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MessaggioInviato: Ven Apr 04, 2008 9:18 am Rispondi citandoTorna in cima

VITA NOVA

I. Non provai dolore.
Sebbene avesse lasciato la Casata da tempo, quel vampiro mi considerava ancora una sua pupilla e mi impresse il bacio più intenso e coinvolgente che le mia labbra abbiano mai conosciuto: il dolce bacio della Nuova Vita. Dopo di ché sparì per sempre, come fiato al vento, come se la sua stessa esistenza avesse valore solo in funzione di quell’episodio.
Non ho mai sofferto per il suo abbandono.
Né ho provato vergogna per la mia scelta.
Avevo 21 anni e amavo solo me stessa.
Non m’importava del giovane marito pleanar che mio padre mi aveva messo accanto, finché mi avrebbe donato tutto ciò che il mio occhio sfiorava, mi sarebbe bastato. Almeno questa era la mia convinzione, allora.
Il mio maestro Jugler mi lasciò libera di compiere i dovuti sbagli, senza tagliarmi le ali o affibbiarmi alcuna zavorra al piede. Imparai a procacciarmi quello di cui abbisognavo. La liberalità dei Maestri della Casata del Sole Oscuro ha impedito che diventassi una bestia sanguinaria e fuori controllo.
Jugler mi accolse sotto il suo tetto senza far domande, mi offrì la sua silenziosa protezione, mi fece incontrare Moravia.

II. Presi quasi subito l’abitudine di passeggiare per l’OscuraCittà dopo il vespro. Una notte accadde: incontrai per la prima volta un vampiro non appartenente al mio clan. Non mi era mai capitato prima, il suo nome è Zodd, l’avrei rincontrato dopo anni. Era intento a scuoiare i lupi di una Grifona che detestava. Quale compassione senza pari provai!
Non sarei diventata quel tipo di vampiro.
Quella stessa notte rincontrai l’unico paladino al cui cospetto i miei labbri non si piegano dal disgusto e il mio naso non si arriccia, ancora tuttora, Beyond. Saremo diventati presto amici, e anche più.

III. Il primo arresto fu traumatico.
Impreparata e allarmata non credevo che il naturale atto del nutrirsi di un vampiro meritasse una simile punizione. Cosa pretendevano tutti? Che morissi di fame? Non gioivo ancora della morte altrui, uccidevo per sopravvivere, allora.
Malgrado il puzzo delle carceri tuttora mi urti, ci feci l’abitudine. E’ un luogo inquietante, la suola delle scarpe scivola sulla sua pavimentazione umidiccia; difficilmente vi entra uno spiraglio di luce e ad emeriti sconosciuti è dato il permesso di entrare e dileggiarti, senza che tu possa spaccargli la scatola cranica. Ti riproponi di farlo ma il giorno della scarcerazione pensi solo a liberarti di quel fetore che impregna abito e capelli, te ne dimentichi.
Fu in quel posto che conobbi Druss: un vampiro, proprio come me. Fu allora che fu iniettato nelle mie vene il germe della corruzione. Mi canzonò, mi diede l'appellativo di "vampira timida". Suppongo che abbia cambiato idea, adesso. Egli divenne mio amante, il mio uomo, anzi la mia donna. Eventi a me tuttora oscuri lo trasformarono in una bellissima amazzone, nonostante tutto lo desideravo ugualmente e lo possedetti, anche quando riprese le sue fattezze originarie.

