per terra al primo ostacolo che i suoi piedi avessero inavvertitamente urtato, anche se la sua vista si era fatta molto più acuta di quanto non fosse stata prima di essere morsa. Del resto, negli ultimi tempi aveva dovuto abituarsi a girare di notte anche più di quanto la sua professione di norma non richiedesse.
Stava per chiamare una seconda volta il nome di Carnival quando la risposta della vampira le arrivò sussurrata lievemente a pochi millimetri dal suo orecchio
“Ben risvegliata bloodsister. Ti ho osservato, questa notte. Dormivi così bene! Ancora qualche minuto e saresti stata tu a guardarmi dormire, questa volta. Ma io sono più difficile da svegliare, oh si.” dal tono la vampira sembrava divertita.
Astrea creò un globo di luce che tenne sospeso sul palmo della mano, la luce era sufficiente ad illuminare la stanza così da evitare il rischio di capitombolare addosso a Carnival mentre si sedeva accanto a lei.
“è buffo” iniziò a parlare la ladra guardando fissa il globo di luce davanti a sé. “Da piccola i miei genitori mi proibivano di usare la magia, temevano la reazione della gente. Dicevano che avrei potuto spaventare qualcuno se mi avessero visto usare le mie abilità, avrebbero pensato che fossi uno scherzo della natura o dicerie del genere.” Alzò le spalle “A me non è poi importato molto, appena ho ne avuto la possibilità me ne sono andata via. Non sopportavo di essere costretta a inibirmi, è in un certo senso quello che fai tu quando sei circondata da essere umani. Vorresti essere libera di dissanguarli quando e come vuoi, ma non puoi. Posso a grandi linee capire cosa stai passando.” Una pausa. “Con Lao e con te avevo trovato un buon equilibrio, ero felice di potermi allenare e di vivere così… Ma adesso questo di nuovo, una nuova fuga per lo stesso identico motivo, questa colpa che ho come fosse un’orribile macchia su di me… è avvilente…"
Istintivamente la vampira si portò una mano davanti agli occhi “Odiosa luce” borbottò più per riflesso ce per altro. La luce magica di Astrea poteva infastidirla ma non aveva certo l'effetto letale della luce del sole. Questa linea di pensiero venne subito accantonata da Carnival quand'ella udì il resto del discorso dell'amica
“Cosa stai dicendo, bloodsister?” chiese con tono quasi aspro “Colpa? Tu non hai colpa. Oh no, nessuna colpa. La colpa è loro, si, loro è la colpa, odiose, maledette Cose Viventi.” Carnival prese ad accarezzare i capelli di Astrea con fare premuroso e preoccupato al tempo stesso “Tu non devi preoccuparti di loro. Tu non devi credere a quello che dicono. Resta con me, si, resta con me. Io ho promesso, tu hai promesso. Io berrò il sangue dei tuoi nemici. “
Astrea sorrise e annuì. “Non c’è bisogno che tu beva il sangue dei miei nemici, l’importante è che tu non beva il sangue dei miei amici.” Fissò la vampira.
Carnival si immobilizzò, come se fosse stata schiaffeggiata. Dopo qualche istante si voltò e raggiunse il muro opposto lasciando alcuni passi di distanza fra sé e Astrea. A quel punto si lasciò scivolare a terra ed appoggiò la testa sulle ginocchia. I suoi occhi grigi fissavano il vuoto, un punto indefinito nel buio della stanza.
“E perchè non dovrei?” disse ma il tono della voce smentiva le parole di sfida. Era più il lamento querulo di un bambino che si ritiene rimproverato a torto “Nessuno è amico di Carnival. Nessuno vuole bene a Carnival. Io li odio, si, li odio” concluse in un mormorio lamentoso.
Astrea fece una smorfia. Giocò con il globo di luce facendolo passare da una mano all’altra ora riducendolo, ora ingrandendolo. “Carnival, a suo modo credo che Lao si affezionato a te, altrimenti perché avrebbe dedicato tutto questo tempo al tuo addestramento? Perché credi che lo faccia allora?” Sospirò “Abbi pazienza. L’affetto, l’amicizia, la fiducia sono sentimenti che nascono e maturano con il tempo. Nessuno ti odia a meno che tu non rappresenta una reale minaccia, capisci? Ad esempio, sai spiegarmi perché il rapporto che hai con me è diverso da quello che hai con Aygarth? Perché vi stuzzicate così tanto?”
“Lui mi odia. Lui vuole distruggermi, oh sì. Tu mi hai fatto il Dono, tu sei la mia bloodsister, la mia....amica.” la sua voce era divenuta un sussurro a malapena percettibile.
La ladra strinse le labbra con disappunto e scosse la testa. “Aygarth ha perso tanto, ti odia perché sei stata una messaggera di morte per lungo tempo, gli hai portato via qualcosa che era importante per lui. Anche se credo che sappia bene che con la vendetta non può tornare tutto come prima.” Si fermò alcuni istanti indecisa se porre una domanda o meno.
“Tu mi hai aiutato, mi ha salvato la vita in più di un’occasione e per questo ti sono grata. Ma dimmi, sai che Aygarth ha bevuto il sangue di un vampiro, se lo vedessi in difficoltà, se notassi che è prossimo ad una eventuale trasformazione, lo aiuteresti come hai fatto con me? Lo faresti senza doppi fini, in virtù di una semplice amicizia? Riusciresti a mettere da parte il tuo odio viscerale contro gli esseri umani come hai fatto con me?”
Il volto di Carnival si contrasse in un'espressione che era solo la parodia di un sorriso “Fai la domanda sbagliata, piccola sorella. E lui? Riuscirà lui a mettere da parte il suo odio per me? Tu mi hai aiutato quando ero nella sua prigione, tu mi hai dato il tuo sangue nonostante io avessi cercato di ucciderti....mi hai fatto...ricordare..” Carnival si portò una mano alla tempia “...ricordare...cose...” proseguì “Credi che lui farebbe lo stesso per me?” scosse il capo “Oh no, lui non lo farà mai, mai.”
La ladra sospirò e si alzò in piedi. “Quando ti ho dato il mio sangue, non sapevo se il mio gesto sarebbe stato ricambiato, non sapevo se tu mi avresti salvato la vita o meno. Ho tentato e ho avuto fortuna. La stessa cosa vale per te, non puoi sapere a prescindere se ricambierà il gesto o meno, è soltanto questione di fiducia.” Concluse.
Questa volta la vampira non rispose per un bel pezzo, a tratti mormorando fra sé qualcosa di inintelligibile.
“Tu hai avuto fiducia in me.” disse dopo un po' “E hai fiducia anche in Aygarth, oh si.” silenzio, nuovamente “Ma io non so come aiutarlo” disse lamentosamente “E' stato morso, ha bevuto il sangue. Come posso aiutarlo?”
La ragazza sorrise trionfante. “Hai notato qualche cambiamento in lui? Qualcosa di strano che possa indurti a pensare ad un’eventuale trasformazione?”
Alzò le spalle in risposta alla sua domanda. “Non ho idea di come aiutarlo in realtà.” Ammise con un tono di voce triste. “Ma mi fido di te, spero che tu possa aiutarlo in futuro.” Si avvicinò a Carnival e le tesa una mano per farla alzare dall’angolo in cui si era rifugiata.
Carnival afferrò la mano della ladra e si lasciò aiutare a rialzarsi “E' solo una questione di tempo. A tratti i suoi occhi diventano rossi, i canini si allungano. La sua Forgia è tutto quello che lo trattiene, sì, ma non può resistere a lungo. Io vedo i segni in Aygarth della Forgia, ogni giorno un po' più marcati, ogni giorno un po' più chiari.” inclinò la testa da un lato “La soluzione più semplice sarebbe che lui bevesse il mio sangue. Diventerebbe come me e non Zannelunghe Occhirossi. Ma non credo che sia la soluzione che preferite, no.” Solo il baluginio dei suoi occhi rivelava ad Astrea che la vampira stava scherzando. Come sempre Carnival amava mescolare sarcasmo e senso del macabro.
Astrea sgranò gli occhi per un istante prima di intuire il tono sarcastico dell’altra. Ripensò alla conversazione con Galdor, lei stessa avrebbe preferito la morte ad una non-vita. “Penso che non sia proprio la soluzione più adatta.” Rispose laconica.
“Forse nel Libro troverò qualcosa” disse la negromante in tono scettico “un umano normale avrebbe già ceduto, da molto tempo. La sua Forgia, è quella che lo protegge, se ci fosse un modo per aumentarne la forza, perchè purifichi il suo sangue....” la voce di Carnival si spense in un mormorio indistinto poi la vampira fissò nel profondo degli occhi verdi della ladra “Se anche troverò un modo, lui non si farà aiutare da me. Questo è compito tuo, dolce sorella. Tu dovrai parlare con lui, oh si, dovrai.”

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MessaggioInviato: Dom Ott 10, 2010 11:13 pm Rispondi citandoTorna in cima

Astrea era seduta a gambe incrociate all’ombra di un albero con gli occhi chiusi e, per evitare di perdere del tutto il ritmo degli allenamenti , sembrava che si stesse dedicando alla meditazione. Non era mai stato il suo forte, si era sempre lamentata di annoiarsi e che tutto ciò serviva solo ad avere soltanto indolenzite le gambe a furia di stare fermi nella stessa posizione, ma provare a concentrarsi e rilassarsi in quella situazione poteva risultare utile. Tentava ma la sua mente volgeva entro breve tempo alla conversazione fatta con Carnival e la distraeva, cosicché doveva ricominciare da capo ogni volta che ciò accadeva, ogni volta accompagnato costantemente da un borbottio o sbuffo.
"Non dovresti allontanarti" mormorò una voce alle sue spalle, e Aygarth sbucò dal folto. "Tantomeno da sola. Non possiamo essere certi di essere al sicuro, anche se a riparo di questo villaggio. Nemmeno io posso sentire presenze nei dintorni, il che é tutto dire..."
La ragazza sobbalzò e aprì di scatto gli occhi. “Ehm, Si… Scusa… Ho approfittato del momento per isolarmi un po’.” Si giustificò. Piegò le labbra “Dobbiamo tornare dagli altri?” Chiese incerta avendo perso la cognizione del tempo.
"Non per il momento. Ma è meglio non separarci."Aygarth si sedette accanto alla ragazza e posò Zadris fra loro, appoggiata al tronco dell'albero. La guardò in viso e aggrottò la fronte. "Tutto bene?"
Lei inarcò le sopracciglia. “Si, cioè no, qualche pensiero per la testa, tutto qui.” Farfugliò e abbassò lo sguardo su Zadris che era appoggiata accanto a lei. “Perché?”
"Perché mi sembri strana." Aygarth inclinò il capo, come a volerla osservare meglio. "Ne vuoi parlare?"
Astrea si morse la lingua. “Mannaggia a me” Penso tra sé. “Ho avuto modo di parlare con Carnival.” Strinse le spalle. “Quindi è inutile che ti dica che sono preoccupata per te, perché non credo che né servirebbe a te né potrebbe cambiare le cose.”
Un lungo silenzio passò tra i due, senza che il ragazzo cambiasse posizione. Lo sguardo indagatore rimase sulla ragazza, senza però incupirsi. "Cosa ti ha detto?"
Astrea si morse un labbro non sapendo se fosse il caso parlarne o meno. “Ha detto che è soltanto questione di tempo, che ogni giorno i segni sono più marcati e che l’unica cosa che ti trattiene è la Forgia.” Disse in un soffio.
Per un bel pezzo il giovane fabbro non disse niente. "E' questo ciò che ti preoccupa?" replicò, con voce più bassa. "Temi che possa tramutarmi in vampiro? Che possa saltarti addosso e prosciugarti il sangue fino all'ultima goccia?"
La ragazza scosse la testa con veemenza. “So che faresti di tutto per evitare che succeda, e qualora tu non potessi fare più nulla, credo che la faresti finita e basta.” Rispose abbassando anch’ella la voce. “Questo mi preoccupa.”
"Tu per caso non faresti lo stesso?" replicò Aygarth. "O ti faresti aiutare da lei? No... Preferirei morire che diventare come Carnival." Il tono è volutamente sdegnoso. "Lei non presterà alcun aiuto, Astrea. Lei dà retta alle sue voci. Alle sue ombre. Tu puoi fidarti di lei, io non ce la farò mai. E nessuno potrà obbligarmi a farlo. "
Astrea si passò una mano tra i capelli “Volevo sapere soltanto cosa stesse accadendo a te, e se conoscesse un modo per tenere a freno la mutazione, tutto qui. Tu non ti fidi di Carnival né tantomeno posso obbligarti a farlo, però io si. Se esiste un modo anche uno solo per evitare il peggio, permettimi soltanto di sperare.” Rispose risoluta.
"Avresti potuto chiedere a me anziché a lei" sbottò il giovane, infastidito. "Sentiamo, come si è espressa in merito? Ti ha parlato della Sete? Ti ha parlato dei miei denti, delle mie zanne? Ti ha parlato di ciò che vede in me?" Mentre parlava, si stava protendendo sempre più verso di lei, come ad inquisire solo con l'espressione del volto. Quando si accorse di essere troppo teso, si rilassò, anche se di poco. "La verità, Astrea, è che sono vampiro da più di un anno. Solo che il vampirismo, per emergere, se la sta prendendo comoda, come se non volesse che mi perdessi lo spettacolo. Almeno fin'ora."
“Aygarth, non volevo starti addosso.” Rispose la ladra indispettita. “Non volevo fare la parte della ragazzina petulante per quello che era solo un mio dubbio e timore.” Rispose colorandosi leggermente in viso. Fece una pausa. “Mi dispiace per quello che stai passando.” Continuò tesa, si passò nuovamente una mano tra i capelli come se fosse un tic nervoso.
Lui rimase ancora in silenzio, come se l'ultima frase avesse calmato la rabbia che l'animava. Dopo qualche secondo, si pose davanti a lei, le mani appena a sfiorare le guance. "Fatti vedere, Astrea." Con delicatezza le fece aprire la bocca controllandone i denti, le guardò gli occhi. Nulla di anormale. Sorrise stancamente. "Per me è già un sollievo sapere che tu non condividerai la mia sorte."
Astrea piegò le labbra in un sorriso che era pur sempre triste, sentiva che non riusciva ad evitare che gli occhi le si facessero lucidi. Non sapeva cosa dire, riuscì soltanto a poggiare un braccio sulla sua spalla e avvicinare il viso al suo petto per sfuggire al suo sguardo. “Vedrai che tutto si sistemerà.” Mormorò con voce tremula.
Aygarth rimase un attimo interdetto di fronte a quella manifestazione di conforto. Poi, le cinse la schiena con un braccio e le accarezzò i capelli con l'altra mano. "Per quel che vale, Astrea... per quel che potrà valere se mi trasformerò in una belva... ti ho sempre considerato una sorellina. Un po' pestifera, un po' cacciaguai, purtroppo lo devo ammettere." Persino nella serietà riusciva a essere scherzoso, anche se il suo era un riso amaro. "Carnival ti proteggerà. E' l'unica cosa che non le rimprovero. Promettimi solo... che agirai secondo il tuo buonsenso, senza dipendere da ciò che ti chiederà lei. Ti prego. Promettimi almeno questo. Non posso seppellire l'odio che provo per Carnival, ma non voglio che questo faccia soffrire anche te. Lei è tua amica e io lo capisco. Se ti fidi di lei, non cercherò di convincerti. Voglio solo che tu non abbia a pentirtene. E che tu sia al sicuro."
“Ti sei sempre preoccupato per me, lo hai sempre fatto… Spero di aver messo la testa apposto in quest’anno, così da non farti più impensierire.” Rispose lei cercando di scherzare per sdrammatizzare. “Te lo prometto, Aygarth. Cercherò di agire per il meglio, per me stessa. Non devi più preoccuparti per me, ho imparato a cavarmela in un verso o in un altro. Tu promettimi però che se Carnival riesce a trovare qualcosa nel suo libro che possa esserti di aiuto, la lascerai tentare. Lei non lo farebbe per te certo, ma per me sì.”
Una lunga pausa. Poi, la voce del giovane divenne un sussurro. "No, Astrea" rispose, con un fil di voce. "Perché se tu ti fidi di lei, non possiamo dire altrettanto di quel libro. E' insidioso, me ne sono accorto già la prima volta che ne aprì le pagine. Non posso farlo, non dopo aver udito quello che ha detto, non dopo aver visto le ombre che è in grado di evocare. Le tenebre esigono sempre un patto, e io ho già versato abbastanza, su questo lato." Strinse appena la presa della mano che le cingeva la schiena. "Se solo Cronista fosse qui... Lui era in grado di placarmi. Lui, così come la Forgia. Ma di fronte a questi Mietitori... e i guerrieri mascherati... il mio potere si indebolisce. Si annienta. E il vampirismo ha il sopravvento." Un bagliore di Zadris sembrò dimostrare una conferma a quanto stesse dicendo. "Accetterò il mio fato, qualunque sia." La sua voce divenne un sibilo. "Dovevo essere morto più di un anno fa, Astrea. Ho soltanto ritardato la cosa. Prendila come vuoi, ma in fin dei conti, sono solo un morto che cammina."
Lei scosse il capo. “Stringerei io il patto con le tenebre a mio discapito, fosse questo l’unico problema.” Rispose dando sfogo ad un suo pensiero senza pensarci troppo. Ma si corresse prima che l’amico la bacchettasse. “… Ma come ti ho già promesso, non farò niente si stupido, insensato o avventato...” Alzò la testa per guardarlo negli occhi. “Finché impugnerai Zadris, non smetterò mai di sperare e pregare gli Dei, che tu sia un morto che cammina o meno.”
Aygarth la guardò negli occhi, mesto, poi sorrise, un sorriso stanco e triste. "E' già qualcosa." Le baciò la fronte. "Andrà tutto bene, Astrea. Non darti pensiero. Carnival ti sarà sempre al fianco. Lei si fida di te. Troveremo il modo di combattere gli Inquisitori, e fatto ciò, tu potrai tornare a vivere tranquillamente, come facevi prima." La sua voce aveva il tono enfatico caratteristico del fratello maggiore, che cercava di rassicurare la propria sorellina. "Non temere. Non cederò così facilmente. Starò in piedi per un bel pezzo... come umano. E anche lei. E' più tosta di quel che sembra." Fece l'occhiolino a Zadris che rispose con uno sfavillio di rune prima di rialzarsi in piedi. "Adesso, però, torniamo dagli altri. Meglio non sfidare la sorte."