IV. Contemporaneamente le nubi del fato si addensarono sul mio capo, il mio zelo mi spinse troppo oltre. Dovevo difendere Moravia da profanatori knive, ma non difesi me stessa. Per aver salva la vita in una cripta senza via di fuga, dovetti siglare un patto con il sangue. Un patto che mi rese capoclan di una gilda che sempre osteggiai, l'antitesi della Casata, la Knives Do’ Urden. Fui costretta alla frequentazione di quelle sale e di quelle genti, a stento dominavo la tentazione di farli fuori tutti.
Ci furono varie diatribe con Ian ma fu per merito suo se gli Altri non mi piantarono un paletto nel cuore, in un certo senso mi difese, credo.
Ciononostante, rimasi abbagliata dal calore di quelle persone. Merlock aveva un’aura diversa, era più simile a me ma non era mio pari, con il tempo l’ho scoperto una sorta di mezzo-vampiro. Fu la personalità di Priscilla a rendere il mio soggiorno forzato meno detestabile. Tuttavia mai furon spezzate lance in mio favore, io ero il nemico, ero la Scura. Lo sono.
Ammetto di essere stata intrattabile, ma quelle persone non erano i miei fratelli, quella non era la mia Casata.
V. In circostanze del tutto inaspettate e sgradevoli, feci la conoscenza del quarto vampiro non appartenente alla Casata: Sayrus. Mi scaraventò da un dirupo perché ero una Knive, una degli Altri lì a Moravia. Lo odiavo. Lo odio ancora, credo. Un pazzo, un dissociato che però mi ridonò il sorriso, riconsegnandomi agli Scuri. Non so come sia potuto accadere, probabilmente quello squilibrato ha saputo giocar bene le sue e le mie carte.
Tornata tra i miei, divenni Maestra di Tenebra, assieme a Karalis e Jugler.
Mi tolsi la fede nuziale, ripudiando mio marito. Il matrimonio non aveva più senso.
La Casata attraversò un periodo di profonda crisi, Sayrus, il Primo Nemico, pretendeva di divenir il nostro Arconte. Non ne era degno.
Ancora una volta qualcuno venne in mio soccorso, un Marchese che non conoscevo, capo dei Grifoni. Mi garantì l’appoggio contro il Primo Nemico. Naturalmente ne approfittai, lo odiavo, ma presto non fu più una minaccia, lasciò queste terre e venne avvolto dall’oblio. Fino ad oggi.
Il mio tradimento ai Grifoni seguì dopo breve: presi ad ucciderli tutti, o quasi. Almeno quelli che mi capitavano sotto tiro a Moravia. Perché? Per delirante smania di epurare l’OscuraCittà, volevo che fosse abitata e frequentata solo da quelli come me, da creature della notte e dell’ombra.
Mai vi sarà un vero legame per un vampiro.

VI. La Casata tornò ad esercitare il suo dominio indisturbata, a Moravia.
Se gli occhi mi scivolano sul polso destro, una morsa mi attanaglia lo stomaco. Porto i segni di un legame indissolubile, due perlacei forellini che sembrano brillare di luce propria “nelle notti in cui tutte e tre le lune son calanti”.
Fu una notte come quelle che io ed Egilea, vampira, consacrammo il nostro sangue alla Sorellanza delle Vampire Nocturnae, non era un clan ma qualcosa di più radicato: un legame che tuttora perdura, anche se la Morte Seconda, la definitiva, ha spento la scintilla nei suoi occhi. Condividemmo i nemici e il sangue.
Presto corruppi l’animo di un’elfa: Ireth Tinviel, assalii lei e il compagno Lordi, feci scaturire tutto l’acredine che stagnava nei loro spiriti e qualcosa cambiò, si evolsero in drow. Entrambi entrarono tra le fila degli Scuri.
Ma non ero del tutto paga, non finché Ireth non divenne una Nocturna, proprio come me ed Egilea. La iniziammo in una fresca notte a Moravia. Carpimmo il suo sangue e le donammo il nostro, divenne nostra Sorella.
Provavo un amore fanciullesco per le mie sorelle, il sentimento più profondo e puro che abbia mai saggiato.
L’improvvisa dipartita di Egilea ci ha lasciate in un abissale sconforto, che tuttora avvampa nel mio petto, “nelle notti in cui tutte e tre le lune son calanti”.

VII.
Nel periodo in cui le genti d’ogni città erano prese dal torneo indetto dalla Regina di Polareia, Moravia e i suoi figli vibravano. I preparativi dei grandi festeggiamenti, in vista dell’Incoronazione del nuovo Arconte, ci tenevano occupati. Era l’ennesima riprova della prosperità della Casata. Non avevo il minimo dubbio su chi dovesse ricoprire tale incarico lasciato a lungo vacante. Per una sola notte Moravia fu aperta a tutti, accorsero gli esponenti delle più disparate gilde.
Quella notte raccolsi i capelli in un foulard e offrii del Sidro agli astanti, elfi e non.
Quella notte mi lasciai trasportare in una dolcissima danza con l’Arconte incoronato: Karalis.
Quella notte avrei giurato di udire il mio cuore palpitare, per lui.
Quella notte terminò, purtroppo.