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Honoo
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MessaggioInviato: Mer Ott 13, 2010 1:38 am Rispondi citandoTorna in cima

Lo scontro nel villaggio era stato duro per tutti. Per alcuni lo era stato fisicamente, per altri, per Honoo, lo era stato psicologicamente. Li aveva condotti lui alla "bambina", non aveva sentito la differenza nel suo battito cardiaco, aveva attribuito quella velocità alla paura, ai sentimenti. Era stato disattento. Aveva bisogno di un'arma... Qualcosa che potesse usare contro i Mietitori. Aveva bisogno di un corpo più resistente, che non rischiasse di morire per il semplice contatto con quelle creature. Aveva bisogno di trovare una soluzione. Ma era difficile senza un laboratorio, senza della carne di Mietitore da studiare. Il mago era seduto vicino ad un'albero, gli occhi chiusi, ma il brillare costante delle gemme sulla sua fronte diceva che era sveglio, intento a comunicare con lo Sciame, ad assistere la Regina nei suoi esperimenti. In quell'anno l'aveva vista cambiare, in meglio. Stava diventando sempre più curiosa, più desiderosa di creare nuovi Soth, di migliorare lo Sciame. E Honoo la osservava dando l'occasionale suggerimento. E lei imparava in fretta.
"Non per dubitare dell'efficienza dei Soth" mormorò una voce a poca distanza, "ma non sarebbe stato più comodo e sicuro per te dormire dentro?"
Aygarth era dietro di lui, appoggiato allo stesso albero, guardando in direzione opposta. Era giunto lì silenziosamente, o almeno aveva cercato di farlo. Sapeva che, comunque fosse, sorprendere lo stregone fosse una mossa inutile quanto impossibile.
"Sì, se stessi dormendo. Ma avevo bisogno di riflettere su alcune cose." Honoo si alzò in piedi "Cosa ne pensi di quanto ci ha raccontato Lao?"
Il ragazzo s'attardò in una lunga pausa riflessiva. "Non so che dire" disse infine. "Credevo che Athkatla fosse un episodio isolato o quantomeno limitato al suo perimetro. Non credevo che l'Inquisizione potesse avere una così grande influenza, un così grande potere che per di più agisce in maniera subdola, nascondendo il suo operato dietro la maschera della rettitudine." Sospirò e il suo fiato divenne nebbia nell'aria del mattino. "Personalmente, non credevo certo di essere preso in considerazione o essere... schedato." Fece una smorfia e si accarezzò i tatuaggi. "Colpa di questi, temo. O di lei." Fece un cenno a indicare l'alabarda che portava alla schiena.
Honoo alzò lo sguardo al cielo, come se lassù ci fosse qualcosa da trovare. "Io non so che fare. A volte rimpiango di essermi imposto certi vincoli. Non sarebbero un avversario di cui preoccuparsi se agissi come un tempo... Certo resterebbe da risolvere il problema di come eliminare sistematicamente i Mietitori, ma una volta superato quell'ostacolo sarebbe banale spazzare via questi Inquisitori..."
"Ovvero? Come vorresti agire?" Prima ancora che Honoo potesse rispondere, il giovane lo anticipò, scuotendo la testa. "Non so quanto c'entri il metodo o similari, Honoo. I nostri poteri non hanno effetto con loro, siamo come normali..." fece una pausa prima di dire quella parola, "umani." Si voltò verso di lui; i suoi occhi brillavano come specchi nella pallida luce dell'alba. "Ma ciò non toglie che possiamo batterci coi metodi più tradizionali. A tal proposito... se non erro, io ti devo ancora un'arma. O mi sbaglio?"
"C'è un'infinità di modi per uccidere, Aygarth. Sono certo che con un po' di tempo potrei sviluppare un veleno mortale per i Mietitori. Per quel che riguarda gli altri... Basterebbe trovarne uno, uno qualunque. Assorbendolo potrei ottenere i suoi ricordi, i nomi e i volti dei compagni che conosce e da li si tratta solo di risalire la piramide fino in cima. E visto che i Mietitori fuggono se la loro squadra viene malmenata a dovere non sarebbe nemmeno difficile trovare le loro basi..." una breve pausa, a soppesare le possibilità che gli offrirebbe un'arma. In particolare l'arma che aveva in mente. "A dire il vero sì, e in questo frangente mi farebbe sentire meno inutile. Ma pensi di poter creare quello che mi serve qui?"
Per tutta risposta, il ragazzo scrollò le spalle. "Sono l'ultimo di una generazione di fabbri, stregone. I miei antenati hanno iniziato a forgiare armi non avendo altro che un calderone, e già allora avevano fatto un lavoro pregevole." Si staccò dall'albero e si guardò intorno. "E non esiste villaggio che si rispetti senza la bottega di un artigiano. Persino cacciatori e agricoltori hanno bisogno degli attrezzi del mestiere... Sempre se l'incendio non abbia distrutto ogni cosa. Fammi cercare."
S'inoltrò tra i resti delle casupole, esaminandone con attenzione i resti. La gran parte di loro era ridotta a muri a brandelli, porte annerite, tetti crollati o addirittura divorati dalle fiamme. Dopo un po' di ricerca, notò un'apertura nel sottosuolo e delle scale che scendevano, in parte coperte da cenere e detriti. Osservò nei paraggi e notò un cimino di sfogo, franato a poca distanza. "Finalmente un po' di fortuna" mormorò. Liberò velocemente il passaggio e discese la scalinata.
Trovò in effetti una piccola fornace e degli attrezzi rudimentali. Il suo precedente proprietario non era un fabbro di professione, a una prima occhiata,, ma a quanto pare si dilettava a fabbricare da sè gli utensili indispensabili a sopravvivere, ai giudicare dai coltelli e dalle tazze in ferro ancora in lavorazione sul tavolo. Aygarth osservò la grandezza della forgia e storse il naso. "Piccola. Un po' piccola per la lega del kaar. Qui mi ci vuole una mano."