VIII.
Negli ultimi tempi mi sono avvicinata a Romar, la città degli uomini e dei felinidi. Molte attrattive vi son invero in quel piccolo villaggio fortificato. Non sorridete, non soltanto il postribolo. Molti di voi sapranno che la Casata protegge le Leonesse, è stato stabilito durante un mio incontro con Durlindana e Cassandra, conclusosi con un sigillo, che presumo sia stato gradevole per tutte e tre.
A Romar ho rincontrato il bel Conte felino dei Dream, suppongo che tutti conosciate Stormbringer. Non ho ben chiaro cosa gli passi per la testa, è galante e sfuggente nei miei confronti. Ricordo una simpatica baruffa che quella notte tenne con l’ardita Shana del Clan degli Elfi, sarei rimasta volentieri ad assistere a quella sfilza di insulti su code pelose e fianchi larghi se l’albore non si fosse preannunciato. Ma convinsi il Conte a farmi compagnia nella dimora del Marchese dimenticato. Non so perché serbo ancora quella chiave.
Mi sono recata solo una seconda volta al Postribolo, per Ays. La notte dell’incoronazione assaggiai le sue carni, da allora è divenuta la mia preferita.

La Nuova Vita mi ha resa forte, ha scalfito la mia indole, ma ha indotto la maggior parte degli Effimeri a disprezzarmi. Per quanto i vampiri tentino di somigliare agli umani, non vi sarà mai patto che ci permetta di rifuggire la solitudine. Il marchio che serbo sul polso ne è la riprova.

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MessaggioInviato: Mar Ago 05, 2008 4:42 pm Rispondi citandoTorna in cima

IX. Voi ormai un po’ mi conoscete, se siete giunti fino a questo punto del mio diario. La mia linea di condotta non sempre è stata decorosa, ma non sia mai detto che io non sia stata fedele all’Arconte.
Karalis è un vampiro fuori dal comune, non somiglia affatto a quelli summenzionati al contrario, temo che nei confronti d’ognuno d’essi nutra un’insolente competitività, del tutto giustificata visto che a lungo si sono proclamati ostili alla Casata e al suo influsso su Moravia.
Ho sostenuto Karalis anche nell’ irragionevole atto di vandalizzare la piazza di Romar per ripicca al nuovo clan nascente per opera di un certo Khail un umano che ha riunito attorno a sé un gruppetto d’invasati di Wotan, i Fire, autoinvestitisi della carica di protettori di Romar.
Come se Romar abbisognasse di protettori poi… E’ risaputo che gli umani sono dei vigliacchi, non si inimicherebbero neppure Shana e il suo clan di orecchie puntute.
Un dì costrinsi Lordi a spalleggiarmi in un giro di ricognizione a Romar, travestiti da mendicanti. Seppimo così da Punitore che quegli spacconi dei Fire furono incaricati della ufficiale difesa della città.
Credo che mai carica sia stata più malriposta e superflua. Ancora tuttora, a distanza di mesi, mi domando a cosa servano i Fire.