Galdor dormiva ancora. Aygarth indugiò con la mano sulla sua spalla, scuotendola appena. "Galdor. Galdor, svegliati."
Il guerriero trattenne il respiro un attimo nel sonno e poi aprì gli occhi. Sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco il volto di Aygarth nell’oscurità, quindi si passò una mano a stropicciarsi il volto.
“Aygarth, che succede?"
"Credo di aver bisogno di una mano" sussurrò il giovane. "Ho del... lavoro da fare. E tu, diciamo, non sei nuovo a darmi un aiuto su questo lato..."
Sbadigliò pensando si trattasse di combattere e si mise a sedere. “Cosa ti serve?”
Aygarth sfoderò un sorriso storto. "Non lo indovini?" Gli sventolò il sacco davanti. "Lega del kaar. Mi serve avere la bocca degli Inferi, non una fucina, per poterla lavorare. Potrei farlo anche in condizioni normali, ma ci vorrebbe troppo tempo, e non lo abbiamo. Magari puoi facilitarmi la cosa..."
“Si tratta di alzare le fiamme o crearle dal nulla? Perché per la seconda mi ci vuole più energia per le temperature che chiedi tu…” chiese il guerriero.
"Fortunatamente abbiamo un po' di materia prima" lo rassicurò il ragazzo. "Ma la fornace è troppo piccola per avere fiamme sempre alte. Mi ci vuole... un sostegno."
“E avrai il sostegno che ti serve” disse mettendosi in piedi, poi si fermò un attimo e si voltò verso Aygarth. “Visto che ci siamo… ti ricordi che ti cercavo ad Athkatla? Ecco, mi servirebbe un favore…” Afferrò il fagotto che si era portato fino ad ora dietro e lo passò all’amico. “Occhio! Pesa.”
Aygarth lo disfò traendone fuori una spada. Elhrohir: la riconobbe al volo dal peso e dalla stazza. Ciò che invece stonò nella sua vista furono le condizioni pietose in cui versava la sua lama: rovinata, piena di tacche, filo quasi assente se non in brevissimi tratti. Era un miracolo che non fosse caduta a pezzi. "Galdor..." mormorò con voce strozzata, e per un attimo il guerriero vide l'aspetto più innocuo e ingenuo del ragazzo: il semplice fabbro. Un fabbro quasi scandalizzato da ciò che aveva in mano. "Santi numi, ma che diavolo hai fatto per ridurla così?!"
Il guerriero sospirò ancora. “E’ stata una preziosa alleata fino alla fine e merita di tornare all’antico splendore.” Alzò gli occhi al cielo. “Ho dovuto infrangere un sigillo e non avevo altro. Ho pregato perché non finisse in mille pezzi e in quel caso li avrei raccolti tutti per portarteli” Sorrise.
Il giovane lo fissò a lungo, ma non fece altre domande. Esaminò la lama con occhio critico. "Sarò franco, Galdor. E' conciata molto male. Quasi era meglio se era ridotta in mille pezzi, almeno avrei potuta forgiarla da zero." Tenendola su un ginocchio, picchiettò con le nocche sulla lama ascoltando con i polpastrelli dell'altra mano le vibrazioni che si ripercuotevano sull'elsa. "E' stato un colpo forte, eh? Devo lavorare anche sul codolo. Credo si sia spezzato all'interno."
“Non è stato un solo colpo, credo almeno una dozzina. Comunque se ti ci vuole troppo tempo possiamo anche rimandare” un attimo di pausa e gli occhi che guardano la spada. “Ormai è qualche tempo che è da parte, non credo che morirei se dovessi attendere ancora prima di poterla brandire di nuovo.”
Aygarth guardò Honoo e poi l'amico. "Non so se avremo un'altra occasione per farlo, Galdor. E non ti lascio combattere i Mietitori con quella misera lancia. Non potrai mai decapitarli e ucciderli." S'alzò tenendo stretta la spada tra le mani, continuando a rigirarsi la lama sotto gli occhi.. "Vediamo un po'... acciaio..." Una pausa, finché non bloccò il movimento. "...no. Niente affatto. Questo non è acciaio." Quasi non scoppiò a ridere. "Per gli Dèi, Galdor! Hai una spada in eudonio e non te ne sei mai accorto?!"
“Temo di non riuscire a seguirti, non è acciaio?” guardò il fabbro, poi la spada.
Il giovane gli indicò un punto in cui il metallo era più spesso, vicino all'elsa. Laddove era rovinato, era possibile vedere sottilissime striature nere, non più spesse di un capello. "Eudonio rutilato. Una meraviglia da lavorare. Un po' difficile da reperire, però: è possibile trovarlo soltanto nelle miniere in grande profondità. Lo si trova in commercio, ma ha dei prezzi spaventosi." Guardò lo stregone. "A meno che... qualcuno, o chi per lui, non scenda nel sottosuolo e me ne cerchi un po'. Fin dove si spingono i tuoi Soth?"
"Scavano fino a qualunque profondità, se hanno il tempo..." disse il mago. Prima che gli altri due potessero fare la loro prossima, ovvia, domanda riprese a parlare "E il tempo che gli serve dipende dalla durezza della roccia, dal loro numero. Da molti fattori. Di che riparazioni ha bisogno quell'arma?"
"Va sistemata la lama, rifatto il filo, ripristinato il codolo. Insomma, un lavoretto di un paio d'ore. Ma l'eudonio è facile da lavorare, si scioglie in fretta e non dà troppi grattacapi quando si tratta di usare il maglio." Porse la spada a Honoo. "Potrebbero cercare questo materiale, e nel frattempo potremmo dedicarci al tuo progetto..." Prelevò da terra il sacco che conteneva il metallo grezzo, deposto accanto all'asta avvolta nella seta. Non l'aveva mai aperta dacché aveva lasciato Athkatla.
"Dubito possano trovarlo da soli. Il loro solo modo di conoscere davvero qualcosa è mangiarlo, e nessun Soth si può nutrire di minerali, per ora. Ma credo di poter riparare quei danni con la magia."
Aygarth guardò l'arma, poi lo stregone. "E quando ti ho detto 'devo realizzare cento spade in tempi assurdi' non ti è venuto in mente di darmi una mano, eh...?"
Lo stregone sorrise "Non me lo hai chiesto... Seriamente. No. Eri venuto da me per una ferita che si era chiusa da sola per non dare nell'occhio, creare 100 spade in una notte lo avrebbe fatto molto di più."
Il ragazzo scrollò le spalle. "Visto quanto accaduto, non credo che avrei dato nell'occhio più di quanto ho già fatto. Chissà da quanto mi sorvegliavano..." Sospirò. "Come pensi di poterla riparare, senza la materia prima?"
Honoo prese la spada e un piccolo coltello dalla sua borsa con cui colpì la lama. Il tintinnio metallico si difuse nella stanza. Il filo era effettivamente danneggiato e diverse cricche si stavano formando in profondità nel metallo "La materia prima l'abbiamo. E' qui di fronte" Honoo toccò la lama "Si tratta solo di farla scorrere per riempire i buchi che si sono formati... Mi servirà però il tuo aiuto per verificare che resti bilanciata."
"Su quello non ci sono problemi." Aygarth si rivolse a Galdor, porgendogli il sacco: "Nella casa in fondo alla stradina, c'è una cantina con una piccola forgia. Ci ho accatastato della legna. Per cortesia, comincia a rendermi calda la fornace e mettere questo a scaldare. Deve liquefarsi completamente. Chiamami quando diventa bianco." Il guerriero annuì e corse via. "Allora, Honoo, fammi vedere... credevo di essere io l'asso a forgiare lame, qui dentro..."
Honoo spazzò il terreno davanti a sé, usando il coltello per tracciare due cerchi concentrici. In pochi minuti riempì lo spazio fra i due segni di rune e simboli arcani. Fece cenno ad Aygarth di posare la lama all'interno del cerchio ed iniziò a cantilenare in una lingua sconosciuta al ragazzo. Dapprima sembrò non succedere niente, poi la lama cominciò a riflettere la luce in modo strano, come se la sua superficie fosse diventata liquida, ma senza cambiare forma, come se fosse contenuta in un recipiente a forma di spada. "Maestro della Forgia invoco la tua assistenza. Opera su questa lama, infondile il tuo potere, riportandola all'antica perfezione." Il metallo della lama fluì lievemente, come sospinto da una lieve brezza, per un paio di minuti, prima di tornare solido. L'arma sembrava appena uscita dalla forgia e più affilata che mai.
Aygarth fissò il fenomeno con occhi sempre più sgranati. Al termine, alzò la spada e la manovrò nella mano per saggiarne la stabilità e il bilanciamento. "E' a posto" fu il verdetto dopo qualche secondo, per poi fissare la lama. "Chi è questo.... Maestro della Forgia?"
"Una delle tante divinità e spiriti a cui si impara a chiedere assistenza con gli opportuni rituali. Almeno, è così che io uso la magia. Uso il mio potere per convocare le entità che meglio sanno svolgere il compito che mi serve e le vincolo o le convinco ad aiutarmi. E' una questione di volontà..."
Il giovane fabbro fissava la lama, con un'espressione indecifrabile che faceva capire che non fosse totalmente convinto. "Sarà. Ma ciò che non si realizza con il sudore e la propria fatica non è degno di soddisfazione... almeno secondo me, non fare caso al parere di un povero popolano..." tagliò corto. "Andiamo a dare una mano a Galdor. Se lo conosco, avrà già nobilitato la parola fuoco con il suo operato..."
Honoo iniziò a camminare dietro il fabbro verso la fucina improvvisata. "Questo è stato un incantesimo semplice. E io sono piuttosto potente. Ma ti garantisco che altri incantesimi risultano faticosi anche per me. E anche risolvere un problema complesso stanca e dà molta soddisfazione, quanta costruire una casa."
"Non lo metto in dubbio, ma..." Aygarth s'interruppe e scosse la testa. "Te l'ho detto, Honoo, non darmi retta. Temo di avere una naturale avversione per le stregonerie."
Honoo attese per un po' prima di porre la domanda che aveva in mente. "Immagino abbia a che fare con il mio stupido apprendista, vero?"
La risposta di Aygarth si fece attendere per altrettanto. "In parte. E in parte anche con me stesso. La magia è fatta per chi sa manipolarla, non per chi ce l'ha fra le mani per un'incredibile coincidenza."
"A te la Forgia non è capitata fra le mani per una coincidenza? E poi se non erro hai imparato a padroneggiarla. Come sempre non è un problema di chi possiede un potere, ma di come lo usa."
"Ho imparato, sì, ma in lungo tempo, a caro prezzo e molto altro..." Ci fu una lunga pausa in cui il fabbro non fiatò nemmeno. "Ah, dannazione, odio questi discorsi intellettuali. Guarda: vedo il chiarore fin qui. Galdor deve aver fatto un ottimo lavoro."
Non si era sbagliato. Non appena furono nella cantina, si trovarono davanti alla fornace che era un autentico roboar di fiamme; il guerriero stava poco distante, rinvigorendo il fuoco qualora ce ne fosse bisogno. "La tua forgia è pronta, Aygarth" annunciò.
"Anche la tua spada" e il fabbro gliela lanciò in grembo. "Ma devi ringraziare Honoo, io non ho fatto quasi niente... Vediamo il metallo..." Si sporse sulla bocca della fornace. "Quasi bianco. Ci manca poco." Si rivolse al mago. "Honoo, devo creare uno stampo. E' la maniera più rapida per creare le maglie degli anelli. Ci vuole uno stampo tubolare di circa venticinque centimetri, diametro due centimetri. E anche quello per le sfere: per la loro grandezza, a tua discrezione"
Honoo poggiò le mani in terra, intonando una silenziosa preghiera agli elementali che la abitavano. Dal terreno cominciarono a spuntare delle rocce, che lentamente si fusero insieme andando a creare due stampi. Dopo diversi minuti lo stregone porse ad Aygarth i due stampi richiesti. Quello per le sfere aveva un diametro di circa 20 centimetri.
"Ottimo. Galdor, alte le fiamme, non le fare calare" si raccomandò. Uscì rapidamente dalla cantina con due secchi vuoti per poi tornare dopo pochi minuti, colmi d'acqua. "Questi andranno cambiati spesso. Peccato non avere olio da tempra a disposizione, spero che il risultato eguagli quello di Gilravien..." Prelevò dalla forgia il contenitore con il metallo liquido, per poi cambiarlo con un altro colmo di altri frammenti da liquefare. Cominciò a versare di volta in volta il materiale negli stampi per poi sigillarli con un rapido intervento di Honoo e immergerli nell'acqua per raffreddarli rapidamente. Dovettero cambiare l'acqua molto spesso e fare molto in fretta, ma alla fine liquefecero tutto il metallo e si ritrovarono con circa cento piccole asticelle e due grosse sfere.
"Adesso viene la parte più divertente" mormorò il fabbro. Si armò del piccolo incudine e ne studiò l'estremità: erano rettangolari. "Honoo, puoi plasmare questo lato in modo che sia più arrotondato, quasi cilindrico, come fosse un corno?"
"Si può fare." Lo stregone ricominciò a salmodiare ed in breve l'incudine si deformò fino ad assumere una forma circolare. Aygarth guardò gli effetti dell'incantesimo e sogghignò. "Se sopravvivremo a tutto questo... qualcosa mi dice che ti farò una proposta di lavoro..." Con ancora il sorriso sulle labbra, depose alcune asticelle direttamente tra le fiamme. Attese che diventassero incandescenti, poi ne prelevò una con le molle e si piazzò all'incudine con il maglio in mano. Cominciò a martellare l'asta per piegarla a forma di U, usando il lato arrotondato dell'incudine per modellarla, e una volta riuscito la frappose nuovamente tra le fiamme, per poi prelevarla nuovamente e battere il metallo fino a chiuderne le due estremità, per poi infine temprarla nel secchio d'acqua.
"E una" declamò, mirandola. "Ne mancano solo novantanove così e ci siamo."
"E a te quanto manca?" chiese lo stregone senza distogliere gli occhi dalle scintille della forgia.
Il ragazzo si girò verso Honoo, aggrottando la fronte.
"Ho visto come guarisci. Ho visto come combatti. E il mio udito, lo sai, è molto fino. Hai un problema. Con un po' di tempo potrei avere una soluzione..." la voce dello stregone era calma, quasi priva di emozioni.
Aygarth rimase interdetto per qualche istante, poi si girò verso Galdor, che li guardava perplesso. "Vai a riposarti, amico, la parte più difficile l'abbiamo superata..." Qualcosa nel tono della sua voce convinse il guerriero che il giovane volesse rimanere solo con lo stregone e ubbidì, senza protestare. Quando scomparve oltre le scale, Aygarth si girò verso Honoo: "Non era l'argomento migliore da sollevare in presenza di altri che non ne sono al corrente. Specie dopo la giornata che abbiamo trascorso..." ribatté, prelevando altre due barre e dandoci sotto col maglio.
"Ma era necessario sollevarlo. E proprio vista la giornata di oggi: potremmo non avere altri momenti tranquilli per un po'." rispose lo stregone mentre prendeva con le pinze uno degli anelli e lo buttava nel secchio per la tempra.
Il giovane rimase in silenzio per qualche istante, mentre cercava di piegare un altro anello sull'incudine incastrandolo in uno precedente. Quando ci riuscì, lo rigettò nelle fiamme per renderlo incandescente e poterlo fissare definitivamente. "Un tempo, Cronista mi promise che avrebbe trovato una cura" mormorò a bassa voce. "Ma ho perso sue notizie da quasi un anno. So che è ancora vivo... Zadris l'avrebbe percepito, se gli fosse successo qualcosa. Ma..." Lasciò in sospeso la frase. "Resisterò il tempo necessario, Honoo. E se ciò non fosse, credo sia inutile dirti ciò che bisogna fare."
"Volevo solo dirti che io HO una cura." lo stregone non si fermò per evitare che Aygarth potesse interromperlo "Probabilmente non come la intendi tu tuttavia. Rowena non era come l'hai conosciuta tu quando l'ho incontrata per la prima volta. Era la stessa donna determinata e coraggiosa, ma intrappolata in un vecchio e decrepito corpo umano. Il suo attuale corpo è una mia creazione, ho trasferito la sua coscienza, la sua anima, se preferisci questo termine. E' umana? No di certo. E' un mostro? Per certi versi sì, lo è. Ma ha il pieno controllo di sé. Potrei creare qualcosa di simile anche per te se vuoi."
Aygarth lo guardò e una scintilla di speranza s'accese nei suoi occhi. Scintilla che però scomparve quando Zadris, vibrò, poco lontano, come se gli avesse trasmesso un pensiero. Scosse la testa, con l'amarezza negli occhi. "Non posso." Alzò un braccio, mostrando i tatuaggi. "La Forgia è legata anche a questo corpo. Non posso operare uno... scambio. Se lo facessi, Zadris morirebbe."
"Sono convinto di poter aggirare il problema, con le dovute ricerche. Sarebbe una... sfida interessante... ma questo richiederebbe tempo e tranquillità, due risorse che al momento sono scarse in queste terre." Uno degli anelli incandescenti prese a fluttuare verso gli altri ancora nella forgia per scaldarlo in vista di una ritempratura. "Dovrebbe diventare leggermente più duttile così, vero?"
"Già. Ma la lega del kaar è capricciosa. Ci vuole olio di gomito per piegarla alla propria volontà." Aygarth prese con le molle da fornace un'altra asta e afferrando il maglio calibrò una mazzata sull'estremità. Il metallo, tuttavia, si piegò di netto, come se invece di un colpo di mazza gli fosse caduto sopra il mondo. Il giovane rimase un attimo perplesso, per poi rivoltare il pezzo e rimodellarne la forma con precisi e metodici colpetti.
"Comunque, se la cosa può esserti di conforto, sappi che mozzerò la tua testa non appena ti reputerò un pericolo per Astrea o per qualcun altro."
Incredibilmente, Aygarth sorrise. "Bene! Vedo che almeno i discorsi che ti ho fatto tempo fa non hanno smollato la tua, di tempra" rispose allo stregone. "Ho bisogno di qualcuno di cui fidarmi, nel gruppo. Non voglio che a causa di tentennamenti possa rischiare di ferire qualcuno, o peggio."
"I discorsi che mi hai fatto non mi hanno rammollito, mi hanno aiutato a vedere le cose da un diverso punto di vista. Il fatto che non voglia uccidere se non sono costretto non vuol dire che esiterei nel farlo se fosse necessario. In un certo senso mi hai reso più forte con i tuoi discorsi."lo stregone osservò a lungo le reazioni del metallo ai colpi di maglio, le sottili sfumature di colore che nascevano man mano che il metallo si scaldava "Ma in cambio uno di questi giorni dovrai parlarmi molto approfonditamente della metallurgia. Sembra un'arte molto più complessa di quanto appaia."
"Se e quando avrò tempo per farlo, più che volentieri. Ma ci vorrà tempo. Anni." Il fabbro guardò lo stregone con un sogghigno stampato sul volto. "E' una specie di magia anche questa."