X. La nostra diatriba con Romar si sgretolò in breve tempo, in parte per una irresistibile richiesta che mi fu posta tra le steppe gelide di Polareia, e in parte perché Karalis si trovò costretto a riparare i danni di Datamur: nostro parirazza creato senza criterio da Ella fu Egilea Blackblood, mia sorella Nocturna.
Era un vampiro indomabile, entrato tra gli Scuri per amore della bella Myhal, e restatoci per il mio stesso amore per Moravia, anche quando la fanciulla misteriosamente scomparve dalla circolazione.
Attualmente i miei rapporti con Datamur sembrano essersi rabboniti, ma gli ho reso la vita impossibile, in passato.
A causa delle vicendevoli e ripetute carneficine il Clan Elfico e la Casata si lanciarono a capofitto in una guerriglia che a mio parere, i nostri avversari perdevano in partenza.
Ma ahimè nessuno da queste parti vanta il mio stesso raziocinio.
Tutto ebbe inizio con l’innato odio verso gli eldar che mia sorella Egilea aveva inculcato nella mente del cainita che aveva creato prima di morire.
Dì li a poco ne fummo coinvolti tutti.
L’Arconte dovette recarsi di sua sponte in esilio a Glorfindal, accompagnato da Datamur, dove tentarono di riappacificarsi con l’ex capoclan del Clan degli Elfi, la già nomata Shana.
L’esito della loro partenza non fu esaltante ma per lo meno, oggi non v’è più guerra aperta.

XI. Ho già scritto di Druss, il Principe Cainita per il quale persi la testa anni fa, tra le lerce sbarre delle Carceri. In seguito al crollo dell’affascinante gilda degli Immortali, vissuta un battito di ciglia, non ho ricevuto più sue notizie per mesi. Lo credevo spento insieme al fuoco fatuo delle sue illusioni.
Ma ha fatto prepotentemente ritorno, venendomi a stanare fino a Polareia Borealis ad interferire sulla nascita di quella che può considerarsi la più genuina delle mie relazioni, quella con Stormbringer.
Ad essere onesti ancora tutt’oggi non è da credersi una vera e propria relazione, visti gli indolenti sviluppi che ha avuto.
Tornando a Druss, ogni qualvolta fa ritorno, distrugge ogni briciolo dolorosamente costruito della mia precaria stabilità. Questa volta la novità che recava avrebbe cambiato non solo la mia ma anche la quotidianità del mio Clan: era disposto a rinunciare alle ostilità verso l’Arconte e voleva far parte della Casata del Sole Oscuro.
Niente male come batosta.
Mi sorprese l’accondiscendenza con la quale Karalis gli venne incontro. Probabilmente i tempi stavano cambiando, loro due stavano cambiando, e anch’io nei loro confronti.

XII. La Casata non suole stringere legami o alleanze ma fu fatto un significativo strappo alla regola.
Quando misi piede sulla carrozza di Ireth insieme a Myhal, avevo ancora le idee confuse: stavamo recandoci verso la prima significativa svolta nella politica del nostro Clan.
Gunte a Sehomar dopo due giorni di viaggio, assolutamente disagevole, ma questo non lo dirò mai ad Ireth che ha investito la maggior parte dei suoi risparmi in quella Carrozza, trovammo lì ad attenderci L’Arconte, Datamur e gli esponenti della Cerchia dei Dannati. Ho notato un radicale cambiamento dell’atteggiamento di Zodd, sono persuasa dal credere che concentrasse tutta la sua galanteria su mia sorella.
Probabilmente s’era diffusa la voce del declino del suo matrimonio con Lordi.
Druss ci raggiunse come previsto, in tutta comodità, quando ne ebbe voglia. La sua presunzione talvolta mi affascina e talvolta la utilizzerei per legargliela al collo e impiccarlo.
Presentammo in dono ai Dannati, un particolare corno potorio che doveva rappresentare l’emblema della nostra collaborazione e amicizia. Moravia e Sehomar s’apprestavano a divenir Sorelle. Eravamo tutti sicuri che niuna potenza avrebbe più fronteggiato le città gemellate.
L’Arconte ed io demmo inizio al rito con i due capoclan e reggenti di Sehomar, Zodd e Punitore, il negromante.
Quando fummo sul punto di concluderlo, bevendo la porporina mistura dei nostri sieri, accadde qualcosa che mi tolse la lucidità: sotto le fattezze di uno sgraziato troll, Sayrus, il Primo Nemico, mi chiese udienza. Glie la concessi per qualche istante dopodiché conclusi il rito meno persuasa di prima. Ma lo conclusi.
Ci accingevamo ai festeggiamenti quando l’Arconte venne meno per cause che mi sono del tutto oscure e lo riportammo a Moravia. Quel funesto inizio dell’Alleanza non lasciava presagire nulla di buono.