Le tre ore successive passarono in un lampo. Il sole era già sulla buona strada per lo zenit quando Aygarth tirò fuori dal barile la catena appena temprata. "Pronta" declamò. "La vuoi saggiare?"
"Direi di sì..." Lo stregone soppesò il peso dell'arma ed iniziò a farla roteare intorno a se con sempre maggiore velocità. "Ottimo bilanciamento..." le due sfere compivano traiettorie sempre più complesse, guidate non dai movimenti del mago quanto dalla sua telecinesi. "Ora viene la prova del nove..." Honoo fissò il suo sguardo su una parete di pietra ancora in piedi dopo l'attacco dei Mietitori. Distorse lo spazio quel tanto che era necessario per la prova e scagliò le sfere contro la roccia. Nonostante i sensi sviluppati dal vampirismo Aygarth vide semplicemente le sfere scomparire nel nulla con un boato tremendo e il muro finire in pezzi praticamente nello stesso tempo. "Ottimo. La catena assorbe l'impatto e lo mitiga. Senza di essa questo corpo non reggerebbe mai un impatto con un arma rigida a quelle velocità. Non l'ho costruito per combattere dopotutto..."
Aygarth guardò Honoo e storse la bocca. "Allora, forse, prima di pensare a un nuovo corpo per me, dovresti pensare a una nuova armatura da battaglia" replicò. "A meno che non vuoi che ti inchiodi sopra delle placche di metallo, proprio come le ha il nostro nuovo amico Mentheler."
"Il metallo ha il brutto difetto di non rigenerarsi da solo. Per questo uso armature vive di solito... Per il momento la mia magia, le distorsioni e questa catena dovrebbero essere più che sufficienti."
Il ragazzo sembrò assorto per qualche istante. "Non basterebbero..." mormorò come se parlasse a se stesso.
"Contro gli inquisitori o contro di te? Hai visto quel colpo di prima? Non credo. E nemmeno tu sopravviveresti se colpito alla testa con quella velocità." Lo stregone riflettè per un momento "E se anche resistessi, posso renderti inoffensivo in almeno 8 modi diversi. Vuoi l'elenco?"
Aygarth rimase un attimo pensieroso. Per poi chiudere gli occhi. "Sì, ce la faresti." Una pausa. Un velocissimo movimento d'aria, e Zadris roteò nello spazio dietro di loro, sfiorando lo stregone per poi piombare esattamente nelle mani del fabbro. "Ma se cambiassi... che ne sarà della Forgia? Che ne sarà degli altri? Diverrò un nemico? Loro diverranno miei nemici? Anche tu?" Aprì le iridi con un lieve bagliore a specchio. "Ho un potere che uccide al tocco. Che può propagarsi come fosse un... morbo. E potrei cambiare da un momento all'altro." Una pausa. "La verità è che non manca molto, Honoo. Ho ritardato la mia morte, ma il vampirismo cresce. Specie negli ultimi giorni, quando a causa dei Mietitori la Forgia non ha il suo solito vigore. Spero che tu mi concederai una fine rapida se dovessi rivoltarmi contro di voi. Per me e per Zadris. E inoltre..." Guardò l'alabarda con un'espressione triste sul volto. "Non lasciare che qualcuno si impossessi del suo metallo. Troppo sangue è stato versato da chi ha cercato di impadronirsene..."
"Il cambiamento dipende da come funziona la Forgia. Si basa sui tuoi pensieri o su quelli dei tuoi "bersagli"? Se io ti fossi ostile ma tu mi considerassi un alleato cosa registrerebbe la Forgia? E viceversa se io non ti fossi ostile, ma tu lo fossi nei miei confronti? Hai un grande potere Aygarth, ma permettimi l'appunto, è un potere rozzo, semplice. Facile da contenere." lo stregone chiuse gli occhi per un attimo. "Espandi la tua Forgia ora, fabbro. Sei chuso in una bolla separata dal resto del mondo dalle mie distorsioni. Solo la luce riesce ad attraversarle..."
Aygarth rimase un attimo disorientato, infine decise di dare retta al mago. Chiuse gli occhi a sua volta e con un lieve contatto mentale con Zadris provò a espandere i suoi sensi, proiettando se stesso e le sue percezioni verso l'esterno, in cerca dello stregone o dei suoi compagni. Trascorsero alcuni secondi di perfetta immobilità, prima che il giovane parlasse. "Ti vedo" annunciò. "Ma non riesco a 'toccarti'."
Honoo disperse la bolla "E ora, tanto per completare il numero di magia, osserva." Honoo estese una mano, creando una nuova distorsione sferica grande poco più di un metro. Era visibile appena per una strana deviazione della luce, come se passasse in un bicchiere pieno d'acqua "Sovrano del magma, riversa in questo tuo servo un'infinitesima parte del tuo potere..." dopo quelle poche parole la sfera prese a brillare di un rosso intenso. Si era appena riempita di roccia fusa. "Immagina se ci fossi stato tu li dentro. Per quanto sia strano dirlo... Puoi stare tranquillo Aygarth. Posso fermarti."
Il ragazzo osservò il fenomeno con interesse prima di scrollare le spalle. "Anche se non mi va di nutrire illusioni... spero che tu non debba mai usarla contro di me." Alzò lo sguardo e un pizzico d'impertinenza gli animò il viso. "Anche perché con me perderesti un'intera generazione di segreti di metallurgia."
"Lo spero anche io Aygarth." rispose Honoo "Ora vediamo di formulare un piano d'azione con gli altri."

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MessaggioInviato: Gio Ott 14, 2010 3:25 pm Rispondi citandoTorna in cima

Galdor uscì dalla fucina un po’ affaticato, lavorare col fuoco in modo continuato era sempre una sfida sfibrante, tuttavia continuò ad allenarsi con Elrohir per il resto della mattinata e del pomeriggio felice per avere tra le mani la propria arma praticamente come nuova anche se non convinto del metodo di riparazione. Aveva visto in azione l’armatura e le armi che Honoo aveva usato oltre un anno prima e anche come il mago utilizzava la sua arte in maniera più che competente, ma se aveva viaggiato fino ad Athkatla era per farla vedere all’unico fabbro a cui l’avrebbe fatta vedere anche se così non era poi stato. Nessun intoppo tuttavia aveva turbato i suoi allenamenti; la spada sembrava quella di un tempo, con un ottimo bilanciamento, il filo perfetto e tagliente così quando si sedette a terra spalle al tronco di un albero il tramonto era ormai passato. Sospirò e si poggiò Elrohir sulle gambe e passò il palmo sulla lama come a salutare una vecchia compagna che ammiccava al suo proprietario riflettendo gli ultimi baluginii sanguigni nel cielo.
Nel preciso istante in cui l'ultimo raggio di sole scompariva all'orizzonte lasciando il posto ad un tenue crepuscolo la porta della casa malconcia dove i viandanti avevano trovato rifugio si spalancò di scatto, sbattendo rumorosamente contro il battente. La soglia rimase buia per alcuni istanti, come un varco spalancato sul nulla, infine Carnival emerse dalla casa avventurandosi cautamente all'esterno e voltando rapidamente la testa alternativamente a destra e a sinistra. Non era la prima volta che Galdor la vedeva in quell'atteggiamento quando si levava dal suo coma diurno: sembrava che la vampira si orizzontasse analizzando in qualche modo misterioso la luce residua e la frizzante aria della sera.
Il guerriero alzò lo sguardo quando l’uscio si aprì con violenza e osservò la porta fino a quando Carnival non si fu palesata sulla soglia. Quando vide che si trattava della vampira tornò al suo stato di stanchezza fisica e mentale appoggiato al tronco con gli occhi chiusi e sulle gambe il confortevole peso della propria arma.
Terminato il suo esame la vampira si avviò lentamente per la strada deserta, lo sguardo che ogni tanto saettava verso la vicina foresta con desiderio. Come tutti i vampiri appena svegli Carnival sentiva i morsi della Sete ed era ansiosa di gettarsi in caccia. Pure, era evidente che on desiderava allontanarsi prima di essersi accertata della condizione degli altri e dato che Galdor sembrava essere l'unico presente negli immediati dintorni la negromante puntò diritta su di lui.
Sentendo i passi della cainita Galdor prese un bel respiro ma parlò senza aprire gli occhi.
“Carnival, hai riposato bene?” domandò con un minimo d’ironia nella voce come avrebbe fatto con chiunque altro.
La vampira esibì uno dei suoi caratteristici sorrisi sbilenchi "Come una morta" rispose con uguale ironia "Non posso dire lo stesso di te." aggiunse inclinando la testa da un lato "Ma del resto voi Cose Viventi vi stancate subito, oh si"
Il guerriero si limitò ad aprire appena gli occhi per spenderle uno sguardo storto dal basso verso l’alto, quindi parlò.
“Che vuoi farci Carnival, la carne è debole…” scosse la testa accompagnando con uno sbuffo divertito; era inutile prendere sul serio tutto ciò che diceva Carnival, per certi verso era meglio assecondarla nei suoi deliri di superiorità che, invero, erano piuttosto frequenti.
“Bella spada” commentò Carnival come se non avesse nemmeno udito il commento di Galdor. La vampira alzò gli occhi verso la fucina del villaggio ed emise un lieve sibilo minaccioso, come un gatto che soffi contro un nemico.
“Non la conosci, hai la memoria debole?” disse il guerriero ridacchiando e volgendo finalmente uno sguardo alla vampira. Seguì la direzione degli occhi di Carnival fino alla fucina. “Gli altri dovrebbero essere lì o in zona. Di sicuro ci trovi Honoo e Aygarth” Disse prima ancora che gli fosse chiesto.
“La ricordavo diversa” rispose distrattamente la vampira, il suo sguardo freddo sempre fisso sulla fucina. “Astrea-che-ha-promesso? Lao?” chiese poi.
“Forse…” rispose il guerriero riguardo la propria arma. “Astrea e Lao non so dove siano, ho lavorato alla fucina stamane che sembrava la bocca degli inferi da quanto faceva caldo poi ho passato la giornata ad allenarmi”
“Pensavo ti piacesse il caldo e la fiamma” commentò la vampira inarcando un sopracciglio, poi chiuse gli occhi e rimase in silenzio per alcuni istanti come se stesse assaporando l'aria della sera.
“Dolce brezza della notte” mormorò “Mi piace, si. Mi porta l'odore delle prede, del sangue, oh si, bel sangue rosso. Presto, si presto. ” La vampira aprì e chiuse le mani più volte.
“Le fiamme sono una cosa, il caldo asfissiante un’altra” si limitò a dire Galdor. “Sono felice che ti piaccia la brezza della sera ma preferisco non cogliere il piacere delle tue motivazioni.” Sorrise.
Carnival si strinse nelle spalle “Non mi aspetto che tu lo faccia” commentò in tono indifferente poi si sedette accanto al guerriero e Galdor notò improvvisamente che la vampira aveva il Liber Mortis con sé. Era passato un anno ma l'aria sinistra di quel libro era inconfondibile. Sotto lo sguardo attento dell'uomo la vampira aprì il libro apparentemente a caso:anche nella luce crepuscolare era chiaramente distinguibile il fatto che le pagine erano completamente bianche.
“Mi auguro che quel pazzo di Lao sappia quel che fa, personalmente avrei bruciato quel libro e tutti quelli che avrebbero cercato di impedirmelo tanto tempo fa” disse con voce seria, tutt’altra cosa rispetto al tono in cui si era svolta la conversazione fin ora. “Immagino che tu sappia come leggerlo” concluse tristemente Galdor.
Carnival alzò gli occhi e rivolse al guerriero un secondo sorriso storto “Avresti potuto tentare” commentò col tono di chi è certo che il tentativo sarebbe fallito “Lui parla con me” aggiunse mentre con le dita sfiorava una pagina del libro. Subito a partire dal punto sfiorato dalla vampira la pagina cominciò a riempirsi di scrittura fine e affusolata, in una lingua incomprensibile per il guerriero “Lui parla con me” ripeté la vampira “e io imparo, imparo, imparo...”
“Immagino di poter rimediare anche ora…” disse stirando le labbra in un sorriso di sfida. Strinse la mancina e il tatuaggio brillò vermiglio per un istante. Poi rilassandosi “E cosa dice un libro così pericoloso?”
“Puoi tentare” ripeté tranquillamente la vampira col suo solito sorriso, poi riprese a fissare le parole che lentamente si formavano davanti ai suoi occhi riempiendo una pagina dopo l'altra.
“Pericoloso?” chiese dopo qualche istante in tono divertito “Sei circondato dai pericoli, Galdor perché io sono pericolosa, Aygarth della forgia è pericoloso e anche tu sei pericoloso, oh si. Che differenza può fare un altro pericolo?”
“Già, per non parlare del vecchiaccio e del…” prese un sonoro respiro “di Honoo…” vista in questo modo Carnival non aveva tutti i torti anche se quando c’erano di mezzo le ombre non c’era mai da stare tranquilli e se quello era chiamato libro dei morti non lasciava intendere nulla di buono ma questi pensieri se li riservò per se. “Non hai risposto alla mia domanda”
“Non tutte le domande hanno risposta” commentò la vampira in tono casuale “per questo puoi considerarti fortunato, stavolta.” il suo sorriso si allargò “il Libro mi parla di vampirismo e di sangue, di contagio e trasformazione, di sete e di patti di sangue.”
Fissò perplesso il terreno per qualche secondo e riprese “Il sangue… contiene tanti di quei segreti che non si immaginano…” quindi continuò con un’altra domanda “E sei tu a chiedergli di parlarti di questo, oppure lui legge in te ciò che vuoi sapere? Ti parla anche di altro?”
La vampira fece una smorfia “Qualche volta assomiglia a Lao, oh si. Sa sempre quello che voglio ma mi mostra soltanto quello che desidera mostrarmi. Qualche volta mi parla di altre cose, cose che desidera che io sappia.” Carnival alzò lo sguardo sull'umano, sembrava che le piacesse parlare del Liber Mortis, quasi come a un bambino piace parlare del suo nuovo giocattolo “Sai Galdor? Molti umani, molte Cose Viventi si sono cimentati con la negromanzia. Ma un negromante non può raggiungere il vero potere, non finchè è in vita. E' così divertente” concluse con una risatina.
Galdor osservò la vampira per tutta la durata della sua risata, quando si fu rasserenata riprese a parlare. “Ritengo che anche tutto il potere di questo mondo e di quello dei morti non valgano la dannazione eterna. Vagare senza pace, perdere le persone che ami, perdere coscienza del mondo e rimanere teso in un limbo senza fine che ti porta potere e morte…” Il disprezzo era palese sul suo volto. “Personalmente non capisco cosa possa esserci di supremo a cui anelare in un’esistenza del genere, ma credo che persone più… deboli possano essere tentate dal potere dell’occulto”
Una breve pausa. “E dimmi, Carnival, ti ricordi di quando eri in vita? Di tuo marito, magari dei tuoi figli… avevi una casa? Lavoravi i campi oppure al telaio?”
Carnival mostrò un crescente nervosismo via via che Galdor parlava ma proprio quando stava per rispondere in maniera pungente la domanda dell'umano sembrò spiazzarla completamente. Sbattè le palpebre, una, due volte. Fra le sue mani il Liber Mortis parve reagire allo stato d'animo della donna e ogni traccia di scrittura abbandonò le pagine che tornarono ad essere completamente bianche poco prima che il libro si chiudesse con uno scatto sonoro.
“Ricordo quando lei era viva” disse infine in tono sommesso mentre si portava una mano alla tempia, come se le dolesse “Ricordo che lei aveva due sorelle e un fratello. A lei non piaceva tessere anche se sua madre non si stancava mai di cercare di insegnarle. Ricordo che a lei piaceva viaggiare, conoscere altri posti, altra gente. Suo padre era un mercante e lei tutte le volte che poteva cercava di accompagnarlo nei suoi viaggi, prima, quando era una bambina. Ricordo la sua casa, ricordo il suo cucciolo....ricordo la sua vita, ricordo che era felice...oh si, io ricordo. Che te ne importa, Cosa Vivente? Che te ne importa? Loro sono perduti, Lei è perduta. Ricordare...fa male!” concluse scuotendo la testa violentemente.
Galdor fu in un certo senso felice della reazione della vampira. Felice che non fosse apparsa glaciale e pungente come prima; dopotutto c’era ancora qualcosa da salvare in quell’essere. “Nessuno di loro è perduto fin quando qualcuno li porta con se nel proprio cuore; così è per le persone che possiamo rivedere e per quelle che non potremo rivedere mai più su questa terra” disse il guerriero. “Ricordare ci mantiene vicini alla nostra vera natura, dimenticare vuol dire decretare la morte ultima di chi amiamo, di chi ci ha amato e di noi stessi“ Abbassò lo sguardo all’arma, proprio lui parlava di ricordare, proprio lui che del suo passato aveva conosciuto solo spiragli di luce in mezzo alle tenebre, ma così rapidi com’erano arrivati questi pensieri si allontanarono “E come si chiamava… lei? Qual’era il tuo nome?”
"Lei è morta. Io sono Carnival" fu la laconica risposta della vampira.
Il guerriero si mise sulle ginocchia per poi alzarsi. Con fare stanco mise la mano sulla spalla di Carnival. “Lascia che il tuo cuore torni a scaldarsi e allora avrai ciò che tutti cercano”
Detto ciò il guerriero rinfoderò Elrohir e si avviò verso un posto al chiuso dove potersi proteggere dall’umidità della sera sotto lo sguardo corrucciato della vampira.

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Lao Tsung
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MessaggioInviato: Mer Ott 20, 2010 4:58 pm Rispondi citandoTorna in cima

Dopo la chiacchierata con l’amico fabbro, Astrea tornò indietro nei pressi della casa dove avevano appena trascorso la notte, mentre Aygarth si era allontanato nuovamente senza che la ragazza sapesse dove fosse diretto. La ladra aveva bisogno di approfittare di quel tempo che avevano a disposizione per riflettere su quello che aveva appena appreso, e in cuor suo sperava di non dover mai trovarsi nella stessa situazione dell’amico, anche perché lei non avrebbe avuto alcuna forgia a trattenerla in vita.
Lao era inginocchiato davanti al fuoco, assorto in profonde meditazioni. Anche se gli occhi erano chiusi sentiva, o meglio percepiva, attraverso la mente l'avvicinarsi della ladra. I sentimenti della ragazza erano strani al momento, e Lao si ripromise di indagare. Con un sospiro si sistemò sulle ginocchia più comodamente e attese.
La ragazza aprì la porta della casa dismessa ed entrò, trovò dentro soltanto Lao. Si sedette a gambe incrociate contro il muro poco distante dall’uomo per non disturbarlo, sentì la necessità di trovare un modo per ingannare il tempo.
"Sento il rumore dei tuoi pensieri, bambina mia." disse il vecchio dopo qualche secondo."Siedi accanto a me. Ultimamente abbiamo trascurato la tua istruzione, per cause di forza maggiore ovvio." aprì gli occhi e fissò il fuoco con un asciutto sorriso."Ti senti bene?"
Astrea sorrise, si alzò in silenzio e si avvicinò a colui che era diventato un maestro per lei negli ultimi tempi. Mancava soltanto un abbraccio o una pacca sulla spalla ogni tanto perché diventasse anche un padre si ritrovò a pensare la ragazza, e sorrise nuovamente. Alzò le spalle mentre prendeva posto. “Se conosci un modo per resettare la mente per evitare di rimuginare sulle stesse cose, devi ancora insegnarmelo” Rispose
"Posso provare con una martellata in testa se vuoi." disse con un sorriso."Ma Carnival si arrabbierebbe." richiuse gli occhi respirando profondamente."Concentrati Astrea, vediamo che possiamo fare." disse ampliando la sua mente ed entrando in contatto con la giovane mente della ladra."Cosa c'è che ti preoccupa?" risuonò nella mente della ladra.
Ritrasse la testa come volesse sottrarsi a quella presenza che era nella propria mente, poi si rilassò. Chiuse gli occhi e fece un respiro, riportò alla mente le immagini dei ricordi a cui frequentemente pensava di più. Lasciò che questi fluissero senza un preciso ordine.
Apparve Carnival prima fra tutte. Lo sguardo della vampira era ben diverso da quello attuale, erano occhi assetati di sangue quelli che aveva mentre affondava i canini sul suo collo. Seguirono altri ricordi all’interno della rocca mescolate ad altre degli ultimi mesi, quando la ladra cominciava a percepire alcuni cambiamenti del proprio corpo e della mente dovuti proprio a quel morso. L’empatia con la vampira, quell’odore di sangue che ogni tanto le pizzicava l’olfatto quando la vampira era in caccia, oppure il battito cardiaco degli esecutori che era riuscita a percepire durante un precedente attacco quando era rimasta da sola. Incalzarono altri ricordi, apparve subito Cronista nella rocca più di un anno prima che puntellava con la punta della lingua i canini riferendosi ad Aygarth, e apparvero a ruota libera svariate immagini sul ragazzo, della conversazione con la vampira e con l’amico, del Liber Mortis, per finire con l’abbraccio fraterno fra lei ed Aygath.
Tutte quelle immagini e quei ricordi cessarono lentamente il loro vorticare."Calmati Astrea, fissa la tua mente sulle cose importanti, ed esse illumineranno i dettagli più minuti." nella mente della ragazza si fissarono come un mosaico i volti dei suoi compagni."Lascia che ti aiuti." i volti di Carnival e di Aygarth sembravano sovrastare quelli degli altri.
La ragazza strinse i denti, non riusciva bene a soffermarsi su qualcosa, era come se la propria mente lasciasse sfuggire via i ricordi prima di mettere a fuoco qualcosa di specifico. Si concentrò solo su Aygarth, pensò al loro abbraccio e a quello che aveva provato allora, si mescolarono diverse emozioni. L’affetto che nutriva per lui, speranza e paura di perderlo, la determinazione di trovare una qualsiasi soluzione insieme alla vampira.
"Libera la tua mente dalla paura di perdere i tuoi affetti. Libera la tua mente dai tuoi affetti." la sua mente tornò a turbinare."Fai in modo di distaccarti da loro, e di trarne serenità."il vecchio tentò di scavare più a fondo dentro la mente di Astrea ma non vi riuscì, era come se la ragazza non apprezzasse l'intrusione, anche se non era ostile.
Rilassarsi non era facile, sentiva la presenza di Lao e forse era proprio per quello che non riusciva a liberare del tutto la mente, non voleva condividere completamente i propri pensieri. La ragazza non ci riuscì infatti, era come se la sua mente fosse un’ampia dimora e l’uomo restasse soltanto sull’uscio.
Lao decise di cambiare tattica."Cerca di focalizzare te stessa, non coloro che sono accanto a te. Cerca di concentrarti su cosa hai fatto e farai per proteggerli. E i tuoi ricordi diventeranno forza."
I pensieri di Astrea cambiarono, diventarono nitidi e più stabili rispetto ai precedenti. Era come se pian piano la sua coscienza, quella di una ragazza genuina cresciuta troppo in fretta, rinchiusa nel profondo emergesse lentamente; affioravano pensieri e ricordi più remoti, desideri e aspirazioni, legami e affetti. Tuttavia, quando Astrea si accorse di ciò, ritornò ad essere più refrattaria. Non le piaceva sentirsi così nuda e completamente inerme.
Il vecchio sentì il cambiamento così repentino nella mente della ragazza."Astrea, i tuoi sentimenti non vanno portati sul bavero è vero, ma non vanno repressi. Individuali e fanne la tua corazza per il futuro. Sii distaccata ma conservali come un tesoro prezioso."
Astrea fece un sospiro, aveva la fronte madida di sudore. Si concentrò meglio sulle proprie emozioni, raccolse nuovamente le sensazioni e le preoccupazioni che più la tormentavano ultimamente. Evitò di allontanarli, ma cercò di osservarli con quanto più distacco riuscisse a fare. Non era proprio la cosa più facile che avesse mai provato a fare.
Lao fece un profondissimo respiro. Sapeva che quello che stava cercando di insegnare ad Astrea era quanto meno difficile, ma non conosceva altro metodo. Così aveva imparato decenni prima."Cosa cerchi Astrea?" sussurrò nella mente della ragazza.
La ragazza strinse di più le palpebre, una goccia di sudore le arrivò a solcare una guancia. Per tutta risposta la ragazza proiettò nella propria mente due figure distorte, le sembianze apparenti di se stessa e di Aygarth, ma l’aspetto era vampirico.
"Interessante." fu il laconico commento che serpeggiò nella testa della ragazza. "Hai paura che Carnival abbia contaminato con la sua maledizione anche te e Aygarth? E' possibilità ma non certezza Astrea. Il futuro non deve precludere il tuo presente"
La giovane ladra dovette ammettere che il vecchio aveva centrato in pieno. Sbatté le palpebre qualche volta e l’immagine scivolò via insieme al turbine del resto dei ricordi. Si ritrovò davanti alle fiamme del camino seduta nella stessa posizione, come se non fosse successo nulla. Volse a Lao uno sguardo stanco. “Lo so, Lao. Hai ragione… Cercherò di tenerlo a mente…” Rispose. “… Devo mettere prima le cose in ordine però lì dentro.” Abbozzò un sorriso.
Lao si limitò a sorridere di rimando."Ragazza mia, cerca di mettere in ordine presto e bene, ci attendono tempi cupi temo." disse stiracchiandosi."E per me saranno ancora più cupi, a causa della tua sorellina."
Fece una smorfia. “è un problema tuo, maestro…” Pronunciò l’ultima parola con enfasi. “Te la sei cercata tu.” Rispose con ironia. Si alzò da terra, sentiva la solita fastidiosa sensazione di formicolio alle gambe dopo che manteneva la stessa posizione a lungo. “La prossima volta facciamo un allenamento fisico, eh?” Continuò con lo stesso tono.
"Riuscirai mai ad avere pietà di un povero vecchio?" esclamò con finto tono accusatorio."Allenamento fisico dici? Te la sei cercata." si alzò stendendo la schiena."Vedrò di preparare qualcosa di speciale."

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Perrin
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MessaggioInviato: Mar Ott 26, 2010 12:19 pm Rispondi citandoTorna in cima

Era il tramonto quando, in una radura poco distante dalla strada che stava seguendo verso Sud, Perrin aveva scovato una traccia di quello che stava cercando. O per lo meno così pensava, l’odore che pervadeva la radura non era molto forte, anche se comunque lo era abbastanza per il suo olfatto sviluppato, ma assomigliava molto alla debole traccia che aveva seguito fino a un paio di giorni prima e che aveva perso a causa di un temporale improvviso che aveva eliminato ogni odore dalla pista che stava seguendo.
Col morale sollevato per aver ritrovato la pista giusta, riprese il cammino più velocemente seguendo la traccia che si snodava verso Sud riguadagnando, dopo un paio di chilometri, una strada di terra battuta che proseguiva nella foresta verso Sud-Ovest.
L’alba lo sorprese mentre risaliva una piccola collina ricoperta di piante dall’alto fusto, mentre proseguiva la traccia olfattiva si era fatta sempre più intensa, segno che si stava avvicinando alle sue prede; rallentò il passo sfoderando nel contempo l’ascia bipenne che teneva in mano, giunto in cima all’altura si mantenne al riparo degli alberi per guardare ciò che fino a poco prima era nascosto alla sua vista.
Appena sotto la collina erano disseminati i resti di un villaggio, case diroccate da cui spuntavano travi bruciacchiate e, da una parte, i resti di una stalla abbastanza grande. “Qualcuno si deve essere divertito qui”, pensava mentre, passando di tronco in tronco, discendeva la collina e si avvicinava cautamente ai resti carbonizzati a lui più vicini, annusando attentamente l’aria e prestando attenzione a ogni più piccolo rumore.


Nella piccola piazza del villaggio semidistrutto, Zadris fendeva l'aria con pochi colpi precisi. Aygarth la stava manovrando da un bel pezzo, allenandosi a tirare fendenti e falciate con tutta la velocità e la precisione possibile. Non si era allenato così assiduamente da parecchi mesi, lasciando prevalere il proprio mestiere di fabbro alla prospettiva di dover nuovamente impugnare l'arma per combattere. Ora cominciava a sentire caldo e sete. Si bloccò poggiandosi sull'alabarda per prendere fiato. Si era isolato dagli altri per avere un po' di tranquillità, ma sapeva che prima o poi sarebbero dovuti partire... per dove? Ormai non lo sapeva.
Un sussulto alle sue percezioni. Aygarth le espandette e, resosi conto della situazione, sogghignò: "Giù quella spada, Galdor. Non sperare di prendermi di sorpresa" disse rivolgendosi a qualcuno alle proprie spalle.