XIII. Non ci crederete, ma giunta a questa parte delle mie memorie mi si è spezzata la penna tra le mani e il calamaio s’è rovesciato sullo scrittoio imbrattando la mia veste preferita. Sarei desiderosa di sorvolare sugli ultimi eventi che hanno riguardato Moravia, non per la gravità della loro portata quanto per l’idiozia degli agenti scatenanti.
Un gruppo di idioti, capitanati da Desiderio, un ubriacone incallito, ha deciso di ripulire Moravia dai vampiri. Avete mai udito scemenza paragonabile? Come a voler togliere gli elfi dagli alberi.
Come se le deboli tregue pattuite con le altre città non bastassero a tenerci allerta.
Questi grandi Eroi di discutibile intelligenza, hanno irretito le menti dei Nani di Qexelcrag, inducendoli a schierarsi dalla loro parte contro Moravia.
Avete letto bene, i Nani.
La loro voce non è mai neppure arrivata ai nostri orecchi, forse perché si smorzava per la strada, ed ora i tracagnotti si schierano contro i Vampiri.
Quale assurdità! Per non parlare dell’illusione di togliere la non-vita ai non-morti. Comincio a credere che quei conigli rosa che un tempo si vedevano in giro abbiamo portato qualche bacillo che ha lentamente trangugiato la pochezza della loro materia grigia.

XIV. Era trascorso troppo poco tempo dalla partenza del mio fidato Lordi, l’infame drow, e a dare il colpo di grazia alla mia robustezza mentale è stato l’arrivo di HaLi e la sua vampirizzazione da parte di Karalis. Non so dirvi molto di Lei, a parte che la profondità del suo legame con l’Arconte mi ha fortemente turbata, tanto da indurmi a parlare da sola con lo spettro di Lordi.
La situazione sta precipitando e Karalis continua a tacere, seduto nella sua poltrona a fissare il buio, mentre tutto intorno degrada e gli Scuri s’indeboliscono.
E io vacillo, sedotta da mezze frasi e congetture interrotte.
L’unico mio conforto è Priscilla, la cui perdita di memoria l’ha condotta dritta tra crudeli braccia mie e di Druss. Le abbiamo celato parte della sua storia, la sua appartenenza al Knive, mentendo sulle sue amicizie e sulle sue inclinazioni.
Siamo meschini e approfittatori ma non giudicateci con leggerezza: le stiamo offrendo una Nuova Vita, un’occasione che mai nessuno ha avuto prima d’ora: il ricrearsi più forte di prima con noi al suo fianco.
Attraverso il contatto con questa fanciulla, s’è acceso in me un piccolo fioco barlume di speranza.
Le Nocturnae risorgeranno, presto, e con esse Moravia.

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MessaggioInviato: Lun Set 15, 2008 10:17 pm Rispondi citandoTorna in cima