Il guerriero ruotò lo spadone e ne poggiò la punta a terra. “Non speravo di coglierti di sorpresa, non avrei agito così” rispose. “Ci dai dentro forte _ osservò _ ti va di fare due tiri? Mi sono allenato tutta la giornata ieri e credo di poter ricominciare.”.
"Una spada contro un'arma ad'asta? Non riusciresti nemmeno ad avvicinarti" ribatté Aygarth.
“Questa non si usa proprio come una spada, dovresti saperlo _ osservò Galdor _ direi quasi come una falce, peso e ingombro non permettono troppe finezze” sorrise “Se riuscissi ad avvicinarmi però. “ lasciò in sospeso la frase.

Lao si assicurò che Carnival e Astrea fossero nella capanna, la prima avvolta nel sonno vampirico, prima di uscire. Le vie, spoglie e senza vita, gli davano un senso di oppressione. Si affacciò nella piazza del villaggio e scorse Aygarth e Galdor che si fronteggiavano."Sono piuttosto vispi dato l'orario." pensò appoggiandosi a un muro e osservandoli non visto.

"Se insisti..." Aygarth si mise in posa di difesa, l'alabarda imbracciata in entrambe le mani e puntata davanti a sé, le gambe flesse e pronte allo scatto. "Ti aspetto."
“Hai forse paura di farmi male?” sorrise e divincolò lo spadone da terra, lo fece ruotare un paio di volte e lo imbracciò. Le gambe leggermente divaricate, la sinistra avanti, le ginocchia flesse e la lama in verticale accanto al suo volto. “Preparati”
Il guerriero scattò in avanti alzando leggermente il gomito sinistro inclinando quindi la spada pronta a partire con un fendente diagonale.
Ad Aygarth bastò un lieve movimento dei gomiti per deviare il colpo. "Galdor, la differenza di portata delle due armi è troppo considerevole" lo ammonì. "Finirai per ferirti senza nemmeno sfiorarmi." Mentre così parlava, caricò la forza nelle braccia e fece partire una falciata orizzontale.
Galdor ruotò lo spadone portandolo perpendicolare al terreno e poggiò la sinistra sul piatto della lama per dare sostegno alla parata. Il colpo molto forte lo spostò di almeno un piede ma non vinto il guerriero, riacquistato l’equilibrio, caricò Aygarth con una spallata.
Il ragazzo resistette all'impulso di falciare per frenarlo: anzi, fece scivolare le mani sull'asta in modo da porle più al centro. Quando Galdor fu in misura ribaltò l'arma, aggredendolo con il tallone appesantito dell'altra estremità, come fosse un pesante pugno.
Rinunciando alla spallata Galdor scartò e richiamò in guardia lo spadone per deviare il pesante tallone dell’arma di Aygarth. Questi rinunciò al volteggio dell'arma per fare un ennesimo contrattacco: colpirlo con la lama avrebbe causato un impatto considerevole e ferite ben più gravi di uno squarcio, specie a quella distanza. "Lascia stare, Galdor" mormorò, abbassando l'arma. "Rischio di farti male per davvero."

Appena giunto nei pressi della casa diroccata, Perrin avvertì un rumore metallico, come di armi che si fossero scontrate. pensando subito che la sua preda avesse potuto assalire qualcuno si affrettò a seguire i rumori dello scontro. In poco raggiunse quella che sembrava essere la piazza principale del villaggio, cercando di non farsi notare studiò per un attimo la scena, un uomo dai lunghi capelli e dalla corporatura massiccia, armato di spadone, si stava battendo contro un ragazzo armato di alabarda; poco lontano, appoggiato a un muro, intravide uno strano vecchio con i capelli lunghi, raccolti in una treccia grigia che gli ricadeva sulla schiena.
In breve l'uomo si accorse che i due stavano combattendo per allenarsi, entrambi si scambiavano duri colpi dimostrando comunque una discreta perizia nel maneggiare le proprie armi; preso dalla visione dello scontro si dimenticò di mantenere sotto controllo la posizione dell'anziano uomo.

Lao osservava quella manifestazione di brutalità, stemperata da tecniche di scherma sopraffina, con sguardo distratto. La sua mente fu colta da qualcosa di insolito: una quarta presenza, che non aveva mai percepito prima, esprimeva curiosità ma non minaccia."Non fate gesti bruschi, siamo osservati." la sua voce rimbombò nella testa dei due mentre il vecchio si spostava lentamente verso la presenza, continuando a guardare i due.
Aygarth si bloccò. "Zadris" sussurrò appena. La coscienza dell'alabarda toccò la sua mente e insieme si proiettarono verso i dintorni. Il mondo, anche quella parte che non rientrava nella sua visuale, si dipinse davanti ai suoi occhi in tonalità diverse. Nel grigiore spiccavano le figure di Galdor e Lao, e gli altri un po' più lontano, al riparo nelle dimore. Tuttavia, nel grigio qualcosa si mosse, qualcosa di diverso dal semplice movimento di un ramo guidato dal vento.
Lao si spostò lateralmente apparentemente sempre concentrato verso i due. Con un rapido scarto s’infilò tra due case e aggirò la piazza. Entrò in una casa e salì al secondo piano, cercando con lo sguardo sul soffitto."Eccola." mormorò adocchiando una botola. Rapidamente si issò sul tetto e saltò con una breve rincorsa sul successivo, fino ad arrivare sopra alla presenza che aveva precepito. Un uomo in armatura era ancora intento ad osservare Aygarth e Galdor."L'ho trovato." fu il pensiero che trasmise ai suoi compagni."EHI! Ti aggrada lo spettacolo?" gli urlò da sopra la testa sporgendosi dal tetto
Galdor si fermò ai richiami mentali di Lao e abbandonato lo scontro si voltò per guardarsi intorno fino a quando la voce dello stesso lo fece voltare verso una delle strade che giungevano alla piazza. Rinsaldata la presa sullo spadone si spostò in modo da vedere chi la occupasse.

"Sangue e maledette ceneri" imprecò Perrin voltandosi verso il punto da cui gli giunse la voce e sollevando al contempo l'ascia bipenne a difesa. dal tetto sopra di lui sporgeva la testa canuta del vecchio che poco prima era dall'altra parte della piazza. "mi sono fatto sorprendere come uno stupido" pensò, " ora non mi resta che sperare di non dovermi scontrare con loro".
"Devo dire che i due se la cavano bene" rispose incerto, restando sulla difensiva e spostandosi leggermente per poter continuare a tenere d'occhio sia il vecchio che i duellanti.
"Abbassa quel ferro ragazzo. E' meglio per te." Lao con un agile balzo si portò di fronte a lui, inchiodandolo con lo sguardo. L'uomo ebbe l'impressione che gli occhi del vecchio gli scavassero dentro."Sembri abbastanza intelligente da capire che siamo tre contro uno." indicò scherzoso la mole di armi che l'uomo portava con se."E non hai sei braccia da poterci fronteggiare tutti contemporaneamente, hai rapinato una fucina per caso?"
Avvertendo l'ironia presente nella voce dell'anziano Perrin non poté fare a meno di sorridere, "non sono un ladro", rispose," e nemmeno uno sciocco, è vero siete in tre e non posso vincervi tutti, ma non è detto che, se mi volete attaccare, mi arrenda senza combattere!" concluse guardando fieramente negli occhi l'uomo e rinsaldando la presa sul lungo manico dell'ascia.
Alle spalle di Lao ci fu movimento. Di fianco a lui, comparve uno sperone, poi una lama gigantesca intarsiata di rune, due mani a sorreggerne l'asta e infine avanzò Aygarth, che scrutava l'uomo con mille pensieri in testa. La Forgia non gli indicava nulla, ma non poteva sapere se di fronte avesse un membro del nemico immune alle sue percezioni. Alzò l'arma per tenerlo sotto tiro. "Dicci il tuo nome, e perché ci spiavi" mormorò. "Che ci fai qui?"
Galdor avanzò invece in bella vista attraverso la piazzuola fino ad arrivare all’imbocco della strada dove stavano i tre uomini. La destra ben salda sull’elsa di Elrohir.
Di nuovo quella sensazione di qualcosa che scavava nella sua mente."Si chiama si chiama...Perrin giusto ragazzo?" il tono di Lao era scherzoso ma allo stesso tempo guardingo."Aygarth, Galdor abbassate le armi. E' particolare come persona ma non particolare come quelle che ci danno la caccia."
“Già, dopotutto un’armatura completa e un’ascia sono metodi troppo convenzionali.” Disse con tono sarcastico Galdor abbassando di poco l’arma “Niente pazzi mascherati e sghignazzanti o mostruose bimbe assassine. loro sì che sanno sempre come farci ridere”
Infastidito da quella strana sensazione nella sua mente Perrin rispose " proprio così vecchio mi chiamo Perrin, e per rispondere al tuo amico sono qui per una battuta di caccia, ho sentito rumori di combattimento e ho pensato che forse potevano essere le prede che cerco. e voi chi sareste?se posso chiedere"
Ci volle un po'prima che il fabbro abbassasse l'arma. "Il mio nome è Aygarth" rispose. I sensi della sua Forgia glielo dipingevano sempre in grigio, ma ogni tanto quella figura palpitava come se essa stessa fosse pervasa da un senso di fiducia. Avrebbe già attaccato, riflettè.
"Il mio nome già lo sai... " disse Galdor rinfoderando infine lo spadone.
"E io sono Lao. Dicci, che prede stavi cercando?" chiese il vecchio squadrandolo."Non è sempre educato leggere i pensieri della gente."
Vedendo gli altri rilassarsi anche Perrin abbassò l'arma;appoggiando a terra il lungo manico dell'ascia rispose "Intanto piacere di fare la vostra conoscenza. non so spiegarvi bene di che si tratta, tempo fa alcuni strani esseri hanno attaccato più volte la mia gente; preoccupati i capi del mio popolo mi hanno scelto per seguire le loro tracce, scoprire da dove vengono e, se possibile eliminarli, prima che possano nuocere nuovamente al mio popolo".
"Strani esseri?" chiese Aygarth. "Puoi descriverceli?"
"Non molto bene. Io non ero presente a nessuno degli attacchi, ma tutti parlano di creature umanoidi, con succinte vesti di stracci, bocche enormi e senza occhi. Qualcuno dice di aver notato anche degli esseri umani a volte. L'unica cosa certa è il puzzo che quelle creature si sono lasciate dietro, un odore di morte e decomposizione, unito a qualcosa di innaturale,che li caratterizza rispetto a qualsiasi creatura abbia mai incontrato."
L'attenzione di Lao fu catturata dalle parole di Perrin."Avete avuto anche visite di uomini in tunica?" chiese a bruciapelo guardandolo intensamente
Perrin pensò un attimo prima di rispondere, " Quelli che li hanno visti, e che sono sopravvissuti, dicono proprio che gli uomini che hanno visto portavano una tunica, ma si è trattato di due o tre casi al massimo su una quindicina di attacchi. Sapete di chi o cosa si tratta?" domandò speranzoso.
"Qualcuno dei tuoi ha...diciamo abilità particolari? O venerate Dei che sono sconosciuti agli altri popoli?" fu l'incalzante domanda di Lao.
"Beh", iniziò a rispondere titubante Perrin, " diciamo che abbiamo alcune capacità, se così le vogliamo chiamare, che sono tipiche del mio popolo, e che si tramanda ci siano state donate dai nostri dèi. Ma questo cosa c'entrerebbe?"
Aygarth strinse l'asta con rabbia, voltandosi verso il compagno. "Lao" mormorò con voce cupa. "Forse i tuoi 'amici' si stanno spostando più a macchia d'olio di quanto temessimo. Non è più un dannato caso isolato. Non si tratta più solo di Athkatla..."
Alla parola 'amici' il vecchio si rabbuiò lanciando uno sguardo di pura brace ad Aygarth.“E’ il loro metodo. Saturare il territorio in tutte le direzioni, così da rendere difficile una contromossa organizzata." Si volse verso Perrin."Quelli che ti hanno attaccato sono Inquisitori. La tua gente è condannata. Mi dispiace."
Perrin sorrise mostrando i denti in un ghigno feroce "Condannati, dici? può darsi che questi inquisitori troveranno delle sorprese tra la mia gente, fin'ora hanno attaccato solo villaggi isolati abitati da contadini, senza veri combattenti a difenderli. Ora però i nostri capi hanno iniziato a far muovere le truppe scelte del nostro esercito, e i confini sono tutti presidiati. Se torneranno non avranno vita facile! Inoltre non appena avrò scoperto abbastanza sapremo difenderci ancora meglio!"
"Non ne sarei così sicuro" fece Aygarth con una smorfia. "Quei bastardi sanno inibire i poteri. I Mietitori sono refrattari a qualsiasi incantesimo: se ci aggiungi una rigenerazione molto rapida che gli assicura l'invulnerabilità se non avviene una decapitazione“. Sospirò. "Una città - la mia città - è stata appena messa a ferro e fuoco. Ci hanno attaccati più volte e siamo sfuggiti per miracolo, nonostante non fossimo novellini al combattimento..." Zadris mandò un bagliore come a confermare quelle parole con la sua presenza.
"Allora conoscete questi esseri", rispose Perrin. “i sopravvissuti ci hanno detto della loro resistenza, e che alcuni dei poteri che abbiamo ereditato sono stati inibiti, ma non tutti, e gli attacchi sono sempre avvenuti prima che la luna sorgesse”. Interruppe la frase come se improvvisamente si fosse reso conto di aver detto troppo, ma subito si riprese, “ci è stato detto anche che, a quanto pare, occorre decapitarli per ucciderli definitivamente. E per quanto possa risultare difficoltoso i nostri guerrieri si stanno già preparando a questo”; sorrise nuovamente con ferocia accarezzando il lungo manico dell’ascia.
Lao lanciò una lunga occhiata a Galdor e ad Aygarth."Sai combattere?" chiese a Perrin di getto."Porti molte armi con te ma non sempre sono garanzia di un buon guerriero. Potremmo aiutarci a vicenda. A noi due braccia in più non guastano, a te serve qualcuno che ti guardi le spalle."
"Certo che so combattere", rispose semplicemente Perrin, " non vorrei essere scortese nei vostri confronti ora, ma chi mi garantisce che, invece che guardarmi le spalle, non ne approfittiate per pugnalarmi alla prima occasione? certo avreste potuto anche attaccarmi subito, ma per quel che ne so voi potreste essere in combutta con questi Inquisitori, e il vostro comportamento potrebbe essere una tattica per estorcermi informazioni sul mio popolo". Terminato di parlare li fissò calmo in attesa di una risposta, ma pronto ad agire nel caso in cui gli altri avessero deciso di attaccarlo.
Aygarth lo fissò per un attimo, perplesso. Poi sfoderò un sorriso impertinente e, senza preavviso, gli lanciò Zadris in modo che la prendesse in braccio. Sorpreso dal gesto Perrin stacco la mano destra dall'ascia e prese al volo l'asta dell'alabarda, guardando incuriosito il giovane. Questi fissò il gesto e sorrise. "Se tu fossi mio nemico, o se io fossi un tuo avversario, ti avrebbe ustionato mani e anima" spiegò. "Cosa che non ha fatto." Allungò un braccio prendendo quello di Perrin; l'uomo si accorse che sulla pelle, il ragazzo aveva tatuaggi simili a quelli delle rune dell'alabarda. "Ti basta come prova?"
Perrin fissò ancora per un momento il ragazzo, da lui giungevano vari odori, tra cui distinse nettamente una fredda rabbia e determinazione, ma non menzogna, e nemmeno paura; in effetti, tuttavia, avvertiva anche un sottofondo strano non propriamente umano, ma che ancora non riusciva a identificare. Sorridendo porse l'arma al suo proprietario dicendo "beh per ora mi avete convinto, ma, ragionevolmente, non potete aspettarmi che mi fidi subito di voi in tutto e per tutto." restituita l'arma porse la mano al ragazzo. "Per ora possiamo fare un tratto di strada assieme, forse impareremo meglio a conoscerci e, perché no, a fidarci l'un l'altro, nella peggiore delle ipotesi tornerò ad andare per la mia strada!"
Aygarth gliela strinse con forza. "Fidarsi è bene, dubitare è saggio, verificare è meglio: è un detto delle mie parti. Ma non credo avremo questo pericolo." Si voltò verso l'alabarda. "Tu che dici, Zadris?" e l'arma mandò un bagliore caldo e rassicurante.