XV. Par usanza assai diffusa tra le Signorine e le Gentildonne dell’Alleanza e dintorni, l’imporsi un certo contegno che io definirei... mascolino. Si brandisce un’arma invece che un libro, s’indossano armature invece che abiti confezionati in splendide stoffe seriche, per non far menzione della condizione disastrata delle unghie.
Trovo inopportuno che una donna sia propensa a imprecare, sputare, alzar il tono invece che curarsi della propria reputazione.
I volti di talune sempliciotte poi, danno libero sfogo alle loro pulsioni senza saperle misurare, celare o addirittura alterare… mi fanno una gran compassione.
Io ho imparato a farlo con stile, con gli anni e con la frequentazione di gente di differente spessore e classe. Lentamente i miei tratti somatici son diventati avvezzi a sostenere le più svariate e convincenti espressioni e a farle mutare in un batter d’occhio, con una facilità tale da far raggelare d’invidia le più celebri attriciuncole che tanto piacciono ai nostri uomini.
Non sono una guerriera, sono una dama.
Ho studiato le arti del trivio e del quadrivio (queste con meno passione, eccezione fatta per la musica) e ho sempre nutrito una particolare predilezione per la retorica.
La mia educazione non prevedeva armi e duelli, la famiglia da cui provengo era di stampo gentilizio ma di nessuna rilevanza: Karl e Catrina Crick erano cittadini di Athkatla. Due tra tanti.
Del primo, Karl, ricordo la nuca, le spalle, la schiena. Credo che ogni qualvolta io abbia trovato il coraggio di alzare gli occhi dalle ginocchia, dal piatto, dal lavoro o dalla lettura del giorno, per guardarlo fosse sempre in procinto di lasciar le sale. Tuttavia non lo ricordo un uomo malvagio.
Di mia madre, Catrina Crick, non voglio parlare a lungo. Il suo pietrificante distacco mi ha portato a bramare e a ripudiare quel suo sguardo rigido e ostile, al contempo.
Con un po’ di pallore sarebbe stata una vampira di gran lunga migliore di me.
Forse son caduti entrambi, non saprei dirlo.
Diversamente da quelle Signore di cui ho fatto cenno in precedenza, non so menar fendenti, non so utilizzare antiche tecniche di combattimento, non so molto della balestra, non so nulla delle armature, ma so uccidere.
Non conosco quella sensazione d’orgoglio e sicurezza che dona il carezzare un’elsa guarnita di gemme e metalli rari. M’è capitato di avere una spada alle volte ma quel genere di possanza non mi ha mai stregata. Posseggo un unico piccolo pugnale bruno, oh crudele e rapido, mi ha rapita fin da giovinetta con la sua capacità di donare morte infame e senza onore.
Sono forte, agile, ho riflessi spigliati e i miei polpastrelli sanno spezzare colli al pari di un’accetta ma, ahimè, questo sembra non bastare più. Qualcuno minaccia la quiete mia e della mia specie. Qualcuno ha macchiato con la sua irriverenza e bassezza il mio suolo. Qualcuno ha oltrepassato il limite che la mia sopportazione possa tollerare.
Son decisa a trovarmi un maestro d’Armi che mi insegni ad abbassarmi al livello di quelle volgarotte quanto indomite guerriere. Sia mai che diventi loro pari, il Ciel me ne scampi, ma fingerò di esserlo, all’occorrenza. In fin fine è questo quello che anni di esercitazioni han raffinato al punto tale da portarlo alla cristallina perfezione: la calcolata finzione.

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MessaggioInviato: Mar Mag 04, 2010 3:08 pm Rispondi citandoTorna in cima

XVI. Dicono siano stati i menestrelli a diffondere dapprima la diceria, la quale da rispettevole detto popolano, si sia quindi infagottata di spicchi e scaglie veridiche che ciascuna proba bocca attraversata, vi abbia ingenuamente, forse, inoculato. La qual cosa ha portato spontaneamente la nostra antica diceria a prender forma e palpabilità e, pertanto, a divenir ciò che è comunemente accettato come veritiero. Davvero interessante il processo della concretizzazione delle maldicenze, v'intratterrei le ore su quanto di ciarlato sul mio conto sia fedele al vero o divenutolo solo in seguito per mia personale premura e divertimento. Nondimeno mi sono severamente imposta di non discostarmi in alcun modo dal proposito originario di tale componimento, senza filosofare o speculare, come sono solita fare con il mio buon Siegfrid (ah, canaglia! Vi narrerò anche delle sue -biasimevoli- imprese) e quindi proseguirò col riportare saviamente i fatti.

XVII. Ebbene si vociferava da diversi mesi della parabola discendente della Casata del Sole Oscuro. Mai chiacchiericcio fu più fasullo e lungimirante, insieme. Se è vero che nella decadenza esiste un apice di splendore, è purtroppo accertabile anche l'esatto contrario: è nello splendore che fermenta il più acuto decadere. Eravamo tacciati d'alterigia, ma d’altronde, essendo Noi i Potenti, cribbio se eravamo alteri! Anche il nostro più giovine crepuscolare era temuto nelle terre dell’Alleanza, bastava intravedere il blasone luccicante <Scuri> nelle notturne ore, per annusarne il terrore. Tuttavia i nostri nemici avrebbero avuto presto modo di gioire. L'eclissi non è eterna se non a Moravia. Indeboliti e decimati dalle persecuzioni desideriane, rimanemmo in pochi al capezzale dell'Arconte. Karalis si ostinava a tacere e lentamente smisi di deporre la mia energica fede in lui. Gli ho negato la mia fede e poi anche la mia fiducia. Ma il silente Arconte neanche se ne curava. Mi sono privata degli stendardi, quindi, dichiarando a chiunque m’interrogasse in merito: "L'Arconte è morto."

XVIII. Frattanto altresì la mia letargica relazione con Stormbringer, Siegfrid solo per la mia persona, aveva avuto dei risvolti. Soggiornai qualche giorno nella sua magione a Romar ove m'avea invitato egli stesso. Dopo aver visitato giardino e svariati piani, il furbetto deliberò di prolungare l'escursione fin nei sotterranei nei quali avveniva la giusta mescolanza tra sensi della vista e dell'olfatto.
Acre odore di vino, oscurità falciata debolmente da una timidissima fiaccola; a farla breve, quel felinide di mondo sapeva indiscutibilmente dove andare ad affondare i suoi artigli!
E m'intrattenne garbatamente con canto e danze, nelle quali fui irrimediabilmente trascinata. Non credete ad una parola? Santi Numi! La cavalleria sta scomparendo ai nostri tempi, ma non è mica deceduta!
E io me ne compiacqui permettendogli di deliziarmi, ma tenni gli occhi ognor' spalancati: vampira sono, mica sprovveduta! Giunta l'ora del desinare immaginerete quale imbarazzo colse ospite e anfitrione… vivande umane non mi son in nessun modo gradite. Fui sollecita nel defilarmi dopo il pasto, giacché il mio baldanzoso compagno non accennava a muovere zampa per velocizzare il suo esasperato corteggiamento. Il giorno successivo avea preso la medesissima piega, che già pensavo di scavalcare la prima finestra e tornarmene a Moravia.. ma fortuna mi venne incontro! Ad un ferretto furfante del mio attillato corpetto piacquegli di conficcarsi tra le mie costole, persi sangue e persi conoscenza. Prontamente il soccorritore provvide a liberarmi di ferro, abiti e gingilli ornamentali.
Nuda rimasi e il resto.. ipotizzate.

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MessaggioInviato: Mer Mag 05, 2010 4:04 pm Rispondi citandoTorna in cima

-Nota dell'editrice-

Dopo pagine e pagine di riflessioni superflue e ripetitive (che tuttavia, qualche studioso di psiche vampirica può ritenere interessante per un approfondimento in materia di psicosi maniaco-depressiva) sul declino della Casata del Sole Oscuro, su Karalis e su Stormbringer, la narrazione s'interrompe bruscamente per lasciare posto a fogli vuoti.
Lettore disattento riporrebbe il grosso e pesante manoscritto nel legittimo scaffale, ma colui che, imperterrito, insista nello sfogliare attentamente quel blocco di pagine vuote potrà ritrovare ben tre innesti di pergamene piegate e inserite tra i fogli bianchi.
Ma è d'obbligo mettervi al corrente della forte carica patetica che impregna tali carteggi. Buona lettura.

La prima reca come destinatario Siegfrid Stormbringer di Romar

Salute a Voi dolce Signore,
potrete mai perdonare lo sconclusionato atto che corrompe il ricordo che di me serberete?
Fortemente diffido.
Mi amaste Siegfrid.
Ne convengo soltanto adesso sul finire della mia ultima notte, dacché al tempo della Vostra ardente e inaspettata dichiarazione non volli prestarvi ascolto e Vi congedai. Presumo sia stato quell'evento a diradare le Vostre visite presso la mia dimora.
A mia volta nutrii per Voi il più limpido affetto che mi fu concesso di provare, dopo la transizione alla non-morte.
Vi ho amato, ma non nell'accezione che le credenze del nostro tempo accordano al termine.
Non premurosa moglie, non amorevole madre.
Ma ferma compagna.
Vi lascio i miei averi come si conviene con un consorte, perché lo siete stato, sebbene il vecchio della Cattedrale si rifiuti di riconoscermi ogni attitudine e legittimazione al matrimonio.