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MessaggioInviato: Mer Nov 03, 2010 1:47 am Rispondi citandoTorna in cima

Discontinuità.
Carnival aprì gli occhi e fu subito sveglia, come sempre ogni volta che il sole tramontava. Le prime volte si era stupita della precisione con cui questo avveniva ma ormai erano passati tanti anni.
“Così tanti” mormorò mentre si metteva a sedere sul suo giaciglio.
Si guardò attorno. Nessuno in vista.
“Meglio” borbottò cupamente la vampira. Non aveva voglia di parlare con nessuno. Ogni volta che vedeva le altre Cose Viventi, ogni volta che vedeva l'odio, la paura, o anche solo la diffidenza nei loro occhi, doveva fare uno sforzo per non saltare loro alla gola. Vagamente era consapevole che il suo stesso atteggiamento era causa di quei sentimenti che tanto la facevano infuriare ma a differenza di Cronista, lei non lottava contro i suoi istinti, contro il suo essere. Nè intendeva farlo del resto. Era una battaglia persa molto, molto tempo fa, quella.
“Io sono Carnival” mormorò con la voce di una bambina imbronciata. Non le piaceva quella linea di pensieri.

Una volta in piedi si affacciò cautamente fuori dalla piccola casa. Niente sole. Nessuno in giro.
“Sola” mormorò nuovamente a sé stessa “Di nuovo sola. Sempre, sempre, sempre.”
Aveva passato anni interi chiusa in un ferale silenzio dopo essere diventata una Figlia della Notte, poi un giorno, aveva preso a parlare da sola ed ora il suo monologo era incessante, incomprensibile ad altri che a sé stessa.
Per qualche istante si aggirò nelle strade deserte, incerta. Avrebbe voluto vedere Astrea o, si, magari anche Lao. Non si faceva molte illusioni su di loro. La sua sorellina non capiva, il più delle volte era sconcertata dai suoi discorsi e questo non sfuggiva a Carnival...ma Astrea la ascoltava sempre e sempre si sforzava almeno di capire....e la vampira aveva scoperto in quell'anno passato nella capanna di Lao che era bello avere qualcuno con cui parlare. Soprattutto le piacevano le sere in cui la ladra le raccontava della propria vita. Forse perchè le ricordavano il suo passato.
Lao poi cercava di insegnarle il controllo, la disciplina a scacciare quella confusione che regnava nella sua mente e che Carnival percepiva ormai come parte di sé stessa. Era sempre stata così? Si. Si. D'altro canto la voleva aiutare e Carnival non percepiva odio o paura in lui. In fondo il vecchio non le spiaceva pensò aggrottando le sopracciglia.
“Strano pensiero, si.” mormorò “Così strano.”.

“Ho sete” mormorò “tanta sete” da qualche minuto si aggirava per le strade. Aveva esteso la sua aura di negromente e aveva individuato le anime dei suoi compagni di viaggio, una ad una “Astrea-che -ha-promesso, si.” era in una delle case del villaggio, la vampira la sentiva chiaramente “L'umano stanco, si. Il vecchio maestro, si. L'odioso Aygarth, si” nel bosco da qualche parte a una certa distanza da lì “Mmmmmh...non so, non so. Strano, così strano. Nuovo.” Sentiva Perrin anche se Carnival non poteva sapere chi fosse.”Il mago, la sua femmina” Honoo e Magistra. E così via.
Nessuno pareva badare a lei e la foresta la chiamava prepotentemente. E non solo lei.
Stai perdendo tempo. Lei ti aspetta, a sud, devi andare a sud.
La vampira agitò una mano davanti al viso, quasi a scacciare l'ombra. Ormai non aveva nemmeno più bisogno che le evocasse...il Libro le aveva detto perchè. Stava diventando forte e il suo potere era come un faro per le anime dei Perduti.
“Non vogliono andare” borbottò in tono scontento “L'odioso umano vuole lavorare sugli odiosi metalli. Astrea non se ne andrà senza di lui.”
L'Anima della Forgia ti vuole uccidere sibilò l'Ombra è un nemico. Divora il suo sangue, divora la sua anima!
“Se lo faccio, Astrea si metterò a piangere. Non voglio che pianga per colpa mia.”
Non potrai proteggerla se vieni uccisa. Hai un altro destino di fronte a te.
“Non voglio rimanere sola, di nuovo.”
Accadrà, un giorno, che tu lo voglia, oppure no.
“C'è tempo”
Meno di quanto tu creda, Divoratrice di Vita.
La vampira drizzò la testa, uno sguardo rabbioso negli occhi “Cosa intendi dire?”
Pensi che vorrà rimanere in eterno in quella capanna in mezzo al nulla? Cosa farai quando tornerà a stare in una città dei Viventi?
“La seguirò. Si, la seguirò.
E dove troverai il sangue per nutrirti in una città? Darai la caccia ai topi nelle strade? Quanto resisterai prima di uccidere un vivente? E come lo spiegherai a lei?
Silenzio.
Col tempo la gente comincerà a sospettare e poi a darti la caccia. E' già successo, lo sai. Daranno a lei la colpa, la uccideranno. I viventi hanno sempre paura di ciò che non comprendono...
“Io la proteggerò!” ringhiò la vampira.
La proteggerai meglio se la lascerai andare. Se davvero non vuoi la sua morte, se davvero vuoi proteggerla, lasciala andare. Segui il tuo destino. I morti non possono sperare di camminare in mezzo ai vivi. Tu questo lo sai.
Carnival scosse la testa violentemente. L'Ombra dal canto suo, tacque..

Per qualche tempo la vampira vagò senza meta, cercando di evitare di incontrare alcuno degli altri e al contempo di mettere ordine nei suoi pensieri. Le parole della creatura non morta le turbinavano nella mente...ccerto lei poteva sopravvivere nella foresta saziandosi del sangue degli animali e lasciando in pace eventuali viandanti, ma come avrebbe potuto vivere in una città degli umani?
“Così tanta gente” mormorò. Troppa, troppa gente, troppe tentazioni e nessun animale con cui saziare la sua sete. Per quanto fosse stata cauta alla fine la avrebbero scoperta.
“Questo è già successo, si. Io ricordo”
Con una smorfia Carnival dovette prendere coscienza di una cosa che fino a quel momento aveva sempre rifiutato di accettare: Astrea non avrebbe mai avuto una vita normale finchè lei le fosse stata accanto.
“Mai...mai...fa male. Fa male!” le mani della negromante corsero alle tempie stringendole in maniera frenetica “Fa male” gemette “Non voglio che succeda, non voglio”.
Improvvisamente, staccò le mani dal volto “Ma succederà. Succederà se io resto con lei. Devo impedire che succeda e c'è un solo modo, si, uno solo.”
La vampira si voltò nella direzione dove sentiva le anime dei suoi compagni di viaggio. Nonostante tutto non le era dispiaciuta la compagnia di quelle Cose Viventi. Non di tutte, almeno. Ma il loro mondo, la loro vita, era qualcosa che lei non poteva più condividere.
“Nemmeno con te bloodsister.. Perdonami. Oh, perdonami.” mormorò e poi fuggì nel folto della foresta, le Ombre le indicavano la strada.
Verso sud. Corri, corr!i la spronavano Lei ti attende nel Suo tempio.

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Se non c'è il fiore non ci sarà neanche il frutto, Se non c'è niente allora non farò niente.

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Akhayla
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MessaggioInviato: Lun Nov 15, 2010 12:54 am Rispondi citandoTorna in cima

Lao battè una mano sulla spalla di Perrin."Bene figliolo. Benvenuto in famiglia. Ti avviso da subito che con noi viaggia gente parecchio strana." disse con un sorrisetto . Meglio non rovinargli la sorpresa specificandogli quanto strana pensò tra sè prima di condurlo verso il caseggiato che avevano eletto a loro sistemazione.

Astrea fece un ampio sbadiglio mentre chiudeva l’uscio della casa, aveva trovato lì riposo dopo l’incontro con Lao che le aveva praticamente prosciugato le forze. Una strana sensazione la punzecchiava da quando si era svegliata, in un primo momento credette che fosse dovuto al caos di ricordi e sensazioni che le turbinavano ancora in testa, eppure quella restava ed incalzava. Non ci volle molto prima che la ragazza si accorgesse che non era lei in prima persona a provare quelle emozioni, ma che rimbombavano in lei come fosse un eco. Spaventata, corse frenetica verso il rifugio dove Carnival aveva passato il giorno e lo trovò vuoto. Era sparita. Se ne era andata. Rimase bloccata una manciata di minuti, non riusciva a credere che fosse successo. Si guardò intorno ma non c’era nessuno. “Ma che succede a tutti? Maledizione!” Imprecò. “Ma perché, perché, perché? Perché proprio adesso?” Continuava a ripetersi mentre si mise in cammino alla ricerca degli altri compagni. Quando intravide Lao, Aygarth, Galdor e forse qualcun’ altro andò loro incontro.
Aygarth fu il primo a scorgerla. "Astrea, non temere. Questo è..." S'interruppe non appena scorse lo stato agitato in cui versava la compagna. S'accigliò stendendo un braccio per fermare gli altri e richiamarne l'attenzione. "Che c'è? Che succede?"
Astrea fece un sospiro. “Sapevo che prima o poi sarebbe successo ma non riesco a capire perché proprio adesso. Carnival è sparita.” Scosse la testa. “Riesco a percepire le sue emozioni, si è allontanata volontariamente” Era amareggiata. Si accorse dopo dell’altro uomo a cui il fabbro stava per presentarla.
Lao afferrò la ragazza per le spalle con sguardo incredulo, senza dire una parola la lasciò andare e si precipito all'interno. Ne uscì dopo un paio di minuti."Maledizione." sbottò dando un pugno contro il muro."Maledizione! E' andata via. Quella piccola stupida..." si bloccò osservando in cagnesco Aygarth."Come mai non ti vedo gioire come un matto?" sbottò acido chiudendo gli occhi."Dove sei dove sei dove sei."mormorò tra sè preoccupato mentre la sua mente vagava in tutte le direzioni.
In risposta alla frecciatina di Lao, Aygarth si chiuse in un mutismo ostinato. Non poteva negare di essere felice per l'allontanamento di Carnival, ma allo stesso tempo lo impensieriva il reale motivo per il quale l'avesse fatto. "Carnival sarà anche una carogna, ma non ti avrebbe mai abbandonata" si limitò a dire all'indirizzo della ragazza. "C'è qualcosa di grosso in ballo. E la cosa mi preoccupa, anziché farmi gioire" aggiunse, rivolto al vecchio.
Astrea chiuse gli occhi e fece nuovamente un sospiro, come se le servisse per concentrarsi meglio sulle percezioni che avvertita. “Non ne ho idea.” Scosse nuovamente la testa. “E sono preoccupata che possa succederle qualcosa adesso che è sola…”
"Sola? Non per molto." disse Lao riaprendo gli occhi e piantadoli come brace sui presenti."Io vado a riprendere la mia allieva. E' sotto la mia responsabilità. E non ci vado da solo. Questo è poco ma sicuro." posò una mano sulla spalla di Astrea."Ti riporterò la tua sorellina. Promesso." le sussurrò rassicurante.
Aygarth osservò quello scambio di battute con un'espressione fin troppo scettica. "Non sei riuscita a domarla in un anno, credi di poterla rintracciare con la mente e portarla a casa come fosse un cucciolo smarrito? Se ci ha lasciati volontariamente, non dovresti essere così sicuro di questo." sbuffò scrollando le spalle. Si diresse verso il folto scuotendo la testa. "Dèi, guarda cosa mi tocca fare..." Alzò l'alabarda e la piantò verticalmente nel terreno, il tallone verso l'alto. Strinse l'asta con entrambe le mani. "Adesso state zitti e non disturbatemi. E non toccatemi."
Nessuno osò fiatare. Il giovane fabbro prese un respiro profondo e si concentrò. Liberò la Forgia, liberò le sensazioni; fu come se un caldo vento si propagasse in tutte le direzioni, al punto che anche gli altri ne percepirono il caldo influsso sulla pelle.
Dove sei?
Era parecchio che non usava la Forgia in quella maniera, per sentire i nemici anche a grande distanza. Forse perché ogni volta lo prosciugava. Serrò le dita sull'asta e chiamò la sua alabarda.
Zadris, mi serve aiuto.
Per lei?
Sì. So cosa stai pensando. Ma non lo faccio per salvare lei. Lo faccio per Astrea.
Perché?
Una pausa. Perché non voglio che soffra.
Soffrirà anche quando compiremo ciò che vogliamo.
Il tormento di non sapere è peggiore, amica mia. Il non conoscere il destino di una persona è pazzesco. Ti annienta.
Allora tieniti forte, Detentore.

Il potere di Zadris s'unì a quello del ragazzo. Si sentì proiettato verso l'esterno, come se percorresse la boscaglia a velocità inimmaginabile. Tutto scorreva di fronte alla sua vista monocromatica. Infine, un colpo alle percezioni...
La vide.
Sud!
Non riuscì a capire se lo gridò o lo pensò soltanto. Per un attimo fu buio, poi si ritrovò chino al suolo, ansante, i tatuaggi come braci ardenti e le rune dell'alabarda che palpitavano a ritmo del suo cuore.


Avanzava di corsa, come può fare solamente una Figlia della Notte, veloce, instancabile, senza nemmeno guardare dove stava andando.
Non ne aveva bisogno.
Le ombre la guidavano letteralmente passo passo verso la sua destinazione, verso il Tempio.
Corri, corri, corri. Supera il ruscello, tienti sulla destra. Troverai un sentiero, seguilo, seguilo. La prima biforcazione, a destra, si. Arriverai a una grande quercia. Supera la quercia, inoltrati nel folto, avanti, avanti, avanti....
Gli abitanti del villaggio, se l'Inquisizione non li avesse sterminati fino all'ultimo, avrebbero capito al volo dove era diretta Carnival e avrebbero messo in guardia i suoi compagni di viaggio dal seguirla perchè l'unica cosa che si trovava nella direzione in cui la negromante stava andando aveva una pessima fama. Forse qualche vecchia comare avrebbe farfugliato di rovine abitate da spettri di antiche maledizioni e altre cose del genere...ma non era rimasto nessuno.


Lao afferrò Aygarth rimettendolo in piedi abbastanza bruscamente."Vediamo di muoverci. Non è solo lei ad essere in pericolo. E' una vampira, se qualcuno le taglia la strada sono guai."
Astrea si avvicinò all’amico sostituendosi a Lao in maniera molto meno burbera. “Grazie.” Disse semplicemente. “Non ti chiederò di accompagnarci nella ricerca, perché tanto so che verresti lo stesso.” Abbozzo un sorriso.
"Davvero?" sibilò Aygarth, e quando alzò lo sguardo, Astrea ebbe l'impressione di vedere le sue iridi farsi di sangue. Solo un attimo. In quello successivo erano grigie, cosa che le fece sospettare d'essersi immaginata tutto. "Lo faccio per la ragione che ha detto Lao. Non voglio che falci chiunque sia sulla sua strada. Il suo comportamento mi fa intuire che non sia propriamente sotto controllo, ed è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno." Una pausa. "Astrea, lei possiede ancora il Libro?"
“Non lo lascia una attimo.” Fu la sua risposta. “E comunque non credo che possa arrivare a falciare qualcuno, o avrebbe sprecato un anno di allenamento con Lao inutilmente, Aygarth. Non è il sangue che la spinge, è qualcos’altro.”
"Allora forse è qualcosa di ancora peggio." Aygarth tirò un sospiro, cercando di ripristinare le energie. "Galdor, vai a chiamare Honoo e gli altri. Spiega loro la situazione. Dobbiamo muoverci al più presto."

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MessaggioInviato: Mer Nov 17, 2010 12:43 am Rispondi citandoTorna in cima

Il cielo si stava rischiarando ad est quando Carnival raggiunse la sua meta: aveva corso come una pazza per la notte intera trascurando persino di andare a caccia tanto era presa dalla foga di giungere finalmente al Tempio, incitata senza sosta dalle Ombre.
Ora la vampira contemplava con aria perplessa il suo traguardo...una distesa di rovine parzialmente nascoste dalla vegetazione, rovine che sembravano avere centinaia di anni. Un silenzio innaturale regnava su quel luogo, non si udiva nemmeno il richiamo di un uccello né il verso di una fiera.
“Qui?” domandò ad alta voce in tono perplesso
Il suo Tempio è qui, si. Vuoto, desolato. In attesa. Da molto tempo
“Si sta alzando il Sole. Maledetta luce” brontolò Carnival “Devo andare, devo trovare un rifugio”
Non temer, Divoratrice di Vita. Là dove ti condurremo, non brilla alcuna luce


"Dite che la raggiungeremo?"
Galdor arrancava col peso della lancia e lo spadone sulla schiena. Aygarth era in testa al gruppo, l'alabarda stretta fra le mani. Non aveva voluto fermarsi un solo istante e correva, instancabile, divorando declivi, macchie intricate, sentieri scoscesi e poco praticabili. Laddove il suo corpo non poteva passare, arrivava l'impeto di Zadris, e la sua lama, ad aprire un passaggio. Quando raggiunse un piccolo gruppo di rocce, allora rallentò concedendo agli altri il tempo di prendere fiato.
"Non lo so" confessò, ansante. "Non possiamo eguagliare la velocità di un Vampiro, nella corsa. Ma sapendo la direzione, il distacco inciderà di meno, almeno credo. Lao, tu senti nulla?"
"Sento che non dovremmo fermarci. L'alba è tra poco."Congiunse le mani di fronte a sè."Astrea dammi una mano, il tuo rapporto è più profondo con lei." la ladra annuì e si pose nella stessa posizione accanto al vecchio. I due rimasero immobili come statue per alcuni minuti prima che Lao riaprisse gli occhi."Ti ho visto ragazza, non sei mai stata brava a schermare i tuoi pensieri." si volse verso Aygarth."La direzione è giusta, ma ha molto vantaggio, è lontana. E sta bene."


Vagava fra le rovine, cercando di tenersi al riparo di quelle mura che offrivano ancora un riparo, muovendosi a brevi scatti nervosi. Mancava ormai poco all'alba.
Ancora pochi passi mormoravano le ombre Laggiù, il palazzo. Corri, corri
Carnival non se lo fece ripetere due volte, corse all'interno dell'edificio in rovina più per ripararsi dal sole incombente che per altro.
Una volta all'interno la vampira si guardò attorno...rimaneva ben poco che potesse far capire la funzione originaria di quel posto, mobili e suppellettili dovevano essere state distrutte dal tempo e dalle intemperie , animali e vegetazione avevano fato il resto. Gran parte del tetto era crollata e la maggior parte delle stanze erano impraticabili.
Istintivamente la vampira si diresse verso la stanza più buia fra quelle che rimanevano.


Mentre Lao e Astrea facevano le belle statuine Galdor conficcò il tallone della lancia nel terreno e prese un attimo di respiro e involontariamente pensò che la vampira l’avrebbe di certo preso in giro per il fiatone quasi quanto quella volta che gli sforzi e la calura della rocca di Damarios l’avevano praticamente prosciugato e non si era trattenuto alla vista dell’acqua dal prenderne a grandi sorsi.
Quando arrivarono notizie riguardanti la vampira, disse: “Allora continuiamo, il sole sta sorgendo e potremo aumentare l’andatura mentre lei dovrà fermarsi… fino a prova contraria”
"Ti piacerebbe." disse Lao incrociando le braccia."Le ho fornito il mezzo per muoversi anche di giorno. Il suo mantello è sparito assieme a lei." il volto del vecchio era atteggiato a viva preoccupazione."Darei la mano destra per sapere dove va."
“Se credi possa ritornare utile ti aiuto io a darla” disse il guerriero portando la mancina al coltello e sorridendo per non fare degli ironici complimenti al vecchio.
"Tieni la mano al suo posto, facilmente ci servirà" lo piccò Aygarth. Guardava la lama dell'alabarda come se vi cercasse una risposta. I suoi occhi balenarono per un istante del bagliore a specchio, mentre spostava lo sguardo verso sud. "E pregate che non trovi cadaveri sulla sua strada. Se scopro che ha ucciso qualcuno, la scortico da cima a fondo. Adesso andiamo!"

L'hai trovato, Divoratrice di Vita
Cercando un angolo buio dove rifugiarsi per il giorno la vampira aveva trovato nell'angolo più remoto del palazzo una scala che conduceva ad una sala sotterranea. Sul muro stillante umidità, coperto di muffe e licheni putrescenti si ergeva un altare, spoglio e disadorno di pietra nera.
La vampira si avvicinò e ne sfiorò la superficie con le dita...freddo, freddo persino per lei.
Questa è la soglia. Solo un Suo fedele può andare oltre
“Cosa devo fare?” chiese la vampira ma le ombre questa volta non risposero.


"Non ucciderà nessuno. Non è un animale." mormorò tra sè Astrea. Aygarth non la sentì e dette il segnale di ripartenza. Il gruppo riprese la marcia, resa non facile dal terreno roccioso e aspro. Ogni tanto Lao si bloccava, espandendo le sue percezioni e sondando con la mente i dintorni prima di raggiungere i compagni di slancio."C'è qualcosa che non và, è qualcosa di remoto. Ma c'è ne sono sicuro." disse durante una di quelle soste. Sentiva come se ci fosse qualcosa di latente tra le rocce, che non gradiva la loro presenza.
"Sempre più incoraggiante..." Stringendo con forza l'asta dell'alabarda, Aygarth espandette le proprie percezioni. Per un raggio di un chilometro non percepì nulla. Poi cozzò contro qualcosa, e non era solo una, ma una moltitudine. Rosso fuoco, che turbinava come impazzita attorno a un punto preciso, lo stesso in cui sentiva la presenza - rossa anch'essa - di Carnival. L'impatto mentale fu tale da farlo sbilanciare e finire prono. "Dèi!" imprecò quando si rimise in piedi. "Questa l'ho sentita!"
"Che era?"
"Non so esattamente. Ma Carnival ora non è sola. E non è in buona compagnia, per quel che ho potuto percepire. Presto!"
Continuarono a correre fino a che non giunsero alle falde di una costruzione grottesca che spiccava nel mezzo del folto. Si fermarono a poche decine di metri, osservandola.Era una specie di grande palazzo con una cupola centrale, crollata in parte così come tutta l'ala destra. Era evidente che fosse un edificio costruito da mani esperte e abili, ma nonostante questo, appariva piuttosto spaventevole. Era adorno di statue raffiguranti mostri e demoni orrendi; fra di esse, era ricorrente una figura totalmente avvolta da un mantello di cui si vedevano soltanto il lato inferiore del viso - un teschio, più che un volto - e capelli pallidi che scendevano dal cappuccio.
"Bel posticino" commentò il fabbro, asciugandosi il sudore.
Galdor osservò lo spettrale edificio da un capo all’altro. “Questo si che fa impressione…” commentò “e ne ho visti di posti poco raccomandabili. Com’era la storia della compagnia di Carnival? Sembra che qui non passi nessuno da una vita e mezza…”


Poco loinntano la vampira stava esaminando il freddo altare di pietra nera “Solo un Suo fedele, un Suo adepto. Un adepto, un fedele. Da cosa si distingue un Suo fedele?”.
Non era la prima volta che la vampira ripeteva quel tetro ritornello, era evidente che le Ombre la stavano mettendo alla prova in qualche strano modo. “Non riesco a pensare” si lamentò “Ho sete. Tanta sete, si. Sangue, sangue rosso...ma dove trovarlo qui? Il Potere...” la vampira si fermò di scatto, poi un sorriso sbilenco comparve sul suo volto pallido “Il Potere! Si! Il Potere! I Suoi adepti, i Suoi fedeli, hanno il Potere!”
Senza attendere oltre la negromante, liberò la sua forza, nel modo che soleva usare quando desiderava controllare i non morti.
Per un momento, non accadde nulla...poi un leggero tremore scosse la terra...sotto lo sguardo estasiato di Carnival l'altare sprofondò nel pavimento rivelando dietro di esso una scala che si perdeva nell'oscurità
La Soglia è aperta, sibilarono in coro le Ombre.


Lao fece due passi piantandosi a gambe larghe di fronte la statua."Ci tocca affrontare gli Inquisitori, i Mietitori, quei pagliacci mostruosi. Ma sì aggiungiamo qualche bella difficoltà. Se entro e ti trovo a sfogliare quel libro, giuro che ti darò una sveglia tale, Carnival, che quando ti sveglierai i capelli ti saranno arrivati alle caviglie." Si voltò verso i compagni con un sorriso tirato."Se qualcuno vuole restare qui fuori è il momento, io entro." disse varcando la porta a grandi passi.
"LAO! GIU'!"
L'avvertimento di Aygarth giunse appena prima di lui stesso. Il giovane si gettò contro l'uomo, alabarda e tutto, e nel tuffo lo trascinò a terra, facendolo ruzzolare sul pavimento lastricato dell'interno. Ebbero entrambi la sensazione che qualcosa d'immateriale, ma tuttavia consistente, fosse passato sopra di loro. Nemmeno il tempo di rialzarsi carponi che gli occhi del ragazzo si spalancarono e con uno strattone tolse Lao da una lastra che sembrò essere percorsa da un nembo semitrasparente, che si dissolse quasi subito.
"Sono dappertutto!" gridò. "Le sento!"
Galdor, che era poco dietro, ebbe modo di vedere chiaramente che quella passata sopra la testa dei due compagni era un’ombra, uno spettro. ”Ci risiamo” pensò. “Certo, con la spada in frantumi dovevo decapitare i miei nemici, ora che è riparata ci mettiamo contro gli spettri.” Sbuffò sonoramente. “Io non entro. Non mi va di fare il bersaglio per quelle cose, non so come ucciderle quindi non saprei come difendermi.”
"Mi sono fatto distrarre dai miei sentimenti. Che stupido, stupido, stupido." si rimproverò Lao scattando in piedi come un fulmine."State tutti vicini. Vediamo che riesco a fare." esclamò sfogando il suo potere psicocinetico. Sentirono come una lieve brezza sulla pelle e per un attimo le ombre sembrarono sparire."Sono troppe. E sono ostili, che diamine sta facendo Carnival?" mormorò il vecchio tra sè mentre gli spettri ricomparvero, più consistenti, volando o strisciando in cerchio attorno a loro."Sto usando le mie percezioni perchè possiate vederle, e per tenerle a distanza. Non durerà a lungo, quindi trovate una strategia di contrasto con questi affari e presto." disse strizzando gli occhi per la concentrazione.

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