Vostra Julia
Samodaei, 15 Ornessi. Nell'anno 367



La seconda reca come destinatario Karalis Desdichado, ultimo Arconte

Addio Arconte.
Soltanto ora, a fronte di anni di cieca abnegazione alla Casata, posso riconoscere di essere stata passivamente indottrinata da Voi - e Voi soltanto- alle imprescindibili virtù che si confanno ad un vampiro regnante.
All'indulgenza, per cominciare: non avete mai chiuso le porte delle nostre sale dinanzi a nessuno dei più abietti che le hanno frequentate, vedevate dell'utile in tutti.
Vostra delizia e nostra rovina.
All'ingegno: eravate in grado di trascinare gli animi, di convertirli al vostro volere, compresi quelli meno duttili, come il mio.
All'imperturbabilità. Forse distacco? O forse indifferenza? Il dubbio mi ha sempre dilaniata.
Un unico, doloroso, aspetto non ho appreso da Voi, ma per Voi: il rancore.
Il rancore per aver dissolto il rispetto sincero che provavo per Voi, sepolto-vivo nel Vostro palazzo, stagliante tra i primi del quartiere residenziale di Moravia.
Quale migliore simbologia? Al pari d'esso siete stato tra i primi a decadere e a frantumarvi, consumato dal tempo, dallo sfinimento e dall'indolenza.
Mai ho veramente regnato. Mai fui investita di quel ruolo che mi competeva per diffuse aspettative o per diritto di anzianità e fedeltà.
Mai divenni Arcontessa.
Avete abbandonato la Casata affidandola a chi non fu in grado di reggerla nemmeno per la durata di una rotazione trilunare, deludendo i miei più intimi desideri e avvertendo come vana l’educazione ricevuta.
Siete stato il mio più odiato amico Karalis.
Che Daikon continui ad assistervi, giacché altri non Vi rimane.

Julia Crick
Samodaei, 15 Ornessi. Nell'anno 367


La terza ha un'intestazione che desidero riportarvi fedelmente: A Druss, Principe di Moravia, Signore dei Cainiti

Ebbene affettuoso Amico,
complice e traditore infaticabile, giungo finalmente a lasciarvi l'ultimo saluto.
Bizzarro nevvero? Avrei giurato che sareste morto prima di me! Avevo intenzione di profanare la vostra sepoltura soltanto per farmi beffe di Voi.
La mia ora è quasi giunta e gli albeggiamenti che fanno capolino tra i tendaggi bigi, sembrano voler in tutti i modi ricordarmi di non tardare oltre.
Concedendo ancora uno sguardo alle mie stanze, mi venite in mente Voi e il vostro antico potere, rammento le lucenti stelle che frantumandosi in mille riflessi in vetri, carrozze, occhi, canini e dolcissimo sangue, ci accompagnarono nelle più grulle notti di vigorosa passione, efferatezze e di languido dolore.
Non tormentatevi per comprendere le motivazioni, Druss.
Me stessa. Sono io il motivo della mia morte.
Vi lascio in eredità la memoria di Moravia, Vi lascio Moravia stessa. Ma non quello che affacciandovi dalla vostra galeotta camera da letto, vedrete. Vi lascio il ricordo della raggiante e bella Moravia, non un cumulo di terreno, ossa, statue decapitate e disperazione.
Vi lascio la nostra Moravia.
Mi giunse voce della dipartita di Lordi, ebbene siete l'ultimo custode di tale inesauribile segreto.
Diffidate da colei che raggirando Karalis prese le briglie arcontali. Se mai smuoverà la polvere che le fa da patina, come una seconda epidermide, non sarà mai in grado di ridarvi quello che possedevamo. Non ascoltate le sue promesse, Vi imploro.
Buona fortuna mio adorato amico.

Julia Crick, principessa di Moravia
Samodaei, 15 Ornessi. Nell'anno 367

_________________
Ti prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il mio orecchio si è innamorato delle tue note
come il mio occhio è rapito dal tuo aspetto...
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